Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18496 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18496 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
R.G.N. 14663/20
C.C. 13/05/2025
ORDINANZA
Vendita -Quote latte -Mancata validazione Aima -Arricchimento senza giusta causa sul ricorso (iscritto al N.R.G. 14663/2020) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-ricorrente –
contro
Azienda agricola RAGIONE_SOCIALEC.F.: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore ;
-intimata – avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 414/2019, pubblicata il 7 febbraio 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 maggio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. –NOME (con atto di citazione notificato nell’anno 2005) conveniva, davanti al Tribunale di Parma, l’RAGIONE_SOCIALE chiedendo che la convenuta fosse condannata al pagamento, in suo favore, della somma di euro 30.735,00 o della diversa somma ritenuta di giustizia, oltre accessori, a titolo di corrispettivo ancora dovuto per il contratto di compravendita di quote latte concluso tra le parti il 29 dicembre 1997 nonché per il godimento delle quote latte successivamente alla cessione, eventualmente anche a titolo di indebito arricchimento.
Si costituiva in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE la quale contestava la fondatezza, in fatto e in diritto, delle domande avversarie e ne chiedeva il rigetto.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 1547/2009, depositata il 17 dicembre 2009, rigettava le domande proposte da parte attrice.
2. –NOME proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando: 1) l’erronea affermazione dell’inefficacia della vendita, in mancanza del requisito legale di efficacia costituito dalla pubblicazione dell’acquisto sul bollettino AIMA; 2) l’indebito rigetto nonostante la sussistenza del presupposto della sussidiarietà -della domanda subordinata di arricchimento senza giusta causa, in ordine al godimento pluriennale (per sette anni) delle quote latte successivamente all’atto di cessione, a causa del provvedimento emesso dall’AGEA, che -anche dopo la sentenza del Tribunale di Bologna n. 3383/2004 -aveva riconosciuto provvisoriamente, in capo
all’acquirente, la qualità di mero affittuario delle quote latte cedute.
Si costituiva nel giudizio d’impugnazione l’RAGIONE_SOCIALE la quale instava per il rigetto dell’appello.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Bologna, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava integralmente la pronuncia impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che lo stesso appellante aveva ritenuto corretto il comportamento della P.A. per il periodo intercorrente tra la data di emissione del provvedimento n. 1137 del 15 febbraio 1998 -con il quale era stato sospeso il procedimento di validazione della cessione delle quote latte finché non vi fosse stata una pronuncia sul contenzioso avviato dalla RAGIONE_SOCIALE verso il Marchese -e la pubblicazione della sentenza del Tribunale di Bologna n. 3383/2004 -con la quale era stata confermata la titolarità delle quote latte in capo al cedente COGNOME; b ) che, infatti, a decorrere da tale pronuncia giudiziale, l’AIMA, in assenza di alcun provvedimento inibitorio, sarebbe stata tenuta a dare completa esecuzione alla pronuncia, completando il procedimento di validazione della cessione delle quote latte, anziché adottare un provvedimento amministrativo perlomeno irrituale -e, comunque, non impugnato dall’appellante -, con il quale le quote latte cedute dal COGNOME erano affidate in affitto all’Azienda agricola appellata; c ) che sussistevano, dunque, i presu pposti per intraprendere l’azione ordinaria di risarcimento danni, non solo nei confronti della P.A., ma anche nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, quale responsabile dell’avvio di un’azione
rivelatasi infondata nei confronti del COGNOME, azione che avrebbe potuto essere esperita dall’appellante con un giudizio separato o addirittura, in via riconvenzionale, nei confronti di Montemilia, nello stesso giudizio di accertamento della titolarità delle quote latte, invocando, a sostegno della pretesa risarcitoria, proprio il provvedimento di sospensione del procedimento di validazione assunto dalla P.A., in conseguenza dell’avvio del contenzioso; d ) che i requisiti dell’impoverimento dell’appellante e del corrispondente arricchimento dell’appellata non erano stati provati, tenuto conto del fatto che alla vendita delle quote latte non conseguiva automaticamente la maggior produzione consentita dall’ulteriore capacità produttiva acquisita, che doveva essere invece oggetto di riscontro probatorio, né l’appellante aveva fornito, neppure in via presuntiva, dimostrazione dell’asserito impoverimento determinato dalla mancata disponibilità delle quote latte cedute; e ) che difettava anche la giusta causa dell’asserito arricchimento, stante che, quantomeno a far tempo dall’adozione del provvedimento AIMA successivo alla sentenza del Tribunale di Bologna n. 3383/2004, l’utilizzo delle quote latte cedute dal COGNOME era stato legittimato da un provvedimento AIMA, non impugnato dal COGNOME, che ne aveva disposto l’affitto in favore dell’Azienda appellata, mentre, per il periodo precedente, l’utilizzo delle quote latte era stato autorizzato anche in favore dell’Azienda agricola Agricorte dal provvedimento cautelare del Tribunale di Bologna del 22 luglio 1999, fermo restando l’avvenuto versamento in acconto, in favore del Marchese, per la cessione delle quote latte, della somma non contestata di vecchie lire 43.125.000.
3. -Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, NOME.
È rimasta intimata l’Azienda agricola RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la falsa applicazione dell’art. 2042 c.c., per avere la Corte di merito negato l’integrazione del presupposto della sussidiarietà dell’azione intrapresa di arricchimento senza giusta causa, in ragione della possibilità per l’appellante di esperire l’azione risarcitoria nei confronti della P.A. -, per non aver proceduto alla validazione dell’atto di cessione delle quote latte, quantomeno a far data dal deposito della sentenza del Tribunale di Bologna n. 3383/2004, e -nei confronti di RAGIONE_SOCIALE quale responsabile dell’avvio di un’azione rivelatasi infondata -, che aveva causato la sospensione, per più anni, del procedimento volto alla validazione della citata cessione.
Obietta l’istante che la mancanza di un’azione tipica, idonea a giustificare l’esperimento dell’azione di arricchimento senza causa, avrebbe dovuto riferirsi, non già ad ogni iniziativa processuale ipoteticamente azionabile, ma esclusivamente a quella derivante da un contratto o prevista dalla legge con riferimento ad una fattispecie determinata, sicché il carattere sussidiario dell’azione di indebito arricchimento avrebbe comportato che essa non potesse essere proposta, non soltanto quando fosse sussistita un’altra azione tipica utilizzabile nei confronti dell’arricchito, ma anche quando vi fosse stata
originariamente un’azione sperimentabile contro soggetti diversi dall’arricchito, che fossero stati obbligati per legge o per contratto.
Con la conseguenza che l’azione di arricchimento avrebbe dovuto intendersi ammissibile, come nel caso di specie, allorquando l’azione teoricamente spettante all’impoverito fosse stata prevista da clausole generali, come l’azione di risarcimento danni extracontrattuale ex art. 2043 c.c.
1.1. -Il motivo è infondato.
E ciò perché il carattere sussidiario dell’azione di ingiustificato arricchimento, sancito dall’art. 2042 c.c. in termini generali, comporta che detta azione non possa essere esperita quando l’impoverito, per farsi indennizzare del pregiudizio subito, possa esercitare una ‘altra azione’ anche fondata su clausola generale, come quella risarcitoria ex art. 2043 c.c. -nei confronti di un soggetto diverso dall’arricchito, secondo una valutazione da compiersi in astratto (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 27008 del 18/10/2024; Sez. 3, Ordinanza n. 6735 del 13/03/2024; Sez. U, Sentenza n. 33954 del 05/12/2023).
Sicché è inammissibile l’azione d’ingiustificato arricchimento proposta in via subordinata rispetto a quella contrattuale per il pagamento del residuo prezzo del contratto di cessione di quote latte, in ragione della riconosciuta esperibilità dell’azione di risarcimento del danno nei confronti della P.A. per il mancato recepimento del trasferimento della quota sul bollettino AIMA, previsto quale condizione sospensiva per il pagamento del prezzo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4246 del 16/02/2024).
Anche con riferimento al periodo precedente al deposito della sentenza del Tribunale di Bologna n. 3383/2004, la sentenza impugnata ha sostenuto che avrebbe potuto essere esperita l’azione risarcitoria per responsabilità aquiliana nei confronti di RAGIONE_SOCIALE quale responsabile dell’avvio di un’azione rivelatasi infondata, che aveva causato la sospensione, per più anni, del procedimento volto alla validazione della citata cessione.
Per l’effetto difettava il presupposto della sussidiarietà ex art. 2042 c.c., come correttamente osservato dalla pronuncia d’appello.
2. -Con il secondo motivo il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., la violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., con l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte territoriale escluso l’ammissibilità dell’azione di indebito arricchimento, in ragione del fatto che, dopo la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Bologna n. 3383/2004, vi sarebbe stata la responsabilità della P.A. per la mancata esecuzione della sentenza, con il dovuto perfezionamento del procedimento di validazione della cessione delle quote latte.
Senonché avverte l’istante che la domanda sussidiaria di arricchimento senza causa era stata proposta anche con riferimento al mancato godimento delle quote latte nel periodo intercorrente tra la vendita del 1997 fino alla data della citazione in giudizio di Agricorte, periodo con riferimento al quale la Corte d’appello aveva ritenuto non censurabile il comportamento della P.A.
2.1. -Il motivo è infondato.
Per quanto anzidetto scrutinando la prima doglianza, la sussidiarietà per il periodo precedente al deposito della pronuncia del Tribunale di Bologna n. 3383/2004 è stata esclusa, in quanto il Marchese avrebbe potuto intraprendere l’azione risarcitoria per responsabilità aquiliana nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
Sicché non è dato ravvisare alcuna motivazione incomprensibile.
3. -Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., la violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., con l’omesso esame circa un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte distrettuale ritenuto che il COGNOME non avesse fornito prova in ordine all’asserito arricchimento di parte convenuta e al proprio impoverimento, mentre sarebbe stato incontestato che l’Azienda acquirente avesse sfruttato appieno il quantitativo di quote latte acquistato, tanto da dover ricorrere a provvedimenti cautelari al fine di poter produrre il latte nella quantità garantita da tali quote, senza incorrere nelle sanzioni previste dalla normativa comunitaria nel caso di sforamento del limite assegnato.
E, per altro verso, parte attrice avrebbe dedotto il proprio impoverimento, riferendolo al mancato godimento delle quote latte vendute ed alla mancata possibilità di produzione del latte nonché alla mancata possibilità di affitto delle stesse quote, documentando nell’ an e nel quantum tale impoverimento attraverso la produzione della nota del direttore dell’AIPLE di Parma, da cui si evincevano i valori medi di affitto delle quote latte nel periodo dal 1998/99 al 2003/2004.
4. -Con il quarto motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della falsa applicazione dell’art. 2041 c.c., per avere la Corte del gravame reputato che non sussistesse il requisito della giusta causa dell’asserito arricchimento, poiché, quantomeno a far tempo dall’adozione del provvedimento AIMA successivo alla sentenza del Tribunale di Bologna n. 3383/2004, l’utilizzo delle quote latte cedute dal COGNOME sarebbe stato legittimato da un provvedimento AIMA, non impugnato dal COGNOME mentre, per il periodo precedente, l’utilizzo delle quote latte sarebbe stato autorizzato dal provvedimento reso in sede cautelare il 22 luglio 1999 dal Tribunale di Bologna.
Osserva l’istante che i meccanismi attraverso cui l’acquirente aveva potuto godere ininterrottamente delle quote latte cedute nulla avrebbero tolto all’ingiustizia dell’arricchimento dello stesso acquirente, determinata da tale godimento, in assenza del versamento del corrispettivo della vendita.
5. -Con il quinto motivo il ricorrente assume, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., la violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., con l’omesso esame circa un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte d’appello ritenuto che il COGNOME non avesse impugnato il provvedimento AIMA, che -a seguito del deposito della sentenza del Tribunale di Bologna n. 3383/2004 -aveva attribuito le quote latte all’acquirente a titolo di affitto e non di proprietà.
Deduce l’istante che, per converso, il COGNOME aveva impugnato il provvedimento in questione davanti al Tar EmiliaRomagna, che -con sentenza n. 36/2010 del 26 gennaio 2010 –
aveva dichiarato inammissibile la domanda per mancanza di interesse all’azione del ricorrente.
5.1. -I motivi che precedono sono inammissibili.
Essi, infatti, mirano a contestare le argomentazioni rafforzative della pronuncia impugnata sulla insussistenza degli elementi costitutivi della domanda di indebito arricchimento (impoverimento, arricchimento, giusta causa).
Sennonché, una volta esclusa a monte la ricorrenza del presupposto della sussidiarietà dell’azione ex art. 2042 c.c., vi è carenza di interesse ad indagare sulla sussistenza di tali elementi costitutivi.
6. -In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Non vi è luogo a provvedere sulla regolamentazione delle spese e compensi di lite, poiché la controparte del soccombente è rimasta intimata.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda