Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34585 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34585 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 9866-2022 proposto da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE TARANTO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
Oggetto
R.G.N. 9866/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 08/11/2024
CC
ROMA, INDIRIZZO NOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 87/2022 della CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, depositata il 07/02/2022 R.G.N. 439/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Lecce -sezione distaccata di Taranto ha confermato il rigetto della domanda di NOME COGNOME intesa all’accertamento della illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatole da RAGIONE_SOCIALE CGIL Taranto (da ora Fillea Taranto);
la Corte distrettuale ha premesso che la lavoratrice non aveva specificamente contestato la sussistenza di una crisi del settore né la diminuzione degli iscritti che aveva comportato una riduzione delle quote associative e quindi dei fondi a disposizione del sindacato; si era infatti doluta esclusivamente che la verifica della possibilità di <> fosse stata limitata alla sola articolazione territoriale di Fillea Taranto, senza investire la sede centrale di Roma e le altre strutture periferiche del sindacato Fillea CGIL; ha ritenuto che, deponendo gli elementi in atti per l’autonomia patrimoniale e gestionale di Fillea Taranto, tanto rispetto all’articolazione della sede centrale, vale a dire RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE (da ora RAGIONE_SOCIALE) quanto rispetto alle altre articolazioni periferiche di Fillea CGIL ed essendo il rapporto di lavoro stato gestito
esclusivamente da Fillea Taranto, risultava giustificata la limitazione a quest’ultima, configurata come associazione non riconosciuta, della verifica della possibilità di utile ricollocazione lavorativa della dipendente;
per la cassazione della decisione ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di un unico motivo; le intimate Fillea Taranto e Fillea Nazionale hanno depositato controricorso;
Fillea RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria;
Considerato che
Con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente deduce ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli artt. 36, 37, 38, 1362, 1363 c.c. anche in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c.; censura la interpretazione delle disposizioni dello Statuto nazionale di Fillea Nazionale poste a fondamento dell’affermazione dell’autonoma soggettiva giuridica di Fillea locale rispetto a quella nazionale. A tal fine richiama alcune previsioni dello Statuto di Fillea nazionale dalle quali si evincerebbe che RAGIONE_SOCIALE costituisce solo una struttura organizzativa di RAGIONE_SOCIALE, con la quale sussisterebbe un rapporto di organicità/appartenenza; contesta in particolare la affermazione della Corte secondo la quale RAGIONE_SOCIALE ai vari livelli è una associazione giuridicamente e amministrativamente autonoma; denunzia, inoltre, ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., omesso esame del fatto decisivo rappresentato dalla circostanza che non era mai stato elaborato uno statuto dell’associazione RAGIONE_SOCIALE ea Taranto né mai prodotto in giudizio; sostiene che la Corte di merito aveva confuso l’autonomia giuridica, indispensabile ex art. 36 e sgg.cc. per la configurazione di RAGIONE_SOCIALE quale associazione non
riconosciuta, con la mera autonomia amministrativa della stessa; a tal fine invoca la circostanza che Fillea locale non dispone di un proprio patrimonio perché le contribuzioni versate dalla sede centrale costituiscono unico patrimonio collettivo di Fillea CGIL e la mancanza di un fondo comune ex art. 37 c.c., come necessario per la configurazione di un soggetto dotato di autonomia giuridica;
2. il motivo deve essere respinto;
2.1. le censure fondate sullo Statuto di Fillea Nazionale sono inammissibili in primo luogo per violazione dell’art. 366, comma 1 n. 6 c.p.c., non avendo parte ricorrente proceduto alla integrale trascrizione dello stesso onde consentire al giudice di legittimità la verifica della fondatezza delle ragioni di doglianza sulla base del solo esame dell’atto di impugnazione, come prescritto dalla luce giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha, ai sensi dell’ art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ., il duplice onere, imposto a pena di inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione (onere che nello specifico è stato assolto) e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (Cass. n. 29093/2018, n. 195/2016, n. 16900/2015, n. 26174/ 2014, n. 22607/2014, Sez. Un, n. 7161/2010);
2.2. in secondo luogo, la critica alla interpretazione dello Statuto di Fillea nazionale da parte del giudice di appello non è conforme all’insegnamento di questa Corte secondo il quale l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce attività riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione. Ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è peraltro sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato mentre la denuncia del vizio di motivazione dev’essere invece effettuata mediante la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l’indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza. In ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra ( Cass. n. 19044/2010, Cass. n. 1560472007, Cass. n.
417872007) dovendosi escludere che la semplice contrapposizione dell’interpretazione proposta dal ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata rilevi ai fini dell’annullamento di quest’ultima (Cass. n. 14318/2013, Cass. n. 23635 2010); parte ricorrente si è infatti limitata ad una critica meramente contrappositiva alla interpretazione della Corte di merito circa la portata delle disposizioni dello statuto nazionale al fine della configurazione di Fillea Taranto come mera articolazione periferica di Fillea Nazionale senza evidenziare implausibilità o incongruità del percorso ermeneutico del giudice di appello;
2.3. la sentenza impugnata ha infatti affermato che l’autonomia patrimoniale non era esclusa dalla circostanza che la struttura locale si manteneva con la quota parte di contributi alla stessa assegnati dalla sede nazionale secondo il criterio di ripartizione previsto dallo statuto nazionale e pur riconoscendo che non vi è dubbio che il sindacato è unico a livello nazionale e attui strategie comuni a tutti i livelli, ha considerato come rilevante il fatto che nell’ambito dei fondi assegnati a livello nazionale la sede locale avesse autonomia gestionale e potesse possa deliberare in autonomia l’ assunzione e licenziamento del dipendente (in termini anche di ordini e direttive date alla dipendente), come in concreto accertato; ha evidenziato in particolar e che dall’art. 18 dello Statuto Fillea nazionale emergeva che ai vari livelli vi era una associazione giuridicamente a amministrativamente autonoma e sulla base di tale considerazione ha escluso che la struttura nazionale e o le altre strutture locali potessero rispondere delle obbligazioni assunte dalle singole strutture aderenti a Fillea CGIL;
2.4. parimenti inammissibile la censura formulata ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., stante la preclusione scaturente da <> ex art. 348 ter ultimo comma c.p.c. ratione temporis applicabile, avendo questa Corte chiarito che il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ( Cass. n. 5947/2023 Cass. n. 26774/ 2019, Cass. n. 19001/2016, Cass. n. 5528/2014), dovendo ulteriormente rilevarsi la conformità a diritto dei parametri ai quali la Corte ha ancorato la decisione (v. Cass. 4316/2001, Cass. n. 11223/1998, Cass. n. 23088/2013);
all’inammissibilità del ricorso consegue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite nei confronti di entrambe le parti controricorrenti;
4.sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dell’ art.13 d. P.R. n. 115/2002 (Cass. Sez. Un. n. 23535/2019);
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in favore di ciascuna parte controricorrente in € 3.800, 00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella
misura del 15% e accessori come per legge. Con distrazione in favore del solo procuratore di Fillea CGIL Taranto
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, 8 novembre 2024
La Presidente
Dott.ssa NOME