Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15469 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 15469 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21983/2023 r.g., proposto da
Allegretti NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, De NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, NOME Orlando NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME , elett. dom.ti in INDIRIZZO Roma, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.ta in INDIRIZZO Roma, presso studio RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME;
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , eletto dom.ta in INDIRIZZO Roma, presso studio legale COGNOME, rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
OGGETTO:
cessione di ramo d’azienda – direzione recupero crediti – accertamento – criteri
contro
ricorrenti
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 1851/2023 pubblicata in data 03/05/2023, n. r.g. 2950/2021.
Udita la relazione svolta all’udienza e nella camera di consiglio del giorno 16/04/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Viste le conclusioni scritte depositate dal P.M., in persona del l’Avvocata Generale dott.ssa NOME COGNOME.
Udita la discussione dei difensori delle parti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- NOME COGNOME e gli altri indicati in epigrafe erano stati dipendenti di Intesa Sanpaolo RAGIONE_SOCIALE (oggi Intesa Sanpaolo RAGIONE_SOCIALE) fino al 30/11/2018, quando era intervenuta la cessione del ramo d’azienda cui erano addetti a RAGIONE_SOCIALE (poi divenuta RAGIONE_SOCIALE.
Adìvano il Tribunale di Roma per ottenere la declaratoria di inefficacia, nei loro confronti, della predetta cessione, l’accertamento della persistenza del loro rapporto di lavoro alle dipendenze di Intesa Sanpaolo Group Service scpa, nonché l’ordine di ripristino di tale ultimo rapporto di lavoro a decorrere dal 30/11/2018.
2.Radicatosi il contraddittorio, espletata l’istruttoria testimoniale, ritenuta la causa matura per la decisione, il Tribunale accoglieva le domande dei ricorrenti, ritenendo che non fossero stati dimostrati né la preesistenza del ramo ceduto, né la sua autonomia funzionale, tanto al momento della cessione quanto successivamente. In particolare affermava che dall’istruttoria espletata era emerso che, sul piano oggettivo, l’attività ceduta di ‘recupero crediti’ aveva riguardato non tutti i crediti in sofferenza, ma soltanto alcuni; i beni materiali ceduti erano in misura di per sé non significativa e non erano stati ceduti i softwares e le procedure informatiche, rimasti alla cedente ed ancora utilizzati dopo il trasferimento; sul piano soggettivo, erano stati trasferiti non soltanto i dipendenti in precedenza addetti all’attività di ‘recupero crediti’, ma anche altri dipendenti che erano addetti alle due strutture di staff, sebbene le relative attività (supporto amministrativo e supporto operativo) fossero rimaste in capo ad Intesa Sanpaolo spa, sicché neppure si trattava di cessione di ramo d’azienda rappresentato da un gruppo di dipendenti caratterizzato da un particolare e
specifico know how . Infine il giudice di primo grado riteneva insussistente anche l’autonomia funzionale, in quanto ai fini dell’operatività del ramo ceduto era stata necessaria una significativa integrazione strutturale da parte della cessionaria, mediante la sottoscrizione a titolo oneroso di contratti di locazione e di servicing e comunque, anche dopo il trasferimento di ramo d’azienda, la cessionaria doveva necessariamente e continuamente relazionarsi -per svolgere l’attività ceduta con la struttura ‘workout management & administration’ di Intesa Sanpaolo spa sia per le decisioni fondamentali, sia per tutte le operazioni, imputazioni e registrazioni contabili relative all’attività di recupero crediti.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello accoglieva gli appelli separatamente proposti dalle due società.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
l’affidamento in gestione dei crediti a una mandataria, unitamente agli elementi di causa, avvalora la prospettazione secondo cui non era possibile realizzare l’attività di recupero crediti in via autonoma senza ricorrere all’ingerenza della società cedente;
infatti, lo svolgimento delle attività assegnate ai lavoratori ceduti continua a richiedere, come avveniva già prima, continui scambi e rapporti con altre funzioni di ISP e ora con la direzione workout management & administration ; i sistemi operativi e i software indispensabili sono gli stessi che i lavoratori utilizzavano prima della cessione, rimasti in proprietà di ISP;
la direzione recupero crediti (‘DRC’), prima della cessione del ramo, si occupava della gestione dell’attività di recupero dei crediti in sofferenza e delle relative garanzie nei confronti delle società del gruppo Intesa Sanpaolo, che avevano stipulato appositi contratti di service con Intesa Sanpaolo Group Service scpa di cui faceva parte la ‘DRC’;
della ‘DRC’ facevano parte anche due uffici di staff, ossia l’ufficio tecnico amministrativo e l’ufficio normativa e strumenti; il primo si occupava delle attività amministrative, del personale, dei rapporti con le banche mandanti, delle attività post cessione dei crediti, del
censimento dei fornitori e delle convenzioni con i legali e non invece delle attività di recupero crediti riferite alle singole posizioni creditorie;
dopo la cessione all’interno della cedente è stata creata la struttura direzione ‘ workout management & administration ‘ , con il compito di relazionarsi con RAGIONE_SOCIALE e con gli altri outsourcers per le attività di delibera oltre i limiti di facoltà delegate, nonché per la gestione diretta del recupero dei crediti non oggetto della cessione (quelli esclusi, perché definiti ‘sensibili’);
a fronte di queste circostanze di fatto, pacifiche fra le parti, va considerato che la cessione di ramo d’azienda può riguardare anche un’attività economica nella quale non vi siano o siano pochi i beni materiali o immateriali, in presenza di una rete di lavoratori dotata di specifica competenza in un determinato settore, sicché assume decisivo rilievo, quale elemento identificativo della fattispecie legale, il riferimento alla ‘attività’, che svincola la stessa dalla nozione commercialistica dell’art. 2055 c.c.;
quindi se ricorrono gli elementi anzidetti, è irrilevante il fatto che non siano trasferite tutte le immobilizzazioni afferenti l’attività del ramo ceduto;
peraltro nel caso in esame occorre tenere presente il particolare schema contrattuale adottato, quello del mandato gestorio, sicché da un lato le interazioni con la cedente si rendono necessarie proprio in virtù del mandato e vanno considerate senza perdere di vista la natura dematerializzata del ramo ceduto;
inoltre dal contratto di servicing si evince che era stato ceduto circa il 90% dei crediti e la cedente aveva mantenuto una piccola quota dell’attività di recupero corrispondente ai crediti ‘sensibili’, ma si tratta della conseguenza della scissione fra titolarità del credito, rimasta in capo alla cedente, e attività di recupero secondo lo schema del mandato, sicché è il cedente a indicare il perimetro di attività del potere della cessionaria/mandataria con le ingerenze che si verificano mediante il rilascio di procure specifiche o di delibere;
quanto al mancato trasferimento della struttura di supporto tecnico e amministrativo, questo dato non esclude la fattispecie dell’art. 2112
c.c., poiché era una struttura certo utile all’attività di recupero del credito, ma che si giustifica in considerazione di una gestione ‘condivisa’ con la cedente;
gli applicativi erano nella esclusiva disponibilità della cessionaria sicché è irrilevante che la relativa titolarità sia rimasta in capo a ISP;
dunque sussistono i requisiti dell’autonomia funzionale e della preesistenza.
4.- Avverso tale sentenza NOME e gli altri indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
5.- Intesa Sanpaolo spa e RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso.
6.In prossimità dell’adunanza camerale originariamente fissata le ricorrenti COGNOME e NOME COGNOME hanno depositato atto di rinunzia, accettata da Intesa Sanpaolo spa.
7.Tutte le parti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale e poi per la pubblica udienza.
8.- Il P.G. , in persona dell’Avvocata Generale, ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dichiarata l’estinzione del giudizio relativamente alle due ricorrenti COGNOME e COGNOME in virtù della loro rinunzia accettata dalla controparte.
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. i ricorrenti lamentano la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, co. 2, n. 4), c.p.c. e 118, co. 1, disp.att.c.p.c. per avere la Corte territoriale motivato in modo solo apparente in ordine allo specifico know-how o comune bagaglio di conoscenze, esperienze e capacità tecniche che permetterebbe di qualificare il ramo ceduto come ‘dematerializzato’.
Il motivo è infondato.
Nella sentenza impugnata si sottolinea proprio il fatto che i lavoratori ceduti erano addetti all’attività di recupero crediti, rimasta sostanzialmente inalterata presso la cessionaria. E’ quindi proprio questa adibizione a rappresentare il profilo qualificante del bagaglio professionale comune, idoneo a conferire al gruppo dei lavoratori ceduti la sua idoneità a rappresentare un ‘ramo d’azienda dematerializzato’. In particolare la Corte
territoriale ha affermato: ‘ nel caso di specie … le integrazioni vanno lette senza perdere di vista la natura dematerializzata del ramo, che può desumersi per tabulas anche solo dai seguenti elementi: l’attività poteva già essere svolta in precedenza poiché l’oggetto della stessa era l’attività di recupero crediti già svolta per ISP secondo lo schema del mandato con rappresentanza … e per le altre società del gruppo Intesa Sanpaolo (e ciò non è in contestazione) e consisteva nel recupero crediti per conto di terzi svolta in virtù di contratti di service per le banche del gruppo utilizzando proprio il medesimo schema del mandato; i lavoratori erano addetti al ramo ceduto da molto tempo e ciò si desume dalle stesse allegazioni del lavoratori … ‘ (v. sentenza impugnata, p. 7). A conferma del suo convincimento ha poi aggiunto: ‘ … gli applicativi … erano nella piena ed esclusiva disponibilità della cessionaria e ciò non farebbe la differenza ove la società avesse fatto ricorso ad un contratto di locazione con un fornitore estraneo al gruppo. Sicché non può ritenersi rilevante … che … non sono state trasferite … immobilizzazioni materiali significative quali i software e le procedure informatiche indispensabili allo svolgimento dell’attività di recupero crediti, rimasti nella titolarità di ISP ed ancora utilizzati dopo la cessione dei lavoratori … ‘ (v. sentenza impugnata, p. 8).
Quindi una motivazione sussiste e raggiunge il ‘minimo costituzionale’ (Cass. sez. un. n. 8053/2014) , sicché la sentenza d’appello si sottrae alla censura dei ricorrenti.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. i ricorrenti lamentano ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 2112 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto sussistente il requisito dell’autonomia funzionale.
Il motivo -che si traduce nella doglianza dell’errata sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta -è fondato.
La Corte d’appello, dopo aver dato atto che la struttura di supporto specialistico tecnico e amministrativo era rimasta in Intesa Sanpaolo spa (e denominata workout management & administration ), ha accertato in fatto che quella struttura ‘ ha continuato a svolgere le medesime attività di supporto amministrativo ed operativo a favore di quelle svolte dai lavoratori ceduti in necessaria interazione con essi anche successivamente alla
cessione; i dipendenti ceduti, tra cui gli odierni lavoratori appellati, sono rimasti funzionalmente dipendenti dalle strutture organizzative della società cedente … rivolgendosi alla stessa per l’attività di recupero crediti coordinati da essa e funzionalmente indirizzate dalla stessa … ‘ (v. sentenza impugnata, p. 4).
A fronte di questo accertamento di fatto, la conclusione sarebbe dovuta essere in termini di assenza di autonomia funzionale del ramo ceduto e non l’opposto. L’errore di sussunzione si è tradotto, quindi, nell’applicare l’art. 2112 c.c. invece inapplicabile, perché la fattispecie concreta, come accertata dalla Corte territoriale, non ne presenta uno dei requisiti fondamentali, ossia l’autonomia funzionale.
Al riguardo va ricordato il pacifico orientamento di questa Corte, secondo cui il ramo d’azienda rilevante ex art. 2112 c.c. deve pur sempre rispettare la nozione di impresa e pertanto deve pur sempre avere quell’autonomia funzionale idonea a consentire lo svolgimento ex se dell’attività imprenditoriale (nella nozione data dall’art. 2082 c.c.) sul mercato, quindi anche verso terzi, e non solo verso la cedente. In particolare questa Corte ha affermato che ai fini del trasferimento di ramo d’azienda previsto dall’art. 2112 c.c., anche nel testo modificato dall’art. 32 d.lgs. n. 276/2003, rappresenta elemento costitutivo della cessione l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere – autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione. L’elemento costitutivo dell’autonomia funzionale va quindi letto in reciproca integrazione con il requisito della preesistenza, e ciò anche in armonia con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, secondo la quale l’impiego del termine “conservi” nell’art. 6, par. 1, commi 1 e 4 della direttiva 2001/23/CE, “implica che l’autonomia dell’entità ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento” (sentenza 6 marzo 2014, C458/12; sentenza 13 giugno 2019, C-664/2017) (Cass. n. 22249/2021).
In definitiva, il ramo ceduto deve essere in grado di svolgere attività di impresa indipendentemente dall’eventuale contratto di fornitura di servizi
che venga contestualmente stipulato fra cedente e cessionaria (Cass. n. 19034/2017: in quel giudizio questa Corte ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva ritenuto integrato il trasferimento di ramo d’azienda nel caso di cessione di un call center , benché per la realizzazione dell’attività ceduta fosse necessaria una continua interazione con programmi informatici rimasti nella proprietà esclusiva della cedente; nello stesso senso Cass. n. 11247/2016).
La Corte territoriale non ha fatto buon governo di tale orientamento: pur avendo verificato che in concreto, dopo la cessione del ramo d’azienda, l’attività della cessionaria era rimasta indissolubilmente legata, in termini di vera e propria dipendenza funzionale, ad alcune attività rimaste alla cedente, ha nondimeno ritenuto sussistente la fattispecie disciplinata dall’art. 2112 c.c.
La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio, affinché siano tratte tutte le conseguenze dall’accertamento del rilievo che, nel caso concreto, ha avuto quella ‘necessaria interazione’ della cessionaria con la struttura di supporto tecnico e amministrativo rimasta presso la cedente (e poi presso Intesa Sanpaolo spa).
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. n. 3), c.p.c. i ricorrenti lamentano ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 2112 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto sussistente il requisito della preesistenza del ramo ceduto
Il motivo è assorbito dall’accoglimento del secondo: l’insussistenza del requisito dell’autonomia funzionale rende privo di autonoma rilevanza l’ulteriore requisito della preesistenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio relativamente alle ricorrenti NOME e NOME COGNOME per gli altri ricorrenti rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data 16/04/2025.
Il Consigliere est. dott. NOME COGNOME
Il Presidente dott. NOME COGNOME