Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10456 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10456 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
R.G.N. 22604/20
C.C. 18/03/2025
ORDINANZA
Vendita -Simulazione -Donazione -Azione del legittimario -Azione di riduzione sul ricorso (iscritto al N.R.G. 22604/2020) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-controricorrente –
e
PETROLINI NOME (C.F.: TARGA_VEICOLO);
-intimato –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 3324/2019, pubblicata il 25 novembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 marzo 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
viste le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa NOME COGNOME ai sensi dell’art. 380 -bis .1., primo comma, secondo periodo, c.p.c., che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1., primo comma, terzo periodo, c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 17/19 luglio 2009, COGNOME NOME conveniva, davanti al Tribunale di Parma, COGNOME NOME e COGNOME NOME (nonché altri convenuti verso cui, in corso di causa, rinunciava alla domanda, con la loro accettazione e con la conseguente declaratoria di estinzione parziale del giudizio), chiedendo che -dichiarato il diritto dell’attore alla reintegrazione della legittima, mediante la riduzione delle donazioni, fino alla concorrenza della quota di riserva -fosse accertata e dichiarata la simulazione e/o la natura di negotium mixtum cum donatione degli apparenti atti di vendita effettuati dal de cuius NOME NOME -deceduto il 17 marzo 2007, lasciando erede universale la figlia NOME come da testamento olografo pubblicato il 4 aprile
2007 -, fino alla concorrenza della somma di euro 5.000.000,00 o della diversa somma di spettanza in base ai titoli dedotti.
Si costituiva in giudizio COGNOME NOME, il quale eccepiva l’improcedibilità, inammissibilità e improponibilità della domanda di riduzione delle donazioni dissimulate, in quanto non era stata richiesta la riduzione delle disposizioni testamentarie prima della richiesta di riduzione delle donazioni, ai sensi dell’art. 555, secondo comma, c.c.
Si costituiva in giudizio anche COGNOME PaoloCOGNOME il quale concludeva per il rigetto delle domande avversarie, in quanto infondate in fatto e in diritto.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 681/2015, depositata il 4 maggio 2015, in parziale accoglimento delle domande proposte, dichiarava l’inefficacia dei tre atti traslativi intervenuti il 27 dicembre 2001 e il 31 dicembre 2001 tra COGNOME NOME e COGNOME NOME mentre rigettava le domande proposte verso COGNOME NOME, dichiarando interamente compensate le spese di giudizio nei confronti di quest’ultimo.
Era, invece, dichiarata infondata la domanda di reintegrazione della quota del legittimario mediante riduzione delle donazioni, avendo l’attore proposto azioni di accertamento della nullità delle donazioni per difetto di forma e, dunque, di accertamento della perdurante appartenenza alla massa ereditaria dei beni oggetto degli atti dispositivi, dovendo l’azione di reintegrazione essere proposta nei confronti dell’altra coerede NOME in ragione della comunione ereditaria costituita per la presenza di beni relitti.
2. -Con atto di citazione notificato il 4 dicembre 2015, COGNOME Walter proponeva appello avverso la pronuncia di prime
cure, lamentando: 1) l’improcedibilità del giudizio, in mancanza di alcuna domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie in favore di NOME e della prova della lesione derivata alla quota di legittima dagli atti impugnati; 2) la contraddittorietà e illogicità della motivazione, in ordine all’accertamento della natura di donazioni ovvero di negotium mixtum cum donatione degli atti di compravendita oggetto di causa; 3) l’erronea disposizione della condanna al pagamento integrale delle spese di lite, nonostante la soccombenza parziale.
Si costituiva in giudizio COGNOME StefanoCOGNOME il quale instava per il rigetto dell’appello e, in via incidentale, chiedeva che fosse dichiarato il suo diritto alla reintegrazione della legittima mediante la riduzione delle donazioni intervenute tra il de cuius e il COGNOME, siccome eccedenti la quota del patrimonio di cui il de cuius avrebbe potuto disporre (con la contestuale istanza istruttoria volta ad ammettere consulenza tecnica d’ufficio per la verifica della consistenza reale ed effettiva del complessivo patrimonio ereditario del de cuius al tempo del decesso, previa valutazione dei beni oggetto di disposizione testamentaria, ossia del relictum e del donatum , con la determinazione della quota spettante all’istante).
Con separato atto di citazione notificato il 4 dicembre 2015, COGNOME NOME impugnava la medesima sentenza, nella parte in cui aveva rigettato le domande proposte contro COGNOME NOME
Si costituiva nel giudizio di impugnazione COGNOME PaoloCOGNOME il quale concludeva per il rigetto dell’appello proposto e, in via incidentale, chiedeva la condanna del Sicuri al pagamento integrale delle spese del grado, deducendo l’infondatezza della
domanda di riduzione, in quanto preclusa dal disposto di cui all’art. 555, secondo comma, c.c.
Previa riunione dei giudizi, decidendo sui gravami interposti, la Corte d’appello di Bologna, con la sentenza di cui in epigrafe, in accoglimento dell’appello proposto da COGNOME NOME, rigettava l’azione di accertamento della simulazione degli atti di compravendita intervenuti il 27 dicembre 2001 e il 31 dicembre 2001 tra COGNOME NOME e COGNOME NOME, rigettava l’appello incidentale proposto da COGNOME NOME e, in accoglimento dell’appello incidentale proposto da COGNOME NOME, condannava Sicuri NOME al rimborso, in favore del COGNOME, delle spese del giudizio di primo grado, confermando, per il resto, le statuizioni di cui alla pronuncia impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che la domanda di riduzione delle donazioni presupponeva l’inesistenza o l’incapienza di un relictum facente parte dell’asse ereditario, mentre, nella fattispecie, il Sicuri aveva dedotto, sin dall’atto introduttivo del giudizio, la sussistenza di un relictum del valore di circa euro 12.000.000,00, a fronte di un donatum del valore di soli euro 2.280.000,00, sicché il legittimario totalmente pretermesso avrebbe dovuto chiedere primariamente la riduzione delle disposizioni testamentarie, il che non era avvenuto nella fattispecie; b ) che, quand’anche si fosse ritenuto che il Sicuri avesse inteso proporre un’azione di simulazione relativa delle compravendite indicate, non preordinata alla riduzione delle donazioni, al fine di far rientrare nella loro interezza i beni oggetto degli atti dispositivi nell’asse ereditario, la proposizione, a cura del
legittimario, avrebbe presupposto pur sempre la lesione di legittima e la finalizzazione alla reintegrazione della quota di riserva e, dunque, nella sostanza, l’incapienza dell’asse ereditario; c ) che non era ravvisabile neanche l’interesse ad agire sotto il profilo dell’accertamento della perdurante appartenenza all’asse ereditario di determinati beni, oggetto di donazioni dissimulate, in quanto, allo stato ( recte all’esito del rigetto della domanda di riduzione delle donazioni), il Sicuri non era erede.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, COGNOME NOMECOGNOME
Ha resistito, con controricorso, COGNOME Paolo. È rimasto intimato COGNOME NOME. Il Pubblico Ministero ha presentato conclusioni scritte. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 100 c.p.c. e 1414 e 1416 c.c., per avere la Corte di merito valutato e interpretato erroneamente gli atti, i fatti, i documenti e le risultanze processuali inerenti direttamente alla formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico, negando la ricorrenza della qualità di erede e, di conseguenza, affermando il difetto della legitimatio ad causam , sul presupposto che il pretermesso non fosse erede fino al momento dell’accoglimento dell’azione di riduzione.
Obietta l’istante che altra pronuncia della Corte d’appello di Bologna n. 491/2012, depositata il 28 marzo 2012, confermata in
sede di legittimità dalla pronuncia n. 10164/2016, pubblicata il 18 maggio 2016, in ordine al giudizio intrapreso da COGNOME NOME nei confronti del padre (deceduto in corso di causa), della seconda moglie del padre e della loro figlia, al fine di accertare la simulazione di atti di compravendita dissimulanti donazioni, aveva accertato e dichiarato che questi avesse effettivamente acquisito la posizione di legittimario, che -come tale -avrebbe potuto proporre l’azione di simulazione.
Sicché l’agente avrebbe dovuto considerarsi, a tutti gli effetti, erede del padre NOME, essendo risultato vittorioso nel predetto giudizio, e avrebbe vantato comunque la piena legittimazione e l’interesse ad agire per ottenere l’accoglimento delle ulteriori e differenti domande di simulazione, assoluta o relativa, di atti di vendita dissimulanti donazioni, ai fini di farli dichiarare nulli per difetto di forma o comunque invalidi e inefficaci e, quindi, recuperarli alla massa ereditaria.
2. -Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 555, 556, 1414 e 1416 c.c., per avere la Corte territoriale valutato ed interpretato erroneamente le conclusioni rassegnate in atti, sulla scorta dei fatti presupposti, dei documenti e delle risultanze processuali, effettuando una ricostruzione del tutto errata dell’asse ereditario, non basandosi sui beni effettivamente presenti al momento della morte nella titolarità del de cuius , ma considerando il controvalore dei beni contenuti in atti simulati o dissimulanti donazioni o donazioni indirette, compiuti dal padre prima della morte per spogliarsi del proprio patrimonio.
Osserva l’istante che, in realtà, aveva riconosciuto e precisato che il relictum -quale attivo ereditario effettivo -, al momento della morte del de cuius nell’anno 2007, sarebbe ammontato ad euro 6.300,00, come da denuncia di successione presentata da Sicuri NOME, mentre la ben più cospicua massa attiva sarebbe stata costituita da tutti i beni che realmente, al di là delle intestazioni fittizie e/o degli atti simulati, appartenevano al defunto al tempo della morte, con riunione fittizia delle donazioni effettuate.
Solo all’esito si sarebbe potuta individuare una consistenza patrimoniale complessiva di oltre euro 14.000.000,00, sicché, al momento della morte, non sarebbe esistito un relictum che avesse potuto permettere al legittimario pretermesso di soddisfare la sua quota di legittima.
3. -Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 555, 556, 1414 e 1416 c.c., per avere la Corte distrettuale ritenuto che il Sicuri avesse inteso proporre un’azione di simulazione relativa a compravendite non preordinata alla riduzione delle donazioni, ma al fine di far rientrare nella sua interezza i beni oggetto degli atti dispositivi nell’asse ereditario, respingendola sull’erroneo presupposto che l’asse ereditario fosse sufficientemente capiente.
Deduce l’istante che la sentenza impugnata non avrebbe considerato, quanto alle vendite del 27 dicembre 2001 e del 31 dicembre 2001, in favore di Petrolini Walter, aventi ad oggetto un terreno sito in Traversetolo Parma, un’autorimessa sita in Felino Parma e un’altra autorimessa sita in Traversetolo, località Tivoli,
che l’acquirente era cognato del defunto COGNOME NOME, per averne sposato la sorella, che la perizia di parte depositata aveva evidenziato una notevole differenza tra il prezzo indicato e il valore effettivo degli immobili e che l’acquirente non aveva dimostrato di aver corrisposto i relativi prezzi di acquisto, peraltro avendo COGNOME NOME promesso in data successiva (il 7 settembre 2002) la vendita del terreno indicato in favore di terzi, per il prezzo di euro 41.317,00, facendosi consegnare una caparra pari ad euro 5.000,00, addirittura maggiore del prezzo di euro 4.131,00, con cui alcuni mesi prima il terreno era stato venduto in favore del RAGIONE_SOCIALE
Aggiunge l’istante che analoghe considerazioni avrebbero dovuto essere estese alla vendita dell’appartamento del 21 luglio 1999, avvenuta in favore di COGNOME NOME, per il prezzo di vecchie lire 95.000.000, a fronte di un valore stimato di vecchie lire 245.000.000.
4. -Con il quarto motivo il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 555 c.c., per avere la Corte del gravame reputato capiente il patrimonio del de cuius , senza tenere conto che le disposizioni testamentarie erano state già ridotte con separata pronuncia sul presupposto dell’incapienza del patrimonio del de cuius , ai fini di riconoscere il carattere lesivo della legittima conseguente alle cessioni contestate, sicché la domanda di riduzione delle donazioni doveva ritenersi interamente contenuta in quella volta ad accertare la simulazione assoluta dei contratti di vendita, per totale assenza di onerosità dei negozi conclusi.
5. -Con il quinto motivo il ricorrente assume, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 557 c.c., per avere la Corte d’appello disconosciuto il diritto del Sicuri di agire in riduzione, pur essendo consentito al legittimario preterito di ridurre le donazioni effettuate dal de cuius , considerato, in ogni caso, che il Sicuri sarebbe divenuto erede in esito all’azione di riduzione già svolta nei confronti della seconda moglie del de cuius e della loro figlia, riportando nell’asse ereditario beni per circa euro 350.000,00.
6. -Con il sesto motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di secondo grado omesso di ammettere i mezzi istruttori dedotti senza alcuna motivazione.
7. -Gli ultimi tre motivi sono inammissibili, in quanto le relative censure sono aspecifiche e violano palesemente il principio di autosufficienza.
Le doglianze sono, infatti, prospettate in modo del tutto generico, senza che dal contenuto di ogni singola censura possa trarsi, con un giudizio di compiutezza, il senso delle obiezioni sollevate, quanto alla contestazione della capienza del patrimonio del de cuius e al ruolo rivestito dalla sentenza evocata, a fronte di un contenzioso intrapreso per la dichiarazione di simulazione di atti compiuti in vita da COGNOME NOME, in favore della sua seconda moglie e della loro figlia.
Né è possibile ravvisare i termini della paventata riduzione delle disposizioni testamentarie. Al contempo non è comprensibile
il senso del riferimento all’acquisita qualità di erede, in esito alla menzionata azione di riduzione già svolta.
In ultimo, la contestazione in ordine alla mancata ammissione delle prove richieste non indica le specifiche istanze istruttorie inoltrate nel giudizio di merito.
Ora, qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente i mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, nonché di dimostrare sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 23194 del 04/10/2017; Sez. 6-3, Ordinanza n. 19985 del 10/08/2017; Sez. 6-L, Ordinanza n. 17915 del 30/07/2010; Sez. 1, Sentenza n. 4178 del 22/02/2007).
8. -Con riferimento ai residui motivi -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -, essi sono infondati.
Depurate le censure da tutti gli aspetti che attengono al merito (ossia agli accertamenti in fatto), risulta che lo stesso attore, sin dalla citazione introduttiva del giudizio di prime cure, ha limitato l’esercizio dell’azione di riduzione alle donazioni avvenute in vita a cura del de cuius , senza estendere il contraddittorio all’erede universale NOME, in forza del
testamento olografo pubblicato il 4 aprile 2007, nonostante l’espresso riferimento all’ingente consistenza del patrimonio relitto lasciato dal testatore.
Segnatamente, nel corpo dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, si fa riferimento al patrimonio ereditario lasciato da COGNOME NOME (che, con testamento olografo del 10 aprile 1999, pubblicato il 4 aprile 2007, rep. n. 50.319, aveva lasciato, quale erede universale di tutti i suoi beni mobili e immobili, la figlia NOME con la totale pretermissione dell’altro suo figlio, odierno ricorrente, COGNOME NOME), composto da crediti verso terzi, pari a vecchie lire 19.500.000.000, corrispondenti ad euro 10.070.909,00 (come da scritto autografo di COGNOME NOME alla data del 9 febbraio 2005) -crediti descritti analiticamente -, nonché dalle quote di partecipazione societaria nelle società RAGIONE_SOCIALE per un valore stimabile in euro 700.000,00, a cui si sarebbero dovute aggiungere le liberalità immobiliari per un valore stimato in euro 2.280.000,00 (circa) e le intestazioni fittizie in favore della moglie NOME e della figlia NOME per euro 4.221.664,24.
Per contro, il valore a cui si riferisce il ricorrente (per euro 6.300,00) è richiamato ai soli fini della quantificazione operata nella denuncia di successione n. 958, vol. n. 1453, presentata da COGNOME NOME, di cui lo stesso istante ha negato che essa avesse valenza descrittiva della ‘ben più cospicua massa attiva’ costituita da tutti i beni che realmente appartenevano al defunto al tempo della morte.
Al riguardo, si rammenta che la denuncia di successione -avente, di per sé, efficacia a soli fini fiscali e priva di rilevanza civilistica se non di tipo indiziario -è inidonea a fornire la prova del diritto di proprietà di un determinato bene, così come, per converso, la mancata indicazione in essa di un bene non consente di desumere automaticamente il difetto del relativo diritto di proprietà (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14395 del 29/07/2004; Sez. 2, Sentenza n. 15716 del 08/11/2002; nello stesso senso Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 3513 del 11/02/2025; Sez. 2, Ordinanza n. 30661 del 18/10/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 24052 del 03/08/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 29747 del 29/12/2020; Sez. 2, Sentenza n. 25784 del 13/11/2020; Sez. 2, Sentenza n. 16917 del 19/08/2015; Sez. 2, Sentenza n. 15931 del 28/07/2015).
Ebbene, ai fini della reintegrazione della quota riservata ai legittimari, ove concorrano disposizioni testamentarie e donazioni, la determinazione dell’ammontare della quota di cui il defunto poteva disporre rende necessaria la formazione della massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte, detraendo i debiti. E ciò riunendo fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione ex art. 556 c.c. ( relictum e donatum ).
Per l’effetto, l’esclusiva invocata riduzione delle donazioni avrebbe presupposto la verifica dell’eccedenza della quota della quale il defunto avrebbe potuto disporre ex art. 555, primo comma, c.c., all’esito della previa riduzione non satisfattiva del valore dei beni di cui è stato disposto per testamento ex art. 555, secondo comma, c.c.
Infatti, solo ove, ridotte le disposizioni testamentarie, risulti persistente la lesione di legittima, potrà procedersi alla riduzione delle donazioni.
Il richiamo -peraltro tardivo -alla sentenza della Corte d’appello di Bologna, confermata in sede di legittimità, non inficia, già sul piano deduttivo, tale ricostruzione, in quanto l’evocata pronuncia attiene non già al patrimonio ereditario relitto, bensì ad atti di donazione effettuati in vita da NOME NOME in favore della seconda moglie e della loro figlia NOME
Pertanto, il legittimario che intende proporre l’azione di riduzione ha l’onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se sia, o meno, avvenuta, ed in quale misura, la lesione della sua quota di riserva, potendo solo in tal modo il giudice procedere alla sua reintegrazione; in particolare, in relazione al principio sancito dagli artt. 555 e 559 c.c., egli ha l’onere di indicare, oltre al valore, l’ordine cronologico in cui sono stati posti in essere i vari atti di disposizione, non potendo l’azione di riduzione essere sperimentata rispetto alle donazioni se non dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento e cominciando, comunque, dall’ultima e risalendo via via alle anteriori (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1357 del 19/01/2017; Sez. 2, Sentenza n. 20830 del 14/10/2016; Sez. 2, Sentenza n. 14473 del 30/06/2011; Sez. 2, Sentenza n. 3661 del 29/10/1975).
Per converso, tale onere non è stato assolto dal ricorrente, che non ha affatto ‘attaccato’ le disposizioni testamentarie, non evocando in giudizio l’erede universale NOMECOGNOME nonostante
il riferimento al consistente patrimonio ereditario relitto lasciato dal de cuius , e ha chiesto -in via esclusiva -la riduzione delle compravendite (dissimulanti donazioni o negozi misti), agendo solo verso i donatari.
Sicché era preclusa, a monte, la possibilità di verificare l’eccedenza rispetto alla disponibile di dette donazioni, in mancanza della domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie.
D’altronde, in tema di successione necessaria, l’ordine da seguire nella riduzione delle disposizioni lesive della quota di legittima è tassativo ed inderogabile ex art. 555, secondo comma, c.c.: sicché può procedersi alla riduzione delle donazioni, dalla più recente alla più risalente, solo dopo avere ridotto tutte le disposizioni testamentarie -anche privilegiate -ed avere verificato che tale riduzione non è sufficiente a soddisfare il diritto del legittimario leso (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4220 del 18/02/2025; Sez. 2, Ordinanza n. 35461 del 02/12/2022; Sez. 2, Sentenza n. 4721 del 10/03/2016).
E quand’anche il Sicuri avesse inteso proporre l’azione di simulazione senza la contestuale proposizione dell’azione di riduzione, ciò avrebbe presupposto pur sempre la lesione di legittima, di cui nella fattispecie non vi è traccia per quanto anzidetto.
Infatti, il legittimario è ammesso a provare, nella veste di terzo, la simulazione di una vendita fatta dal de cuius per testimoni e presunzioni, senza soggiacere ai limiti fissati dagli artt. 2721 e 2729 c.c., a condizione che la simulazione sia fatta valere per un’esigenza coordinata con la tutela della quota di
riserva tramite la riunione fittizia (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11659 del 04/05/2023; Sez. 2, Sentenza n. 12317 del 09/05/2019).
-In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Non sussistono i presupposti per disporre la condanna ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c., come invocata dal controricorrente.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla refusione, in favore del controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda