Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4739 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2   Num. 4739  Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25497/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE,  rappresentato  e  difeso  dall’avvocato dall’ Avv. AVV_NOTAIO FILIPPO (CODICE_FISCALE) -ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE PER LA PRESERVAZIONE DELLA FEDE, rappresentata e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
–
contro
ricorrente –
nonchè
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato  COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente
Ricorrente
avverso SENTENZA  di CORTE  D’APPELLO GENOVA  n. 89/2019 depositata il 24/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/11/2023 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME convenne davanti al Tribunale di Genova la RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE per fare accertare il diritto di proprietà su di una striscia di terreno illegittimamente recintata dalla convenuta società e per ottenerne la restituzione ; in subordine, l’attore chiese la condanna dell’RAGIONE_SOCIALE, da cui aveva acquistato l’immobile, a tenerlo indenne in caso di evizione parziale, oltre alla riduzione del prezzo.
Si costituì l’RAGIONE_SOCIALE ed eccepì di essere proprietaria per titolo  RAGIONE_SOCIALE  striscia  di  terreno  oggetto  di  causa  e,  in  subordine,  di averlo acquistata per usucapione.
RAGIONE_SOCIALE si costituì sostenendo  che  l’area  in  questione  rientrava  tra  i  beni  venduti all’attore.
Il  Tribunale accolse la domanda di restituzione dell’attore e l a Corte d’Appello  di  Torino,  con  sentenza  del  20.11.2018,  depositata  il 24.1.2019, confermò la sentenza di primo grado, qualificando diversamente  la  domanda  come  azione  di  regolamento  di  confini  e restituzione di suolo.
Secondo la Corte d’Appello non si discuteva dei titoli di provenienza, ma del l’estensione  delle  rispettive  aree  sulla  base  dei  titoli.  Quanto alle spese di lite, la Corte distrettuale ritenne che dovessero gravare
sull’attore quelle sostenute dall’RAGIONE_SOCIALE perché era stata dal medesimo convenuta direttamente in giudizio, senza che la chiamata sorgesse dalle difese del l’altra convenuta RAGIONE_SOCIALE.
Per la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza  d’appello ha proposto ricorso l’RAGIONE_SOCIALE  sulla  base  di  cinque  motivi ,  contrastati  con controricorso dal COGNOME che propone altresì ricorso incidentale sulla base di un unico motivo.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE  ha  resistito  con distinto controricorso.
RAGIONE_SOCIALE  e  lRAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE hanno resistito con distinti controricorsi al ricorso incidentale Il  ricorso  è  stato  avviato  alla  trattazione  in  camera  di  consiglio  ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità RAGIONE_SOCIALE camera di consiglio, sono pervenute memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va, in primo luogo, rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta  dall’RAGIONE_SOCIALE  per carente  e  confusionaria  esposizione  dei  fatti  in  quanto  il  ricorso consente in modo compiuto di comprendere la vicenda processuale e le censure mosse alla Corte d’Appello .
Passando all’esame dei motivi di ricorso principale RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE, il primo di essi è così rubricato ‘ nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza per extrapetizione. Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.: la riqualificazione RAGIONE_SOCIALE domanda in appello può essere effettuata solo in presenza di specifica impugnazione, nella specie insussistente’. La ricorrente deduce che sulla qualificazione giuridica RAGIONE_SOCIALE domanda come rivendica si era formato il giudicato interno e, non avendo nessuna delle parti impugnato la decisione di primo grado, il giudice d’appello non
avrebbe potuto qualificare diversamente la domanda come azione di regolamento di confini.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 948 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., per avere la Corte d’appello errato nell’accertare la proprietà del COGNOME sulla base del solo titolo di acquisto mentre, nell’azione di rivendica, la proprietà del bene immobile a vr e b be dovuto essere provata dimostrando la legittimità di tutti gli acquisti a titolo derivativo sino ad arrivare ad un acquisto a titolo originario (c.d. probatio diabolica)’.
I due motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, l’interpretazione RAGIONE_SOCIALE domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato al giudice del merito mentre a questa Corte è demandato il controllo RAGIONE_SOCIALE correttezza RAGIONE_SOCIALE motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Cassazione civile, sez. VI, 21/12/2017, n. 30684; Cassazione civile, sez. lav., 24/07/2008, n. 20373; Cassazione civile, sez. I, 07/07/2006, n. 15603). Ne consegue che non sussiste violazione né del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, stabilito dall’art. 112 cod. proc. civ., né del principio del divieto del ius novorum in appello, stabilito dall’art. 345 dello stesso codice, nell’ipotesi in cui il giudice di appello, nel rispetto dei termini RAGIONE_SOCIALE controversia delineati in primo grado, accolga la domanda sulla base di una diversa qualificazione giuridica dei fatti, già implicitamente o esplicitamente acquisiti al processo (Ordinanza n. 1244/2019 Cassazione Civile – Sezione VI). E ancora, la diversa qualificazione giuridica del rapporto controverso da parte del giudice d’appello
rispetto a quanto ritenuto dal giudice di primo grado non costituisce vizio di extrapetizione, rientrando tale potere-dovere nelle attribuzioni del giudice dell’impugnazione, senza necessità, quindi, di specifica impugnazione o doglianza di parte, purchè egli operi nell’ambito delle questioni riproposte con il gravame e lasci inalterati il “petitum” e la “causa petendi”, non introducendo nel tema controverso nuovi elementi di fatto (v. Sez. 1, Sentenza n. 16213 del 31/07/2015; Sez. 1, Sentenza n. 19090 del 11/09/2007).
Nel caso di specie, la Corte d’appello , sulla base dei fatti già acquisiti al processo, ha qualificato la domanda come azione di regolamento di confini rilevando che non erano in discussione i titoli di provenienza ma l’estensione delle rispettive aree sulla base dei titoli (pag.5 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata).
Mentre l’azione di rivendica presuppone un conflitto di titoli determinato dal convenuto, il quale oppone a suo favore un titolo anche non negoziale- diverso da quello su cui l’attore fonda la sua istanza, nell’azione di regolamento di confini il conflitto è tra fondi, in quanto il convenuto deduce che, in forza del titolo dedotto dall’attore e del titolo di proprietà del fondo a lui appartenente, il confine è diverso; a nulla rileva l’incertezza del confine per avvenuta usurpazione di parte del terreno, atteso l’effetto recuperatorio RAGIONE_SOCIALE domanda di regolamento dei confini (Cassazione civile sez. VI, 13/10/2020, n.22095).
Questa Corte ha, infatti,  precisato  che  l ‘azione di  regolamento  de i confini  non muta natura quando insieme con la determinazione del confine si chiede anche il rilascio di una zona determinata, configurandosi tale richiesta come  mero  corollario del  suddetto accertamento. Inoltre, la proposizione dell’eccezione (o domanda) di usucapione non comporta la trasformazione in ” revindica ” dell’azione
proposta  in  quanto  non  viene  in  contestazione  l’originario  titolo  del diritto  di  proprietà  ma  una  situazione  di  fatto  che,  se  riconosciuta fondata,  elimina  l’incertezza  del  confine  ( Cassazione  civile  sez.  II, 20/04/2001, n.5899; Cass. Civ. 9913/2004).
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza per difetto assoluto di motivazione, ai sensi dell’art. 132, comma 2 c.p.c. e  dell’art.112  c.p.c., in  relazione all’art. 360  comma  1,  n.  4  c.p.c. perché  la  sentenza  d’appello  avrebbe  motivato per  relationem alla sentenza di primo grado, senza esaminare i motivi di gravame.
Il motivo è infondato.
Come affermato dalle sezioni unite di questa Corte, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza RAGIONE_SOCIALE motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” RAGIONE_SOCIALE motivazione (cfr. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Nel caso in esame, contrariamente a quanto si assume in ricorso, la Corte d’Appello di  Genova  ha esaminato i motivi di gravame ed ha
spiegato, in modo autonomo rispetto alla sentenza di primo grado, le ragioni RAGIONE_SOCIALE decisione, basata sulla condivisione delle conclusioni del CTU.
Risulta dalla motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata che la Corte d’appello ha dato conto delle conclusioni del CTU, che, con la memoria integrativa, ha esaminato i documenti tardivamente prodotti, per escluderne la decisività (si trattava dell’atto notarile del 5.12.1921 e dalle risultanze del posizionamento dei confini come risultante dalla mappe catastali). Sulla base di esauriente e completa motivazione, la Corte d’appello ha accertato che il tratto di terreno oggetto di causa era compreso nella vendita effettuata al COGNOME dall’RAGIONE_SOCIALE con atto AVV_NOTAIO 31/10/1996 mentre non era compreso nell’atto di vendita AVV_NOTAIO 5.5.1970 in favore dell’RAGIONE_SOCIALE.
La critica RAGIONE_SOCIALE ricorrente pertanto non coglie nel segno.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1, n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia sul secondo motivo di appello avente ad oggetto la domanda di usucapione.
Il motivo è infondato.
La  Corte  d’appello  si  è  pronunciata  sulla  domanda  di  usucapione (pag.6-7  RAGIONE_SOCIALE  sentenza),  condividendo  il  giudizio  di  inammissibilità RAGIONE_SOCIALE prova per testi per genericità in quanto i capitoli di prova non consentivano di stabilire la decorrenza del possesso, né le caratteristiche  con  cui  la  relazione  con  la res si  era  esplicata  sotto  il profilo sia dell’ animus che del corpus possessionis.
In sostanza si censura la valutazione circa la ammissibilità dei mezzi di prova, tipica attività riservata al giudice d merito.
Con il quinto motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 comma 1 n. 3 c.p.c. per avere la Corte d’appello condannato l’RAGIONE_SOCIALE alle spese sostenute in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, nonostante l’appello fosse stato alla stessa notificato quale litis denuntiatio in causa scindibile, dal momento che era stato il COGNOME a convenirla direttamente in giudizio. Sostiene il ricorrente che, non sussistendo alcun rapporto processuale con lRAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, non sarebbe ravvisabile una situazione di soccombenza che giustificasse la condanna alle spese del giudizio d’appello.
Detto  motivo  di  ricorso  va  esaminato  congiuntamente  al  ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME, perché riguardante anch’esso il regime delle spese sostenute dall’RAGIONE_SOCIALE.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale, infatti, si deduce la violazione dell’art. 1485 c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che le spese di lite del giudizio di primo grado sostenute dall’RAGIONE_SOCIALE dovessero gravare sull’attore per averla citata direttamente in giudizio unitamente all’immobiliare RAGIONE_SOCIALE, senza che la chiamata sorgesse dalle difese del convenuto. Secondo il ricorrente, la citazione in giudizio sarebbe, invece, prevista dall’art.1485 c.c. , che fa onere al compratore convenuto da un terzo che reclami diritti reali sulla cosa di chiamare in causa il venditore, pena la perdita RAGIONE_SOCIALE garanzia per evizione.
Il  ricorso  incidentale  è  fondato  mentre  va  rigettato  il  quinto  motivo del ricorso principale.
Se è vero, infatti, che dell’RAGIONE_SOCIALE è stata evocata in giudizio direttamente da COGNOME NOME, è
parimenti  vero  che  tale  iniziativa  si  è  resa  necessaria  in  virtù  del comportamento  dell’RAGIONE_SOCIALE che,  prima  del  presente giudizio,  aveva  addirittura  agito  in  sede  possessoria  (lo  riporta  la sentenza a pag. 2) sicchè era giustificata appieno la scelta dell’attore di chiamare in giudizio direttamente la propria dante causa al fine di essere  garantita in caso di evizione parziale del bene, come previsto dall’art.1495 c.c.
L’art.1495 c.c.    fa  onere  al  compratore  convenuto  da  un  terzo  che reclami diritti reali sulla cosa di chiamare in causa il venditore, pena la  perdita  RAGIONE_SOCIALE  garanzia  ove  dimostri  che  esistevano  ragioni  per respingere la domanda.
Il  principio  in  esame  trova  applicazione  anche  nel  caso  in  cui  il compratore,  anziché  essere  convenuto,  agisca  in  rivendica,  se  la proprietà  RAGIONE_SOCIALE  cosa  è  contestata  da  un  terzo;  in  assenza  RAGIONE_SOCIALE chiamata in causa, il compratore corre il rischio  di perdere il diritto alla garanzia per evizione.
Ne consegue che il COGNOME era tenuto a convenire  in giudizio l’ RAGIONE_SOCIALE  e  le  spese  del  giudizio dovevano essere poste a carico RAGIONE_SOCIALE parte soccombente dell’azione di rivendica.
Nell’attribuire le spese di lite del giudizio di primo grado all’attore, e non a colui che, con le proprie pretese, aveva dato causa al coinvolgimento in giudizio dell’RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello ha reso una statuizione difforme rispetto all’orientamento di questa Corte, la quale ha chiarito che l’acquirente di un bene immobile posseduto illegittimamente da un terzo il quale ne rifiuti il rilascio, nel promuovere l’azione di rivendica ben può chiamare in giudizio il venditore suo dante causa per eventuale garanzia nel caso in cui le pretese del possessore si rivelino fondate. In tale ipotesi, pur
mancando un rapporto processuale e sostanziale diretto tra il convenuto ed il chiamato in causa – onde tra loro non è ipotizzabile la soccombenza di cui all’art.91 c.p.c.- in caso di accoglimento RAGIONE_SOCIALE domanda di rivendica, il giudice deve porre a carico del convenuto anche l’onere di rivalere delle spese giudiziali il terzo chiamato in causa, trovando tale provvedimento giustificazione nel comportamento processuale del convenuto che con le proprie infondate pretese sul bene controverso ha determinato non solo l’azione dell’attore in rivendica, ma anche la chiamata in causa del terzo (Cassazione civile sez. II, 21/04/2023, n.10767; Cass. Civ., Sez. II, 3.6.1991, n.6255; Cass. Civ., Sez. III, 24.9.1981, n. 5173).
Il ricorso incidentale deve, pertanto, essere accolto e, sulla base del medesimo principio, va rigettato il quinto motivo del ricorso principale in  quanto  le  spese  del  giudizio  d’appello,  sulla  base  del  principio  di causalità,  sono  state  correttamente  poste  a  carico  dell’RAGIONE_SOCIALE, che era soccombente nel giudizio d’appello ed aveva notificato il gravame all’RAGIONE_SOCIALE, litisconsorte processuale.
La  sentenza  impugnata  va,  pertanto  cassata  in  relazione  al  motivo accolto  e,  non  essendo  necessari  ulteriori  accertamenti  di  fatto,  la causa può essere decisa nel merito.
Pertanto, l’appello  incidentale  proposto  da  COGNOME  NOME  va accolto e, in parziale riforma RAGIONE_SOCIALE sentenza di primo grado, le spese sostenute dall’RAGIONE_SOCIALE, come liquidate dal primo giudice, vanno poste a carico dell’RAGIONE_SOCIALE
Il ricorso principale va, invece, interamente rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto RAGIONE_SOCIALE  sussistenza  dei  presupposti  per  il  versamento,  da  parte  del ricorrente  principale  di  un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta  il  ricorso  principale;  accoglie  il  ricorso  incidentale,  cassa  la sentenza  impugnata  in  relazione  al  ricorso  incidentale  accolto  e, decidendo  nel  merito,  accoglie  l’appello  incidentale  proposto  da COGNOME NOME e, in parziale riforma RAGIONE_SOCIALE sentenza di primo grado, pone  le  spese  sostenute dall’RAGIONE_SOCIALE,  come  liquidate  dal  Tribunale ,  a  carico  dell’RAGIONE_SOCIALE
Condanna  la  società  ricorrente  al  pagamento,  in  favore  di  ciascuna parte  controricorrente,  delle  spese  del  giudizio  di  legittimità,  che liquida  in  €  4 .000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto RAGIONE_SOCIALE  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il  versamento,  da parte  del  ricorrente,  di  un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Roma, 16 novembre 2023.