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Avvocato stabilito anzianità: no al cumulo per i cassazionisti

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’anzianità maturata come avvocato stabilito non può essere cumulata con quella successiva da avvocato integrato per raggiungere i dodici anni necessari all’iscrizione nell’albo speciale per le giurisdizioni superiori. La Corte ha chiarito che si tratta di due forme di esercizio della professione ontologicamente diverse e non assimilabili.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Avvocato stabilito anzianità: perché non vale per l’albo cassazionisti?

L’ordinanza n. 5306/2024 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione affronta una questione cruciale per i legali che operano in un contesto europeo: l’avvocato stabilito anzianità può cumularla con quella maturata dopo l’integrazione nell’ordinamento italiano ai fini dell’iscrizione all’albo speciale dei patrocinanti dinanzi alle giurisdizioni superiori? La risposta della Suprema Corte è stata negativa, tracciando una netta distinzione tra i due percorsi professionali.

I Fatti di Causa: La richiesta di cumulo dell’anzianità

Un avvocato, inizialmente iscritto nella sezione speciale dell’albo in qualità di ‘avvocato stabilito’ (avendo conseguito il titolo in un altro Paese UE), era successivamente passato all’albo ordinario degli avvocati in Italia. Al momento di richiedere l’iscrizione all’albo speciale dei cassazionisti, che richiede per legge un’anzianità di dodici anni, ha chiesto di sommare il periodo di attività svolto come ‘stabilito’ a quello maturato dopo la piena integrazione. La sua istanza è stata respinta sia dal Comitato per la tenuta dell’albo speciale sia, in sede di ricorso, dal Consiglio Nazionale Forense (CNF). Il CNF ha motivato il diniego sulla base del fatto che le due iscrizioni corrispondono a forme diverse di esercizio della professione, con presupposti e titoli differenti, e che quindi l’anzianità non può essere cumulata. L’avvocato ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo che tale interpretazione violasse la direttiva europea 98/5/CE, volta a facilitare l’esercizio permanente della professione.

La Decisione della Cassazione e l’avvocato stabilito anzianità

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno rigettato il ricorso, confermando la decisione del CNF. La Corte ha chiarito che non sussiste alcuna violazione della normativa europea e che l’interpretazione corretta della legge nazionale impone di non cumulare i due periodi di anzianità.

Le motivazioni: Due status professionali distinti

Il cuore della motivazione risiede nella differenza ontologica tra l’esercizio della professione come avvocato stabilito e come avvocato pienamente integrato. L’avvocato stabilito opera in Italia utilizzando il titolo professionale del suo Stato membro di origine, ed è soggetto a specifiche limitazioni, come la necessità di agire ‘d’intesa’ con un professionista locale abilitato. La sua attività è finalizzata all’espletamento di un percorso di stabilimento-integrazione. Al contrario, l’avvocato che ottiene il titolo italiano (avvocato ‘integrato’) acquisisce tutte le conoscenze e le prerogative dell’ordinamento ospitante, esercitando la professione al pari di chi ha ottenuto il titolo in Italia fin dall’inizio. Questo passaggio segna una cesura, una ‘nuova iscrizione’ (ex novo) all’albo ordinario. Pertanto, l’attività svolta con il titolo di origine è intrinsecamente diversa e non assimilabile a quella successiva. Sommare le due anzianità sarebbe contrario alla ratio della norma, che mira a garantire l’accesso alle giurisdizioni superiori solo a professionisti con una consolidata esperienza maturata all’interno dell’ordinamento italiano.

La coerenza con il Diritto Europeo

La Corte ha inoltre specificato che questa interpretazione non contrasta con il diritto dell’Unione Europea. La direttiva 98/5/CE ha lo scopo di facilitare lo stabilimento e l’esercizio della professione con il titolo di origine, ma lascia agli Stati membri la facoltà di stabilire norme specifiche per l’accesso alle proprie corti supreme. Il legislatore italiano, nel disciplinare l’accesso all’albo dei cassazionisti, ha creato percorsi distinti per l’avvocato stabilito (art. 9 D.Lgs. 96/2001) e per l’avvocato iscritto all’albo ordinario (art. 22 L. 247/2012). Attribuire ex post all’avvocato integrato la stessa anzianità maturata con il titolo di origine non è un requisito imposto dalla direttiva.

Le conclusioni: Implicazioni pratiche della sentenza

La pronuncia delle Sezioni Unite chiarisce in modo definitivo che i periodi di iscrizione nella sezione speciale come avvocato stabilito e nella sezione ordinaria come avvocato integrato non sono cumulabili ai fini del calcolo dell’anzianità necessaria per l’iscrizione all’albo dei patrocinanti in Cassazione. Gli avvocati che intraprendono questo percorso devono essere consapevoli che il conteggio dei dodici anni richiesti dalla normativa transitoria inizierà a decorrere solo dal momento della loro piena integrazione nell’ordinamento italiano, ovvero dalla data di iscrizione all’albo ordinario. Questa decisione riafferma l’autonomia dello Stato membro nel definire i requisiti di accesso alle proprie giurisdizioni superiori, pur nel rispetto dei principi di libera circolazione professionale sanciti dall’UE.

L’anzianità maturata come avvocato stabilito vale per l’iscrizione all’albo dei cassazionisti?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’anzianità maturata come avvocato stabilito non può essere cumulata con quella acquisita dopo l’iscrizione all’albo ordinario per raggiungere i dodici anni necessari per l’iscrizione all’albo speciale per le giurisdizioni superiori.

Perché il periodo di pratica come avvocato stabilito non è considerato uguale a quello di un avvocato iscritto all’albo ordinario?
Perché si tratta di due forme di esercizio della professione giuridicamente e ontologicamente diverse. L’avvocato stabilito opera con il titolo del proprio paese d’origine e con limitazioni, mentre l’avvocato integrato acquisisce il titolo italiano e opera con pieni diritti, equiparato a un avvocato formatosi in Italia. Le due iscrizioni (nella sezione speciale e in quella ordinaria) presuppongono titoli e condizioni differenti.

La decisione di non cumulare l’anzianità viola il diritto dell’Unione Europea?
No. Secondo la Corte, la direttiva europea 98/5/CE, pur facilitando la libera circolazione dei professionisti, lascia agli Stati membri la facoltà di disciplinare in modo specifico l’accesso alle proprie corti supreme. La normativa italiana, che prevede percorsi diversi, è quindi coerente con il diritto dell’Unione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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