Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26142 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 26142 Anno 2025
Presidente: RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 23899-2021 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale PEC come da registri di giustizia;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME con domicilio digitale PEC come da registri di giustizia;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1407/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 07/04/2021 R.G.N. 2341/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/09/2025 dal Consigliere Dott.ssa NOME COGNOME.
Oggetto
Polizia
Municipale
–
Addetto
al
servizio
del
Sindaco
–
Pagamento
lavoro
straordinario.
R.G.N. 23899/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 09/09/2025
CC
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza di primo grado del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che, in accoglimento del ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo, rigettava la domanda di COGNOME NOME, dipendente del Comune di Maddaloni, con qualifica di specialista di vigilanza, cat. D, posizione economica D5, in servizio presso la Polizia Municipale con il grado di capitano, volta ad ottenere il pagamento dell’importo di € 54.173,19, quale differenza rispetto alla maggior somma di € 100.172,64 -avendo l’ente locale provveduto al pagamento della somma di € 45.999,45 -per lo svolgimento nell’arco temporale dal 21.3.2007 al 22.4.2010 di lavoro straordinario, quale addetto alla sicurezza ed all’assistenza del Sindaco p.t.
Avverso detta decisione proponeva ricorso per cassazione, articolato in due motivi, l’odierno ricorrente , depositando altresì memoria.
Resisteva, con controricorso, il Comune di Maddaloni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo parte ricorrente denunzia la violazione dell’art. 38 c.c.n.l. Enti locali, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
Sostiene che, a differenza di quanto affermato nella sentenza di appello, dai documenti versati in atti (e in particolare dalla nota prot. n. 33886 del 20.11.2006 del Comune di Maddaloni) emerge la sussistenza della autorizzazione espressa richiesta, secondo quanto affermato nella pronunzia impugnata, dal citato art. 38 ai fini del riconoscimento delle prestazioni straordinarie. Sottolinea, inoltre, ad ogni buon conto, che la fattispecie in esame fuoriesce dai limiti del citato art. 38 (che espressamente
richiede che le prestazioni di lavoro straordinario non devono essere utilizzate come fattore ordinario di programmazione del tempo di lavoro e di copertura dell’orario di lavoro ) , venendo in rilievo, nella specie, l’attività di addetto alla sicurezza ed al servizio del Sindaco, attività non preventivabile nella durata ed esulante dal concetto di organizzazione del lavoro, di modo che non sono condivisibili le argomentazioni sviluppate nella sentenza di appello in relazione al deficit d i autorizzazione espressa, né quelle relative alla mancata indicazione nei documenti versati in atti delle ore autorizzate, del provvedimento autorizzatorio e della sua durata, oltre che della verifica del superamento o meno del monte ore massimo di lavoro straordinario.
Evidenzia, inoltre, che il lavoro straordinario espletato era indifferibile, necessario e dovuto ad esigenze improcrastinabili, sicché, come esposto anche nella comparsa di appello (senza che ciò costituisca nuova domanda), l’autorizzazione all’espletamento dello stesso deve considerarsi in dette ipotesi implicita ed ammessa in ragione delle già menzionate circostanze.
Sottolinea, da ultimo, che, sulla scorta della documentazione versata in atti, gli compete anche il pagamento dello straordinario effettuato in favore del vicesindaco, quale sostituto del sindaco, nelle more della nomina del Commissario straordinario.
1.1. Il primo motivo è inammissibile per una pluralità di ragioni. Non solo perché invoca la violazione di legge ex art. 360, comma 3, c.p.c. in relazione ad una norma contrattuale, senza denunziare i canoni ermeneutici violati dal giudice di merito nell’interpretazione della stessa e limitandosi a contrapporre la propria interpretazione a quella della Corte territoriale, ma
soprattutto perché: a) in relazione alla prima articolazione del motivo – ovvero la dedotta presenza di una autorizzazione espressa -la censura contrasta l’accertamento compiuto dalla Corte territoriale che, sulla scorta dei documenti in atti, ne nega la sussistenza (cfr. sentenza impugnata pag. 5 e 6), così di fatto chiedendo, inammissibilmente, sotto lo spettro del 360, comma 1, n. 3 c.p.c., una rivalutazione di merito; b) in relazione alla seconda deduzione, ovvero l’impossibilità di incasellare l’ipotesi qui all’ attenzione nello schema di cui al citato art. 38, in ragione della peculiarità del servizio reso, che, in quanto improcrastinabile, legittimerebbe lo svolgimento dello straordinario, si sostiene, senza autorizzazione (di fatto con autorizzazione implicita derivante dalle stesse circostanze di fatto), ne va del pari rilevata l’inammissibilità in quanto la censura non si confronta con la motivazione resa dalla Corte territoriale.
La sentenza impugnata, infatti, ha in primo luogo escluso che l’art. 38 possa essere surrogato da una motivazione implicita o ‘per fatti concludenti’ (nella specie l’asserita improc rastinabilità del servizio), affermando occorra sempre l’autorizzazione preventiva e specifica anche in tali ipotesi, ma tale prima ratio decidendi è stata supportata anche da un altro argomento: l’indifferibilità , urgenza e necessarietà del lavoro straordinario vanno dedotte e provate e -nel caso di specie- la deduzione di dette circostanze è stata operata solo tardivamente in appello (cfr. pag. 6 della sentenza di appello, secondo capoverso).
Questa seconda articolazione del primo motivo del ricorso per cassazione è allora, come anticipato, inammissibile perché non si confronta adeguatamente con la motivazione che è articolata, come detto, in due rationes di rigetto, la seconda delle quali non risulta affatto incisa dalla doglianza.
Peraltro, a ciò si aggiunge l’affermazione della sentenza impugnata quanto alla ricorrenza del novum , in relazione alla affermata ricorrenza, compiuta solo in appello, di circostanze indifferibili ed improcrastinabili che avrebbero legittimato lo svolgimento del lavoro straordinario di cui si pretende il pagamento.
Della ricorrenza di dette esigenze improcrastinabili ed indifferibili, quindi, occorreva puntuale e tempestiva allegazione, oltre che prova, da offrire, volta per volta ed in occasione del singolo servizio reso, non potendosi dette esigenze improcrastinabili ed indifferibili desumersi in via generale dalla mera destinazione al servizio di sicurezza, vigilanza e scorta del Sindaco.
Dunque, manca nel caso di specie prova dell’indifferibilità del servizio che -si rimarca ancora – andava tempestivamente allegata e doveva altresì essere supportata da un adeguato riscontro probatorio in relazione ad ogni singola prestazione straordinaria, il che non è avvenuto.
Con il secondo motivo si denunzia la violazione dell’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.
Afferma il ricorrente che la Corte territoriale non ha motivato in relazione al fatto che con il pagamento parziale il Comune ha prestato acquiescenza alle pretese del dipendente comunale.
2.1. Il motivo è inammissibile.
E’ infatti inammissibile la censura che invoca il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. non considerando che quest’ultima disposizione, per i giudizi di appello instaurati dopo il trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge 7 agosto 2012 n. 134, di conversione del d.l. 22 giugno 2012 n. 83, non può essere denunciata, rispetto ad un appello promosso dopo la data
sopra indicata (art. 54, comma 2, del richiamato d.l. n. 83/2012), con ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che conferma la decisione di primo grado, qualora il fatto sia stato ricostruito negli stessi termini dai giudici di primo e di secondo grado (art. 348 ter, c.p.c., in base al quale il vizio di cui all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme; v. Cass. n. 23021 del 2014). Ne consegue che il motivo di ricorso per cassazione per superare il vaglio di ammissibilità deve indicare anche le divergenze delle ricostruzioni fattuali contenute nella sentenza di primo grado ed appello , il difetta nell’articolazione del motivo qui all’attenzione .
Senza tacere che quello di cui si denunzia l’omesso esame non è un fatto, ma una valutazione operata dal giudice di merito.
Conclusivamente il ricorso è inammissibile.
Le spese di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi, €. 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9 settembre 2025.
La Presidente NOME COGNOME