Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 713 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 713 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34609/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO/O REGUS, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
REGIONE CAMPANIA, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 1932/2019 depositata il 08/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti e ragioni della decisione
Il presente giudizio riguarda la domanda della società RAGIONE_SOCIALE Villa del sole, proposta nei confronti della Regione Campania con ricorso per decreto ingiuntivo innanzi al Tribunale di Roma, di restituzione delle somme versate a titolo di imposta di registro dell’ordinanza di assegnazione delle somme pronunziata in favore della società all’esito del lodo con il quale la Regione Campania era stata condannata al pagamento in suo favore della somma di euro 1.664.906,19 oltre spese processuali e di c.t.u. Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dalla Regione Campania era stato dedotto che il lodo era stato annullato dalla Corte di appello di Napoli in relazione al difetto di giurisdizione del collegio arbitrale in favore del giudice amministrativo e chiesto in via riconvenzionale la restituzione delle somme oggetto di assegnazione.
Il Tribunale di Napoli accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo rigettando la domanda di restituzione delle somme proposta dalla Regione Campania.
La Corte di appello, in parziale riforma della sentenza impugnata, ed in accoglimento dell’appello principale proposto dalla Regione Campania, disatteso l’appello incidentale della RAGIONE_SOCIALE ha condannato quest’ultima società al pagamento in favore della Regione Campania dell’importo di euro 5.191.591,02, oltre interessi legali affermando, per quel che ancora qui interessa, che la censura relativa al difetto di giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di restituzione proposta con l’appello incidentale era infondata alla stregua del principio fissato dalle Sezioni Unite di questa Corte con l’ordinanza n. 7949/2016, dovendosi prescindere dall’esistenza del rapporto sostanziale e potendo la pretesa essere azionata in un ordinario giudizio di cognizione, stante la necessità
di assicurare l’effettività della tutela indipendentemente dalle vicende relative al giudizio di rinvio.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, al quale ha resistito la Regione Campania con controricorso.
Alla proposta di definizione anticipata del 23 maggio 2023, comunicata alle parti, è seguita la richiesta di decisione avanzata dalla società ricorrente, al quale è stata allegata procura speciale ai sensi dell’art. 380 bis c.2 c.p.c. La ricorrente ha depositato memoria.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 336 e 389 c.p.c. La Corte di appello avrebbe errato nel non considerare che il giudizio successivo alla ordinanza di questa Corte n. 19753/2017 era stato riassunto innanzi al TAR Campania ed era ancora pendente. Il giudice di appello non aveva nemmeno valutato che la domanda di restituzione si sarebbe dovuta proporre in via esclusiva innanzi al giudice del rinvio, risultando questi dotato di una competenza inderogabile a meno che il giudizio si sia estinto per mancata riassunzione nei termini. La trattazione separata dei due giudizi – quello sul merito innanzi al TAR e quello restitutorio – secondo la ricorrente avrebbe imposto la trattazione in un medesimo procedimento da definire con un’unica sentenza, altrimenti favorendosi una moltiplicazione di giudizi potenzialmente fra loro in conflitto, tenuto anche conto della domanda di compensazione con altro credito proposta nel giudizio definito dalla Corte di appello di Napoli dalla società anzidetta. Il motivo è infondato.
Giova premettere che questa Corte, con ordinanza n. 19753/2017, rigettò il ricorso proposto dalla Hyppocratica contro la sentenza n. 961 del 19.3.2010 con la quale la Corte di Appello di Napoli, pronunciando sull’impugnazione ex art. 827 cod. proc. civ.
proposta dalla Regione Campania avverso il lodo reso esecutivo dal Tribunale di Napoli in data 19.5.2008 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, aveva dichiarato la nullità del lodo, ritenendo la controversia devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Orbene, questa Corte, come rettamente ritenuto dalla Corte di appello, è ferma nel ritenere che l’azione di restituzione della somma pagata in esecuzione di un lodo arbitrale dichiarato nullo con sentenza confermata in cassazione – per sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non rientra in quest ‘ultima giurisdizione, ma può essere esercitata davanti al giudice ordinario, in modo autonomo, dovendosi assicurare l’effettività della tutela del ” solvens “, a prescindere dalle vicende dell’eventuale giudizio di rinvio (nella specie, non disposto) -cfr. Cass. S.U. n. 7949/2016; Cass. n. 3706/2018-.
Si tratta di un orientamento già inaugurato da Cass. S.U. n. 12190/2004, ove si ebbe a d affermare, tra l’a ltro, che il principio a sostegno dell’affermata giurisdizione del giudice ordinario è avvalorato da una ratio ulteriore e, per così dire, esterna all’art. 389 c.p.c., come si evince dal passo della motivazione ove si afferma che “emerge con evidenza che il diritto alla restituzione discende dal solo fatto della rimozione della sentenza cassata e si connota come diritto soggettivo autonomo, senza che possa esercitare alcuna influenza la natura del rapporto sostanziale all’origine della controversia. Consegue che la tutela del diritto soggettivo alla restituzione di quanto pagato in base alla sentenza poi cassata appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario. Sicchè doveva definirsi superato l’opposto indirizzo in forza del quale in tema di giurisdizione, sulle domande di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione di sentenza cassata per difetto di giurisdizione, con rimessione delle parti al giudice amministrativo, sussiste la giurisdizione di quest’ultimo, configurandosi la
fattispecie della ‘cassazione con rinvio’, in relazione alla quale l’art. 389 c.p.c. prevede la competenza del giudice di rinvio a conoscerne (Cass., Sez. Un., 10 maggio 2011, n. 10174).
A nulla quindi rileva nel presente giudizio la pendenza della causa sul merito innanzi al Tar delle domande contestate originariamente ed oggetto del lodo, trattandosi di contenziosi radicalmente diversi, rispetto ai quali le prospettazioni in ordine alla esigenza di unitaria trattazione non possono considerarsi meritevoli di tutela in relazione alla natura della controversia che, quanto alla restituzione delle somme dovute in base al titolo annullato, esula dalla giurisdizione del g.a., risultando del tutto sganciata dal merito delle questioni agitate in sede di lodo ed all’esame del giudice amministrativo .
In questa direzione, del resto, militano diversi precedenti di questa Corte, ove si è ritenuto che il diritto alla restituzione “sorge per il solo fatto della cassazione o della riforma della sentenza e può essere richiesto automaticamente, se del caso, anche con procedimento monitorio” (Cass. n. 6579/2003). Si è inoltre aggiunto che l’azione di restituzione proposta dalla parte vittoriosa nel giudizio di cassazione, per ripetere le prestazioni eseguite in base alla sentenza di appello poi cassata, “si collega ad un’esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale anteriore a detta sentenza e prescinde dall’esistenza o meno del rapporto sostanziale (ancora oggetto di contesa), né, in particolare, si presta a valutazioni sulla buona o mala fede dell’accipiens , non potendo venire in rilievo stati soggettivi, rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti” (Cass., sez. un., n. 2841/1989; Cass. n. 9480/2010; Cass. n. 1779/2007; Cass. n. 5667/1998; Cass. n. 3078/1994; Cass. n. 12662/1992; Cass.n. 10563/1991).
In definitiva, a favore della tesi anzidetta vi è la circostanza che il diritto alle restituzioni può e deve trovare tutela senza che si attenda l’esito del giudizio di rinvio quando il rinvio vi sia stato (Cass. n. 21901/2008). Conclusione che non può mutare nell’ipotesi di annullamento del lodo per carenza di giurisdizione del g.o. e dunque della competenza arbitrale esclusa dal giudice chiamato a decidere sulla questione di giurisdizione, impregiudicata la questione relative all’esito del procedimento innanzi al TAR . Tanto è sufficiente per dimostrare l’infondatezza di quanto esposto dalla ricorrente anche nella memoria.
Ne consegue il rigetto del motivo.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce il vizio di omessa pronunzia sulle domande di pagamento di somme asseritamente dovutele dalla Regione Campania a titolo di differenza tra quanto corrisposto sulla base della tariffa prevista per la fascia b) e quella effettivamente dovuta di fascia A per il periodo marzo 1991giugno 2006 ed ancora sulla eccezione di compensazione con crediti per prestazioni sanitarie avanzata nei confronti della Regione Campania. Domanda che ancorché ritualmente proposta in primo ed in secondo grado non sarebbe stata esaminata dalla Corte di appello. Secondo la ricorrente tale circostanza integrerebbe comunque l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso per il giudizio.
Tale motivo è inammissibile.
La questione relativa alle somme corrisposte dalla Regione Campania a titolo di differenza tra quanto corrisposto sulla base della tariffa prevista per la fascia b) e quella effettivamente dovuta di fascia a) per il periodo marzo 1991- giugno 2006 atteneva indubitabilmente alle questioni esaminate dal lodo, come la stessa società indicava nella comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado -potendosi e dovendosi consultare gli atti
in relazione al vizio di natura processuale prospettato -cfr. pag. 3 comp. risposta della società RAGIONE_SOCIALE.
Per altro verso, la questione relativa all’eccezione di compensazione formulata, effettivamente, nel corso del giudizio di opposizione dalla società anzidetta, venne espressamente rigettata dal Tribunale di Napoli -cfr. pag. 4 sent. Trb. Napoli n. 954/2015- e tale statuizione non fu oggetto di appello incidentale da parte della Hyppocratica, come si evince agevolmente dall’esame della comparsa di costituzione in appello del 14 ottobre 2015, all’interno del quale venne unicamente proposto, come motivo di appello incidentale, la questione di giurisdizione del g.o. sulla domanda di restituzione delle somme già oggetto del lodo. Da qui l’inammissibilità della censura proposta dalla ricorrente in questa sede.
Sulla base di tali considerazioni, il ricorso è infondato.
Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art.380 -bis , comma 3, c.p.c., se la parte ha chiesto la decisione dopo la comunicazione della proposta di definizione anticipata e la Corte definisce il giudizio in conformità alla proposta, debbono trovare applicazione il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 c.p.c., regola questa, a cui, in questo caso comunque non vi è ragione alcuna di derogare.
Secondo le Sezioni Unite di questa Corte (ordinanze n.28619, 27195 e 27433 del 2023) la novità normativa contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore, della sussistenza dei presupposti per la condanna di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad € 500,00 e non superiore ad € 5.000,00
(art. 96 quarto comma); risulta così « codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale, tant’è che la opzione interpretativa, sulla disciplina intertemporale, ne ha fatto applicazione -in deroga alla previsione generale contenuta nell’art. 35 comma 1 del d.lgs. n. 149/2022 -ai giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1.1.2023 per i quali non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio; anche ai fini della reattività ordinamentale, l’istituto integra il corredo di incentivi e di fattori di dissuasione contenuto nella norma in esame (che sono finalizzati a rimarcare, come chiarito nella relazione illustrativa al D. Lgs. n. 149/2022, la limitatezza della risorsa giustizia, essendo giustificato che colui che abbia contribuito a dissiparla, nonostante una prima delibazione negativa, sostenga un costo aggiuntivo) ».
Il ricorrente deve quindi essere condannato al pagamento a favore della controparte, ex art. 96, comma 3, di una somma equitativamente determinata in misura pari all’importo delle spese processuali, nonché in favore della Cassa delle ammende, di una somma pari ad € 2.500,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore delle controricorrenti, liquidate nella somma di € 18.200,00 per compensi, comprensivi di esborsi, 15% rimborso
spese generali, oltre accessori di legge, nonché al pagamento della somma di € 1 8.000,00 ex art. 96, comma 3, c.p.c.
Condanna altresì la ricorrente al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma pari ad € 2.500,00 ex art. 96, comma 4, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di doppio contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso il 21 dicembre 2023 nella camera di consiglio della