Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 30716 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 30716 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso 15898-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO nello studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO nello studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
NOME
– intimato – avverso la sentenza n. 76/2021 della CORTE DI APPELLO di CAGLIARI, depositata il 11/02/2021;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 27.3.2013 Manca NOME evocava in giudizio RAGIONE_SOCIALE innanzi il Tribunale di Oristano, invocando la risoluzione, per inadempimento della convenuta, di un contratto di acquisto di una vettura Fiat, risultata affetta da gravi e insanabili difetti, nonché la condanna della convenuta alla restituzione del prezzo versato ed al risarcimento del danno.
Si costituiva RAGIONE_SOCIALE, contestando la domanda e chiamando in garanzia RAGIONE_SOCIALE produttrice del veicolo oggetto di causa.
Nella resistenza della terza chiamata il Tribunale, con sentenza n. 88/2018, accoglieva la domanda principale, rigettando invece quella di manleva.
Con la sentenza impugnata, n. 76/2021, la Corte di Appello di Cagliari rigettava il gravame interposto dalla odierna ricorrente avverso la decisione di prime cure, confermandola.
Propone ricorso per la cassazione di detta pronuncia RAGIONE_SOCIALE affidandosi ad un solo motivo.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
L’altro intimato, COGNOME non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
nonchè contro
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, la società ricorrente lamenta la violazione dell’art. 131 del codice del consumo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente rigettato la domanda di manleva in applicazione della norma di cui all’art. 114 del codice, non conferente al caso di specie in quanto disciplinante la responsabilità extracontrattuale del produttore nei diretti confronti del consumatore, per i casi di morte o lesione grave derivata da difetti del bene di consumo posto in vendita. Nel caso di specie, ad avviso della ricorrente, si sarebbe dovuto applicare il precetto di cui all’art. 131 del codice, che prevede il diritto del venditore, evocato in giudizio dal consumatore, di esercitare l’azione di regresso nei confronti del produttore.
La censura è infondata.
La Corte di Appello ha ritenuto non conseguita la prova dell’imputabilità al produttore dei difetti riscontrati sull’autovettura oggetto della compravendita conclusa tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE. Per contro, il giudice di secondo grado ha considerato acquisita la dimostrazione che il mezzo, risultato oggettivamente non conforme a quanto pattuito tra le parti della compravendita, presentava difetti il cui numero e la cui entità avrebbe dovuto sconsigliare alla società odierna ricorrente di commercializzarlo. Secondo la Corte distrettuale, infatti, ‘… era onere del solo venditore verificare prima della consegna dell’auto che la stessa fosse esente da vizi e conforme a quanto contrattualmente previsto; a ciò si aggiunga che nel contratto posto in essere tra concessionario e produttore dell’auto, prodotto agli atti di causa dall’appellata RAGIONE_SOCIALE è previsto che il concessionario prima della consegna del veicolo all’acquirente deve effettuare controlli preliminari e accurati per verificare che lo stesso sia privo di difetti e
malfunzionamenti; ciò l’appellante non ha fatto atteso che è rimasto provato che il veicolo ha presentato fin da subito una molteplicità di vizi e difetti meccanici, di carrozzeria ed elettrici che avrebbero dovuto indurre al venditore di astenersi dal vendere e consegnare all’acquirente l’autovettura per cui è causa’ (cfr. pagg. 11 e 12 della sentenza impugnata). Con tale passaggio motivazionale, la Corte territoriale, da un lato, ha evidenziato la presenza, nell’ambito del rapporto tra produttore e rivenditore, di una clausola negoziale che impone al secondo di non commercializzare vetture evidentemente difettose; dall’altro lato, ha ritenuta conseguita la prova della difettosità originaria della vettura di cui è causa; inoltre, ha considerato riconoscibili i vizi dell’automobile, sia per la loro entità, sia perché si sono manifestati ‘… fin da subito …’ ; ed infine, ha ravvisato uno specifico inadempimento imputabile al solo venditore, responsabile di non aver eseguito i controlli preliminari che avrebbero consentito di individuare i vizi, sconsigliando la vendita del bene oggetto di causa. In tal modo, la Corte di Appello ha evidentemente ritenuto eliso il nesso causale tra fatto del produttore e danno, in presenza di un inadempimento specifico imputabile esclusivamente alla società odierna ricorrente. Tale accertamento, che si risolve in una valutazione in punto di fatto, non è utilmente censurabile in sede di legittimità, posto il principio, che merita di essere ribadito, secondo cui il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790 ). Né è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui ‘L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della
prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330; cfr. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16056 del 02/08/2016, Rv. 641328 e Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 16467 del 04/07/2017, Rv. 644812).
Nel caso di specie, infine, la motivazione della sentenza impugnata non risulta viziata da apparenza, né appare manifestamente illogica, ed è idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale e a dar atto dell’iter logico-argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639). Anche sotto tale profilo, dunque, la sentenza impugnata è esente da vizi.
Il ricorso, di conseguenza, va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 2.400 per compensi, oltre ad € 200 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda