Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33464 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33464 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 312/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME COGNOMEp.e.c.: ), elettivamente domiciliata presso lo studio legale dell’avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOMEp.e.c.: ), unitamente all’avv. NOME COGNOME
COGNOME (p.e.c.: EMAILpecavvocati.it)
-controricorrente –
–
nonché nei confronti di
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro tempore , AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE, RAGIONE_SOCIALE
-intimati – avverso la sentenza del la Corte d’appello di Roma n. 5670/2020, pubblicata in data 16 novembre 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 ottobre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME COGNOME
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 1543/2013, pronunciando nel giudizio di opposizione ex artt. 615 e 617 cod. proc. civ., proposto da Vittoria Assicurazioni s.p.a., avverso la cartella esattoriale n. NUMERO_DOCUMENTOcon la quale RAGIONE_SOCIALE aveva intimato il pagamento della somma di euro 2.113.131,73, per conto del Ministero dello Sviluppo economico, e nel quale l’opponente aveva spiegato domanda di manleva nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, che si erano obbligate a garantirla in forza di polizza fideiussoria -dichiarava inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc. civ., perché introdotta oltre il termine di decadenza, rigettava il motivo di opposizione qualificato come opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. e, previa qualificazione della polizza fideiussoria escussa in termini di contratto autonomo di garanzia, accoglieva la domanda subordinata di manleva, dichiarando il diritto dell’opponente di rivalersi nei confronti delle coobbligate RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per le
somme dovute in favore del Ministero convenuto.
La sentenza di primo grado è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE e, in via incidentale, da RAGIONE_SOCIALE, la quale ha eccepito l’inesistenza della dichiarazione di coobbligazione, per non essere ascrivibile al legale rappresentante della società la firma apposta in calce alla appendice n. 001 di coobbligazione alla polizza fideiussoria, e, successivamente, ha proposto querela di falso avverso la medesima sottoscrizione, adducendo che essa fosse apocrifa ed allegando consulenza tecnica di parte e visura camerale della società.
La Corte d’appello di Roma, riservandosi sull’ammissibilità della que rela di falso all’esito dell’esame dell’appello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, per quanto ancora rileva in questa sede, ha rigettato entrambi i gravami, così motivando con riguardo a quello incidentale: ‹‹ Quanto all’appello incidentale della Ceel, formulata solo in questo grado di giudizio e, quindi, preclusa ex art. 345 c.p.c. si dimostra la deduzione riguardante il disconoscimento della sottoscrizione con cui sarebbe stato assunto l’obbligo di rivalsa in favore della RAGIONE_SOCIALE. Le considerazioni sin qui svolte in ordine all’infondatezza di entrambi i gravami, poi, assorbono la questione del nesso pregiudiziale di un giudizio di querela di falso che, con ai fini della sospensione ex art. 295 c.p.c. e riferimento alla ridetta sottoscrizione, risulta definito in primo grado dinanzi al Tribunale di Cassino ››.
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per la cassazione della suddetta decisione, sulla base di un unico motivo.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Il Ministero dello Sviluppo economico, Agenzia delle entrate –RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sono rimasti intimati e non hanno svolto attività difensiva.
La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi
dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ. e la controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Ragioni della decisione
Va pregiudizialmente esaminata l’eccezione di tardiv ità del ricorso sollevata in controricorso da RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE
1.1. L’eccezione è infondata.
Essa muove dal rilievo dell’inapplicabilità, nella fattispecie, della sospensione dei termini del periodo feriale, trattandosi di causa di opposizione all’esecuzione, come stabilito dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, con conseguente tardività del ricorso notificato in data 17 dicembre 2021, oltre il termine di un anno decorrente dalla pubblicazione della sentenza impugnata (16 novembre 2020), previsto dall’art. 327 cod. proc. civ. ed applicabile ratione temporis , per essere il giudizio di primo grado stato introdotto anteriormente alla novella di cui alla legge 18 giugno 2009, n. 69 (e, precisamente, in data 4 luglio 2008).
1.2. Posto che in materia opera il principio dell’apparenza, per cui il regime di impugnazione, e, di conseguenza, anche le norme relative al computo dei termini per impugnare, vanno individuati in base alla qualificazione che il giudice a quo abbia dato all’azione proposta in giudizio e non in base al rito applicabile ( ex multis cfr. Cass., 11 gennaio 2012, n. 171), va osservato che la corte di appello ha conosciuto dell’impugnazione in base al rilievo che l ‘originaria opponente e poi appellante RAGIONE_SOCIALE non si è limitata a chiedere che venisse dichiarata la nullità della cartella esattoriale impugnata, con conseguente insussistenza di qualsiasi diritto del Ministero dello Sviluppo economico a procedere in via esecutiva in ordine al credito portato dalla stessa cartella, ma ha proposto, tra l’altro, l’ulteriore domanda (formulata in via subordinata per l’ipotesi del rigetto dell’opposizione con conferma della validità
della cartella esattoriale ) di accertamento dell’obbligo in capo a RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE di rifusione in via solidale in suo favore, ai sensi e per gli effetti dell’atto di coobbligazione alla polizza fideiussoria, delle somme che fosse stata condannata a corrispondere al Ministero.
Il merito della controversia non si esaurisce, pertanto, nelle ragioni della opposizione alla cartella di pagamento, per essere stata proposta anche domanda di accertamento dell’obbligo di manleva , il cui interesse prescindeva dall’esperimento (e dall’esito) dell’azione esecutiva.
Per quanto emerge dalla sentenza impugnata, la domanda subordinata (di accertamento dell’obbligo di manleva) è stata considerata dai giudici di merito come connessa a quella concernente l’opposizione esecutiva avverso la cartella esattoriale, in quanto avente ad oggetto l’accertamento di situazione sicuramente prescindente dalla relativa rilevanza come fatto impeditivo dell’esecuzione.
Con l’appello incidentale RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la riforma del capo della sentenza di primo grado di condanna alla rifusione alla RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE delle somme da quest ‘ultima dovute al Ministero, emergendo al riguardo evidente che la relativa causa (ossia la domanda subordinata originariamente fatta valere da RAGIONE_SOCIALE ), non essendo ‘accessoria’ e strumentale a quella di opposizione all’esecuzione, è soggetta a lla sospensione feriale dei termini, applicantesi all’intero processo, ancorché il giudizio di opposizione all’esecuzione ne sia esente, a nulla rilevando che in relazione alla medesima domanda sia stata proposta querela incidentale di falso.
Invero, quando si trovino cumulate fra loro per ragioni di connessione (come è accaduto nella specie) due o più controversie,
una delle quali sia soggetta al regime della sospensione dei termini per il periodo feriale e l’altra non lo sia, la decisione che intervenga su di esse senza sciogliere detta connessione è soggetta all’applicazione della sospensione (cfr. Cass., sez. U, 19/10/2000, n. 1122; Cass. 11/08/1988, n. 4930), non essendo concepibile -atteso che l’impugnazione può coinvolgere la decisione in riferimento ad entrambe le domande connesse – né l’operare di due regimi distinti, né il non operare della sospensione per tutta la controversia (Cass., sez. 3, 03/04/2013, n. 8113).
Quest’ultima conseguenza si giustifica perché, essendo la sospensione dei termini per il periodo feriale la regola e la non operatività della stessa l’eccezione, non è possibile immaginare l’operare dell’eccezione, perché si avrebbe una vera e propria applicazione analogica di essa ad una fattispecie per cui il legislatore non l’ha prevista e non un’interpretazione estensiva (Cass., sez. 29/09/2007, n. 20594, in motivazione).
1.3. Da tanto consegue la tempestività del ricorso, avuto riguardo al termine annuale previsto dall’art. 327 cod. proc. civ. (nel testo qui applicabile anteriore alle modifiche apportate dalla legge n. 69 del 2009), essendo pacifico che la sentenza venne pubblicata il 16 novembre 2020 e che debba applicarsi il termine lungo di un anno ex art. 327 cod. proc. civ., al quale deve essere aggiunto il periodo di 31 giorni di sospensione previsto dall’art. 1 legge n. 742/1969, nella formulazione novellata dalla legge n. 162 del 2014 (cfr. Cass., sez. 3, 07/03/2019, 6592).
Con unico motivo la ricorrente denunz ia ‹‹Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2702 c.c. e artt. 216, 221 e 235 c.p.c., con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, c.p.c., per avere la Corte d’appello: dichiarato inammissibile la querela di falso proposta dalla RAGIONE_SOCIALE nonostante avesse ad oggetto la sottoscrizione
dell’appendice n. 001 di coobbligazione alla p olizza fideiussoria n. 162/71/904436, pur ricorrendo i presupposti di cui agli artt. 221 e 355 c.p.c. (rituale indicazione delle prove e degli elementi di falsità)››.
Premettendo di avere proposto in appello querela di falso al fine di far accertare l’apocrifia della sottoscrizione apposta in calce all’appendice di coobbligazione alla polizza fideiussoria, asseritamente stipulata con la Vittoria Assicurazioni s.p.a., la ricorrente lamenta che i giudici d’appello :
hanno ritenuto inammissibile la querela di falso sul presupposto del mancato disconoscimento nel giudizio di primo grado, non considerando che la querela di falso ben poteva essere proposta in ogni stato e grado del giudizio;
altrettanto erroneamente, la Corte territoriale ha ritenuto il giudizio definito dal Tribunale di Cassino con sentenza n. 961/2019 coperto da giudicato, sebbene questa ultima sentenza fosse stata oggetto di impugnazione;
impropriamente hanno fatto riferimento all’art. 345 cod. proc. civ., così qualificando la querela di falso quale mezzo di prova.
Contesta, infine, alla Corte d’appello di avere escluso la sussistenza di un nesso d i pregiudizialità tra la querela di falso e l’appello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, tralasciando di considerare che il rigetto di detto appello comportava l’obbligo in capo a RAGIONE_SOCIALE di versare la somma richiesta con la cartella esattoriale oggetto di opposizione al Ministero dello Sviluppo economico e obbligava quindi essa ricorrente alla rifusione, in favore della Vittoria Assicurazioni s.p.a., della medesima somma in virtù degli obblighi assunti con l’appendice di coobbligazione alla fideiussione.
2.1. La censura è inammissibile perché formulata in violazione
dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., atteso che la ricorrente pone a base delle mosse censure atti e documenti del giudizio di merito [in particolare, l’atto di appello incidentale, la querela di falso proposta in via incidentale, l’appendice di n. 001 alla polizza di fideiussione oggetto di querela di falso), limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte strettamente d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove (in tutto o in parte ) riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti pure in sede di giudizio di legittimità, rendendo la mancanza anche di una sola di tali indicazioni il ricorso inammissibile (cfr. Cass., sez. U, 19/4/2016, n. 7701; Cass., sez. U, 27/12/2019, n. 34469).
Come precisato dalle Sezioni Unite da ultimo richiamate, la doglianza non è illustrata in modo da renderla chiara ed intellegibile in base alla lettura del ricorso e non pone questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo, non essendo invero sufficienti mere affermazioni.
Va, infatti, ribadito che i requisiti di formazione del ricorso rilevano ai fini della relativa giuridica esistenza e conseguente ammissibilità, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso.
2.2. Anche la Corte europea dei diritti dell’uomo ha confermato la compatibilità del requisito d i cui all’art. 366, primo comma, n. 6, cod.
proc. civ. con il principio di cui all’art. 6, § 1, della CEDU, a norma del quale «Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente (…) da un tribunale (…)» -purché, secondo il criterio di proporzionalità, non si trasmodi in un ‘formalismo eccessivo’ anche alla luce della sua pregressa giurisprudenza in tema di «limitazioni del diritto di accesso a una giurisdizione superiore», e in particolare alla Corte di cassazione, in ragione delle peculiarità del relativo procedimento (v. sentenze 5 aprile 2018, Zubac c. Croazia; 27 giugno 2017, Sturm c. Lussemburgo; 18 ottobre 2016, Miessen c. Belgio; 15 settembre 2016, Trevisanato c. Italia; 2 giugno 2016, Papaioannou c. Grecia).
Invero, con la sentenza del 28 ottobre 2021 (COGNOME RAGIONE_SOCIALE c. Italia), la Corte di Strasburgo ha concluso che le condizioni imposte per la redazione del ricorso per cassazione -e in particolare l’applicazione del principio di autosufficienza perseguono uno scopo legittimo, segnatamente quello di «agevolare la comprensione della causa e delle questioni sollevate nel ricorso e permettere alla Corte di Cassazione di decidere senza doversi basare su altri documenti, affinché quest’ultima possa mantenere il suo ruolo e la sua funzione, che consistono nel garantire in ultimo grado l’applicazione uniforme e l’interpretazione corretta del diritto interno (nomofilachia)» e dunque, in ultima analisi, «la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia» (par. 73-75).
I giudici europei hanno così fornito una giustificazione ‘sistematica’ del principio in esame, in quanto funzionale al ruolo che deve assolvere una corte suprema, avendo del resto più volte affermato che le condizioni di ammissibilità di un ricorso per cassazione possono essere anche più rigorose di quelle di un appello (par. 79). Quanto alla ‘proporzionalità’ delle conseguenze delle restrizioni dell’accesso al giudice di legittimità, la Corte Edu, dopo
aver ribadito che «il principio di autosufficienza permette alla Corte di cassazione di circoscrivere il contenuto delle doglianze formulate e la portata della valutazione che le viene richiesta alla sola lettura del ricorso, e garantisce un utilizzo appropriato e più efficace delle risorse disponibili» (par. 78), ha proceduto allo scrutinio del ricorso n. 37781/13 (in cui, similmente alla fattispecie in esame, si era osservato «che il ricorrente si era limitato a menzionare, nei suoi motivi di ricorso, i documenti del procedimento sul merito senza presentarne le parti pertinenti e senza indicare i riferimenti necessari per ritrovarli nel fascicolo allegato al ricorso per cassazione»), osservando che «il ricorso per cassazione del ricorrente ometteva anche, in varie parti, di indicare i riferimenti delle fonti scritte invocate o dei passaggi della sentenza della corte d’appello citati» (par. 102) e che, secondo la propria giurisprudenza, «i motivi di ricorso per cassazione che rinviano ad atti o a documenti del procedimento sul merito devono indicare sia le parti del testo in contestazione che l’interessato ritiene pertinenti, che i riferimenti ai documenti originali inseriti nei fascicoli depositati, allo scopo di permettere al giudice di legittimità di verificarne tempestivamente la portata e il contenuto, salvaguardando le risorse disponibili» (par. 103). «Tenuto conto della particolarità del procedimento per cassazione, del processo complessivamente condotto e del ruolo che ha svolto la Corte di cassazione nell’ambito di quest’ultimo (sent. 5 aprile 2018, Zubac c. Croazia), nonché del contenuto dell’obbligo specifico che il difensore del ricorrente era tenuto a rispettare nel caso di specie (in particolare indicare, per ciascuna citazione di un’altra fonte scritta, il riferimento al documento depositato con il ricorso per cassazione)», la Corte Edu ha concluso che la decisione di inammissibilità della Corte di cassazione non potesse «essere considerata un’interpretazione troppo formalistica che avrebbe
impedito l’esame del ricorso per cassazione dell’interessato» (par. 105), con conseguente assenza di una violazione dell’art. 6, § 1, CEDU (par. 106).
2.3. Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche con riguardo al ricorso in esame, in cui non vengono nemmeno indicati i dati necessari per il reperimento degli atti del giudizio di merito, né si specifica se essi siano stati depositati unitamente al ricorso per cassazione, essendosi la parte ricorrente limitata a indicare di avere prodotto ‘fascicolo di parte dell’avv. NOME COGNOME COGNOME nell’interesse dell’appel lante RAGIONE_SOCIALE relativo al giudizio di secondo grado (R.G. 4378/2013 Corte App. Roma)’.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 14.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00 e agli accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , al competente ufficio di merito dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione