Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 24047 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 24047 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/09/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 10459/21 proposto da:
-) COGNOME NOME , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
-) COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME , domiciliate ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difese dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali – avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona 3 novembre 2020 n. 1147;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 giugno 2024 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
Nel 2008 NOME COGNOME venne rinviato a giudizio con l’accusa di avere modificato, senza le prescritte autorizzazioni, la destinazione d’uso dell’immobile sito a Fermo, INDIRIZZO, di cui aveva la disponibilità. Gli furono contestati i reati di cui all’art. 44, lettere (a) e (c), del d.p.r. 6.6.2001 n. 380 (Testo unico edilizia) e di cui all’art. 181, primo comma, d. lgs. 22.1.2004 n. 42 (Codice dei beni culturali).
Oggetto:
esercizio dell’azione civile nel processo penale – giudizio di rinvio ex art. 622 c.p.p. – regime delle preclusioni assertive ed istruttorie – disciplina.
Nel giudizio si costituirono parti civili NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (la quale ultima verrà a mancare nelle more del giudizio, e la cui posizione processuale sarà coltivata dalle figlie ed eredi NOME COGNOME e NOME COGNOME) e NOME (nella sentenza impugnata: ‘NOME‘) COGNOME.
Le suddette parti civili dedussero di essere proprietarie di due appartamenti compresi nel fabbricato sito a Fermo, INDIRIZZO ; che l’area prospiciente il fabbricato era stata occupata da NOME COGNOME, il quale vi ave va realizzato un deposito di materiali edili; che in tal modo aveva ‘ limitato e reso più difficile e pericoloso l’accesso alle loro abitazioni ‘, nonché ‘ intercluso l’accesso agli spazi laterali e retrostant al palazzo di proprietà condominiale ‘ .
Sulla base di tali deduzioni chiesero la condanna dell’imputato al risarcimento del danno.
Con sentenza 28.4.2009 n. 270 il Tribunale di Fermo assolse l’imputato con la formula ‘ perché il fatto non sussiste’ . , con sentenza 28.10.2014 n. 3641, dichiarò prescritto il reato e condannò civili, da liquidarsi in
La sentenza fu impugnata dalle parti civili e la Corte d’appello d’Ancona l’imputato al risarcimento del danno in favore delle parti separata sede.
La sentenza fu impugnata per cassazione da NOME COGNOME.
Questa Corte, con sentenza della III Sezione Penale 23.1.2017 n. 3083, così provvide:
cassò senza rinvio la sent enza d’appello quanto alle statuizioni penali, ritenendo che non potessero essere modificate in assenza di appello del Pubblico Ministero;
decidendo sulla domanda di risarcimento del danno, ritenne che il giudice d’appello non avesse motivato in modo sufficiente l’esistenza del reato ed in particolare l’illegittimità del contestato mutamento di destinazione d’uso;
di conseguenza cassò con rinvio (al giudice civile) la sentenza d’appello, perché provvedesse sulla domanda risarcitoria.
Riassunto il giudizio, la Corte d’appello d’Ancona, sezione II civile, con sentenza 3.11.2020 n. 1147 rigettò tutte le domande di risarcimento. le parti attrici non avevano dimostrato di avere subito danni di sorta: non avevano infatti né dedotto, né dimostrato di avere una servitù di passaggio; né se questa fosse stata impedita dalle modifiche eseguite dal convenuto; né se fosse stata resa malagevole; né quale tipo di
La Corte d’appello ritenne che danno avessero sofferto.
La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione in via principale da NOME COGNOME con ricorso fondato su un motivo, ed in via incidentale da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con ricorso fondato su tre motivi.
Il ricorrente principale ha resistito con controricorso al ricorso incidentale.
Ambo le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va esaminato per primo, ex art. 276, comma secondo, c.p.c., il ricorso incidentale , in quanto sottopone a questa Corte questioni (l’ an debeatur ) pregiudiziali rispetto a quelle agitate nel ricorso principale (la regolazione delle spese).
2. Il primo motivo del ricorso incidentale.
Col primo motivo le ricorrenti incidentali lamentano che la Corte d’appello non si sarebbe ‘ uniformata a quanto statuito’ dalla sentenza di questa Corte n. 3083/17 ed avrebbe violato il giudicato interno.
Secondo le ricorrenti si era infatti formato il giudicato sulla circostanza che la recinzione realizzata da NOME COGNOME integrasse gli estremi di un reato, sicché il giudice di rinvio non avrebbe potuto negarlo.
2.1. Il motivo è infondato.
In primo luogo nessun giudicato si è formato sull’esistenza o sull’inesistenza del reato. La prima sentenza (penale) d’appello fu infatti cassata per difetto di motivazione, e quindi ritornò sub iudice l’esame dell’in tera domanda
risarcitoria, sia per quanto riguardava l’ an debeatur , sia per quanto riguardava il quantum debeatur .
In secondo luogo il giudice di rinvio doveva accertare l’esistenza d’un fatto illecito, e l’ha escluso rilevando che non era stata né allegata, né provata, l’esistenza di danni di sorta.
Incuranti di tale motivazione, le odierne ricorrenti insistono nel sostenere che NOME COGNOME commise un reato in loro danno: ma è sin troppo ovvio che, avendo il giudice di merito ritenuto inesistente la prova del danno, non era tenuto a stabilire se la condotta ascritta a NOME COGNOME fosse lecita od illecita: anche una condotta illecita, infatti, resterebbe giuridicamente irrilevante sul piano risarcitorio, se la parte interessata non dia la prova che da quella condotta sia derivato un pregiudizio.
3. Il secondo motivo di ricorso incidentale.
Col secondo motivo le ricorrenti incidentali lamentano la violazione dell’art. 101 c.p.c.. Sostengono che la Corte d’appello non avrebbe potuto decidere la causa senza previamente sottoporre alle parti, ai sensi della norma indicata, la ‘ questione dell’autonomia del giudizio civile di danno rispetto a quello penale ‘.
Aggiungono che la Corte d’appello, con la decisione impugnata, avrebbe dovuto ‘ sospendere il giudizio’ e concede r loro ‘ un termine per memoria ai sensi dell’art. 183 c.p.c. per la rinnovazione delle istanze istruttorie’ , e comunque avrebbe dovuto provvedere su quelle già formulate.
3.1. Il motivo è inammissibile per plurime ed indipendenti ragioni.
In primo luogo il motivo è estraneo alla ratio decidendi . La domanda è stata rigettata per mancanza di prova del danno, non per una questione rilevata d’ufficio sulla quale non vi fu dibattito processuale.
In secondo luogo ‘ l’autonomia del giudizio civile rispetto a quello penale ‘ (cioè la questione che si assume rilevata d’ufficio) non fu certo la ragione del rigetto della domanda, sicché è fuori luogo discorrere dell’art. 101 c.p.c..
In ogni caso il giudizio dinanzi al giudice civile previsto dall’art. 622 c.p.p. è un giudizio d’ appello , e nel giudizio d’appello non è consentito modificare le
domande o le richieste istruttorie formulate in primo grado. Da ciò consegue che la Corte d’appello, allorché ha rilevato il deficit assertivo e probatorio delle odierne controricorrenti, ha semplicemente deciso la causa iuxta alligata et probata , e nulla doveva segnalare alle parti ai sensi dell’art. 101 c.p.c..
Per quanto attiene, poi, alla denunciata violazione dell’art. 183 c.p.c., basterà rilevare che quella norma, dettata per il giudizio di primo grado, è inapplicabile al giudizio d’appello, sicché non potrebbe ascriversi alla Corte d’appello d’aver violato una norma che non era tenuta ad applicare.
3.2. Né varrebbe obiettare che il primo grado del giudizio fu celebrato dinanzi al giudice penale, e che in quella sede la legge non prevede il deposito di memorie istruttorie paragonabili a quelle previste dall’art. 183 c.p.c..
Infatti la circostanza che chi si affermi danneggiato da un fatto illecito scelga di esercitare l’azione civile nel processo penale non lo solleva dagli oneri assertivi e probatori: sicché la parte civile anche dinanzi al giudice penale ha l’onere di indicare il fatto costitutivo de lla pretesa, chiarire il petitum e formulare le istanze istruttorie.
Ove ciò non faccia, e gli sviluppi successivi del processo comportino la traslazione del giudizio ex art. 622 c.p.p. dinanzi al giudice civile in grado di appello, l’applicazione delle regole del giudizio di impugnazione impediscono di chiedere prove o formulare domande mai proposte dinanzi al giudice penale nel primo grado di giudizio.
3.3. Infine, il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366, n. 6, c.p.c., perché si duole della mancata ammissione di mezzi istruttori che non vengono né riassunti, né trascritti.
4. Il terzo motivo di ricorso incidentale.
Nel terzo motivo (p. 28 e ss.) le ricorrenti incidentali espongono varie censure eterogenee, così riassumibili:
la Corte d’appello avrebbe dovuto accertare l’esistenza del reato, e non lo fece;
ha errato la Corte d’appello nel ritenere indimostrata l’esistenza del danno senza ammettere le prove da loro richieste, ed in particolare: senza acquisire il fascicolo del procedimento penale di I grado e senza avere esaminato una consulenza di parte;
ha errato la Corte d’appello nel non considerare che la consulenza di parte da esse depositata non era stata contestata dalla controparte;
la Corte d’appello non ha ammesso l’istanza di prova testimoniale, intesa ad interrogare l’autore della suddetta consulenza di parte;
non ha accolto l’istanza di c.t.u. ;
ha depositato una sentenza con ‘ grave vizio motivazionale ‘ (non altrimenti precisato);
ha omesso l’esame d’un fatto decisivo (non chiaramente indicato, se non col generico riferimento all’esistenza del danno da impedimento all’esercizio della servitù di passaggio).
4.1. Il motivo è (manifestamente) inammissibile perché:
accomuna plurime ed eterogenee censure, in violazione dell’art. 366, n. 4, c.p.c.;
non trascrive né riassume le prove della cui mancata ammissione si duole , in violazione dell’onere imposto dall’art. 366, n. 6, c.p.c.;
-non si confronta con l’ affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui ‘ non è stato nemmeno indicato il tracciato ‘ della servitù di passaggio del cui impedimento si dolgono;
non trascrive né riassume i termini in cui fu proposta la domanda nell’atto di riassunzione dinanzi al giudice di rinvio.
5. Sul ricorso principale.
Con l’unico motivo del ricorso principale NOME COGNOME lamenta la violazione dell’art. 91 c.p.c.. Sostiene che non esistevano nel caso di specie i presupposti per la compensazione integrale delle spese di lite.
5.1. Il motivo è fondato.
Le parti civili:
furono soccombenti in primo grado;
furono soccombenti in cassazione;
furono soccombenti in sede di rinvio.
Risultarono vittoriose solo all’esito del primo giudizio d’appello , concluso dalla sentenza poi cassata con rinvio.
Nondimeno, a fronte dunque d’una soccombenza in ben tre giudizi su quattro, il giudice di merito ha ritenuto di compensare integralmente le spese del giudizio di legittimità (in sede penale) e quelle del giudizio di rinvio, limitandosi a motivare tale decisione con un richiamo tanto generico quanto insignificante ‘ all’esito del giudizio’ .
La compensazione delle spese di lite, tuttavia, non è una scelta rimessa all’arbitrio o, peggio, da compiersi ad sensum . Essa è consentita dall’art. 92 c.p.c. (nel testo risultante dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale ritenuta da Corte cost., 19 aprile 2018, n. 77) solo qualora sussista;
soccombenza reciproca;
assoluta novità della questione trattata;
mutamento della giurisprudenza;
‘ altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni ‘.
Ma nel caso di specie le prime tre ipotesi sono pacificamente insussistenti, e quanto alla quarta non si ravvisa nel presente giudizio alcuna circostanza che consenta di ritenerlo ‘eccezionale’ rispetto ad una ordinaria domanda di danno.
5.2. La ritenuta erroneità, su questo punto, della sentenza impugnata, non impone tuttavia la cassazione con rinvio.
Infatti, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, è possibile decidere la causa nel merito regolando le spese dei gradi di merito come segue:
compensando integralmente le spese del giudizio di legittimità in sede penale, in considerazione del fatto che la ragione per la quale la prima sentenza penale d’appello fu cassata (riforma delle statuizioni penali in assenza di impugnazione del Pubblico Ministero) non era ascrivibile alle odierne controricorrenti:
condannando le controricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di rinvio, liquidate come in dispositivo.
5.3. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.
P.q.m.
(-) rigetta il ricorso incidentale;
(-) accoglie il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito:
(a) condanna COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, in solido, alla rifusione in favore di NOME COGNOME delle spese del giudizio di appello, che si liquidano nella somma di euro 6.500, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(b) compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità in sede penale;
(c) condanna COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, in solido, alla rifusione in favore di NOME COGNOME delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 3.500, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti incidentali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della