Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19504 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19504 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6050/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE COGNOME, COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI COGNOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA n. 1142/2022, depositata il 29/07/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME e NOME convenivano dinanzi al Tribunale di Teramo – Sez.
Distaccata di Atri il Comune di Bisenti, chiedendo l’accertamento del confine tra la corte comune di loro pertinenza e la strada di proprietà del Comune di Bisenti denominata «Castiglione INDIRIZZO Bisenti», che avrebbe occupato abusivamente parte della citata corte; nonché il rilascio della porzione di corte così indebitamente occupata o, in subordine, la restituzione della stessa in caso di qualificazione della domanda come azione di revindica.
Costituitosi, il Comune di Bisenti si opponeva alla domanda e in via riconvenzionale spiegava domanda di acquisto per usucapione con riferimento all’area eventualmente occupata dalla strada comu nale.
Il Tribunale di Teramo rigettava la domanda principale e quella riconvenzionale con sentenza confermata dalla Corte d’Appello (che respingeva l’appello principale con assorbimento di quello incidentale condizionato).
Secondo la Corte territoriale i titoli e le prove documentali prodotti non erano sufficienti quanto alla delimitazione del confine: occorrendo individuare il confine «reale» tra la corte e la strada, correttamente il giudice di prime cure aveva fatto ricorso ad altri mezzi di prova, privilegiando quegli elementi probatori che garantissero certezza alla delimitazione e trascurando, dunque, le risultanze catastali, il cui riferimento deve ritenersi non necessario in simili casi.
La pronuncia d’Appello è impugnata per la cassazione da NOME, NOME e NOME (in proprio e quali eredi di NOME). Il ricorso, è affidato a due motivi.
Resiste con controricorso il Comune di Bisenti.
A séguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, i ricorrenti hanno chiesto la decisione ex art. 380bis , comma 2, cod. proc. civ.
Sono pervenute memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Premesso che non vi è incompatibilità a far parte del Collegio per il consigliere autore della proposta (cfr. CASS. SSUU n. 9611/2024), osserva la Corte che con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ., degli artt. 950 cod. civ. e degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. A giudizio delle ricorrenti ha errato la Corte d ‘ Appello nel ritenere completamente irrilevante l’atto notarile di divisione dell’11 .11.2008 con il quale le ricorrenti avevano acquistato la corte comune oggetto di causa, ed ha errato altresì nel ritenere che il frazionamento riguardasse esclusivamente il fabbricato , e non anche l’area comune a confine con la strada comunale. A tale ultimo proposito, la Corte territoriale non ha tenuto conto che la mancata menzione della particella (309) in contestazione nell’atto di frazionamento è dovuta al fatto che, al momento della presentazione del tipo di frazionamento in catasto, le particelle originarie assumono una numerazione provvisoria, di solito con dei subalterni della particella originaria frazionata, per poi successivamente acquisire una nuova numerazione ed identificazione catastale. Tale elemento è stato omesso o comunque erroneamente valutato dalla Corte. Peraltro, a ll’ accertamento catastale derivante dal frazionamento il Comune convenuto aveva fatto acquiescenza, riconoscendo che il confine era quello delineato dalle mappe catastali, in quanto mai nulla era stato eccepito. Risultando chiara e certa la linea di confine dal frazionamento (che a sua volta riconferma la situazione delle mappe catastali), non avrebbe dovuto la Corte territoriale tener conto della prova testimoniale, che va valutata solo in via residuale.
Il motivo è inammissibile, nella parte in cui invoca il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5) cod. proc. civ., ricorrendo un’ipotesi
di «doppia conforme» ai sensi dell’art. 360, comma 4, cod. proc. civ., applicabile ratione temporis al presente giudizio.
Il motivo è invece infondato sotto il profilo della dedotta violazione di legge.
In linea di principio, giova ricordare che nell’azione di regolamento di confini, mentre incombe sia sull’attore che sul convenuto l’onere di allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all’individuazione dell’esatta linea di confine, il giudice – del tutto svincolato dal principio actore non probante reus absolvitur – deve determinare il confine in relazione agli elementi che gli sembrano più attendibili, ricorrendo in ultima analisi alle risultanze catastali, aventi valore sussidiario ( ex multis : Sez. 2, Ordinanza n. 11557 del 30/04/2024, Rv. 671122 -01; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10062 del 24/04/2018, Rv. 648330 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14993 del 07/09/2012, Rv. 623810 – 01).
Del resto, nel ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio (Cass. Sez. U, sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 -02; conf., più di recente: Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 16016 del 09.06.2021, Rv. 661360 -02; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 29177 del 20.10.2023).
Nel caso in esame, nessuno di tali vizi ricorre perché si censura in sostanza l’apprezzamento delle risultanze istruttorie riservato al giudice di merito.
Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 ) cod. proc. civ., degli artt. 950
e 2697 cod. civ. e degli artt. 115, 116 e 246 cod. proc. civ. Travisamento della prova. I ricorrenti contestano alla Corte di Appello di aver dato rilevanza probatoria principale alle dichiarazioni testimoniali, invece di dare priorità alle risultanze catastali ed alla CTU, a seguito della quale veniva accertato che il tracciato stradale aveva invaso una parte della corte di proprietà dei ricorrenti. Tale scelta del materiale probatorio tinge di illogicità la motivazione resa dal giudice di seconde cure, in primo luogo perché in materia di regolamento di confini la prova testimoniale ha solo valore residuale; in secondo luogo, per l’incapacità delle testi in quanto titolari di un interesse, avendo uno specifico interesse economico: le stesse, qualora la domanda attorea fosse stata accolta, ne avrebbero subìto gli effetti pregiudizievoli perché il percorso stradale avrebbe potuto occupare una porzione dei loro terreni.
Anche questo motivo è infondato perchè si risolve in una censura all’adeguatezza della motivazione del provvedimento impugnato, e contesta l’accertamento del fatto e la valutazione delle prove acquisite.
Il giudice di seconde cure ha escluso che le indicazioni sul confine fossero desumibili dai titoli: quanto al l’atto di divisione dell’11/11/2008 (con il quale gli allora appellanti avevano acquisito la corte comune di cui lamentano l’illegittima occupazione da parte del Comune di Bisenti) , perchè esso non richiama, e tanto meno reca allegato, il tipo di frazionamento del 12/8/2008; quanto al l’atto di frazionamento , perché è inconferente rispetto ai fatti di causa, atteso che in esso non si fa alcun cenno alla particella 309 (ovvero quella che identifica la citata area esterna), riguardando unicamente il fabbricato di acquisto. Tanto esclude sia la pretesa acquiescenza del Comune prestata all’accertamento catastale compiuto dagli appellanti, sia l ‘ inattendibilità delle testimoni, rispetto alle quali la Corte territoriale
ha ritenuto che -atteso il tecnicismo puro che contraddistingue l’atto di frazionamento -che le stesse, pur sottoscrivendolo, avessero effettiva contezza della portata del suo contenuto: che, cioè, dall’atto di frazionamento potesse essere chiaro il contrasto tra i dati catastali e la reale situazione di fatto (v. sentenza pp. 7-8, punti 6., 6.1., 6.2.).
Stante l’inutilizzabilità dei titoli, la Corte territoriale ha fatto ricorso – prima ancora che ai dati delle mappe catastali, fonte probatoria di carattere sussidiario ( supra , punto 1.2.) – ad altri mezzi di prova, coerentemente con l’insegnamento di questa Corte, secondo cui l’insufficienza delle risultanze desumibili dai titoli giustifica il ricorso a qualsiasi mezzo di prova, anche testimoniale (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8072 del 26/07/1999, Rv. 528969).
Nel caso che ci occupa, la Corte d’Appello ha fatto ricorso al consolidamento della situazione di fatto (in particolare: per mezzo dei rilievi aerofotogrammetrici forniti dalla CTU, dai quali risulta che il tracciato attuale della strada comunale è rimasto immutato quanto meno dal 1997, anno del primo rilievo in possesso dell’AGEA che non ha subìto alcuna variazione nel corso degli anni; per mezzo delle dichiarazioni testimoniali sul consolidamento da notevole lasso di tempo dello stato di fatto attuale; per mezzo delle rappresentazioni fotografiche in atti: v. sentenza pp. 8-9, punti 7.1., 7.2.).
Per quel che, poi, riguarda l’asserita inattendibilità dei testi, occorre richiamare il principio secondo cui la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili ( ex multis : Sez. 6 – 3, Ordinanza n.
16467 del 04/07/2017, Rv. 644812 -01; Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448 -01).
Da quanto sopra argomentato, deve escludersi anche la sussistenza di un’ipotesi di errore percettivo, che consenta alle ricorrenti di far valere l’errata lettura del fatto probatorio innanzi a questa Corte (travisamento della prova), in concorso dei presupposti di legge ai sensi dell’art . 360, comma 1, nn. 4 e 5, cod. proc. civ., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 5792 del 05/03/2024, Rv. 670391 -01).
In definitiva, quella che propone il ricorrente altro non è se non la revisione della portata valutativa, non percettiva, sulla quale si è formato il convincimento del giudice, inammissibile in questa sede (per tutte, di recente: Cass. n. 9507 del 06.04.2023).
In conclusione, il Collegio rigetta il ricorso con aggravio di spese secondo la regola della soccombenza.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento delle ulteriori somme ex art. 96, commi 3 e 4 cod. proc. civ., sempre come liquidate in dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto
per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore dei controricorrenti, che liquida in €. 2.500,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%;
condanna, altresì, i ricorrenti in solido al pagamento di €. 2.500,00 in favore dei controricorrenti ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ., nonché al pagamento di €. 1.000,00 in favore della cassa delle ammende, ex art. 96, comma 4, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2024.