Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32786 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32786 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
Oggetto: azienda speciale RAGIONE_SOCIALE natura di ente pubblico economico sul ricorso iscritto al n. 26584/2020 R.G. proposto da
Azienda speciale regionale Molise RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e domiciliato presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Campobasso n. 288/2019 pubblicata il 13 febbraio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 28 novembre 2017 il Tribunale di Campobasso ha rigettato il ricorso proposto da NOME COGNOME contro l’Azienda speciale regionale Molise RAGIONE_SOCIALE, utilizzatrice, e la RAGIONE_SOCIALE, società somministratrice, con il quale il lavoratore, dedotta la nullità dei contratti stipulati fra le resistenti e di quelli conclusi con lui dal 2 novembre 2007 al 3 settembre 2013, aveva chiesto riconoscersi l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con la RAGIONE_SOCIALE a fare data dal 16 novembre 2007, con condanna dell’Azienda alla sua riammissione in servizio e al risarcimento del danno in suo favore.
In precedenza, il Tribunale di Campobasso aveva reso sentenza non definitiva il 14 marzo 2016, con la quale aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE e la decadenza del ricorrente dall’impugnazione dei contratti concl usi il 30 giugno 2012, il 31 dicembre 2012 e il 7 febbraio 2013.
Con la sentenza definitiva, invece, il Tribunale di Campobasso ha limitato il suo esame al solo contratto del 4 giugno 2013 (l’ultimo intercorso), escludendone l’illegittimità.
NOME COGNOME ha proposto appello che la Corte d’appello di Campobasso, nel contraddittorio con l’Azienda speciale Regione Molise Acque, con sentenza n. 288/2019, ha accolto in parte, dichiarando la nullità del termine apposto al contratto di lavoro del 4 giugno 2013 stipulato tra le parti e l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con decorrenza dal 5 giugno 2013, con condanna alla riammissione in servizio e al risarcimento del danno.
L’Azienda speciale Regionale Molise Acque ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.
NOME COGNOME si è difeso con controricorso.
Le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. perché l’appellante non avrebbe impugnato la sentenza di primo grado nel capo relativo alla conformità del contratto all’art. 20 del d.lgs. n. 276 del 2003 sotto il profilo motivazionale.
La censura è inammissibile perché dall’esame della sentenza di appello emerge che il lavoratore aveva lamentato, con il secondo motivo di gravame, l’errore della sentenza di primo grado nel ritenere legittimo l’unico contratto di somministrazione analizzat o e aveva contestato il fatto che avesse reputato le ‘esigenze legate al riassetto organico’ idonee a giustificare il ricorso alla somministrazione nel 2013, così chiaramente dolendosi della motivazione del contratto in questione.
2) Con il secondo motivo la parte ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. atteso che controparte non avrebbe neppure contestato le sue allegazioni inerenti alle esigenze legate al riassetto organico.
La doglianza è inammissibile, poiché, in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti
invece a valutazione (circostanze non verificatesi, nella specie: Cass., Sez. 1, n. 6774 del 1° marzo 2022).
Peraltro, la corte territoriale ha valutato il testo della motivazione in questione, formandosi, così, un convincimento in ordine ai fatti di causa e alla fondatezza o meno delle domande del ricorrente.
Si evidenzia, infine, che, dal testo dei motivi di appello, per come riprodotti nella sentenza impugnata, emerge una complessiva contestazione, in secondo grado, della decisione del Tribunale di Campobasso per la parte concernente la ritenuta legittimità del contratto in esame relativamente alle ‘esigenze legate al riassetto organico’ idonee a giustificare il ricorso alla somministrazione nel 2013.
3) Con il terzo motivo la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 342 c.p.c. perché la corte territoriale non avrebbe valutato l’eccezione di inammissibilità del secondo motivo di appello, fondata sulla circostanza che il lavoratore non avrebbe impugnato il capo della pronuncia di primo grado sulla ‘ricorrenza di una legittima ragione del contratto’ e non avrebbe prospettato «l’esatta ricostruzione del fatto e le norme giuridiche che si dovevano assumere come violate e quelle non applicate, mentre, nel contempo e inammissibilmente, nelle conclusioni aveva avanzato la domanda di riforma della sentenza di primo grado per illegittimità dei contratti di lavoro intercorsi ‘per assenza delle concrete ragioni giustificative del termine e della relativa assunzione’».
La doglianza è inammissibile, avendo la Corte d’appello di Campobasso chiaramente rigettato implicitamente l’eccezione di inammissibilità di cui sopra, la quale, comunque, era palesemente infondata per le ragioni che hanno condotto alla dichiarazione di inammissibilità del primo motivo.
4) Con il quarto motivo parte ricorrente lamenta la violazione degli artt. 113 e 115 c.p.c. atteso che la corte territoriale avrebbe deciso senza tenere conto del principio di non contestazione e delle prove proposte dalle parti.
La doglianza è inammissibile per le ragioni che hanno condotto alla dichiarazione di inammissibilità del secondo motivo.
5) Con il quinto motivo parte ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 27 d.lgs. n. 276 del 2003, dell’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, della legge Regione Molise n. 37 del 1999, dell’art. 3 della legge Regione Molise n. 10 del 2010, dell’art. 7 della legge Regione Molise n. 16 del 2010, dell’art. 3 della legge Regione Molise n. 2 del 2012, con allegata tabella A1, dell’art. 4 del d.l. n. 95 del 2012, dell’art. 3, comma 26, del d.lgs. n. 163 del 2006, del regolamento UE n. 2223/96-Sec95, art. 12, dell’art. 18, comma 2 bis, del d.l. n. 112 del 2008, dell’art. 19 del d.l. n. 78 del 2009, dell’art. 25, comma 2, del d.l. n. 1 del 2012 e dell’art. 4, comma 12 bis, della legge n. 89 del 2014 e degli artt. 97 Cost. e 115 c.p.c.
Sostiene l’Azienda ricorrente che, comunque, la corte territoriale avrebbe errato nel non ritenere la sua natura pubblica, che avrebbe impedito al giudice di disporre, nei suoi confronti, la costituzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato con controparte.
La doglianza è infondata.
Indubbiamente, la giurisprudenza di legittimità ha affermato, in passato, che ‘all’assunzione del lavoratore a termine presso un’azienda speciale comunale, ancorché successivamente trasformata in società per azioni, si applica l’art. 5 del d.l. 10 novembre 1978, n. 702, conv. in legge 8 gennaio 1979, n. 3, il cui vigore è confermato dall’art. 8 del d.l. 7 maggio 1980, n. 153, conv. in legge 7 luglio 1980, n. 299, che, regolando in modo completo ed esauriente l’assunzione del personale a tempo determinato da parte di province, comuni, consorzi e rispettive
aziende, esclude che l’assunzione stessa sia soggetta alla disciplina privatistica della legge 18 aprile 1962, n. 230, onde essa non è suscettibile di convertirsi in rapporto di lavoro a tempo indeterminato; tale disciplina è compatibile con la regolamentazione delle aziende speciali, dettata dall’art. 23 della legge 8 giugno 1990, n. 142, non rimanendone precluse la sussistenza di interessi pubblici rispetto alle loro attività, né l’ammissibilità di autorizzazioni e controlli da parte dei pubblici poteri, in attuazione dell’art. 41, terzo comma, Cost., né l’esigenza di stabilizzazione della finanza locale’ (Cass., SU, n. 26939 del 19 dicembre 2014; Cass., Sez. L, n. 3984 del 9 febbraio 2023).
La più recente evoluzione della Corte di cassazione, però, ha ormai superato la concezione per la quale le aziende speciali sono solo enti pubblici non economici e ha aperto all’opposta ricostruzione, favorevole a considerarle enti pubblici economici.
In particolare, Cass., SU, n. 20684 del 9 agosto 2018, pur non qualificando in via generale le aziende speciali quali enti pubblici economici, ha ritenuto, però, che l’azienda speciale è destinata alla produzione di beni ed attività con criteri di efficacia, efficienza ed economicità, con obbligo di pareggio del bilancio, con la conseguenza che, per il fatto che la sua attività ha ad oggetto la produzione di beni ed attività con rilevanza imprenditoriale ed economica, l’articolazione dell’ente locale in cui si risolve l’azienda speciale, sebbene rimanga ad esso saldamente collegata con la funzionalizzazione delle scelte generali di politica imprenditoriale e gli altri strumenti di ingerenza e controllo previsti dal suo Statuto in favore dell’ente locale di riferimento, ‘espleta attività imprenditoriale in senso proprio’.
L’azienda speciale, quindi, ‘espleta attività imprenditoriale in senso proprio’, in ordine alla quale nulla giustifica la sua sottrazione all’esigenza che sia svolta su di un piede di perfetta parità, al di fuori di ogni schema autoritativo, sul mercato e nei confronti delle potenziali controparti, siano esse altri imprenditori o consumatori ed utenti.
Ne consegue che, a prescindere dalla qualificabilità o meno dell’azienda speciale come ente pubblico economico ad ogni altro o complessivo effetto (questione che le Sezioni Unite hanno lasciato impregiudicata), almeno nel momento dell’individuazione della disciplina applicabile alla sua attività negoziale ordinaria, in cui si risolve anzi la stessa sua funzione e ragione d’essere per la natura imprenditoriale dei beni e servizi la cui produzione le è affidata, il suo inserimento funzionale nella stessa organizzazione della pubblica amministrazione degrada a mero unilaterale presupposto delle determinazioni alla contrattazione e non può allora imporre – salva ovviamente un’eventuale disciplina speciale per determinate categorie di contratti, come nel caso del codice dei contratti pubblici – le forme garantistiche a tutela della pubblica amministrazione nel momento in cui persegue direttamente i fini suoi istituzionali ed in ambito lato sensu autoritativo.
In seguito, questa sezione ha ulteriormente chiarito, in riferimento alle aziende speciali delle Camere di Commercio (Cass., SU, n. 25207 del 10 novembre 2020; Cass., SU, n. 21503 del 12 novembre 2004; Cass., Sez. L, n. 17601 del 21 giugno 2021; Cass., Sez. L, n. 12907 del 4 settembre 2003) che esse sono caratterizzate da una organizzazione distinta da quella, tipicamente pubblicistica, dell’ente di riferimento, i cui tratti distintivi si sostanziano nel conferimento di pieni poteri deliberativi all’organo di vertice, in ampia libertà di azione, nella massima semplificazione delle procedure, in una notevole attenuazione dei controlli, in una quasi completa autonomia patrimoniale, finanziaria e contabile, nell’avere proprio personale, senza che rilevi, ai fini della separazione tra le due organizzazioni, il fatto che all’azienda non sia conferita una distinta personalità giuridica e neppure l’assenza del fine di lucro, siccome lo svolgimento dell’attività economica con modalità e strumenti tipicamente imprenditoriali vale a produrne l’equiparazione agli enti pubblici economici.
Ne consegue che il rapporto di lavoro del personale dipendente dalle Aziende speciali delle Camere di Commercio, siccome non intercorrente con ‘pubbliche amministrazioni’, è sottratto all’ambito di applicazione delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 165/2001 (Cass., Sez. L, n. 17601 del 21 giugno 2021).
Alla luce delle considerazioni di cui sopra, che inducono a consentire di qualificare le aziende speciali come enti pubblici economici, salvo le esigenze di tutela dell’interesse pubblico imposte dalla normativa vigente e dalla loro stretta connessione con gli enti di riferimento, trova applicazione, allora, la regola generale per la quale la natura economica di un ente pubblico si ricava dalla sua disciplina normativa e statutaria e da quella della sua attività, soprattutto ove risulti, alla luce degli scopi dello stesso ente e della provenienza delle sue entrate, che esso agisca secondo criteri di economicità, vale a dire con equivalenza, almeno tendenziale, tra costi e ricavi, analogamente ad un comune imprenditore (Cass., Sez. L, n. 23884 del 1° agosto 2022).
Sulla base di questa premessa, va confermata la valutazione in concreto operata dalla corte territoriale, che ha ritenuto di accogliere la domanda di costituzione del rapporto di lavoro in ragione della circostanza che la legge Regione Molise n. 37 del 1999, istitutiva dell’Azienda, ha qualificato quest’ultima espressamente come ente pubblico economico, dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di autonomia statutaria.
In quest’ottica, prive di rilievo sono le considerazioni di parte ricorrente quanto all’esistenza di leggi regionali che impongono un controllo della spesa del personale e che hanno reso applicabili all’Azienda le norme sui dipendenti regionali in tema di assetto organizzativo e di contabilità, quali l’art. 31 della legge Regione Molise n. 10 del 2010, che estende certo le sue disposizioni agli enti dipendenti dalla Regione, ma lo fa solo ‘per quanto compatibili con i fini istituzionali e con i rispettivi ordinamenti interni’.
Neppure hanno valore le leggi Regione Molise n. 16 del 2010 (art. 7) e n. 2 del 2012 (art. 3 e allegata Tab. A1), che avrebbero imposto all’Azienda degli obiettivi di risparmio, considerato che la prima ha semplicemente introdotto una regolamentazione ‘ai fini di razionalizzazione ed uniformità procedurale’ e che la seconda contiene delle precisazioni che riguardano gli obiettivi di finanza pubblica regionale, ma non fanno venire meno la natura imprenditoriale dell’Azienda stessa.
Non possono, poi, escludere la natura di ente pubblico economico dell’Azienda speciale in esame le disposizioni sui vincoli alle assunzioni di cui all’art. 18, comma 2 bis, del d.l. n. 112 del 2008, all’art. 25, comma 2, d.l. n. 1 del 2012, all’art. 4, com ma 12 bis, della legge n. 89 del 2014 e all’art. 19 del d.l. n. 78 del 2009, in quanto non riguardano direttamente la detta Azienda e non modificano la disciplina legislativa regionale.
Non ignora questo Collegio che, secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di società c.d. in house , il reclutamento del personale, a seguito dell ‘ entrata in vigore del d.l. n. 112 del 2008, conv., con modif., dalla legge n. 133 del 2008, nel testo risultante dalle modifiche apportate dalla legge n. 102 del 2009 di conversione del d.l. n. 78 del 2009, avviene secondo i criteri stabiliti dall ‘ art. 35 del d.lgs. n. 165 del 2001, che impongono l ‘ esperimento di procedure concorsuali o selettive, sicché la violazione di tali disposizioni, aventi carattere imperativo, impedisce la conversione dei rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato (Cass., Sez. L, n. 21378 del 29 agosto 2018) e che, con riguardo alle società a totale partecipazione pubblica, il reclutamento del personale ex art. 18, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, conv., con modif., dalla legge n. 133 del 2008, come modificato dalla legge n. 102 del 2009 di conversione del d.l. n. 78 del 2009 – ove è previsto che le società in questione adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il
reclutamento del personale, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità -, deve avvenire mediante procedure selettive che rispettino la regola del concorso pubblico, sicché la violazione di tale disposizione, avente carattere imperativo, impedisce la conversione in rapporto a tempo indeterminato del contratto a termine affetto da nullità (Cass., Sez. L, n. 19925 del 23 luglio 2019).
La Corte di cassazione ha precisato, altresì, che, per quel che concerne il reclutamento del personale, ai fini dell’estensione alle società a partecipazione pubblica locale dei divieti e limitazioni per le assunzioni a carico delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 18 del d.l. n. 112 del 2008, conv. dalla legge n. 133 del 2008, nel testo applicabile ratione temporis a seguito dell’introduzione nel citato art. 18 del comma 2 bis, rilevano anche le ipotesi in cui la partecipazione dell’ente locale sia svolta in chiave di controllo c.d. indiretto o di secondo grado (Cass., Sez. L, n. 20501 del 24 luglio 2024).
Nonostante quanto sopra, si osserva che, nella specie, non è possibile ipotizzare una partecipazione pubblica o un controllo analogo, come nelle società in house , venendo in esame un’azienda speciale.
Ciò si ricava dal testo del menzionato art. 18, nel testo vigente sino al 31 dicembre 2013, il quale dispone che:
‘ 1. A decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell ‘ articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel
rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità.
2-bis. Le disposizioni che stabiliscono, a carico delle amministrazioni di cui all ‘ articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale si applicano, in relazione al regime previsto per l’ amministrazione controllante, anche alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall ‘ Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5 dell ‘ articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Le predette società adeguano inoltre le proprie politiche di personale alle disposizioni vigenti per le amministrazioni controllanti in materia di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze. Con decreto del Ministro dell ‘ economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell ‘ interno e per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza unificata di cui all ‘ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanare entro il 30 settembre 2009, sono definite le modalità e la modulistica per l ‘ assoggettamento al patto di stabilità interno delle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica.
Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle società quotate su mercati regolamentati ‘ .
Si tratta di disposizione che, dunque, non contempla l’azienda speciale come destinataria.
D’altronde, parte ricorrente non ha indicato a questa SRAGIONE_SOCIALE. da quali allegazioni e prove presentate davanti alla corti di merito e da esse non valutate sarebbe emersa la sussistenza dei presupposti di fatto di applicazione della citata normativa ( in primis , appunto, la partecipazione e il controllo pubblici), al punto da non avere neppure riprodotto nel suo ricorso le parti rilevanti del suo Statuto, con conseguente violazione del principio di autosufficienza dello stesso.
In questo modo, però, l’ente ricorrente non ha fornito a questo Collegio elementi idonee a consentirgli di discostarsi dall’ accertamento di merito della corte territoriale, che ha concluso per la sua natura di ente pubblico economico.
Indubbiamente, l’ art. 18, comma 2 bis, del d.l. n. 112 del 2008, conv. dalla legge n. 133 del 2008, nel testo operativo a decorrere dal 1° gennaio 2014, stabilisce che:
‘ 2-bis. Le disposizioni che stabiliscono, a carico delle amministrazioni di cui all ‘ articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale si applicano, in relazione al regime previsto per l ‘ amministrazione controllante, anche alle aziende speciali, alle istituzioni e alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall ‘ Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del
comma 5 dell ‘ articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Si applicano, altresì, le disposizioni che stabiliscono, a carico delle rispettive pubbliche amministrazioni locali, obblighi di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze, attraverso misure di estensione al personale dei soggetti medesimi della vigente normativa in materia di vincoli alla retribuzione individuale e alla retribuzione accessoria. A tal fine, su atto di indirizzo dell ‘ ente controllante, nella contrattazione di secondo livello è stabilita la concreta applicazione dei citati vincoli alla retribuzione individuale e alla retribuzione accessoria, fermo restando il contratto nazionale di lavoro vigente alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Fermo restando quanto previsto dall ‘ articolo 76, comma 7, del presente decreto, le società che gestiscono servizi pubblici locali a rilevanza economica sono escluse dall ‘ applicazione diretta dei vincoli previsti dal presente articolo. Per queste società, l ‘ ente locale controllante, nell ‘ esercizio delle prerogative e dei poteri di controllo, stabilisce modalità e applicazione dei citati vincoli assunzionali e di contenimento delle politiche retributive, che verranno adottate con propri provvedimenti. Fermo restando quanto previsto dall ‘ articolo 76, comma 7, del presente decreto, gli enti locali di riferimento possono escludere, con propria motivata deliberazione, dal regime limitativo le assunzioni di personale per le singole aziende speciali e istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, scolastici e per l ‘ infanzia, culturali e alla persona (ex IPAB) e le farmacie, fermo restando l ‘ obbligo di garantire il raggiungimento degli obiettivi di risparmio e di contenimento della spesa di personale ‘ .
Si tratta, però, di disposizione che, benché estenda le limitazioni all’assunzione del personale finora considerate pure alle aziende speciali, non può concernere il contratto oggetto del contendere, che risale al 2013, ossia a prima della sua entrata in vigore.
Peraltro, essa precisa che si applica ‘anche alle aziende speciali, alle istituzioni e alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall ‘ Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5 dell ‘ articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 ‘ .
Se ne ricava che l’estensione della normativa alle aziende speciali non è automatica, ma subordinata alla ricorrenza di alcuni presupposti che, neppure in questo caso, è stato chiarito dall’ente ricorrente dove e quando siano stati allegati e provati.
Estremamente generica è, altresì, la considerazione in ordine all’applicabilità dell’art. 3, comma 26, del d.lgs. n. 163 del 2006, in tema di organismi di diritto pubblico, che prescinde dall’esame della legge istitutiva dell’Azienda.
Senza alcun pregio è, quindi, il richiamo alle pronunce della Corte costituzionale n. 227 del 2013 e del Consiglio di Stato n. 26936 del 2015.
La prima si è limitata ad affermare il condivisibile principio per il quale è costituzionalmente illegittima una legge (nella specie, l’art. 54 della legge Regione Friuli-Venezia Giulia n. 16 del 2012) che preveda, in mancanza di un concorso pubblico, l’accesso del personale proveniente da una società in house (nel caso in esame, la RAGIONE_SOCIALE) all’impiego di ruolo presso l’amministrazione regionale, senza alcuna certezza di un serio filtro selettivo, per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.
La seconda concerne pure una società in house .
Parte ricorrente richiama, infine, le ulteriori disposizioni della legge Regione Molise n. 37 del 1999 sulla dipendenza economica dell’ente dalla Regione, sui controlli e sulla disciplina dei dipendenti.
Si tratta di profili che meritano certo attenta ponderazione.
Indubbiamente, gli artt. 6, 7 e 21 prevedono che il capitale di dotazione aziendale sia conferito dalla Regione Molise, che può pure modificarlo su richiesta del CDA, anche se a questo sono aggiunti gli immobili attribuiti all’ente.
Non è contestabile, inoltre, che, ai sensi degli artt. 9 e 13, sia la Regione a nominare i membri del CDA e del Collegio sindacale (ma non il Direttore generale: art. 12), e che, in virtù degli artt. 14 e 15 lo Statuto dell’ente, gli atti fondamentali del consiglio di amministrazione – il pianoprogramma, i bilanci economici di previsione pluriennale ed annuale, il bilancio di esercizio, il contratto di servizio, la carta dei servizi – sono sottoposti all’approvazione della Giunta regionale, e che l’art. 20 stabilisca (comma 2 bis) che ‘La disciplina generale dello status giuridico e del trattamento economico del personale dell’Azienda è quella risultante dal C.C.N.L. del personale del comparto delle Regioni e delle Autonomie locali’.
Peraltro, non può non tenersi conto che, a fronte di questa indubbia incidenza dell’ente di riferimento nell’organizzazione e negli atti principali dell’Azienda speciale, coerente con la rilevanza, nella sua gestione, dell’interesse pubblico, la legge istitutiva prescriva:
-all’art. 1, oltre alla già menzionata natura di ente pubblico economico di parte ricorrente, che ‘l’azienda esercita attività d’impresa secondo i principi di efficienza, di efficacia e di economicità; adotta i moduli organizzatori più conformi ai richiamati principi ed è iscritta nel registro delle imprese’;
-all’art. 17, l’obbligo del pareggio di bilancio;
– all ‘art. 21, commi 4 e 5, ‘ la piena disponibilità del patrimonio aziendale secondo il regime della proprietà privata, fermo restando il disposto di cui all’art. 830, comma 2 del codice civile, limitatamente ai beni dati in gestione dall’Amministrazione’ e che ‘L’Azienda è autorizzat a alla vendita del patrimonio a servizio delle opere acquedottistiche dimesse o da dimettere. La vendita avviene al prezzo di mercato mediante procedimento ad evidenza pubblica con diritto di prelazione da parte dei proprietari espropriati e da parte dei frontisti. L’Azienda è altresì autorizzata a rilasciare, a titolo oneroso, concessioni d’uso del patrimonio. Le strade a servizio delle opere acquedottistiche possono essere affidate in gestione ai Comuni. Vendita e concessioni sono disciplinate dall’apposito regolamento approvato dal Consiglio di Amministrazione su proposta del Direttore generale’;
-all’art. 22, comma 2, che ‘Obiettivo primario del contratto di servizio è la minimizzazione della tariffa all’utenza ed il più elevato standard qualitativo dell’acqua erogata nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità’.
In definitiva, la legge istitutiva prevede chiaramente una incidenza della P.A. di riferimento nell’organizzazione dell’Azienda speciale, il che si spiega con il fatto che l’Azienda speciale è un ente sui generis , ma ne afferma espressamente la natura di ente pubblico economico e, soprattutto, lascia la sua gestione alle comuni regole imprenditoriali e alle regole civilistiche e sulla proprietà privata.
Ne deriva il rigetto del quinto motivo di ricorso.
Con il sesto motivo parte ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 delle disposizioni di legge preliminari al Codice civile e del principio della gerarchia delle fonti del diritto.
La doglianza è infondata per le stesse ragioni che hanno condotto al rigetto del quinto motivo.
Il ricorso è rigettato, in applicazione del seguente principio di diritto:
‘L’Azienda speciale regionale Molise Acque è un ente pubblico economico, con la conseguenza che trova applicazione il disposto dell’art. 27, comma 1, del d.lgs. n. 267 del 2003, in base al quale, quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli artt. 20 e 21, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), il lavoratore può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell’art. 414 c.p.c., notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione’.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dell ‘azienda ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in complessivi € 5 .000,00 per compenso, oltre € 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;
attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dell’azienda ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile,