Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24807 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24807 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 27894-2022 proposto da
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al controricorso, dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio eletto presso il suo indirizzo PEC
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 347 del 2022 della CORTE D’APPELLO DI FIRENZE, depositata il 25 maggio 2022 (R.G.N. 387/2021).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 28 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
R.G.N. 27894/2022
COGNOME
Rep.
C.C. 28/5/2025
giurisdizione Accesso al Fondo di garanzia per il pagamento del TFR. Automaticità delle prestazioni.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 347 del 2022, depositata il 25 maggio 2022, la Corte d’appello di Firenze ha respinto il gravame dell’INPS e ha confermato la pronuncia del Tribunale di Arezzo, che aveva condannato l’Istituto a corrispondere a l signor NOME COGNOME, lavoratore dipendente di RAGIONE_SOCIALE società sottoposta ad amministrazione straordinaria, il pagamento dell’importo di Euro 6. 669,50 a titolo di trattamento di fine rapporto (TFR).
1.1. -A fondamento della decisione, la Corte territoriale argomenta, anzitutto, che è stato accertato in via definitiva un rapporto di lavoro subordinato tra il signor NOME COGNOME ed RAGIONE_SOCIALE , nell’arco temporale dal primo giugno 2010 al 31 maggio 2012. Tale rapporto è avvalorato anche dal modello SR 52, sottoscritto dal responsabile della procedura concorsuale.
1.2. -In secondo luogo, all’accoglimento della domanda del lavoratore non è d’ostacolo la prescrizione dei contributi, in virtù del principio di automaticità delle prestazioni previdenziali. Tale regola generale non conosce, nel caso di specie, deroghe di sorta e s alvaguarda l’effettività della tutela sancita dalla Direttiva 1980/987/CEE.
Né rileva, in senso contrario, che il lavoratore non abbia denunciato all’INPS o non abbia fatto accertare in contraddittorio con l’Istituto l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato e il mancato versamento della contribuzione, entro il termine di prescrizione della contribuzione medesima . L’Istituto subentra ex lege nel debito del datore di lavoro insolvente ed è vincolato alle risultanze del decreto di esecutività dello stato passivo, che abbia accertato esistenza e ammontare del credito del lavoratore. Peraltro, le statuizioni rese a tale riguardo dal Tribunale non sono state espressamente censurate.
-L’INPS ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello, formulando due motivi di censura, illustrati da memoria in vista della trattazione camerale.
-Il signor NOME COGNOME resiste con controricorso.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2, primo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297, in riferimento a ll’ art. 2114 cod. civ.
Avrebbe errato la Corte territoriale nel reputare vincolante, anche agli effetti del rapporto previdenziale, l’accertamento d ei requisiti della subordinazione, reso in una controversia cui l’Istituto è rimasto estraneo . Le statuizioni dei giudici d’appello si porrebbero in contrasto con il «principio dell’autonomia del rapporto previdenziale rispetto a quello lavorativo» (pagina 7 del ricorso per cassazione) e sarebbero state ritualmente censurate le affermazioni del giudice di prime cure in ordine all’opponibilità di un provvedimento giurisdizionale che rappresenterebbe pur sempre res inter alios acta (pagina 9 del ricorso per cassazione).
1.1. -La censura è inammissibile, per un duplice e concorrente ordine di ragioni.
1.2. -Anzitutto, la Corte d’appello, nel ricostruire gli antefatti processuali salienti, riferisce di un gravame affidato a un unico motivo, concernente la violazione dell’art. 2116 cod. civ. e l’aspetto della mancata regolarizzazione contributiva e della prescrizione dei contributi (pagina 3 della sentenza impugnata).
A tale riguardo, la Corte di merito rileva, in rito, che non è stato «espressamente censurato» il decisum del Tribunale, nella parte in cui ha affermato l’idoneità del decreto di esecutività dello stato passivo ad avvalorare la pretesa del lavoratore nei confronti del Fondo di garanzia (pagina 6 della sentenza impugnata).
Tali statuizioni, di per sé idonee a sorreggere la decisione impugnata, non sono state efficacemente scalfite.
Il primo motivo non prospetta la violazione delle norme processuali pertinenti, con riferimento al ‘giudicato’ che la sentenza impugnata ravvisa, e non censura in modo specifico le valutazioni svolte in via prioritaria, a tal proposito, dalla Corte di merito.
L e contestazioni formulate nell’atto di gravame e riprodotte alla pagina 9 del ricorso per cassazione, nel discutere del diverso tema della competenza funzionale del giudice del lavoro, allorché sia richiesta la regolarizzazione del rapporto contributivo, non adducono ragioni specifiche per confutare funditus l’orientamento giurisprudenziale puntualmente richiamato dal giudice di prime cure a sostegno della decisione e quindi ripreso dai giudici d’appello (Cass., sez. lav., 4 dicembre 2015, n. 24730, e 13 novembre 2014, n. 24231).
Sulla scorta dei princìpi enunciati nelle pronunce menzionate, l’ esecutività dello stato passivo che abbia accertato in sede fallimentare l ‘ esistenza e l ‘ ammontare d ‘ un credito per trattamento di fine rapporto in favore del dipendente dell ‘i mprenditore dichiarato fallito importa, ai sensi dell ‘ art. 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, il subentro dell ‘ INPS nel debito del datore di lavoro insolvente, senza che l ‘I stituto previdenziale possa contestare l ‘ assoggettabilità alla procedura concorsuale e l ‘ accertamento ivi operato, vincolante sotto il profilo del l’ an e del quantum debeatur .
Nell’odierno ricorso, l’Istituto si limita a ribattere che l’orientamento richiamato è ‘superato’ (pagina 8), ma tale lapidaria asserzione non solo non consente d’inferire che siano state formulate critiche
specifiche nei confronti della sentenza di primo grado, in linea con i successivi approdi della giurisprudenza di questa Corte, ma neppure si cimenta con le precisazioni che, nel corso di tale evoluzione, sono state illustrate.
Nel l’inquadrare il dictum delle pronunce menzionate, questa Corte ha rimarcato che, «mentre è chiaro che la natura autonoma dell ‘ obbligo di corresponsione della prestazione impedisce all ‘ Inps di poter opporre eccezioni derivanti da ragioni interne al rapporto di lavoro che mirino a contestare esistenza ed entità dei crediti in ragione del concreto atteggiarsi delle situazioni giuridiche soggettive del lavoratore e del datore di lavoro, come costantemente affermato da questa Corte di cassazione, non altrettanto agevole è fare derivare dall ‘ autonomia dell ‘ obbligazione assicurativa attribuita al Fondo anche l ‘ effetto di totale inibizione dell ‘ accertamento giudiziale relativo agli elementi soggettivi ed oggettivi al cui ricorrere scatta l ‘ obbligo di tutela assicurativa e che sono interni alla stessa autonoma fattispecie previdenziale» (Cass., sez. lav., 19 luglio 2018, n. 19277, punto 18 delle Ragioni della decisione ).
Questa Corte ha poi puntualizzato, con riferimento alla terzietà dell’Istituto, enfatizzata anche nell’odierno ricorso, che «l ‘ accertamento giurisdizionale della misura del TFR dovuto in esito all ‘ ammissione allo stato passivo ovvero la sua consacrazione in un titolo esecutivo conseguito nei confronti del datore di lavoro rappresentano la modalità necessaria per l ‘ individuazione della misura stessa dell ‘ intervento solidaristico del Fondo di garanzia, essendo l ‘ ente previdenziale terzo rispetto al rapporto di lavoro inter partes ed essendo nondimeno la sua obbligazione modulata sul TFR maturato in costanza di rapporto di lavoro» (Cass., sez. lav., 28 gennaio 2020, n. 1886).
La parte ricorrente non ha né allegato né dimostrato di avere ritualmente veicolato, nel giudizio di gravame, critiche mirate,
rispettose dei canoni di specificità sanciti dall’art. 434 cod. proc. civ., e di avere avversato in modo puntuale i presupposti ermeneutici su cui la pronuncia del Tribunale si fonda.
La specificità delle doglianze postula il confronto con i chiarimenti resi nelle pronunce successive da questa Corte e un vaglio più approfondito dei corollari processuali dell’autonomia dell’obbligazione previdenziale nel particolare contesto delle prestazioni erogate dal Fondo di garanzia, ancorate a un preventivo accertamento giurisdizionale del credito.
Confronto che non si deduce se e in quali termini sia avvenuto.
1.3. -In secondo luogo, si deve osservare che la sentenza impugnata, nel l’accertare la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato tra il signor NOME COGNOME ed RAGIONE_SOCIALE, per il periodo dal primo giugno 2010 al 31 maggio 2012, non s ‘incardina in via esclusiva sui menzionati rilievi di rito e su ll’efficacia vincolante del decreto del Tribunale di Arezzo, che ha accolto l’opposizione allo stato passivo proposta dal lavoratore.
I giudici d’appello valorizzano anche ulteriori riscontri documentali e, in particolare, il modello SR 52, sottoscritto dal responsabile dell’amministrazione straordinaria (pagina 5 della sentenza impugnata), nell’àmbito di un apprezzamento complessivo degli elementi probatori acquisiti, che anche il controricorso pone in risalto (pagine 5 e 6).
È in questa prospettiva, dunque, che i giudici d’appello hanno valutat o l’accertamento contenuto nel decreto del Tribunale di Arezzo , corroborandolo con ulteriori evidenze documentali, nel contesto di un ragionamento di più ampio respiro, che le censure, incentrate sul solo profilo della vincolatività del ‘giudicato’ fallimentare, non valgono a infirmare in tutti gli snodi in cui esso si articola.
1.4. -Tali profili d’inammissibilità consentono di soprassedere alla più approfondita disamina delle argomentazioni enunciate nel ricorso e
nella memoria illustrativa circa il tenore delle difese che l’Istituto può opporre con riferimento a un credito accertato in sede concorsuale.
2. -Con il secondo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2, primo e ottavo comma, della legge n. 297 del 1982, in riferimento agli artt. 2114, 2115 e 2116 cod. civ., e del l’art. 3, comm i 9 e 10, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
La sentenza d’appello meriterebbe censura anche per avere riconosciuto al lavoratore la prestazione erogata dal Fondo di garanzia, senza tener conto della prescrizione dei contributi, che precluderebbe in radice la costituzione del rapporto assicurativo previdenziale. L’automaticità delle prestazioni previdenziali non potrebbe essere invocata quando i contributi siano prescritti, in quanto il datore di lavoro non potrebbe versarli e l’Istituto non potrebbe riceverli.
Tale limite, inerente alla «impossibilità della regolarizzazione contributiva» (pagina 14 del ricorso per cassazione), avrebbe portata generale e prescinderebbe da quella previsione esplicita che la Corte di merito considera, per contro, necessaria. L’assetto così delineato dal legislatore attuerebbe un «bilanciamento dei più generali principi di certezza dei rapporti previdenziali e della connessa indisponibilità dei diritti previdenziali» (la già richiamata pagina 14 del ricorso).
Né il diritto dell’Unione europea si porrebbe in contrasto con tale inquadramento, che non imporrebbe alcun sacrificio sproporzionato al lavoratore, nell’obbligarlo a denunciare all’INPS il rapporto di lavoro , così da consentire la regolarizzazione della posizione contributiva. Una diversa conclusione sarebbe foriera di ripercussioni tanto giuridiche quanto finanziarie sulla gestione del Fondo di garanzia.
2.1. -La censura non coglie nel segno.
2.2. -Occorre dare continuità ai princìpi enunciati da Cass., sez. VIL, 22 giugno 2017, n. 15589, che prendono le mosse dalla ricognizione della portata e del fondamento costituzionale del principio di
automaticità delle prestazioni previdenziali e sono stati ribaditi, nelle loro premesse sistematiche, dalle successive pronunce di questa Corte.
2.3. -Come ha affermato il giudice delle leggi, «il principio generale -espresso dall’art. 2116 del codice civile (non a caso inserito fra le pochissime disposizioni codicistiche in materia di previdenza e assistenza obbligatorie), ed espressamente ribadito, con riguardo alla assicurazione generale obbl igatoria per l’invalidità, vecchiaia e superstiti, dall’art. 27, secondo comma, del r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, come da ultimo sostituito dall’art. 23 -ter del d.l. 30 giugno 1972, n. 267, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1972, n. 485 -è quello secondo cui le prestazioni spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati. Tale principio di ‘ automaticità delle prestazioni ‘ , con riguardo ai sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, trova applicazione non già, come afferma il remittente, ‘ solo in quanto il sistema delle leggi speciali vi si adegui ‘ , ma -come si esprime l’art. 2116 cod. civ. -‘ salvo diverse disposizioni delle leggi speciali ‘ : il che significa che potrebbe ritenersi sussistente una deroga rispetto ad esso solo in presenza di una esplicita disposizione in tal senso. Detto principio costituisce una fondamentale garanzia per il lavoratore assicurato, intesa a non far ricadere su di lui il rischio di eventuali inadempimenti del datore di lavoro in ordine agli obblighi contributivi, e rappresenta perciò un logico corollario della finalità di protezione sociale inerente ai sistemi di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti. Garanzia, questa, ulteriormente rafforzata dal legislatore, in attuazione di una direttiva comunitaria, attraverso la sua estensione al caso di obblighi contributivi non adempiuti e prescritti, gravanti su un datore di lavoro sottoposto a procedure fallimentari o di amministrazione straordinaria (art. 3 del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 80, recante ‘ Attuazione della direttiva 80/987/CEE in materia di tutela dei lavoratori subordinati in caso di
insolvenza del datore di lavoro ‘ )» (sentenza n. 374 del 1997, punto 3 del Considerato in diritto ).
2.4. -In consonanza con tali princìpi, questa Corte ha affermato, in termini generali, che «dato per principio quello dell ‘ automaticità, esso è limitato dall ‘ intervenuta prescrizione del diritto dell ‘ ente erogatore alla riscossione dei contributi (c.d. automaticità parziale) solo in quanto vi sia una norma che disponga in tal senso. Norma che, come detto, esiste per il diritto alle prestazioni di vecchiaia, invalidità e superstiti» (Cass., sez. lav., 1° dicembre 2020, n. 27427, punto 3 dei Motivi della decisione ).
2.5. -Non si può attribuire, dunque, portata generale all’art. 27 r.d.l. n. 636 del 1939, che delimita la latitudine del principio di automaticità nel peculiare àmbito dell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, anche in considerazione delle ragguardevoli ripercussioni finanziarie che l’integrale applicazione del principio di automaticità determinerebbe a fronte di inadempimenti contributivi risalenti e difficili da ricostruire.
Né tale portata onnicomprensiva si può evincere dall’art. 2116 cod. civ., che scolpisce il generale principio di automaticità e rimette alla prudente valutazione del legislatore, alle «diverse disposizioni delle leggi speciali», una diversa modulazione del principio, senza codificare, in termini indistinti, il limite della prescrizione dei contributi. Limite che il legislatore ha fissato claris verbis in fattispecie tipiche e in virtù di scelte calibrate sulle specificità del singolo settore e sul bilanciamento d’interessi di volta in volta attuato a tale riguardo.
2.6. -Per quel che concerne la specifica questione oggi devoluta a questa Corte, da tali premesse discende che «5.1. Per le prestazioni economiche a carico del fondo, deve escludersi che il diritto del lavoratore resti condizionato all ‘ effettivo adempimento da parte del datore di lavoro dell ‘ obbligazione contributiva, o alla mancata prescrizione della stessa, qualora non adempiuta. 5.2. In tal senso
depone in primo luogo l ‘ assenza di una previsione espressa che limiti il principio di automaticità, quale quella dettata per le prestazioni di vecchiaia, invalidità e superstiti. 5.3. Inoltre, una tale limitazione risulterebbe contraria alla funzione di garanzia del lavoratore a fronte dell ‘ insolvenza del datore di lavoro che l ‘o rdinamento sovranazionale assegna all ‘ intervento in questione, essendo proprio l ‘ incapacità del datore di lavoro di adempiere alle proprie obbligazioni (anche contributive) che integra lo stato d ‘i nsolvenza cui consegue l ‘i ntervento del fondo. Altra soluzione, infatti, non è consentita dall ‘ interpretazione della normativa coerente con l ‘ art. 5 della Direttiva n. 80/987/CEE e dall ‘ art. 5 della successiva Direttiva 2008/94/CE, dello stesso tenore, che alla lettera c ) prevedono che l ‘ obbligo a carico degli organismi di garanzia per il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, esiste indipendentemente dall ‘ adempimento degli obblighi dei datori di lavoro di contribuire al finanziamento» (ordinanza n. 15589 del 2017, cit.).
2.7. -Con riferimento alle prestazioni del Fondo di garanzia, l’automaticità parziale, entro il limite della prescrizione dei contributi, vanificherebbe la tutela contro l’insolvenza proprio nelle situazioni che in maniera più pressante reclamano l’intervento solidaristico prescritto dalla nostra Carta fondamentale e dal diritto dell’Unione europea.
Tale assetto, infine, rispecchia il particolare meccanismo di operatività del Fondo di garanzia, che contempla un obbligo contributivo generale per il suo finanziamento (art. 2, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982), senza subordinare, tuttavia, l’erogazione delle prestazioni a un requisito minimo di contributi accreditati per ciascun lavoratore, come avviene in altri settori in cui il principio di automaticità opera in modo selettivo rispetto ai contributi che non siano prescritti.
3. -Il ricorso, in definitiva, dev’essere complessivamente respinto.
4. -Le spese del presente giudizio possono essere integralmente compensate, tenendo conto della peculiare complessità delle questioni poste in via pregiudiziale con il primo mezzo e non ancora scandagliate con esiti univoci in tutte le loro implicazioni. Complessità che traspare anche dalla prioritaria ragione d’inammissibilità del motivo , indissolubilmente connessa con il merito dei temi dibattuti, e che peraltro non manca di riproporsi anche per le questioni, logicamente consequenziali, sottese alla seconda critica.
5. -Il rigetto del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo del la parte ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del presente giudizio.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione