Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34709 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34709 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23786/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE CONCORDATO PREVENTIVO, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO NOME COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato STUDIO LEGALE AVV NOME COGNOME-) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in LAVELLO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI TARANTO n. 60/2022 depositata il 28/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 27709/2022 RAGIONE_SOCIALE in liq. in concordato preventivo impugna per cassazione la sentenza n. 6/2022 della Corte d’Appello di Lecce depositata il 28 febbraio 2022, avente ad oggetto una controversia instaurata con opposizione a decreto ingiuntivo da NOME COGNOME quale titolare di farmacia, in relazione alla somma di € 473.591,30, chiesta dalla ricorrente per la fornitura di farmaci.
Resiste con controricorso il COGNOME.
Il P .M. ha depositato requisitoria scritta instando per l’accoglimento del ricorso.
Il controricorrente ha depositato un atto denominato ‘Memorie ex art. 380 -bis. 1 c.p.c.’ che non può invero considerarsi tale, difettandone i requisiti di legge.
L’opposizione a decreto ingiuntivo all’origine della presente controversia è stata incentrata sulla carenza di legittimazione della società ingiungente, in quanto ammessa alla procedura di concordato preventivo, e sulla non esigibilità del credito, oggetto di un concordato piano di rientro che l’opponente stava adempiendo, avendo pagato gran parte del debito. Il giudice di prime cure ha accolto in parte l’opposizione, condannando il Carretta al pagamento del minore importo di € 151.248,83, oltre interessi, con compensazione delle spese tra le parti, sul rilievo che gran parte del debito risultava essere stato estinto.
Impugnata la sentenza da COGNOME quest’ultima ha dedotto l’errata ricostruzione dei conteggi, non affidati a un CTU, e l’errata quantificazione degli interessi, da riconoscersi ex d.lgs 231/02 nella misura prevista per le transazioni commerciali.
La Corte d’appello ha rigettato l’impugnazione assumendo che 1) il credito era stato riconosciuto per quell’importo in relazione all’ammissione, da parte della creditrice impugnante, della ricezione dei pagamenti da parte del COGNOME sino all’ ammontare di € 322.342,47, né era stata richiesta una CTU nel corso del giudizio d’appello; 2) la statuizione del giudice di prime cure sugli interessi moratori doveva interpretarsi come riferita agli interessi previsti per le transazioni commerciali.
Rigettava pertanto l’appello e condannava l’appellante alle spese di lite.
Motivi della decisione
Il ricorso è affidato a un unico motivo con il quale la ricorrente denuncia la violazione/falsa applicazione di legge in relazione alla l. 231/2002 in combinato disposto con l’art. 1194, co. 1, c.c., affermando che, non essendo stato imputato il pagamento parziale prima agli interessi e poi al capitale, il COGNOME, al 3.7.2017, sarebbe stato debitore dell’importo di € 228.291,89, anziché del minore importo di € 151.248,83 quantificato dal giudice di prime cure a saldo finale.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza ex art. 366 n. 6 c.p.c.
La ricorrente non riporta debitamente nel ricorso in quale punto dei motivi di appello sia stato mosso un tale specifico motivo inerente alla violazione dell’art. 1194 c.c., a parte il generico rilievo che non fosse stata disposta una CTU nel giudizio di primo grado. Oltretutto, nel corso del procedimento di merito è risultato che la
parte debitrice aveva convenuto con la società attrice un piano di rientro non ancora scaduto, in ragione del quale aveva proposto una opposizione al decreto ingiuntivo emesso, invece, sull’intero importo del credito, allorché la maggior parte del credito era stato pagato e il piano di rientro stava ancora avendo regolare esecuzione.
Sul punto in questione la ricorrente non ha invero dedotto neanche se gli interessi richiesti attengano al mancato adempimento di detto piano di rientro o alla residua parte del credito originario, in eventum per decadenza dal beneficio del termine indicato nel piano di rientro.
Pertanto la deduzione difetta del requisito della specificità richiesto ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza.
Va disposta la condanna della ricorrente al pagamento altresì di somma, liquidata come in dispositivo, ex art. 96, 3° co., c.p.c., ricorrendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente: delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 7.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; di euro 7.000,00, ex art. 96, 3° co., c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 5/12/2024