Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23965 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23965 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/09/2024
art. 380-bis.1 del codice di procedura civile, 140-bis disposizioni di attuazione del codice di procedura civile)
—— riunita in camera di consiglio e così composta:
dr. NOME
Abete
Presidente
dr. NOME
COGNOME
Consigliere rel.
dr. NOME
COGNOME
Consigliere
dr. NOME
COGNOME
Consigliere
dr.ssa NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
o r d i n a n z a
sul ricorso iscritto al n° NUMERO_DOCUMENTO del ruolo generale dell’anno 2019 , proposto da
NOME , nata ad RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA, residente ad RAGIONE_SOCIALE, C.F. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE -fax NUMERO_TELEFONO pec EMAIL) e NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, indirizzo PEC EMAIL, fax NUMERO_TELEFONO), sia la prima che i secondi elettivamente domiciliati presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma, INDIRIZZO.
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Sindaco e legale rappresentante pro tempore, Sig. NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE), con domicilio eletto presso il suo Studio in Roma, INDIRIZZO, giusta procura speciale in calce al presente atto e deliberazione G.C. n. 346 del 16.09.2019; per le notifiche e le comunicazioni di cancelleria si indica il telefax n. NUMERO_TELEFONO e l’indirizzo di posta elettronica certificata EMAIL.
Controricorrente
avverso l ‘ordinanza della Corte d’ Appello di Cagliari, sezione di Sassari, datata 18 gennaio 2019 e depositata il 23 gennaio 2019, udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 giugno 2024 dal consigliere NOME COGNOME,
1 .-All’esito di una complessa vicenda, iniziata dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE con un procedimento espropriativo a carico di NOME, NOME e NOME COGNOME (ed altri), caratterizzato da plurimi ricorsi al Tar ed al Consiglio di stato (quest’ultimo adito anche in sede di ottemperanza), l’Ente territoriale emetteva infine il decreto n° 1 del 17 ottobre 2014 (notificato alle COGNOME il 21, 27 e 29 ottobre 2014), col quale disponeva, ai sensi dell’art. 42 bis del dpr n° 327/2001, l’acquisizione al proprio patrimonio indisponibile dei fondi estesi complessivamente mq 6038, allibrati al Catasto terreni al foglio n° 37, mappali 1803, 10 e 1886, nonché al Catasto fabbricati mappale 1892 (di proprietà indivisa delle espropriate e di NOME COGNOME), attribuendo un valore di euro 104,63 ai primi tre mappali e di euro 156,94 al mappale 1892 e, dunque, liquidando in favore di ciascuna espropriata euro 280.215,30.
Poiché, però, le NOME avevano già ottenuto, a causa delle pregresse vicende espropriative, il pagamento di una maggiore somma (euro 264.217,52, importo cui andavano aggiunti interessi per euro 45.782,02), in loro favore non veniva attribuito (col citato decreto n° 1/2014) alcun importo, risultando anzi, le predette, debitrici di euro 29.784,24 ciascuna.
2 .- Le NOME proponevano ricorso al Tar Sardegna notificato il 18 dicembre 2014, chiedendo la condanna del RAGIONE_SOCIALE a pagare loro un’indennità pari ad euro 199,75 al mq, per complessivi euro
1.206.090,50, oltre alle maggiori somme per danno non patrimoniale ed occupazione illecita.
Il Tar adito con sentenza n° 211/2018 dichiarava il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione, dovendo la domanda essere proposta davanti al giudice ordinario.
3 .- Le NOME proponevano quindi ricorso ex artt. 702 bis cpc, 29 dlgs n° 150/2011 e 11 cpa, alla Corte d’appello di Cagliari, sezione di Sassari, precisando di ridurre le originarie domande ed aderendo, quindi, alla liquidazione operata dal RAGIONE_SOCIALE col decreto n° 1 del 17 ottobre 2014, pari a complessivi euro 1.017.600,00, oltre al danno non patrimoniale ed a quello per occupazione illecita. Contestavano, inoltre, il dies a quo del calcolo dell’occupazione senza titolo, che il RAGIONE_SOCIALE aveva erroneamente identificato con la ‘ data del provvedimento in oggetto ‘, mentre essa risaliva al 3 novembre 2003.
4 .- Il RAGIONE_SOCIALE eccepiva preliminarmente la tardività del ricorso e, nel merito, replicava che la somma richiesta dalle ricorrenti (1.017.600,00) si riferiva all’intera area espropriata, composta sia da fondi che appartenevano a loro e ad NOME COGNOME (mq 6038), sia da fondi che appartenevano alla famiglia COGNOME (mq 3049).
L’occupazione illecita, inoltre, era stata correttamente riconosciuta dal 3 novembre 2003, come richiesto dalle ricorrenti.
Epurato, pertanto, da tali errori il ricorso avversario, era evidente
che le NOME non fossero creditrici di alcuna somma nei confronti del RAGIONE_SOCIALE e che, anzi, esse dovessero restituire euro 29.784,24 ciascuna: importo per il quale il RAGIONE_SOCIALE svolgeva domanda riconvenzionale.
5 .-Con ordinanza del 18 gennaio 2019 la Corte d’appello di Cagliari, sezione di Sassari, rigettava l’eccezione di inammissibilità sollevata dall’Ente territoriale e, nel merito, osservava che le richieste delle proprietarie erano già state integralmente accolte dal decreto comunale impugnato, compresa la data di decorrenza dell’occupazione illecita.
Andava, invece, accolta la riconvenzionale del RAGIONE_SOCIALE.
6 .-Contro quest’ultima decisione ha proposto ricorso per cassazione la sola NOME COGNOME, affidando il gravame a quattro mezzi.
Resiste il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE che conclude per l’inammissibilità dei motivi di ricorso e, in ogni caso, per la loro infondatezza nel merito. Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 bis c od. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cpc.
RAGIONI DELLA DECISIONE
7 .- Col primo motivo , intitolato ‘ Error in procedendo per violazione del precetto di cui agli artt. 132, 156, comma 2 e 161 c.p.c. in combinato in relazione all’art. 360, comma I, n. 4 c.p.c. ‘, la ricorrente deduce la nullità del provvedimento impugnato per mancanza del dispositivo e, dunque, di un requisito formale indispensabile al raggiungimento
dello scopo, ai sensi dell’art. 156, secondo comma, cpc.
8 .- Il mezzo è infondato.
Infatti, la portata precettiva di una sentenza va individuata tenendo conto non solo del dispositivo, ma anche della motivazione, quando il primo contenga comunque una decisione che, pur di contenuto incompleto e indeterminato, si presti ad essere integrata dalla seconda (Cass. 19074/2015).
Ora, nonostante nell’ordinanza impugnata il dispositivo non sia contenuto in un paragrafo separato o, comunque, non sia stato evidenziato con caratteri grafici diversi da quelli del corpo della decisione, è purtuttavia chiaro che la Corte abbia rigettato il ricorso delle NOME (‘ L’opposizione spiegata dalle odierne ricorrenti deve, pertanto, essere rigettata ‘: pagina 28) ed accolto la domanda riconvenzionale del RAGIONE_SOCIALE (‘ Le odierne ricorrenti devono, pertanto, essere condannate al pagamento in favore del RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 29.784,24 ciascuna ‘: pagina 31).
Ne deriva che l’atto impugnato non risulta affatto privo dei requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo e che la nullità prevista dall’art. 156, secondo comma, cpc è, pertanto, insussistente.
9 .- Col secondo mezzo la ricorrente lamenta che la Corte di merito non abbia tenuto conto delle sentenze passate in giudicato n° 8650 e 8651 del 2010, delle sentenze n° 4969 e 4970 del 2011, nonché delle n° 1221 e 1222 del 2014, tutte emesse dal Consiglio di stato, le quali avrebbero imposto una trattazione unitaria dei
ricorsi aventi ad oggetto la determinazione dell’indennità ex art. 42 bis del dpr n° 327/2001 e, dunque, la sospensione del giudizio davanti alla Corte d’appello o la cancellazione della causa dal ruolo ex art. 39 cpc in ragione della litispendenza.
10 .- Il mezzo è inammissibile, per la dirimente ragione che la denuncia di violazione del giudicato esterno se, da un lato, attribuisce al giudice di legittimità il potere di accertare direttamente l’esistenza e la portata del giudicato con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito (Cass. Su n° 24664/2007), dall’altro richiede pur sempre che vengano assolti gli oneri di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., per cui il ricorrente è tenuto a trascrivere nel ricorso il testo della sentenza o del provvedimento giudiziale che si assume passato in giudicato e ad indicare tempi, modo e luogo della produzione del documento nel giudizio di merito (Cass. n. 15737/2017 e Cass. S.U. n. 1416/2004).
Peraltro, l’art. 366 n° 6 cpc richiede che il motivo di ricorso per cassazione argomenti la censura della sentenza di merito quanto all’esistenza, alla negazione o all’interpretazione del suo valore di giudicato esterno (Cass. n° 12347/2021 con menzione di altri
precedenti), mentre nulla di tutto ciò è contenuto nel mezzo in esame.
Ne deriva, in conclusione, l’inammissibilità del motivo, sia perché non risultano trascritte nel ricorso le sentenze citate (carenza che impedisce di esaminare il perimetro oggettivo e soggettivo del decisum negli altri giudizi), sia, prima ancora, perché la questione non è stata posta davanti alla Corte di merito (carenza che rende a maggior ragione inammissibile il profilo di censura ora in esame, vertendo esso su una questione non esaminata in precedenza).
Peraltro, va aggiunto che i provvedimenti in tema di riunione hanno natura ordinatoria e non sono impugnabili (Cass. 9785/1995; Cass. 9906/2001, Cass. 2649/2004 ): donde l’inammissibilità del motivo nella parte in cui la RAGIONE_SOCIALE deduce la necessità di una ‘ trattazione unitaria dei contenziosi ‘ (ricorso pagina 18).
Del pari inammissibile è l’ impugnazione o la proposizione di regolamento di competenza avverso diniego di sospensione (Cass. 15843/2000, Cass. 6174/2005).
Anche la litispendenza è erroneamente evocata, non essendovi identità di parti tra i vari giudizi (Cass. Su 17443/2014): mancanza di identità che preclude -giova dirlo -anche una statuizione sulla continenza (Cass. Su 20600/2007), benché qui non evocata.
11 .- Con la terza doglianza la RAGIONE_SOCIALE deduce ‘ Error in iudicando per violazione del precetto di cui agli artt. 11 e 42 Cpa in relazione all’art. 360, comma I, n. 3 cpc’ , per non avere la Corte di merito dichiarato inammissibile la riconvenzionale proposta dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di
condanna delle NOME NOME al pagamento di euro 29.784,24, avanzata per la prima volta nel giudizio ex art. 29 dlgs n° 150/2011.
12 .- Il mezzo è inammissibile per difetto di autosufficienza.
Nell’ipotesi di error in procedendo , la Cassazione è giudice del fatto processuale ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa, ma con la precisazione che, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio , è necessario una sollecitazione del predetto potere di accertamento e cioè che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il fatto processuale di cui richiede il riesame.
Ne deriva che il motivo con cui si denuncia tale tipo di errore è ammissibile solo ove contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale.
Non va dimenticato, infatti, che il potere-dovere della Corte di esaminare direttamente gli atti processuali non significa che la medesima debba ricercarli autonomamente, spettando, invece, alla parte allegarli ed indicarli (sui principi sopra esposti si veda Cass. Su 20181/2019).
Ora, il ricorrente ha dedotto che nel giudizio di opposizione alla stima iniziato davanti al Tar Sardegna il RAGIONE_SOCIALE non avrebbe formulato alcuna domanda riconvenzionale, ma si sarebbe limitato a chiedere al Tar adito la reiezione del ricorso ‘ perché inammissibile per
difetto di giurisdizione, nonché infondato nel merito, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio “.
Tale parziale trascrizione della comparsa di risposta dell’Ente territoriale davanti al giudice amministrativo non sembra rispettosa del disposto dell’art. 366 n° 6 cpc, il quale richiede per quanto qui rileva -che per ciascun motivo il ricorrente fornisca ‘ specifica indicazione degli atti processuali (…) sui quali il ricorso si fonda ‘.
In pari tempo, alla luce dell’elaborazione di questa Corte (Cass. 26768/2019), la domanda di restituzione della somma di circa euro 29 mila ben avrebbe potuto essere contenuta anche nel corpo della comparsa di risposta innanzi alla Corte d’Appello : con la conseguenza che, ricorrendo tale ipotesi, essa sarebbe stata ritualmente proposta.
In conclusione, il mezzo è inammissibile.
13 .- Col quarto motivo , intitolato ‘ Error in procedendo per violazione del precetto di cui all’art. 112 cpc in relazione all’art. 360, comma I, n° 3 cpc omesso esame di una o più domande di NOME COGNOME, la ricorrente si duole del mancato esame di tutte le domande proposte da lei e dalle NOME, dalle quali sarebbe derivato ‘ l’accoglimento o meno della maggior somma richiesta nel ricorso a favore delle NOME.
14 .- Il motivo è palesemente inammissibile.
Il motivo non si conforma alle indicazioni di cui a Cass. su 17931/2013, siccome non reca riferimento alla nullità della decisione, nullità derivante dall’asserita omissione di pronuncia.
Il motivo è inammissibile altresì sia per la genericità con cui è
proposto, sia perché -come già detto –NOME COGNOME ha aderito alla liquidazione dell’indennità contenuta nel decreto n° 1 del 2014: sicché non è dato comprendere di quali istanze la ricorrente lamenti il mancato accoglimento.
Nel presente caso, la ricorrente denuncia una omessa pronuncia da parte del giudice sulle domande riassunte a pagina 25 del ricorso: asserto che, nondimeno, contrasta col testo della decisione, nella quale alle pagine 27-28 la Corte ha precisato (a) che non era vero che l’indennità per l’occupazione senza titolo fosse stata liquidata con decorrenza dal decreto di esproprio, poiché dal prospetto contabile allegato allo stesso si evinceva chiaramente che il calcolo di essa era stato compiuto a far tempo dal 3 novembre 2003 (come richiesto dalla RAGIONE_SOCIALE); (b) quanto alle ulteriori domande, che
‘ se l’intendimento delle ricorrenti fosse stato quello di voler ottenere soltanto per la quota NOME la somma pacificamente liquidata dal RAGIONE_SOCIALE per l’intera area di 9.087 mq, nel ricorso non sarebbe stata espressa la volontà di abbandonare la pretesa alla liquidazione di una misura superiore a quella contenuta nel decreto di acquisizione e sarebbero stati indicati i motivi posti a base della diversa imputazione della somma liquidata, che invece difettano completamente ‘.
In parole più chiare, la Corte territoriale ha ritenuto che la domanda relativa alla liquidazione dell’indennità di occupazione senza titolo fosse infondata perché il RAGIONE_SOCIALE aveva aderito alla richiesta delle ricorrenti (decorrenza dal 3 novembre 2003), mentre le altre istanze esse dovevano ritenersi rinunciate in virtù della
volontà espressa dalla ricorrente ‘ di confermare l’indennità di esproprio nella misura determinata dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, la cui contestazione per ottenere una misura maggiore – formulata avanti al T.A.R. – veniva abbandonata ‘.
Come è dato vedere, la Corte non ha omesso di pronunciarsi, ma ha più semplicemente ritenuto abbandonate le maggiori richieste delle NOME NOME.
15 .- Alla soccombenza della ricorrente segue la sua condanna alla rifusione delle spese di lite, per la cui liquidazione -fatta in base al dm n° 55 del 2014, come modificato dal dm n° 147 del 2022, ed al valore indeterminabile della lite -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato atto dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto.
p.q.m.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio, che liquida in euro 6.500,00 per onorari ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. D à atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1-quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto.
Così deciso in Roma il 19 giugno 2024, nella camera di