Sentenza di Cassazione Civile Sez. U Num. 2068 Anno 2024
Civile Sent. Sez. U Num. 2068 Anno 2024
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/01/2024
SENTENZA
sul ricorso 7430-2023 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da sé medesimo unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI MILANO, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
– intimati – avverso la sentenza n. 18/2023 del RAGIONE_SOCIALE, depositata il 28/02/2023. Udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella pubblica udienza del 26/09/2023 dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità
del primo motivo del ricorso ed il rigetto degli altri.
RITENUTO IN FATTO
Il RAGIONE_SOCIALE, decidendo su tre distinti procedimenti RAGIONE_SOCIALEri (conseguenti alla presentazione di due esposti) instaurati a carico RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO -rubricati ai nn. 313/2018, 314/2018 e 316/2018 -dava atto che gli appena indicati procedimenti nn. 313/2018 e 314/2018 erano stati definiti dal competente CDD di Milano, con pronuncia del 29.03.2019, sanzionando i relativi addebiti commessi tra il 2015 e il 2016, mentre, con riguardo agli altri illeciti RAGIONE_SOCIALEri specificamente riferiti al procedimento n. 316/2018, per i quali si riteneva competente (essendo state le relative condotte commesse il 6 giugno 2017
nel corso di un giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale di Rimini), ne ravvisava la sussistenza e, nell’affermarne la responsabilità RAGIONE_SOCIALE‘incolpato, irrogava a carico RAGIONE_SOCIALEo stesso la sanzione RAGIONE_SOCIALEre RAGIONE_SOCIALEa sospensione di due mesi dalla professione.
In particolare, nei confronti del citato professionista (con riferimento all’indicato procedimento iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO) erano stati contestati i seguenti capi di incolpazione:
il primo, per aver, in violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 9 C.D.F. (con particolare riguardo ai doveri di probità, dignità e decoro) e RAGIONE_SOCIALE‘art. 36, comma 1, RAGIONE_SOCIALEo stesso C.D.F. (anche in relazione all’art. 7, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 96/2001), partecipato all’udienza del 6 giugno 2017 (relativa al giudizio iscritto al n. RNUMERO_DOCUMENTO), dinanzi al Tribunale di Rimini, omettendo di esplicitare la propria qualità di avvocato stabilito e l’iscrizione presso l’organizzazione professionale o la giurisdizione presso la quale era stato ammesso a patrocinare in Spagna;
il secondo, per aver, in violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 9 C.D.F. (con particolare riguardo ai doveri di probità, dignità e decoro) e RAGIONE_SOCIALE‘art. 36, comma 1, RAGIONE_SOCIALEo stesso C.D.F. (anche in relazione all’art. 8 del d. lgs. n. 96/200), partecipato alla stessa udienza (e con riferimento alla medesima causa) dinanzi al Tribunale di Rimini, in sostituzione di altro avvocato, in assenza di scrittura privata autenticata o dichiarazione resa da entrambi gli avvocati, dalle quali risultasse l’intesa prevista dal citato art. 8 del d. lgs. n. 96/2001.
Il RAGIONE_SOCIALE, adito a seguito di impugnazione avverso la decisione del citato C.D.D. di RAGIONE_SOCIALE, la respingeva con
sentenza adottata il 20.10.2022 (depositata il 28 febbraio 2023, con attribuzione del n. 18/23). Con quest’ultima, il RAGIONE_SOCIALE, disattesi preliminarmente alcuni rilievi formali e ritenuta corretta la pronuncia di incompetenza con riguardo ai procedimenti rubricati ai nn. 313/2018 e 314/2018, confermava l’impugnata decisione relativa al procedimento n. 316/2018 – quanto alla ravvisata configurazione degli illeciti RAGIONE_SOCIALEri poc’anzi riportati, dando atto che essi si erano venuti a consumare successivamente a quelli posti a fondamento degli altri due procedimenti innanzi indicati (sui quali aveva giudicato il CDD di Milano), ovvero in occasione RAGIONE_SOCIALE‘udienza del 6 giugno 2017 tenutasi avanti al Tribunale di Rimini (nel mentre gli altri due avevano riguardato condotte poste in essere nel periodo 2.11.2015 – 8.02.2016).
Con riferimento al motivo di impugnazione di merito secondo cui la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 36 del C.D.F. si sarebbe dovuta considerare frutto di un equivoco relativo all’uso RAGIONE_SOCIALE‘abbreviazione del titolo in assoluta buona fede ed in via del tutto saltuaria ed occasione, il CRAGIONE_SOCIALE osservava che la lettura del verbale non lasciava adito a dubbi sulla circostanza che l’AVV_NOTAIO avesse utilizzato indebitamente il titolo di avvocato (senza alcuna ulteriore e necessaria specificazione), rilevando, altresì, che aveva colto nel segno la decisione del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE anche nel porre in rilievo la circostanza che, pur volendo considerare un eventuale errore di annotazione da parte del verbalizzante,
avrebbe dovuto essere cura RAGIONE_SOCIALEo stesso AVV_NOTAIO NOME COGNOME, avvedutosi RAGIONE_SOCIALE‘errore, chiedere una correzione del medesimo.
AVV_NOTAIO ha proposto ricorso per cassazione, avverso la suddetta sentenza del C.N.F., affidandolo a quattro motivi.
Nessuna RAGIONE_SOCIALEe parti intimate ha svolto attività difensiva in questa sede.
Il ricorrente ha anche depositato memoria difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo, il ricorrente ha denunciato -ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 112 c.p.c., sul presupposto che, con l’impugnata sentenza, il CRAGIONE_SOCIALE ha deliberato in relazione alle condotte a lui addebitate dal RAGIONE_SOCIALE di cui al procedimento iscritto al n. 316NUMERO_DOCUMENTO, ma senza che le relative contestazioni fossero state indicate nei capi di incolpazione di cui all’atto di citazione, riferentisi, invece, a quelli posti a fondamento degli altri due procedimenti rubricati ai nn. 313 e 314 del 2018, in relazione ai quali era stata dichiarata l’incompetenza a favore del RAGIONE_SOCIALE di Milano.
Con la seconda censura, il ricorrente ha dedotto la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 51, comma 2, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 247/2012, prospettando l’applicabilità, nella specie, del principio del ‘ne bis in idem’, non avendo il RAGIONE_SOCIALE tenuto conto che l’oggetto RAGIONE_SOCIALEe complessive condotte RAGIONE_SOCIALEri aveva riguardato gli stessi fatti (riferibili agli artt. 9 e 36 del codice deontologico forense) riferibili al medesimo periodo.
Con la terza doglianza, il ricorrente ha lamentato la violazione degli artt. 24 e 111 Cost., ovvero del principio del contraddittorio, con riguardo ai procedimenti rubricati ai nn. R.G. 313/2018 e 314/2018, radicati dal RAGIONE_SOCIALE, poi ritenutosi incompetente, senza provvedere all’audizione di esso ricorrente nel corso RAGIONE_SOCIALEo svolgimento degli stessi procedimenti.
Con il quarto ed ultimo motivo, il ricorrente ha denunciato -per quanto si rileva testualmente dalla rubrica – la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 36 del codice deontologico forense avuto riguardo ai citati procedimenti nn. 313/2018 e 314/2018, definiti con dichiarazione di incompetenza.
Tuttavia, nello svolgimento RAGIONE_SOCIALEa censura, lo stesso ricorrente pone riferimento alla contestazione -nel merito –RAGIONE_SOCIALEa ravvisata sussistenza RAGIONE_SOCIALE‘addebito RAGIONE_SOCIALEre riferito al procedimento n. 316/2018, sanzionato con la sospensione di due mesi dall’esercizio RAGIONE_SOCIALEa professione forense, consistito nell’utilizzazione indebita del titolo di avvocato nel corso RAGIONE_SOCIALEa suddetta udienza celebratasi dinanzi al Tribunale di Rimini.
Al riguardo deduce che l’impugnata sentenza sarebbe viziata da eccesso di potere, in quanto, da una parte, il RAGIONE_SOCIALE ha individuato nelle dizioni abbreviate di avvocato, presenti soltanto negli atti allegati all’esposto dall’AVV_NOTAIO, l’incolpazione di aver ‘utilizzato indebitamente il titolo di avvocato’, anche considerando ‘l’errore di annotazione da parte del verbalizzante’, di cui lo stesso RAGIONE_SOCIALE ha sostenuto che esso ricorrente avrebbe dovuto chiedere
(all’operatore giuridico) una correzione del medesimo, mentre, dall’altro lato, nonostante che lo stesso ricorrente si fosse qualificato come avvocato stabilito, riguardo alle stesse dizioni abbreviate di avvocato, disposte da altri operatori giuridici, presenti in altri atti indicati nel ricorso introduttivo davanti all’RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, quest’ultimo non aveva sollevato alcuna censura nei confronti dei medesimi operatori giuridici.
Secondo il ricorrente, l’eccesso di potere sarebbe da ricondurre: 1) alla mancata valutazione RAGIONE_SOCIALEa situazione concreta su cui la norma deontologica viene ad incidere: 2) alla scorretta rappresentazione RAGIONE_SOCIALEa stessa situazione per come in realtà realizzatasi; 3) all’insussistenza di un percorso logico-motivazionale del processo valutativo al fine di rendere il provvedimento RAGIONE_SOCIALEre adottato coerente con l’art. 36 del codice deontologico e con le circostanze in concreto venute a verificarsi.
Il primo motivo non è fondato perché, pur avendo il C.RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. dato atto nella sentenza oggetto di ricorso RAGIONE_SOCIALEa circostanza RAGIONE_SOCIALEa parziale trascrizione nel corpo RAGIONE_SOCIALEa decisione RAGIONE_SOCIALEa C.D.D. di RAGIONE_SOCIALE dei capi di incolpazione a carico del ricorrente (risultando in essa indicato solo quello riferito al procedimento n. 313/2018), tale vizio formale non ha comportato il mancato rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa del ricorrente, avendo quest’ultimo avuto, in concreto, consapevolezza anche RAGIONE_SOCIALEa contestazione
RAGIONE_SOCIALEa condotta di cui al procedimento iscritto al n. 316/2018 e controdedotto sulla stessa con apposita memoria difensiva.
Anche il secondo motivo è privo di fondamento poiché il C.N.F. ha accertato l’insussistenza RAGIONE_SOCIALEa contestualità temporale nella consumazione degli illeciti RAGIONE_SOCIALEri ascritti al ricorrente, avendo constatato che -al di là RAGIONE_SOCIALE‘identità RAGIONE_SOCIALEe condotte -quella riferita al procedimento n. 316/2018 era stata posta in essere nel giugno 2017, nel mentre le precedenti risalivano ad un periodo compreso tra il 2 novembre 2015 e l’8 febbraio 2016, da cui l’inesistenza RAGIONE_SOCIALEe condizioni per la configurabilità RAGIONE_SOCIALEa violazione del principio del ‘ne bis in idem’.
Il terzo motivo è pur esso infondato, poiché il vizio ricondotto alla mancata audizione del ricorrente con riguardo ai procedimenti nn. 313 e 314 del 2018 attiene alla parte RAGIONE_SOCIALE‘impugnata sentenza con cui è stata confermata la statuizione di incompetenza dandosi atto RAGIONE_SOCIALEa definizione dei citati procedimenti nn. 313 e 314 del 2018 da parte del RAGIONE_SOCIALE Milano, ragion per cui tale vizio avrebbe dovuto essere fatto valere dinanzi al menzionato RAGIONE_SOCIALE di Milano dichiarato competente e non ha, quindi, alcuna inerenza rispetto al procedimento RAGIONE_SOCIALEre n. 316/2018 svoltosi dinanzi al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (in ordine alla cui pronuncia ha deciso il CNF con la sentenza qui impugnata), nel quale, oltretutto, non risulta configuratasi alcuna violazione del diritto di difesa del ricorrente.
In altri termini, la dichiarazione di incompetenza territoriale, lungi dal precludere la difesa nel merito, ha assicurato lo svolgimento dei procedimenti RAGIONE_SOCIALEri nn. 313/2018 e 314/2018 davanti al giudice naturale precostituito per legge, dinanzi al quale il professionista ricorrente ha avuto modo di contestare le incolpazioni oggetto di detti procedimenti, riferibili alle condotte tenute tra il mese di novembre 2015 e quello di febbraio 2016, nei giudizi RAGIONE_SOCIALEri svoltisi dinanzi al CDD di Milano.
8. Neppure il quarto ed ultimo motivo è fondato.
Va osservato che, invero, non è contestata dal ricorrente la circostanza RAGIONE_SOCIALE‘utilizzo del termine avvocato senza alcuna altra specificazione – per qualificarsi nel corso RAGIONE_SOCIALEa suddetta udienza celebratasi dinanzi al Tribunale di Rimini, ragion per cui non può mettersi in discussione la consumazione RAGIONE_SOCIALEa violazione circa l’uso indebito di tale titolo di avvocato, con l’utilizzazione, quindi, RAGIONE_SOCIALEo stesso in modo ingannevole.
Del resto, a tal proposito, occorre rilevare che il testo combinato dei primi due commi RAGIONE_SOCIALE‘art. 7 del d. lgs. n. 96/2001 (recante ‘Attuazione RAGIONE_SOCIALEa direttiva 98/5/CE volta a facilitare l’esercizio permanente RAGIONE_SOCIALEa professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale’) è inequivoco nel prevedere, in via principale, che nell’esercizio RAGIONE_SOCIALEa professione l’avvocato stabilito è tenuto a fare uso del titolo professionale di origine (indicato per intero nella lingua o in una RAGIONE_SOCIALEe lingue ufficiali
RAGIONE_SOCIALEo Stato membro di origine), in modo comprensibile e tale da evitare confusione con il titolo di avvocato, specificandosi, in via rafforzativa, che all’indicazione del titolo professionale l’avvocato stabilito è tenuto ad aggiungere l’iscrizione presso l’organizzazione professionale ovvero la denominazione RAGIONE_SOCIALEa giurisdizione presso la quale è ammesso a patrocinare nello Stato membro di origine.
Inoltre, il successivo art. 8 del citato d. lgs. n. 96/2001, altrettanto univocamente, stabilisce che nell’esercizio RAGIONE_SOCIALEe attività relative alla rappresentanza, assistenza e difesa nei giudizi civili (…) nei quali è necessaria la nomina di un difensore, l’avvocato stabilito deve agire di intesa con un professionista abilitato ad esercitare la professione con il titolo di avvocato, il quale assicura i rapporti con l’autorità adita o procedente e nei confronti RAGIONE_SOCIALEa medesima è responsabile RAGIONE_SOCIALE‘osservanza dei doveri imposti dalle norme vigenti ai difensori; si aggiunge che, a tal fine, tale intesa deve risultare da scrittura privata autenticata o da dichiarazione resa da entrambi gli avvocati al giudice adito (obbligo, questo, rimasto anch’esso pacificamente non assolto nel caso di specie), anteriormente alla costituzione RAGIONE_SOCIALEa parte rappresentata ovvero al primo atto di difesa RAGIONE_SOCIALE‘assistito.
E’, pertanto, indubbio l’accertamento da parte del CNF –RAGIONE_SOCIALE‘avvenuta consumazione, da parte del ricorrente, RAGIONE_SOCIALEe condotte ponentisi in contrasto con le prescrizioni artt. 7 e 8 del d. lgs. n. 96/2001, in modo tale da legittimare la
configurazione degli addebiti RAGIONE_SOCIALEri ascrittigli ricondotti alla violazione degli artt. 9 e 36, comma 1, del C.D.F.
Ciò assodato, va rilevato che – nello sviluppo ulteriore RAGIONE_SOCIALEa censura -il ricorrente, a fronte di un incontestabile accertamento circa la mancata necessaria esplicitazione del suo effettivo titolo di avvocato stabilito nel verbale di udienza, costituente la ragione fondante RAGIONE_SOCIALEa decisione del CNF, appunta la sua critica avverso questa pronuncia nella parte in cui si osserva che ‘pur volendo considerare un eventuale errore di annotazione da parte del verbalizzante, avrebbe dovuto essere cura RAGIONE_SOCIALE‘Abg NOME COGNOME, avvedutosi RAGIONE_SOCIALE‘errore, di chiedere una correzione del medesimo’.
Senonché, il ricorrente ha mancato di rilevare che nell’impianto RAGIONE_SOCIALEa motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza qui impugnata tale passaggio costituisce un argomento utilizzato a sostegno RAGIONE_SOCIALE‘affermazione RAGIONE_SOCIALE‘insussistenza RAGIONE_SOCIALEa sua buona fede che, laddove fosse stata presente, soprattutto a seguito RAGIONE_SOCIALEa contestazione RAGIONE_SOCIALEre di condotte RAGIONE_SOCIALEa stessa tipologia da parte del RAGIONE_SOCIALE Milano (relative ad illeciti precedentemente commessi), sarebbe stata dimostrata dalla richiesta di correzione RAGIONE_SOCIALE‘errore, invece mai presentata.
Questo argomento è, quindi, soltanto corroborativo RAGIONE_SOCIALE‘accertamento incontestato e, comunque, oggettivamente rilevato sul piano documentale RAGIONE_SOCIALE‘omessa esplicitazione, da parte del ricorrente, RAGIONE_SOCIALEa sua qualità di avvocato stabilito, condotta, in quanto tale ed in difetto di qualsiasi esimente,
idonea a configurare le violazioni addebitategli nei capi di incolpazione precedentemente riportati.
In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese non avendo alcuna parte intimata svolto attività difensiva in questa sede.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis RAGIONE_SOCIALEo stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni unite, rigetta il ricorso.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis RAGIONE_SOCIALEo stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEe Sezioni unite in data