Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1012 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1012 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2025
COGNOME
-INTIMATO- avverso la sentenza di Corte d’appello di Genova n. 675/2023, depositata il 09/06/2023.
Oggetto: successioni
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18235/2023 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, con procura speciale in atti;
-RICORRENTE – contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato a ll’ indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende, con procura speciale in atti;
– CONTRORICORRENTE –
e
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 675/2023, la Corte di appello di Genova ha respinto l’appello di NOME COGNOME confermando la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato l’autenticità del testamento redatto da NOME COGNOME in data 16.7.2015, il quale, nel disporre di tutto il patrimonio, aveva attribuito alla moglie NOME COGNOME il 50% dell’asse ereditario, e all’attrice e al fratello NOME COGNOME esclusivamente la quota legittima.
Secondo il giudice distrettuale la consulenza svolta nel procedimento di mediazione, cui non avevano partecipato tutti i chiamati alla successione e che, peraltro, neppure aveva accertato in modo inequivoco la falsità della scheda testamentaria, data l’indisponibilità dei documenti in originale, era superata dagli esiti della c.t.u., che aveva utilizzato la più avanzata metodologia di analisi dello scritto e rilevato plurimi elementi di convergenza tra il testamento e le scritture di comparazione. Ha respinto, dichiarandola generica e valutativa, la prova orale capitolata dall’appellante, regolando le spese.
Per la cassazione della sentenza di appello NOME COGNOME ha proposto ricorso affidato a sei motivi.
NOME COGNOME resiste con controricorso e con memoria illustrativa; NOME COGNOME non ha formulato difese.
Il Consigliere delegato ha formulato proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ravvisando l a manifesta infondatezza del ricorso.
Su istanza del ricorrente, che ha chiesto la decisione, è stata fissata l’adunanza camerale.
È infondata l’eccezione di improcedibilità del ricorso per il mancato deposito della relata di notifica della sentenza, dovendo evidenziarsi che la sentenza è stata depositata in data 9.6.2023 e che l’impugnazione in cassazione è stata proposta con notifica
avviata il 31.8.2023, entro il termine di sessanta giorni dal deposito (Cass. 17066/2013; Cass. 11386/2019; Cass. 14839/2020; Cass. 15832/2021).
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., sostenendo che la Corte di merito non abbia pronunciato sulla questione proposta con la comparsa conclusionale di appello circa il fatto che in calce al testamento era presente l ‘espressione ‘ in fede ‘ e non la sottoscrizione di NOME COGNOME con conseguente nullità dell’atto rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
Il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 1421 c.c. , per non aver la Corte rilevato d’ufficio il difetto di sottoscrizione e l’invalidità del testamento.
Il terzo motivo il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 115 c.p.c., per non aver il giudice di appello rilevato l’errore in cui era incorso il consulente, non avvedutosi che il testamento era privo di firma, e per esser incorso in un errore di percezione riguardo alla completezza del documento.
I tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, non sono fondati.
L ‘ assenza di sottoscrizione del testamento è smentita dalla Corte di merito, che ha accertato l’autenticità della scheda in tutti i suoi elementi e la sua validità, con pronuncia esplicita anche quanto alla presenza della firma, conformemente agli esiti della consulenza, fondata sulla comparazione del testamento con documenti originali del testatore e con valutazione del tratto grafico di tutto il testo della scheda testamentaria, condotto con strumentazione tecnica (cfr. sentenza, pag. 9).
Non può neppure imputarsi alla Corte di merito un errore di percezione circa la presenza della sottoscrizione invece che della dicitura ‘ in f ede’ in calce al testamento, vizio peraltro denunciabile con la revocazione per errore di fatto ai sensi dell’art. 395 n. 4 c.p.c., e non con il ricorso in cassazione.
Quanto all’omesso esame di un fatto decisivo, si versa in ipotesi di cd. doppia conforme, con la preclusione sancita dall’art. 348, commi IV e V c.p.c. e comunque il testamento, quanto alla sua completezza e validità, è stato specificamente esaminato (Cass., sez. un., 8053/2014).
Il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 115, 116, 183, settimo comma, c.p.c., 2697 c.c., censurando la mancata ammissione delle prove testimoniali, sull’assunto che il giudice era tenuto ad utilizzare tutti i mezzi di prova per l’accertamento dell’autenticità della scheda.
Il quinto motivo denuncia la violazione degli artt. 112, 115, 116, 183, settimo comma, c.p.c. e 2697 c.c., per non aver il giudice dato ingresso alla prova orale vertente sugli accertamenti svolti dai periti di parte sulla presenza di solchi ciechi nello scritto.
Il sesto motivo denuncia la violazione degli artt. 115, 116, 183, comma settimo, c.p.c. e 2697 c.c., lamentando la mancata ammissione della prova per testi volta a dimostrare che il teste, che aveva lavorato con il de cuius, ne conosceva il tratto grafico ed era in condizione di riferire sull’autenticità del documento.
I tre motivi sono infondati.
Il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, quando la prova non ammessa ovvero non esaminata sia in concreto idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità , l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. 3075//2006; Cass. 11501/2006; Cass. 4178/2007; Cass. 11457/2007; Cass. 11353/2010; Cass. 16214/2019; Cass. 18072/2024).
H a evidenziato la Corte d’appello che il capitolo di prova era privo di dettagli riguardo agli elementi di divergenza del tratto grafico,
verteva direttamente sulla riferibilità dello scritto alla mano del testatore, oltre che sul fatto che il teste aveva lavorato per un lungo periodo fianco a fianco con il de cuius, potendo il teste esprimere un proprio personale apprezzamento, non idoneo ad inficiare con carattere di certezza il contrario accertamento fondato sulla c.t.u.
Risulta esplicito il giudizio di insufficienza del mezzo istruttorio rispetto alla finalità di dimostrare i fatti controversi, senza alcuna assoluta negazione della possibilità che il giudizio di falso possa fondarsi anche su elementi diversi dalla consulenza, se pertinenti.
Quanto all’audizione dei periti, si deve osservare che nel quadro del principio, espresso nell’art. 116 c.p.c., di libera valutazione delle prove -salvo che non abbiano natura di prova legale -il giudice civile ben può apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente gli altri mezzi istruttori richiesti dalle parti.
La presenza di solchi ciechi nello scritto è risultata non decisiva alla luce dei plurimi elementi di conferma dell’autenticità della scheda (cfr. sentenza pag. 9). Il relativo apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, essendo logico e coerente il valore preminente ed esaustivo attribuito alla consulenza tecnica (Cass. 11176/2017).
Il ricorso è respinto, con aggravio delle spese processuali.
Poiché l’impugnazione è stata definita in senso conforme alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis, c.p.c., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis, cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96, cod. proc. civ., con conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro nei limiti di legge (non inferiore ad € 500 e non superiore a € 5.000; cfr. Cass., sez. un., 27433/2023; Cass., sez. un., 27195/2023; Cass., sez. un., 27947/2023).
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad € 8.500,00 per compensi ed €. 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%, nonché di € 8.500,00 ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., e dell’ulteriore importo di € 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione