Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8878 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8878 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28444/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore unico, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 2776/2020, depositata il 27/07/2020, notificata il 17/09/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL GIUDZIO
RAGIONE_SOCIALE, assumendo di avere un credito nei suoi confronti pari a euro 167.869,09, conveniva, dinanzi al Tribunale di Napoli, RAGIONE_SOCIALE, chiedendone la condanna al pagamento della suddetta somma, o di altra accertata giudizialmente, a titolo di indennizzo ex art. 2041 cod.civ.
La RAGIONE_SOCIALE convenuta, costituitasi, chiedeva, in via preliminare, che la domanda fosse dichiarata improponibile per essere la stessa preclusa dalla sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 225/2010, passata in giudicato, che aveva rigettato il gravame avverso la sentenza n. 5548/2005 del Tribunale di Napoli che aveva accolto l’opposizione di RAGIONE_SOCIALE al decreto ingiuntivo n. 2481/1999, ottenuto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e dichiarato inammissibile, perché nuova, la domanda riconvenzionale di condanna dell’opponente ex art. 2041 cod.civ.; contestava la domanda anche nel merito.
Il Tribunale, con la sentenza n. 8956/2016, condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento di euro 167.869,09, ritenendo che non si fosse formato il giudicato sostanziale sulla domanda di arricchimento ingiustificato – essendo stata la stessa rigettata per ragioni di rito – e provato da parte della RAGIONE_SOCIALE attrice il credito azionato.
La Corte d’appello di Napoli, con la sentenza n. 2776/2020, depositata il 27/07/2020 e notificata il 17/09/2020, ha respinto l’eccezione di giudicato riproposta da RAGIONE_SOCIALE, ma ha accolto il motivo con cui l’appellante aveva dedotto l’inammissibilità
e/o l’improcedibilità della domanda ex art. 2041 cod.civ., per mancanza del requisito della sussidiarietà, avendo la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE già azionato il suo credito con l’azione contrattuale di pagamento del prezzo. Il giudice a quo ha ritenuto di dar seguito all’orientamento di questa Corte secondo cui l’azione di arricchimento ingiustificato può essere proposta qualora l’azione tipica abbia dato esito negativo per carenza ab origine del titolo posto a suo fondamento, ma non anche quando detto esito negativo derivi da carenza di prova o dall’abbandono della domanda. La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nel 1999 aveva azionato in INDIRIZZO monitoria il credito di origine contrattuale per ripetute forniture di materiale di cancelleria alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE da questa non pagate ed aveva ottenuto il decreto ingiuntivo n. 2481/1999; detto decreto ingiuntivo era stato opposto da RAGIONE_SOCIALE e il Tribunale di Napoli aveva accolto l’opposizione per l’insussistenza della prova della ricorrenza di un contratto inter partes che giustificasse la pretesa di pagamento azionata dalla ricorrente ed aveva dichiarato inammissibile la domanda proposta in via riconvenzionale da quest’ultima, subordinata all’accoglimento dell’opposizione, di condanna della opponente al pagamento della medesima somma ai sensi dell’articolo 2041 cod.civ.; tale decisione era stata confermata dalla Corte d’appello di Napoli con la sentenza n. 2257/2010 passata in giudicato, perché non impugnata.
La domanda di indebito arricchimento, proposta nel giudizio per cui è causa, è stata considerata fondata sugli stessi presupposti di fatto posti a fondamento della tipica domanda contrattuale già esaminata e rigettata, pertanto, è stata dichiarata inammissibile.
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta pronuncia, formulando un solo motivo.
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 cod.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
A suo avviso, il Tribunale e la Corte d’appello di Napoli, rispettivamente, con le sentenze n. 5548/2005 e n. 225/2010, avevano accertato l’inesistenza del rapporto contrattuale in base al quale era stata attivata la procedura monitoria e non già il difetto di prova del diritto di credito fatto valere.
La tesi della ricorrente è, dunque, che la Corte d’appello abbia confuso la sussidiarietà, da intendersi come assenza di altra azione per farsi indennizzare il pregiudizio subito (Cass., Sez. Un., n. 9531/1996), con la residualità.
A sostegno di detta prospettazione riproduce la motivazione, per la parte di interesse, della sentenza n. 5548/2005 del Tribunale di Napoli che, sulla scorta delle emergenze istruttorie, aveva ritenuto non dimostrata la sussistenza di un contratto di approvvigionamento né provato che il materiale di cancelleria fosse stato consegnato alla sede napoletana di RAGIONE_SOCIALE La sentenza d’appello n. 225/2010 aveva confermato che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non aveva dimostrato la sussistenza di un contratto con RAGIONE_SOCIALE né di avere consegnato la merce.
Il Tribunale di Napoli, nel giudizio conclusosi con la sentenza n. 8965/2016, aveva confermato ‘la mancanza di valido titolo negoziale’ e ritenuto che le forniture per cui è causa non erano ‘avvenute in forza della stipulazione di un contratto’.
Pertanto, attesa la mancanza di un titolo contrattuale, la Corte d’appello avrebbe dovuto esaminare la sussistenza dei presupposti per agire ex art. 2041 cod.civ. e non già dichiarare inammissibile la domanda per assenza del requisito della sussidiarietà dell’azione
proposta, mancando il presupposto della preclusività derivante dalle ragioni di revoca del decreto ingiuntivo opposto.
1.1) Sulla determinazione del carattere di sussidiarietà/residualità dell’azione di arricchimento ingiustificato sono intervenute, di recente, le Sezioni Unite, con la pronuncia n. 05/12/2023, n.33954, la quale ha enunciato il seguente principio di diritto: ‘ Ai fini della verifica del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all’art. 2042 cod.civ., la domanda di arricchimento è proponibile ove la diversa azione, fondata sul contratto, su legge ovvero su clausole generali, si riveli carente ab origine del titolo giustificativo. Viceversa, resta preclusa nel caso in cui il rigetto della domanda alternativa derivi da prescrizione o decadenza del diritto azionato, ovvero nel caso in cui discenda dalla carenza di prova circa l’esistenza del pregiudizio subito, ovvero in caso di nullità del titolo contrattuale, ove la nullità derivi dall’illiceità del contratto per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico’.
Secondo questa Corte, ‘la volontà che è alla base dell’introduzione dell’art. 2042 cod.civ. è quella di preservare la certezza del diritto ed evitare elusioni della norma, ammettendo che si possa agire con l’azione di arricchimento anche nei casi in cui la domanda principale non sia stata coltivata o sia andata perduta per il comportamento colpevole del titolare’, come emerge dalla relazione al codice civile che giustifica il principio di sussidiarietà, sostenendo che “là dove si possa eliminare una situazione anormale con l’applicazione di una norma particolare, il ricorso all’azione generale mancherebbe del suo presupposto, ossia del pregiudizio altrimenti evitabile”.
Sulla scorta detta premessa, ha affermato che nel caso in cui l’azione principale sia fondata su una fonte contrattuale, ove sia riconosciuta la nullità/inesistenza del titolo contrattuale azionato, sarebbe contraddittorio sostenere che la proposizione di una azione, che presuppone la non esistenza di un contratto, possa essere impedita da una pronuncia che abbia per l’appunto
dichiarato la non esistenza di un contratto, e ciò anche perché se al rigetto del rimedio contrattuale, determinato dall’inesistenza del titolo, potesse conseguire l’improponibilità del rimedio sussidiario, costituito dall’azione di arricchimento, l’avente diritto sarebbe privato di qualsiasi strumento processuale per ottenere il ristoro del pregiudizio subito.
Ha negato che si debba utilizzare una nozione rigorosa della sussidiarietà in astratto (che prescinda in assoluto da ogni verifica sul merito della domanda avanzata in via principale) basata sulla mera esistenza di un’altra azione, avente fonte in un rapporto contrattuale o direttamente in una previsione di legge, preclusiva della tutela residuale, indipendentemente dal fatto che l’interessato ne abbia usufruito (invano) o che essa sia divenuta improponibile (per altra ragione), perché altrimenti la stessa circostanza che sia stata proposta una domanda fondata su un titolo contrattuale renderebbe improponibile, ex art. 2042 cod.civ., la domanda di arricchimento, anche a voler annettere alla prima pronuncia di improponibilità una valenza solo processuale.
Ha ritenuto, per contro, corretto, anche per ragioni di economia processuale, distinguere in merito alle ragioni del rigetto della domanda, rimettendo al giudice, al quale sia riproposta la domanda di arricchimento, di verificare, anche d’ufficio ed anche in sede di appello, sulla scorta di quanto emerge dagli atti e dalle allegazioni offerte dalle parti, ‘se sia stata riscontrata una carenza originaria del diverso titolo fondante la domanda cd. principale (in quanto la fattispecie dedotta in giudizio, pur in astratto congrua a realizzare gli effetti previsti dalla legge, è risultata difettosa di qualche requisito essenziale ( id est , elemento costitutivo della fattispecie o presenza di elemento impeditivo ovvero non è stato possibile ricondurre la fattispecie concreta a quella astrattamente delineata a fondamento dell’azione proposta in via principale)’ ovvero se le ragioni del rigetto derivino ‘dall’inerzia dell’impoverito ovvero dal
mancato assolvimento di qualche onere cui la legge subordinava la difesa di un suo interesse’ (p. 27).
Nella prima ipotesi il rigetto per accertamento della carenza ab origine del titolo fondante la domanda c.d. principale esclude secondo la Corte – la possibilità di configurare un concorso tra azioni da risolvere facendo applicazione dell’art. 2042 cod.civ., e quindi, a favore della domanda principale; detto concorso è solo apparente, in quanto deve escludersi la stessa ricorrenza di un diritto suscettibile di essere dedotto in giudizio con la conseguente improponibilità della domanda ex art. 2041 cod.civ.
La stessa conclusione vale per il caso in cui ‘la domanda principale sia correlata ad una pretesa scaturente da un contratto, di cui si lamenta l’esecuzione in maniera difforme da quanto pattuito, chiedendosi il ristoro del pregiudizio subito e si accerta che il contratto era affetto da nullità’, perché anche in tal caso lo spostamento contrattuale ‘si palesa privo di una giusta causa e legittima quindi la proposizione, anche in via subordinata nel medesimo giudizio, dell’azione di arricchimento’.
Là dove il rigetto sia derivato dalla mancata dimostrazione da parte del contraente del danno derivante dall’altrui condotta inadempiente, la domanda di arricchimento resta, invece, preclusa in ragione della clausola di cui all’art. 2042 cod.civ. (p. 28). Ulteriori cause di preclusione sono costituite dall’accertamento della fondatezza della domanda ex art. 2043 cod.civ. e dal rigetto della domanda dipeso da prescrizione o decadenza ovvero dalla carenza di prova circa l’esistenza del danno ingiusto.
Quanto detto vale per l’ipotesi in cui nello stesso giudizio siano cumulate la domanda principale e quella di arricchimento, in quanto l’esame della seconda, per il nesso di subordinazione che ex lege le correla, potrà avvenire solo una volta che si sia risolta negativamente, e nei termini sopra esposti, la verifica circa la ricorrenza del titolo della prima. Allorquando sia direttamente
avanzata la domanda di arricchimento spetterà al giudice riscontrare ex ufficio il carattere della residualità della domanda proposta.
L’applicazione di detti principi alla vicenda per cui è causa induce a ritenere che la Corte d’appello abbia dichiarato inammissibile la domanda di arricchimento senza causa proprio e solo sulla scorta della pur ritenuta nullità/inesistenza del titolo contrattuale -dovendosi precisare che solo ad abundantiam la Corte di merito ha dato rilievo al difetto di prova dell’avvenuta consegna delle forniture – operando una applicazione acritica del principio di sussidiarietà, essendosi limitata ad affermare che non era stata fornita una prova idonea a dimostrare il titolo (il contratto) posto a suo fondamento.
Trattasi, però, di un rigetto, frutto della valutazione delle emergenze istruttorie, motivato per la mancata dimostrazione della sussistenza di un obbligo di pagamento che equivale ad un rigetto correlato all’accertamento dell’insussistenza del titolo fondante la pretesa.
Ne consegue, sempre alla luce dei principi esposti, che la domanda di arricchimento senza causa avrebbe dovuto considerarsi proponibile.
In accoglimento del ricorso, la sentenza gravata deve quindi essere cassata, con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, che dovrà altresì provvedere alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.