Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26210 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26210 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30840/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1590/2021 depositata il 27/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo richiesto da NOME COGNOME ed emesso dal Tribunale di Venezia, in data 08.04.2014, nei confronti dell’opponente e di NOME COGNOME, per la somma di 910.000,00 euro.
La vicenda trae origine dall’operazione immobiliare di vendita alla società RAGIONE_SOCIALE – poi fallita, di cui era socio e amministratore NOME COGNOME – dell’«ex Villa Ancillotto», situata a San Donà di Piave, di proprietà del sig. COGNOME. Detta Villa veniva ceduta con rogito del 29.1.2007 a fronte del pagamento di € 3.675.000 ,00. Tuttavia, in esecuzione di un accordo precedente con cui era stata convenuta una dilazione di pagamento di parte del prezzo, il sig. COGNOME restituiva l’assegno bancario di € 1.600.000,00 alla RAGIONE_SOCIALE la quale si obbligava a versare la suddetta somma in tre rate (€ 600.000,00 entro il 31.12.2008, € 500.000,00 entro il 31.12.2009, ed € 500.000,00 entro il 31.12.2010), emettendo 6 cambiali avallate da NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Secondo la narrativa dello stesso ricorrente, solo le prime due cambiali, con scadenza il 31.12.2008, erano state onorate dalla RAGIONE_SOCIALE, mentre le altre quattro, ciascuna di importo di €.250.000,00, erano state solo parzialmente pagate.
In data 01.08.2012 il sig. COGNOME sottoscriveva – nella duplice veste di soggetto debitore in proprio e nella sua qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE – una ricognizione di debito con cui veniva formalizzato anche un diverso piano di pagamento. In virtù di tale ricognizione di debito le cambiali venivano sostituite con n. 19 assegni personali del sig. COGNOME NOME per l’importo di € 910.000,00, di cui €.10.000,00 (assegno n.19) a titolo di interessi legali.
Tale scrittura, secondo l’opponente sig. COGNOME, avrebbe costituito una novazione soggettiva ed oggettiva.
2.Il Tribunale di Venezia, con sentenza pronunciata nei confronti degli eredi del sig. NOME nel frattempo deceduto ha revocato il decreto ingiuntivo e condannato parte opposta a restituire quanto eventualmente percepito (stante la provvisoria esecutività del decreto opposto) e al pagamento delle spese di lite.
Osservava il Tribunale -per quel che qui interessa -che benchè l’opposto, sig. COGNOME, sostenesse di avere esercitato l’azione cambiaria, ciò non trovava il minimo riscontro nell’allegazione contenuta in ricorso, che era invece incentrata sulla vicenda sottostante l’emissione dei titoli e sulla ricognizione di debito; inoltre l’azione cambiaria presupponeva il possesso e la produzione dei titoli in originale che, nel caso di specie, comunque, non era avvenuta e che, comunque, le cambiali scadute non potevano essere utilizzate come promessa di pagamento contro l’avvallante, né era stata provata altrimenti da parte opposta la volontà del sig. COGNOME di prestare garanzia per l’obbligazione extracambiaria.
3.La Corte d’Appello di Venezia ha respinto i motivi d’appello proposti dagli eredi COGNOME ed ha confermato la sentenza del Tribunale, osservando, quanto al preteso esercizio dell’azione cambiaria che: (a) parte appellante non aveva dimostrato – come asserito – che le cambiali citate nel decreto ingiuntivo e depositate solo in copia, fossero state esibite in originale al giudice e/o al cancelliere in sede monitoria; (b) era irrilevante la questione del mancato disconoscimento della conformità di dette copie agli originali e, quindi, infondato il vizio di ultra petizione dedotto con riguardo all’assenza della relativa eccezione di parte, decisiva essendo, piuttosto, la mancata produzione in giudizio dei titoli cambiari originali quale requisito indefettibile per l’esercizio sia dell’azione cartolare che dell’azione causale ai sensi dell’art. 66 comma terzo r.d. 14 dicembre 1933 n. 1669, presupposto di fatto
della domanda che era onere dell’opposto dimostrare nel giudizio a cognizione piena instauratosi con l’opposizione al decreto ingiuntivo; (c) la produzione degli originali delle cambiali in appello era inammissibile in quanto tardiva, irrilevante essendo il richiamo a giurisprudenza di legittimità per cui la produzione degli originali delle cambiali poteva avvenire anche in secondo grado poichè espresso nella vigenza dell’art. 345 c.p.c. anteriore alla novella del 2009 applicabile al caso ratione temporis , dunque quando ancora era ammissibile la produzione di documenti in appello che fossero indispensabili, mentre, alla luce della versione vigente, doveva concludersi che si trattava di documenti che avrebbero potuto e dov uto essere dimessi in primo grado non avendo l’appellante neppure allegato di non averli potuti depositare per causa ad essa non imputabile.
Sicchè doveva senz’altro essere confermata la sentenza appellata laddove ha ritenuto che non vi fosse la legittimazione dell’ingiungente che non aveva il possesso e non aveva prodotto i titoli in originale (prima ratio decidend i), la quale sentenza era condivisibile anche nell’assunto secondo cui dal ricorso non era evincibile in modo univoco l’esercizio dell’azione cartolare, tanto più per avere il ricorrente (pur narrando il fatto del rilascio delle quattro cambiali per € 250.000,00 ciascuna) riferito del pagamento parziale dell’importo di € 1.000.000,00, agito per il pagamento di € 910.000,00, fatto riferimento al «riconoscimento di debito» dell’COGNOME esattamente per l’importo ingiunto, circostanze che inducevano a confermare la qualifica – già operata dal Tribunale dell’azione esperita come azione «causale». Ciò posto ha osservato (seconda ratio decidendi ) che la sottoscrizione del il sig. COGNOME, quale avallante, non poteva costituire presupposto per invocare una promessa di pagamento con relativa inversione dell’onere probatorio ex art. 1988 c.c. circa l’insussistenza del rapporto sottostante – poiché in tal senso la cambiale ha efficacia solo tra le
parti del rapporto sottostante, quindi nei rapporti tra emittente (nella specie la società) e prenditore (nella specie sig. COGNOME) o girante e giratario, e non, quindi, tra avallante (sig. COGNOME) e prenditore (sig. COGNOME); né risultava altrimenti dimostrata, ma neppure prospettata, la volontà del sig. COGNOME di garantire anche l’obbligazione extracambiaria della società avallata.
Quanto alla natura della ricognizione di debito (sottoscritta dal solo COGNOME), ha osservato che, a prescindere dalla natura novativa o meno della medesima (che il giudice di prime cure non aveva affermato essendosi limitato ad affermare che la «questione rimane comunque vaga»), andava confermato il ragionamento del primo giudice, che, alla succitata scrittura privata, aveva fatto riferimento per sostenere il convincimento della rinuncia del beneficiario alle garanzie cartolari del COGNOME contenute nelle cambiali, che erano state sostituite per la minor somma di euro 910.000,00 con assegni rispetto ai quali la parte appellante non aveva dimostrato alcun impegno del sig. COGNOME.
5.- Avverso detta sentenza hanno presentato ricorso gli eredi NOME affidandolo a cinque motivi di cassazione; ha resistito NOME COGNOME chiedendo il rigetto del ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente il Collegio osserva che è infondata l’osservazione di parte resistente per cui sulla qualificazione dell’azione come «causale» e non «cambiaria» si sarebbe formato il giudicato interno in quanto la parte ricorrente – pur avendo proposto motivo d’appello onde contestare detta qualificazione operata dal Tribunale – non avrebbe in questa sede riproposto lo specifico motivo; invero la ricorrente, comunque, ha contestato con mezzi diversi che di seguito si esamineranno – la decisione sul punto della Corte d’Appello ritenendola erronea proprio per aver escluso sussistessero i presupposti dell’esercizio dell’azione
cambiaria. Come affermato da questa Corte «il giudicato si forma anche sulla qualificazione giuridica data dal giudice alla domanda se la parte interessata non ha proposto specifica impugnazione, salvo i casi in cui tale qualificazione o non ha condizionato l’impostazione e la definizione dell’indagine di merito, o è incompatibile con le censure formulate dall’appellante, o non ha formato oggetto di contestazione tra le parti, o quando si tratti soltanto di stabilire, fermi i fatti accertati, quale norma debba applicarsi ad una determinata fattispecie concreta» (Cass. Sentenza n. 31330 del 10/11/2023); in tal caso è evidente -come si vedrà – che le censure del ricorrente sono incompatibili con il preteso effetto di giudicato.
2.Il primo motivo di ricorso denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 54 r.d. n. 1699/33 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., in quanto la Corte d’Appello, avrebbe errato nel ritenere inammissibile l’azione cartolare perché esperita solo nei confronti degli avallanti e perché il COGNOME, ben poteva agire in via diretta contro i soli avallanti (avendo peraltro agito anche contro la società insinuandosi al passivo del relativo fallimento).
2.1. Il motivo è infondato in quanto non si confronta con quanto affermato dalla sentenza gravata che ha confermato « la sentenza appellata laddove ha ritenuto che non vi fosse la legittimazione come per legge dell’ingiungente che non aveva il possesso e non aveva prodotto i titoli in originale », e che, quindi, fonda il ragionamento decisorio non su quanto affermano i ricorrenti, bensì sulla produzione dei titoli in originale, nella fattispecie mancata in primo grado e ritenuta inammissibile in appello.
3.- Il secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 2712 c.c. riguardo all’art. 66, comma terzo, del r.d. n. 1669/33 ed art 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e 4 c.p.c., per aver il giudice ritenuto necessario il deposito dell’originale dei titoli cambiari nonostante le copie fossero state
accettate e non contestate dalla parte opponente, odierna resistente; sicchè in mancanza di disconoscimento la parte interessata al documento non era tenuta a depositare l’originale.
3.- Il terzo motivo denuncia – sempre ex art. 360 n. 3 e 4 c.p.c. violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 2712 c.c. per aver il g iudice rilevato d’ufficio un’eccezione «di parte» in contrasto con la norma processuale che attiene alla rilevabilità di ufficio delle eccezioni, poiché il sig. COGNOME mai aveva in primo grado contestato le copie delle cambiali prodotte né le aveva disconosciute, incorrendo, così, in un vizio di ultrapetizione.
-Il quarto motivo denuncia, ex art. 360 n.3 e 4 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 345, comma 3 c.p.c. in relazione all’art. 2712 c.c. per aver il giudice ritenuto inammissibile in quanto tardiva la produzione dei titoli in secondo grado, soggiacendo il procedimento alle preclusioni di cui all’attuale formulazione di cui all’art. 345, comma 3 c.p.c. : si tratterebbe -secondo la parte ricorrente – di un passaggio motivazionale che evidenzia la contraddittorietà del ragionamento decisorio, poiché dapprima la Corte di merito «individua l’obbligo di deposito dell’originale del titolo (… ) ma contestualmente, quando il titolo in originale viene esibito, allora ritiene il deposito tardivo», in evidente violazione, altresì, della legge processuale poiché la Corte territoriale avrebbe ritenuto «nuova» detta produzione laddove, invece, essendo i titoli già contenuti -sia pure in copia – nel fascicolo di prime cure, avrebbe costituito una regolarizzazione formale del precedente deposito in copia tempestivamente avvenuto.
5.- I motivi, evidentemente connessi in quanto tutti afferenti alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2712 c.c., possono essere esaminati insieme.
5.1- Si tratta di censure infondate poichè la norma di cui si invoca la violazione, ovvero l’art. 2712 c.c., attiene al valore probatorio della copia di un documento di cui controparte non disconosca la conformità all’originale, ma non ha nulla a che vedere con le ragioni della decisone che si fonda sull’inosservanza dell’art. 66 r.d. n. 66 /33, e, quindi, sul fatto che « la produzione in giudizio dei titoli cambiari originali costituisce requisito indefettibile per l’esercizio sia dell’azione cartolare, siccome la posizione di legittimo portatore del titolo coincide con la titolarità del diritto di credito azionato, sia dell’azione causale, ove sia eccepita, come nel caso di specie, la mancata produzione degli originali, attenendo la produzione dei medesimi ai requisiti per l’esame del merito della domanda» (Cass.22531/2011); e che conferma, quindi, (a) in primo luogo, la carenza di legittimazione del preteso creditore non sanata stante l’inammissibilità della tardiva produzione in appello dei titoli cambiari originari; (b) in secondo luogo che, l’azione esercitata in giudizio con il ricorso monitorio doveva ritenersi -come già affermato dal Tribunale – quella «causale» (e non quella cartolare) , rispetto alla quale la produzione dell’originale dei titoli è imposta al fine di porre al riparo il debitore dal pericolo che il titolo possa essere ulteriormente usato nei suoi confronti con l’azione cambiaria.
Sicchè invocare – come fanno i ricorrenti – il fatto del mancato disconoscimento delle copie prodotte agli effetti di denunciare la violazione dell’art. 2712 c.c. e dell’art. 115 c. p.c. è doglianza incon ferente, come, de resto, chiarito dalla stessa Corte D’appello nel passaggio argomentativo censurato con il secondo mezzo; così come lo è anche la doglianza di cui al terzo mezzo – ove si denuncia la ultrapetizione ovvero la violazione del divieto di pronunciare d’ufficio su eccezioni in senso stretto quale sarebbe quella della non conformità delle copie delle cambiali prodotte agli originali – non essendo affatto questa la ragione per cui il giudice di merito ha
escluso la rilevanza delle copie dei titoli, bensì quella che detti titoli andavano per legge prodotti in originale costituendo una condizione per l’esame del merito; e come è anche la doglianza di cui al quarto mezzo, ove la violazione del 2712 c.c. è invocata in relazione all’art. 345 c.p.c. senza in alcuna spiegazione sul nesso che giustifica la censura e senza alcuna pertinenza rispetto alla ragione della decisione sull’inammissibilità della produzione in appello degli originali delle cambiali; ragione che, oltretutto, non denuncia affatto una contraddittorietà del ragionamento decisorio (il quale sussiste nel caso di contrasto di argomenti confluenti nella stessa ratio decidendi) essendo fondata su specifiche ragioni processuali (tardività della produzione).
6. -Il quinto motivo di ricorso denuncia, ex art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 1230 c.c. per aver il giudice ritenuto novativa una ricognizione unilaterale di debito ed aver, quindi, valutato non correttamente un fatto decisivo della controversia; in sintesi, richiamati i principi di diritto sull’istituto della novazione, parte ricorrente reputa che la Corte territoriale non abbia dato conto in alcun modo della sussistenza dei presupposti dell’istituto ( aliquid novi, animus novandi , comune volontà delle parti), con conseguente violazione dei doveri motivazionali e di rispetto della norma cui la fattispecie concreta sarebbe stata sussunta.
6.1- Il motivo è inammissibile:
– sia perché in entrambe le sue articolazioni (neppure agevolmente distinguibili) non rispetta il paradigma del vizio dedotto intendendo, in effetti, la parte ricorrente rimettere in discussione la valutazione di merito di un fatto asseritamente non corretta, il che non rientra né nella violazione di legge né – tantomeno – nella omessa valutazione di un fatto decisivo e discusso tra le parti, vizio quest’ultimo di cui, infatti, è omessa anche l’illustrazione dei requisiti;
-sia perché la Corte d’Appello non ha affatto ritenuto che nella ricognizione di debito sottoscritta dal sig. COGNOME dovesse ravvisarsi una qualsivoglia novazione (né l’aveva fatto i giudice di prime cure, come la Corte sottolinea nel vagliare il relativo motivo d’appello); sicchè parte ricorrente non si confronta con le ragioni della decisone in punto di rilevanza della scrittura ricognitiva, che non riguardano l’effetto novativo che questa avrebbe prodotto rispetto alle originarie obbligazioni assunte, bensì il fatto che detta scrittura non poteva costituire titolo a fondamento della domanda nei confronti del NOME che non l’aveva sottoscritta costituendo , piuttosto, prova della rinuncia del beneficiario alle garanzie cartolari del COGNOME, che, invero, erano state sostituite per la minor somma di euro 910.000,00 con assegni sottoscritti dal solo COGNOME.
7.- Il ricorso va perciò respinto. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, provvedendo alla distrazione di onorari e spese in favore dell’AVV_NOTAIO che ne ha fatto richiesta. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore di NOME COGNOME, che liquida nell’importo di euro 15.200,00 cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori come per legge, con attribuzione all’avvocato antistatario NOME COGNOME.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.