Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22339 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22339 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19906/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato presso l’avvocatura centrale dell’istituto, in ROMA INDIRIZZO rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME unitamente agli avvocati COGNOME e COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 817/2018 pubblicata il 20/12/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/06/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di L’Aquila ha accolto il gravame proposto da NOME COGNOME nella controversia con l’I.NRAGIONE_SOCIALE
La controversia ha per oggetto l’accertamento del diritto a beneficiare della c.d. settima salvaguardia, prevista dall’art.1 comma 265 lettera a) della legge n.208/2015 nel caso in cui l’azienda non abbia cessato tutta l’attività, ma si sia limitata a c hiudere alcune sedi operative (nella specie: appalto del servizio di ristorazione gestito da RAGIONE_SOCIALE presso una pluralità di strutture operative dislocate sul territorio nazionale); e la condanna dell’I.N.P.S. al pagamento della pensione anticipata di vecchiaia.
Il Tribunale di Avezzano rigettava le domande proposte dal COGNOME.
La corte territoriale, in integrale riforma della sentenza appellata, ha accertato il diritto del COGNOME a beneficiare della c.d. settima salvaguardia, e ha condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento della prestazione previdenziale.
Per la cassazione della sentenza ricorre RAGIONE_SOCIALE, con ricorso affidato a un unico motivo. Martellone resiste con controricorso, illustrato da memoria. Al termine della camera di consiglio il collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine previsto dall’art.380 bis.1 ultimo comma cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art.1 comma 265 lettera a) della legge n.208/2015, con riferimento all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ.
Deduce che la corte territoriale ha errato nel ritenere l’applicabilità della c.d. settima salvaguardia anche nel caso in cui la cessazione dell’attività svolta dal datore di lavoro non sia totale e definitiva e l’azienda abbia continuato a svolgere la sua attività seppur dopo averla ridimensionata a seguito della perdita di alcuni contratti di appalto.
In via pregiudiziale deve rigettarsi l’eccezione di inammissibilità del ricorso così come sollevata nel controricorso.
La sentenza della corte territoriale è stata notificata, in data 21/01/2019, «presso l’Avvocatura Distrettuale dell’Istituto in L’Aquila , INDIRIZZO.
Nella «memoria difensiva in grado di appello» l’istituto previdenziale aveva eletto domicilio «presso il proprio Ufficio di Avvocatura presso la locale Sede provinciale in l’Aquila, INDIRIZZO.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, al quale si intende dare continuità, il termine breve d’impugnazione decorre, anche nelle cause soggette al rito del lavoro, dalla notificazione della sentenza effettuata, ex art. 285 c.p.c., al procuratore della parte costituita, nel domicilio (reale od eletto) del medesimo, sicché la notificazione fatta, ai sensi dell’art. 479 c.p.c., alla parte personalmente non è idonea a far decorrere il suddetto termine (Cass. 14/05/2024 n.13165).
Facendo applicazione di questo principio deve escludersi che la notificazione della sentenza della corte territoriale fosse idonea a produrre gli effetti previsti dall’art.325 comma secondo e 326 cod. proc. civ., siccome effettuata alla parte personalmente e non presso il domicilio eletto nel grado di appello.
Trova, pertanto, applicazione il termine lungo ex art.327 cod. proc. civ., non ancora interamente decorso al momento della notificazione del ricorso.
9. Tanto premesso, l ‘art.1 comma 265 lettera a) della legge n.208/2015 prevede che: ‘Le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore dell’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (…) continuano ad applicarsi ai seguenti soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011: a) nel limite di 6.300 soggetti, ai lavoratori collocati in mobilità o in trattamento speciale edile (…), o nel caso di lavoratori provenienti da aziende cessate o interessate dall’attivazione delle vigenti procedure concorsuali quali il fallimento, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o l’amministrazione straordinaria speciale, anche in mancanza dei predetti accordi, cessati dall’attività lavorativa entro il 31 dicembre 2014 e che perfezionano, entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità o del trattamento speciale edile, ovvero, se cessati entro il 31 dicembre 2012, anche mediante il versamento di contributi volontari, entro dodici mesi dalla fine dello stesso periodo, i requisiti vigenti prima della data di entrata in vigore del decretolegge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (…)».
10. La corte territoriale ha ritenuto in fatto che il datore di lavoro del COGNOME, la RAGIONE_SOCIALE, non avesse cessato tutta la sua attività, poiché tale cessazione aveva riguardato l’appalto del servizio di ristorazione presso alcuni clienti, tra i quali quello ove prestava servizio il RAGIONE_SOCIALE.
11. Sulla base di questo presupposto in fatto, la corte territoriale ha ritenuto che la disposizione de qua fosse soggetta al divieto di applicazione analogica ex art.14 delle preleggi, ed ha proceduto ad una sua interpretazione estensiva, ritenendo che il sintagma «aziende cessate» potesse interpretarsi anche nel senso di aziende
che avessero cessato la loro attività solo presso la struttura ove era addetto il lavoratore interessato.
12 . Con riferimento alla natura dell’art.1 comma 265 lettera a) della legge n.208/2015 si intende dare continuità all’orientamento di questa Corte, laddove si è già ritenuto che la disposizione in esame si inserisca nel novero delle c.d. misure di salvaguardia (rectius, regimi derogatori: cfr. Cass.n. 31334 del 2022, in motivazione) di cui già ai commi 14 e 15 dell’art. 24, d.l. n. 201/2011 (conv. con l. n. 214/2011), i quali, coevamente all’introduzione delle nuove e più severe misure di accesso al trattam ento pensionistico di cui all’art. 24, commi 1 ss., d.l. cit., hanno previsto che le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore di quest’ultimo continuassero ad applicarsi ad u n’ulteriore platea di soggetti che, anteriormente all’entrata in vigore della riforma, avevano posto fine al rapporto di lavoro nella prospettiva di maturare il diritto alla pensione avvalendosi di istituti come la mobilità, l’integrazione al reddito a carico dei fondi di solidarietà, la prosecuzione volontaria della retribuzione, l’esonero, l’aspettativa speciale per l’assistenza ai figli disabili gravi o l’incentivo all’esodo (Cass.30/08/2024 n.23419 e precedenti richiamati).
Trattandosi di una disposizione che fa eccezione alle regole generali dettate dal d.l. n.201/2011, la sua applicazione è limitata dall’art.14 delle prelegg i ai soli casi e tempi da essa considerati.
La corte territoriale ritiene che l’art.14 delle preleggi consentirebbe una interpretazione estensiva dell ‘art.1 comma 265 lettera a) della legge n.208/2015, tale che all’insieme delle «aziende cessate» apparterrebbe anche la azienda solo in parte cessata. E ciò anche in considerazione del fatto che i casi di cessazione integrale e definitiva di un’azienda sarebbero del tutto residuali, essendo invece più frequenti le ipotesi di cessazione di singole unità produttive, o di singole strutture, quali quelle ove era adibito il controricorrente.
15. Sul punto si intende dare continuità all’orientamento di questa Corte, secondo il quale «in caso, infatti, di disposizioni eccezionali derogatorie, rispetto ad una avente natura di regola, l’interpretazione estensiva se pure in astratto non preclusa (Sez. Un. n.21493 del 2010), deve ritenersi comunque circoscritta alle ipotesi in cui il significato aggiuntivo, che s’intenda attribuire alla norma interpretata, non riduca la portata della norma costituente la regola con l’introduzione di nuove eccezioni, bensì si limiti ad individuare nel contenuto implicito della norma eccezionale o derogatoria già codificata altre fattispecie avente identità di ratio con quella espressamente contemplata (Cass. n.9205 del 1999)» (Cass.28/02/2018 n.4567).
16. L’interpretazione adeguatrice prospettata dalla corte territoriale, sembra male attagliarsi al caso in esame, perché è stato accertato in fatto «che il COGNOME non sia stato più ricollocato sul territorio nazionale nonostante l’impegno assunto dalla datrice di lavoro nel verbale sottoscritto innanzi alla DPL di L’Aquila».
17. Al contrario, proprio in considerazione di tale accertamento in fatto, ritenuto «pacifico e documentato», la corte territoriale nel procedere alla interpretazione della disposizione in esame avrebbe dovuto dare prevalenza alla natura di ultima ratio della salvaguardia, essendo la delega ai principi generali in materia di maturazione del diritto a pensione giustificata (o giustificabile) solo dalla impossibilità di provvedere altrimenti alla tutela della posizione giuridica del soggetto beneficiario della tutela. Impossibilità che nel caso in esame era radicalmente esclusa, perché la mancata ricollocazione del Martellone era dipesa da fatto e colpa del proprio datore di lavoro.
18. È in questo specifico contesto fattuale che deve essere calata l’interpretazione della disposizione in esame. Ed alla luce delle considerazioni sopra svolte il processo interpretativo compiuto dalla corte territoriale si risolve in una interpretazione analogica, perché
l’unico significato univocamente attribuibile al sintagma «aziende cessate» è quello della azienda che abbia definitivamente e completamente cessato la propria attività. La cessazione o è definitiva o totale, o non è. Il concetto di cessazione parziale non è contenuto in nuce nel testo della disposizione. Tali sono i cancelli delle parole.
19. Il sintagma «aziende cessate» non ha un significato implicito che necessiti di essere rischiarato. Piuttosto, anche in considerazione della ratio legis, ad esso non può essere attribuito significato diverso da quello espresso dai cancelli delle parole: l’azienda cessata è un’azienda che più non opera.
20. In tema di presunzione relativa, ex art. 35, comma 3, d.lgs. n. 198/2006, di collegamento fra licenziamento e matrimonio, questa Corte ha ritenuto che «il divieto di licenziare è la regola, per cui le ipotesi in cui invece è consentito sono eccezioni, come tali di stretta interpretazione (art. 14 disp.prel.c.c.), con la conseguenza per cui solo la cessazione integrale dell’attività aziendale può consentire il licenziamento, non pure la cessazione di un reparto, per quanto autonomo, al quale sia addetta la lavoratrice» (Cass. 16/04/2024, n. 10286)».
La corte territoriale ha dunque proceduto ad una interpretazione analogica dell ‘art.1 comma 265 lettera a) della legge n.208/2015 , applicandola oltre ai casi da essa espressamente previsti. Casi che, per i principi di diritto sopra richiamati, comprendono solo la cessazione definitiva e totale dell’azienda. Nel fare ciò ha violato la disposizione de qua, in combinato disposto con l’art.14 delle preleggi.
22. Il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. La causa può essere decisa nel merito, non essendo necessario alcun accertamento di fatto (i fatti sono tutti pacifici). Per l’effetto devono essere rigettate le domande originariamente proposte dal controricorrente.
La assoluta novità della questione, in uno con i diversi esiti della vicenda processuale, impone la compensazione delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito rigetta le domande originariamente proposte da NOME COGNOME Compensa le spese dell’intero processo .
Così deciso in Roma, il 25/06/2025.