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Azione di regresso: condanna per amianto e prescrizione

Un ente previdenziale ha esercitato un’azione di regresso contro una società datrice di lavoro per recuperare le somme versate agli eredi di un lavoratore deceduto per un carcinoma dovuto all’esposizione all’amianto. La società si è difesa eccependo la prescrizione del diritto. Il Tribunale ha respinto l’eccezione, ritenendo che la prescrizione fosse stata validamente interrotta. Ha inoltre affermato la responsabilità della società, basandosi su una precedente sentenza e riducendo l’importo dovuto di un terzo a causa del concorso di colpa del lavoratore (tabagismo).

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Azione di Regresso: Responsabilità del Datore per Amianto e Interruzione della Prescrizione

Una recente sentenza del Tribunale di Ancona offre importanti chiarimenti sull’azione di regresso esercitata da un ente previdenziale nei confronti di un datore di lavoro per malattia professionale legata all’esposizione all’amianto. La decisione analizza in dettaglio la questione della prescrizione, il valore probatorio di una precedente sentenza e la ripartizione della responsabilità in presenza di un concorso di cause, come l’abitudine al fumo del lavoratore.

I Fatti di Causa

Un ente previdenziale ha convenuto in giudizio una società datrice di lavoro per ottenere il rimborso delle somme erogate a titolo di rendita ai superstiti di un lavoratore deceduto. La morte era stata causata da un carcinoma squamoso, una malattia professionale ricondotta all’esposizione a fibre di amianto durante l’attività lavorativa. L’ente, dopo aver liquidato l’indennizzo, ha avviato un’azione di regresso per recuperare i costi dalla società ritenuta responsabile.

La società datrice di lavoro si è difesa sollevando diverse eccezioni, tra cui la principale era la prescrizione triennale del diritto di regresso. Sosteneva, inoltre, l’assenza di colpa, l’impossibilità di prevenire l’esposizione con i mezzi dell’epoca e il concorso di colpa del lavoratore a causa della sua abitudine al fumo.

L’Azione di Regresso e la Prova dell’Interruzione

Il punto cruciale della difesa era l’eccezione di prescrizione. Secondo la società, il termine di tre anni per l’azione di regresso era già scaduto. L’ente previdenziale ha replicato producendo in giudizio delle comunicazioni PEC e una raccomandata inviate alla società, sostenendo che tali atti avessero interrotto il decorso della prescrizione.

La società ha contestato la tardività della produzione di tali prove. Tuttavia, il Tribunale ha ritenuto di poterle acquisire d’ufficio ai sensi dell’art. 421 c.p.c., trattandosi di documenti relativi a un’eccezione (l’interruzione della prescrizione) rilevabile anche dal giudice. Di conseguenza, ha accertato che l’ente aveva effettivamente interrotto la prescrizione, respingendo l’eccezione della società.

La Decisione del Tribunale

Il Tribunale di Ancona ha accolto il ricorso dell’ente previdenziale, condannando la società datrice di lavoro a rimborsare una somma significativa. Tuttavia, l’importo è stato ridotto di un terzo per tenere conto del concorso di colpa del lavoratore.

Le Motivazioni della Sentenza

La sentenza si fonda su diverse argomentazioni chiave.

In primo luogo, per quanto riguarda la responsabilità della società, il Tribunale ha dato grande peso a una precedente sentenza passata in giudicato. Tale pronuncia, emessa in una causa intentata dagli eredi del lavoratore contro la stessa società, aveva già accertato la responsabilità del datore di lavoro per l’esposizione all’amianto. Sebbene non vincolante in questo nuovo giudizio, quella sentenza è stata considerata una ‘prova atipica’ di eccezionale valore, sufficiente a fondare la pretesa dell’ente previdenziale.

In secondo luogo, il giudice ha ribadito che la nocività dell’amianto era nota fin dai primi del ‘900 e che normative specifiche (come il D.P.R. 303/1956) imponevano già all’epoca la sostituzione dei materiali polverosi e nocivi, anche in assenza di un divieto esplicito di uso dell’amianto. L’omissione di tali misure preventive è stata quindi considerata una colpa grave.

Infine, la corte ha affrontato la questione del nesso causale e del concorso di colpa. Pur riconoscendo l’esposizione all’amianto come causa principale della patologia, ha considerato l’abitudine al fumo del lavoratore come una concausa che ha aggravato il rischio. Basandosi su questo concorso di cause, ha stabilito che la responsabilità dovesse essere ripartita, addebitando un terzo del danno al comportamento del lavoratore e i restanti due terzi alla condotta omissiva del datore di lavoro. Di conseguenza, l’importo richiesto nell’azione di regresso è stato proporzionalmente ridotto.

Conclusioni

La sentenza ribadisce principi fondamentali in materia di responsabilità del datore di lavoro per malattie professionali. Sottolinea che la responsabilità per l’esposizione all’amianto sussiste anche per periodi antecedenti a specifici divieti, data la conoscenza scientifica della sua pericolosità. Dimostra, inoltre, l’importanza strategica di interrompere tempestivamente la prescrizione con atti formali e il peso che una precedente sentenza favorevole può avere in un giudizio di regresso. Infine, conferma che il concorso di colpa del lavoratore può portare a una riduzione del risarcimento, richiedendo un’attenta valutazione di tutte le circostanze del caso concreto.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per l’azione di regresso dell’ente previdenziale?
In assenza di un procedimento penale, il termine triennale di prescrizione decorre dal momento della liquidazione dell’indennizzo al danneggiato o, in caso di rendita, dalla data di costituzione della stessa, poiché è in quel momento che il diritto dell’ente diventa certo e azionabile.

Una precedente sentenza di risarcimento può essere usata come prova in un’azione di regresso?
Sì. Sebbene una sentenza emessa in un’altra causa non sia direttamente vincolante, può essere utilizzata come ‘prova atipica’. Il giudice può considerarla un elemento di giudizio molto forte, specialmente se affronta le stesse questioni di fatto e di diritto, per fondare la propria decisione sulla responsabilità del convenuto.

Il comportamento del lavoratore, come il fumo, può ridurre la responsabilità del datore di lavoro per una malattia da amianto?
Sì. Il Tribunale ha ritenuto che l’abitudine al fumo del lavoratore fosse una concausa che ha contribuito ad aggravare il rischio di sviluppare il carcinoma. Per questo motivo, ha valutato la responsabilità del lavoratore nella misura di un terzo, riducendo proporzionalmente la somma che il datore di lavoro è stato condannato a rimborsare all’ente previdenziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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