Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27075 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27075 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13126/2021 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentat a e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di NAPOLI n. 1781/2021 depositata il 24 febbraio 2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/05/2024
dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il sig. NOME COGNOME ricorre con 7 motivi per la cassazione della sentenza emessa dal Tribunale di Napoli n. 1781/2021, pubblicata il 24 Febbraio 2021.
Come si evince dalla sentenza impugnata, lo RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la sentenza del giudice di pace di Napoli n. 40216/2017 con la quale il predetto giudice accoglieva l’opposizione a l decreto ingiuntivo proposta da RAGIONE_SOCIALE e condannava in contumacia l’appellante al pagamento delle spese di lite. Il Tribunale dichiarava l’inammissibilità , ai sensi dell’art. 345 c.p.c. , delle domande ed eccezioni nuove proposte dall’appellante oltre che della produzione dei documenti prodotti per la prima volta in appello. Nel merito rigettava l’appello ritenendo che lo RAGIONE_SOCIALE non ricoprisse la qualifica di consumatore avendo sottoscritto un contratto con RAGIONE_SOCIALE destinato alla propria attività professionale. Pertanto, riteneva efficace e vincolante tra le parti la clausola di rogatoria espressamente indicata nelle condizioni generali di contratto RAGIONE_SOCIALE, all’art. 25.2, che attribuiva quale foro competente Milano.
Propone ricorso per cassazione l’ COGNOME, sulla base di sei motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5.1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3 la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 345 c.p.c.
Lamenta che la corte d’appello ha errato dove ha ritenuto che sia stato violato l’articolo 345 c.p.c. per aver prodotto documenti nuovi
in appello, senza tra l’altro specificare quali erano. Entrambe le parti, invece, hanno depositato gli stessi con documenti e il contraddittorio è stato pieno
5.2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 9, comma 1 bis L. 531994 e dell’art. 23, comma 3, del decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82 ed agli artt. 164-182-183-291 c.p.c. e 2712 c.c Lamenta che il giudice del merito ha sostenuto apoditticamente che i files della notifica sono stati correttamente firmati digitalmente con una firma valida ed efficace ma non fornisce alcuna motivazione.
L ‘appellante era stato dichiarato contumace in primo grado senza alcuna corretta verifica della notifica dell’opposizione e della rappresentanza in giudizio contenuta nella stessa. Si duole che l’assenza di una firma valida rendeva inesistenti gli atti compiuti, quali la citazione, l’autentica in calce alla procura, la relazione di notifica comprovata dalla firma digitale dell’opposto in calce alla medesima procura che, non poteva essere possibile se il file fosse stato crittografato dall’opponente con una firma valida.
Il giudice del monitorio quindi si sarebbe dovuto attenere alla prova scritta fornita in quel giudizio con conseguenze nel successivo giudizio di merito.
5.3. Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia in relazione all’art. 360 n. 3 del c.p.c. per violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 9, comma 1 bis L. 53 -1994 con riferimento all’art. 23, comma 1 e 2, del decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e 2712 c.c..
Lamenta che se il giudice di pace avesse avuto a disposizione il fascicolo dell’istruzione preventiva e quello monitorio, avrebbe avuto contezza della decisione sulla competenza e della pendenza della domanda di esecutorietà. Di conseguenza l’opposto non sarebbe stato costretto a restare contumace e presentare una
seconda istanza. In ogni caso la questione irrisolta è stata nuovamente riproposte in appello al paragrafo 3 pagina 3/9 facendo rilevare anche l’irregolarità dell’attestazione di conformità prodotta in primo grado.
5.4. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia in relazione all’art. 360 n. 4 del c.p.c. la nullità della sentenza o del procedimento.
Il giudice dell’appello ha errato dove ha affermato che l’adempimento è stato assolto con sottoscrizione in calce e punzonatura ed il documento sarebbe contenuto nel fascicolo di primo grado della RAGIONE_SOCIALE.
5.5. Con il quinto motivo, il ricorrente denuncia in relazione all’art. 360 n. 3 del c.p.c. per violazione e falsa applicazione di norme di diritto relazione all’art. 645 comma 2 c.p.c..
Lamenta che trattandosi di notifica a mezzo EMAIL in un procedimento analogico la prova dell’adempimento grava sul notificante e che tale onere non è stato assolto in entrambi i gradi di giudizio né poteva essere affidato a presunzioni.
5.6. Con il sesto motivo, il ricorrente denuncia in relazione all’art. 360 n. 2 del c.p.c. la violazione delle norme sulla competenza.
5.7. Con il settimo motivo, il ricorrente denuncia in relazione all’art. 360 n. 5 del c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Il giudice dell’appello ha errato perché ha ritenuto che ‘oggetto del presente giudizio è una proposta di abbonamento di tipo professionale per partita Iva’.
Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 n. 3, c.p.c.. In proposito, si ricorda che (Sez. 6 – 3, Sentenza n. 5934 del 2016) è indispensabile che dal solo contesto del ricorso sia possibile desumere una conoscenza del “fatto”, sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice a quo (v. Cass., 4/6/1999, n. 5492). La prescrizione del requisito risponde, infatti, non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una
conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass., Sez. Un., 20/02/2003 n. 2602). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’articolo 366, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata.
Nel ricorso dette circostanze non sono state osservate.
Nel caso di specie, la parte del ricorso destinata alla esposizione del fatto sostanziale e processuale risulta carente, e non la si ricostruisce nemmeno ricorrendo alla esposizione dei motivi ed alla lettura della sentenza. Segnatamente, non sono chiare le ragioni della pretesa.
6.1. I motivi risultano invero formulati in violazione dei requisiti a pena d’inammissibilità prescritti all’art. 366 c.p.c., 1 comma, nn. 4 e 6 c.p.c., stante l’inosservanza dei principi di specificità. anche declinato secondo le indicazioni della sentenza CEDU 28 ottobre 2021, COGNOME e altri c/ Italia, la quale ha ribadito, in sintesi, che il fine legittimo, in linea generale ed astratta, del principio di autosufficienza del ricorso è la semplificazione dell’attività del giudice di legittimità unitamente alla garanzia della certezza del diritto e alla corretta amministrazione della giustizia, (ai p.ti 74 e 75 in motivazione), investendo questa Corte del compito di non farne una interpretazione troppo formale che limiti il diritto di
accesso ad un organo giudiziario (al p.to 81 in motivazione), esso (il principio di autosufficienza) può dirsi soddisfatto solo se la parte riproduce il contenuto del documento o degli atti processuali su cui si fonda il ricorso e se sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (così Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950): requisito che può essere concretamente soddisfatto ‘anche’ fornendo nel ricorso, in ottemperanza dell’art. 369, comma 2°, n. 4 cod. proc. civ., i riferimenti idonei ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati rispettivamente, i documenti e gli atti processuali su cui il ricorso si fonda’ (Cass. 19/04/2022, n. 12481);
Senza sottacersi che nel caso di specie il giudice dell’appello ha escluso la legittimazione del ricorrente per l’azione di risarcimento danni da inadempimento contrattuale perché non era un consumatore e il ricorrente non ha ( quantomeno idoneamente ) censuato detta ratio decidendi .
6.1. Quanto al 7° motivo va d’altro canto osservato che l e censure denunciate per dedotta violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. sono inammissibili ai sensi dell’art. 348 ter. c.p.c. trattandosi di un’ipotesi di c.d. doppia conforme, in quanto le statuizioni di merito sono fondate sul medesimo iter logico argomentativo (cfr. ex multis Cass. civ., Sez. II, Ord., 26/07/2023, n. 22497; Cass. civ., Sez. V, Ord., 25/07/2023, n. 22261; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 20/07/2023, n. 21682; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 28/06/2023, n. 18491; Cass. civ., Sez. V, 14/03/2023, n. 7382; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 1/03/2023, n. 6169; Cass. civ., Sez. V, Ord., 24/02/2023, n. 5803; Cass. civ., Sez. VI-2, Ord., 9/03/2022, n. 7724).
7. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo a favore delle controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza