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Azione del socio: danno indiretto e risarcimento

Un socio ha intentato una causa contro gli amministratori di una S.r.l. per il risarcimento dei danni derivanti dalla mala gestio, che ha causato la perdita di valore della sua quota. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ribadendo un principio fondamentale: l’azione del socio è ammessa solo per i danni che colpiscono direttamente il suo patrimonio personale, non per quelli che sono un mero riflesso del pregiudizio subito dalla società. La diminuzione del valore della quota rientra in questa seconda categoria, e pertanto l’azione risarcitoria spetta unicamente alla società.

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Azione del socio e Danno Riflesso: La Cassazione chiarisce i limiti

Quando gli amministratori di una società compiono atti di mala gestio, quali sono gli strumenti a disposizione dei soci per tutelarsi? Una recente sentenza della Corte di Cassazione torna su un tema cruciale del diritto societario: i confini dell’azione del socio e la distinzione fondamentale tra danno diretto e danno indiretto. La pronuncia chiarisce che il socio non può agire per ottenere il risarcimento di un pregiudizio, come la perdita di valore della propria quota, che sia un semplice riflesso del danno subito dal patrimonio sociale.

I Fatti di Causa: La Richiesta di un Socio

Il caso trae origine dalla richiesta di un socio di una S.r.l. che aveva citato in giudizio gli amministratori e altri soci, accusandoli di aver causato il dissesto finanziario della società attraverso una serie di condotte illecite. Tra queste, venivano contestate operazioni di vendita non fatturate e una sistematica evasione fiscale, che avrebbero sottratto capitali e risorse alla società. Di conseguenza, il socio lamentava un danno personale, quantificato nella perdita di valore della propria quota e nella mancata percezione dei dividendi.

Sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello avevano respinto la domanda, sostenendo che il danno lamentato non fosse diretto, bensì un mero effetto indiretto del pregiudizio arrecato al patrimonio sociale. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Distinzione Cruciale: Danno Diretto vs. Danno Riflesso

Il cuore della questione giuridica ruota attorno all’interpretazione dell’articolo 2395 del Codice Civile, che disciplina l’azione del socio. Questa norma consente al singolo socio (o al terzo) di chiedere il risarcimento del danno subito direttamente per un atto colposo o doloso degli amministratori. La parola chiave è “direttamente”.

La giurisprudenza costante, confermata da questa sentenza, distingue nettamente tra:

1. Danno diretto: Una lesione che colpisce il patrimonio del socio in modo autonomo e indipendente rispetto al patrimonio della società. Un esempio classico è quello del socio che viene indotto ad acquistare quote a un prezzo gonfiato a causa di un bilancio falso presentato dagli amministratori.
2. Danno indiretto o riflesso: Un pregiudizio che il socio subisce come conseguenza del danno arrecato al patrimonio sociale. La diminuzione del valore della quota o il mancato utile sono le manifestazioni più comuni di questo tipo di danno.

Per il danno indiretto, l’unico soggetto legittimato ad agire è la società stessa, attraverso l’azione sociale di responsabilità (art. 2393 c.c.), poiché è il suo patrimonio a essere stato direttamente leso.

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso del socio, ha ribadito con fermezza questi principi. I giudici hanno spiegato che la mancata percezione degli utili e la diminuzione di valore della quota non costituiscono un danno diretto per il socio. Gli utili, infatti, appartengono al patrimonio sociale fino a quando l’assemblea non ne delibera la distribuzione. Analogamente, la quota di partecipazione è un bene giuridicamente distinto dal patrimonio della società, e la sua svalutazione è una conseguenza mediata della condotta degli amministratori.

Ammettere un’azione del socio per un danno riflesso creerebbe due problemi insormontabili:

* Duplicazione del risarcimento: La società potrebbe ottenere il risarcimento per il danno al suo patrimonio, e contemporaneamente il socio potrebbe ottenere il risarcimento per la perdita di valore della quota, che deriva dallo stesso danno.
* Violazione della personalità giuridica: Verrebbe meno la distinzione fondamentale tra il patrimonio della società e quello dei singoli soci, che è un cardine del diritto delle società di capitali.

La Corte ha inoltre chiarito che la presentazione di bilanci non veritieri, lamentata dal ricorrente, non cambia la natura del danno. Questo diventa diretto solo se la falsità contabile ha ingannato il socio, inducendolo a compiere un’operazione economica per lui svantaggiosa. Se l’unico effetto è l’azzeramento del valore patrimoniale della società, il danno rimane indiretto.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza pratica. Essa traccia una linea netta: il socio che vede diminuire il valore della propria partecipazione a causa della cattiva gestione degli amministratori non può agire individualmente per il risarcimento. Lo strumento di tutela corretto è l’azione sociale di responsabilità, promossa dalla società stessa, che, se vittoriosa, reintegra il patrimonio sociale e, di conseguenza, restituisce valore alle quote di tutti i soci. L’azione del socio rimane un rimedio eccezionale, limitato alle sole ipotesi in cui la condotta degli amministratori abbia leso un diritto soggettivo del socio, distinto e autonomo rispetto alla sua posizione di membro della compagine sociale.

Un socio può chiedere il risarcimento agli amministratori per la perdita di valore della propria quota sociale?
No. La Cassazione ha stabilito che la perdita di valore della quota è un danno indiretto, un mero riflesso del pregiudizio subito dal patrimonio della società. L’azione per questo tipo di danno spetta solo alla società stessa.

L’azione del socio ex art. 2395 c.c. è esperibile se il danno deriva da attività illecite come l’evasione fiscale degli amministratori?
No, se il danno lamentato dal socio è la diminuzione del patrimonio sociale e, di conseguenza, del valore della sua quota. Anche se le condotte sono illecite, il danno resta indiretto. L’azione del socio è ammessa solo se la condotta degli amministratori lede direttamente un suo diritto personale, distinto da quello della società.

La presentazione di bilanci falsi da parte degli amministratori costituisce sempre un danno diretto per il singolo socio?
Non necessariamente. Secondo la Corte, la falsità dei bilanci non è di per sé sufficiente a fondare un’azione individuale. Diventa un danno diretto solo se, ad esempio, ha indotto il socio a compiere un atto pregiudizievole per il proprio patrimonio (come acquistare azioni a un prezzo gonfiato). Se l’unico effetto è la diminuzione del valore della quota, il danno rimane indiretto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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