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Azione di arricchimento: quando è inammissibile?

Un’impresa edile ha eseguito lavori per un Comune senza un contratto formale. Dopo aver citato in giudizio sia i funzionari responsabili che l’ente, la sua richiesta contro il Comune è stata respinta. La Cassazione ha confermato l’inammissibilità dell’azione di arricchimento contro l’ente pubblico, ribadendo il principio di sussidiarietà: tale azione non è disponibile quando esiste un’altra azione diretta, in questo caso contro i funzionari, anche se quest’ultima non ha avuto successo.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Azione di arricchimento: quando è inammissibile contro la P.A.?

L’azione di arricchimento senza causa, prevista dall’art. 2041 del codice civile, rappresenta un rimedio generale per riequilibrare situazioni in cui un soggetto si è arricchito a danno di un altro senza una valida giustificazione. Tuttavia, la sua applicazione nei confronti della Pubblica Amministrazione presenta contorni specifici e rigorosi, come chiarito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso in esame riguarda un’impresa che aveva eseguito lavori per un Comune senza la stipula di un contratto scritto, vedendosi poi negare la possibilità di agire contro l’ente per ingiustificato arricchimento.

I Fatti di Causa: Lavori Pubblici Senza Contratto

Una società edile conveniva in giudizio alcuni amministratori e funzionari di un Comune, oltre al Comune stesso, sostenendo di aver eseguito lavori in favore dell’ente tra il 2004 e il 2005. Il problema fondamentale era che gli incarichi non erano mai stati formalizzati attraverso contratti di appalto in forma scritta, come richiesto dalla legge per la Pubblica Amministrazione.

L’impresa agiva quindi su un doppio binario:
1. Azione diretta nei confronti degli amministratori e funzionari, ritenuti personalmente responsabili per aver commissionato i lavori al di fuori delle procedure formali.
2. Azione di arricchimento in via subordinata nei confronti del Comune, per ottenere un indennizzo pari al vantaggio economico che l’ente aveva conseguito grazie ai lavori eseguiti.

Il Percorso Giudiziario: Dal Tribunale alla Corte d’Appello

Il Tribunale di primo grado rigettava entrambe le domande. Quella contro i funzionari perché, pur essendo provata l’esecuzione dei lavori, non era chiaro chi avesse effettivamente conferito gli incarichi. Quella contro il Comune veniva dichiarata inammissibile per difetto del requisito della sussidiarietà.

La Corte d’Appello, in parziale riforma, accoglieva in parte la domanda contro alcuni funzionari (e i loro eredi), condannandoli al pagamento di determinate somme. Tuttavia, confermava l’inammissibilità della domanda di arricchimento contro il Comune, ribadendo che la possibilità di un’azione diretta contro i funzionari precludeva l’utilizzo di questo strumento residuale.

L’Azione di Arricchimento e il Principio di Sussidiarietà

Il fulcro della questione giuridica risiede nell’articolo 2042 del codice civile, che sancisce il carattere sussidiario dell’azione di arricchimento. Questo significa che tale azione può essere proposta solo quando il danneggiato non ha a disposizione nessun altro rimedio giuridico per farsi indennizzare del pregiudizio subito.

Nel contesto dei lavori pubblici, la legge (in particolare l’art. 23 del d.l. n. 66/1989, oggi confluito nel Testo Unico degli Enti Locali) prevede un’azione specifica e diretta contro l’amministratore o il funzionario che ha consentito l’acquisizione di beni o servizi senza il rispetto delle procedure contabili. La disponibilità di questa azione diretta rende, di conseguenza, inapplicabile l’azione sussidiaria contro l’ente.

La Decisione della Cassazione: I Motivi del Rigetto

La società edile ricorreva in Cassazione, ma i suoi motivi di doglianza sono stati respinti.

La questione del giudicato interno

L’impresa sosteneva che l’affermazione del primo giudice sulla ‘effettiva esecuzione dei lavori’ fosse passata in giudicato, non essendo stata contestata. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che il giudicato interno si forma sulle decisioni (capi della sentenza), non sulle singole argomentazioni o accertamenti di fatto che conducono a quella decisione. Poiché la decisione di rigetto era stata interamente appellata, non si era formato alcun giudicato.

L’inammissibilità dell’azione di arricchimento: la ratio decidendi non censurata

Il motivo di ricorso più importante riguardava la presunta violazione dell’art. 2041 c.c. La Corte ha dichiarato questo motivo inammissibile perché la ricorrente non aveva criticato la vera ratio decidendi della Corte d’Appello. La decisione impugnata si fondava interamente sul difetto di sussidiarietà: poiché esisteva un’azione diretta contro i funzionari, quella di arricchimento era preclusa. La ricorrente, invece, aveva basato le sue difese su altri argomenti, senza scalfire il nucleo centrale della motivazione della Corte territoriale.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione ribadendo un principio consolidato: l’azione di arricchimento ha natura residuale e non può essere utilizzata come un’alternativa a un’altra azione prevista dall’ordinamento. La legge offre al creditore di una Pubblica Amministrazione, in caso di prestazioni eseguite senza copertura contrattuale, uno strumento specifico di tutela: l’azione di responsabilità contro il funzionario che ha agito ultra vires. Il fatto che questa azione possa rivelarsi infruttuosa nel merito (ad esempio, per difficoltà probatorie, come nel caso di specie) non fa rivivere la possibilità di agire in via sussidiaria contro l’ente. La mera ‘esperibilità’ dell’azione diretta è sufficiente a bloccare quella di arricchimento.

Le Conclusioni

La pronuncia consolida un importante principio a tutela delle finanze pubbliche e della certezza dei rapporti giuridici con la P.A. Per le imprese che operano con enti pubblici, emerge un chiaro monito: è fondamentale assicurarsi che ogni prestazione sia supportata da un valido e formale impegno di spesa e da un contratto scritto. In assenza di tali formalità, l’unica via per ottenere un ristoro è l’azione diretta contro i funzionari e amministratori personalmente responsabili, mentre l’azione di arricchimento contro l’ente resta una via preclusa, a meno che l’azione diretta non sia legalmente impossibile da esperire fin dall’origine.

È possibile agire per ingiustificato arricchimento contro un Comune per lavori eseguiti senza contratto?
Solo in via sussidiaria. La Corte ha stabilito che se è disponibile un’azione diretta contro i funzionari o amministratori che hanno ordinato i lavori, l’azione di arricchimento contro l’ente non è ammissibile, a prescindere dall’esito della prima.

Cosa significa che l’azione di arricchimento è ‘sussidiaria’?
Significa che può essere esperita solo quando non esiste un’altra azione specifica per tutelare il proprio diritto. Nel caso di specie, esisteva l’azione diretta contro i funzionari, il che rendeva quella di arricchimento non percorribile per legge.

Se l’azione contro i funzionari viene respinta per mancanza di prove, si può poi agire contro il Comune?
No. La sentenza chiarisce che la sola esperibilità teorica dell’azione diretta contro i funzionari, anche se poi respinta nel merito per difetto di prova, preclude comunque l’utilizzo dell’azione sussidiaria di arricchimento contro l’ente pubblico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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