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Azione di regresso: inammissibile per ricorso tardivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile l’azione di regresso promossa da due Amministrazioni dello Stato contro un Comune. Il caso, originato da un tragico evento franoso, vedeva gli enti pubblici condannati in solido al risarcimento dei danni. La Suprema Corte non ha analizzato nel merito la questione della ripartizione della responsabilità, ma ha respinto il ricorso per un vizio procedurale: la tardività dell’impugnazione, determinata dalla mancata prova della data di pubblicazione della sentenza d’appello.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Azione di regresso: la Cassazione la dichiara inammissibile per ricorso tardivo

L’azione di regresso tra enti pubblici, corresponsabili per un danno, è un tema giuridico complesso. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che, prima di affrontare le questioni di merito, è fondamentale il rispetto delle regole processuali. In questo caso, un ricorso è stato dichiarato inammissibile per tardività, bloccando sul nascere la discussione sulla ripartizione delle responsabilità tra Stato e Comune a seguito di un tragico evento.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un disastroso evento franoso avvenuto nel 1998, che causò la morte di numerose persone. I familiari di una delle vittime citarono in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno, il Comune interessato e il sindaco allora in carica. Il procedimento penale si era già concluso con il riconoscimento della responsabilità del sindaco per omicidio colposo plurimo. In sede civile, il Tribunale condannò tutti i convenuti, in solido, al risarcimento del danno.

Le Amministrazioni dello Stato, una volta condannate, avviarono un’azione di regresso contro il Comune per recuperare le somme dovute, sostenendo che la responsabilità dovesse essere ripartita. La Corte d’Appello, però, respinse tale domanda, portando le Amministrazioni statali a ricorrere in Cassazione.

La Questione Giuridica e l’Azione di Regresso

Il cuore della controversia che si intendeva portare davanti alla Suprema Corte riguardava la possibilità per un ente pubblico, ritenuto responsabile indirettamente per il fatto illecito di un suo funzionario, di esercitare un’azione di regresso ai sensi dell’art. 2055 c.c. nei confronti di un altro ente pubblico, anch’esso responsabile indiretto per lo stesso evento. Le Amministrazioni ricorrenti sostenevano che la responsabilità del Comune non fosse meramente indiretta, ma diretta e propria, a causa del mancato esercizio di funzioni pubbliche essenziali.

Inoltre, contestavano l’interpretazione della Corte d’Appello secondo cui il regresso non sarebbe ammissibile tra soggetti responsabili “per fatto altrui”, proponendo una lettura dell’art. 2055 c.c. basata sull’ascrivibilità oggettiva del fatto illecito.

L’Ordinanza della Corte di Cassazione: una pronuncia di rito

Nonostante la rilevanza delle questioni di diritto sollevate, la Corte di Cassazione non è entrata nel merito della disputa. L’ordinanza si è fermata a un rilievo preliminare e assorbente: l’inammissibilità del ricorso per tardività.

La Corte ha applicato un principio consolidato secondo cui è onere del ricorrente dimostrare la tempestività della propria impugnazione. In questo caso, le Amministrazioni avevano depositato una copia della sentenza d’appello priva della data di pubblicazione. Questo dato è cruciale per calcolare il termine “lungo” per impugnare (sei mesi, secondo l’art. 327 c.p.c.).

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è puramente processuale. I giudici hanno spiegato che, in assenza di una copia della sentenza con la data di pubblicazione attestata dalla cancelleria, o di altra certificazione idonea, il termine per l’impugnazione deve essere calcolato a partire dalla data di deliberazione della sentenza stessa. Nel caso specifico, la sentenza d’appello era stata deliberata il 14 settembre 2021. Il ricorso per cassazione, notificato il 22 marzo 2022, risultava quindi depositato oltre il termine massimo consentito. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza poter esaminare i motivi di diritto relativi all’azione di regresso tra gli enti pubblici. La decisione include anche la condanna delle amministrazioni ricorrenti al pagamento delle spese legali in favore del Comune controricorrente.

Le Conclusioni

Questa pronuncia, pur non offrendo nuovi spunti sull’istituto dell’azione di regresso nella pubblica amministrazione, ribadisce un principio fondamentale: nel processo, la forma è sostanza. Il mancato rispetto di oneri probatori e scadenze procedurali può precludere l’esame nel merito anche delle questioni giuridiche più complesse e rilevanti. Per gli operatori del diritto, è un monito sull’importanza della massima diligenza nella gestione degli adempimenti processuali, la cui omissione può avere conseguenze definitive sull’esito di una causa.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché è stato presentato tardivamente. La parte ricorrente non ha depositato una copia della sentenza impugnata che attestasse la data di pubblicazione, un elemento essenziale per calcolare il termine per l’impugnazione. In assenza di tale prova, la Corte ha calcolato il termine dalla data di deliberazione della sentenza, risultando così il ricorso fuori tempo massimo.

La Corte si è pronunciata sulla possibilità di un’azione di regresso tra due enti pubblici responsabili indiretti?
No, la Corte non ha esaminato questa questione nel merito. La decisione di inammissibilità è di natura procedurale e ha impedito ai giudici di analizzare e decidere sulle complesse questioni di diritto sostanziale sollevate nel ricorso.

Qual è la conseguenza pratica del mancato deposito della copia della sentenza con la data di pubblicazione?
La conseguenza è che l’onere di dimostrare la tempestività del ricorso non viene assolto. In tal caso, per tutelare la certezza del diritto, la giurisprudenza stabilisce che il termine per impugnare decorra dalla data di deliberazione della sentenza, che è anteriore a quella di pubblicazione, rendendo molto probabile che l’impugnazione risulti tardiva e quindi inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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