Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8201 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8201 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 23846/2021 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio de ll’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende, con l’AVV_NOTAIO, come da procura in calce al ricorso
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona dei legali rappresentanti COGNOME NOME e COGNOME NOME, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, come da procura in calce al controricorso
– controricorrente –
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Napoli n. 2041/2021, depositata il
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16.1.2024 dal AVV_NOTAIO relatore AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, locatore di un immobile ad uso diverso in Gragnano, intimò sfratto per morosità alla conduttrice RAGIONE_SOCIALE per il mancato pagamento dei canoni da febbraio a giugno 2015, per l’importo di € 6.200,00, nonché del 50% dell’imposta di registro. La conduttrice resistette, chiedendo in via riconvenzionale la condanna del locatore alla restituzione delle somme pagate in più mensilmente, a fronte dell’originario accordo (€ 1.240,00, anziché € 516,00, come pattuito), per un totale di € 100.572,06, oltre € 50.000,00 per risarcimento del danno, nonché l’indennità da perdita di avviamento. Mutato il rito ed espletata l’istruttoria, il Tribunale di Torre Annunziata, con sentenza del 18.9.2017, dichiarò cessata la materia del contendere sul rilascio; rigettò la domanda attorea sulla risoluzione del contratto per inadempimento della conduttrice; dichiarò inammissibili le domande riconvenzionali. La conduttrice propose gravame avverso detta sentenza dinanzi alla Corte d’appello di Napoli, che lo accolse con sentenz a del 14.6.2021. Il giudice d’appello rilevò anzitutto che non v’era alcun dubbio circa l’identità contestata dall’appellato tra soggetto convenuto in primo grado e appellante principale; che erroneamente il primo giudice aveva rigettato la domanda ric onvenzionale restitutoria, e per l’effetto condann ò il locatore al pagamento di € 79.177,72; che le ulteriori pretese della conduttrice erano infondate.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, affidandosi a cinque motivi, cui resistono con controricorso NOME COGNOME ed
N. 23846/21 R.G.
NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di l.r. della RAGIONE_SOCIALE. Le parti hanno depositato memoria. Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo , ai sensi dell’a rt. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 342 c.p.c. Si lamenta il fatto che la Corte territoriale non avrebbe provveduto sull’eccezione di inammissibilità dell’appello, sollevata dall’appellato, odierno ricorrente, sul rilievo che l’impugnazione non conteneva una specifica indicazione delle parti della sentenza di primo grado che ne erano investite, né delle specifiche ragioni di censura, risolvendosi in una confusa e disorganica reiterazione delle argomentazioni spese dinanzi al giudice di primo grado.
1.2 -Col secondo motivo, ai sensi dell’a rt. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si denuncia la nullità del procedimento e della sentenza per violazione dell’art. 342 c.p.c., stante la mancata rilevazione d’ufficio dell’inammissibilità dell’appello per difetto dei requisiti formali. La sentenza impugnata è così censurata perché i vizi dell’atto di appello di cui al primo motivo del presente ricorso, quand’ anche non specificamente eccepiti dall’appellato, avrebbero dovuto essere rilevati d’ufficio dalla Corte di appello.
1.3 Col terzo motivo, ai sensi dell’a rt. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., si denuncia l’o messo esame della questione relativa alla diversità di denominazione e tipologia del soggetto appellante rispetto a quello destinatario della pronuncia di primo grado. La Corte non avrebbe esaminato il fatto, pur denunciato
dall’appellato, che il soggetto appellante aveva una denominazione diversa da quella del destinatario della sentenza di primo grado, e che la mancata indicazione nell’atto di appello del relativo codice fiscale, o di altri elementi nella procura, ne impediva l’identificazione.
1.4 Col quarto motivo, ai sensi dell’a rt. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si lamenta la nullità del procedimento e della sentenza per violazione da parte del giudice di appello del dovere di accertare d’ufficio l’identità e la legittimazione dell’appellante e pertanto il suo interesse ad agire (artt. 81, 100, 163, comma 3, n. 2, 164, comma 1, c.p.c.). La sentenza impugnata è censurata in quanto, anche a prescindere dalla specifica eccezione dell’appellato, la Corte territoriale avrebbe dovuto d’ufficio verificare l’identità, obiettivamente incerta, e la legittimazione ad impugnare dell’appellante, e quindi verificare che vi fosse identità soggettiva tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE.
1.5 -Infine, col quinto motivo, ai sensi dell’a rt. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 79 della legge n. 392/1978, per aver la Corte napoletana erroneamente ritenuto che detta disposizione comporti, in tema di locazioni per uso non abitativo, la nullità di un accordo successivo alla stipulazione del contratto, che preveda la quantificazione del canone in misura superiore a quella originaria, pertanto considerando irrilevante l’adesione del conduttore alla richiesta di maggior canone da parte del locatore.
2.1 -Anzitutto, va rilevata l’inammissibilità del controricorso nella parte in cui esso è stato proposto anche da NOME COGNOME ed NOME COGNOME in proprio,
giacché essi non hanno partecipato al giudizio di merito in detta qualità, ma solo come l.r. dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
3.1 -Ciò posto, il primo motivo è inammissibile, giacché il vizio di omessa pronuncia può sussistere solo in relazione a questioni di merito, non mai processuali, come nella specie (v. Cass. n. 10422/2019).
4.1 -Il secondo motivo è inammissibile, per violazione dell’onere di indicazione specifica di cui a ll’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. (nel testo vigente ratione temporis ): il ricorrente non riproduce, in ricorso, né direttamente né indirettamente (in questo secondo caso indicando la parte dell’atto corrispondente all’indiretta riproduzione), il contenuto dell’appello, sicché la Corte non è stata messa in condizione di verificare, dalla mera lettura del ricorso, la potenziale decisività della censura in esame, circa il lamentato difetto di specificità ex art. 342 c.p.c. La Corte dovrebbe ricercare di sua iniziativa ciò che potrebbe supportare il motivo, il che è in manifesta contraddizione con l’onere di cui all’art. 366 n. 6 c.p.c.
5.1 -Il terzo motivo è parimenti inammissibile, perché il preteso omesso esame riguarda non già un fatto storico, fenomenicamente apprezzabile (dunque rientrante in quei soli fatti il cui omesso esame può costituire oggetto di censura avanzata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. v. ex multis , di recente, Cass. n. 13024/2022; Cass. n. 8584/2022), ma una questione, denunciabile semmai ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
In ogni caso, la questione della identità dell’appellante è stata senz’altro delibata dalla C orte d’appello , sicché il motivo sarebbe comunque infondato, non potendo comunque configurarsi alcun omesso esame.
6.1 -Il quarto motivo è infondato.
Per quanto negli atti di causa legittimamente consultabili da questa Corte non vi sia univocità circa la esatta denominazione della conduttrice (nel senso che essa è talvolta denominata quale associazione sportiva, talvolta quale società sportiva, anche nella stessa sentenza impugnata ), la Corte d’appello ha accertato senza alcun dubbio che la parte che ha proposto gravame è la stessa che aveva partecipato al giudizio di primo grado; del resto, il riferimento alla partita IVA riportato nell’intestazione della sentenza d’appello non lascia alcun a perplessità al riguardo.
7.1 -Il quinto motivo, infine, è inammissibile, perché il ricorrente non ha censurato, sul punto, tutte le rationes decidendi su cui la Corte napoletana ha fondato la propria decisione.
In proposito, il giudice del merito ha accertato che il preteso patto aggiunto di cui alla scrittura del 25.3.2013 (con cui, in tesi, si era pattuito che, a far data dal 1.1.2006, il canone di locazione era fissato in € 1.240,00 mensili): 1) non era efficace perché non sottoscritto dalla conduttrice, ma dal solo COGNOME; 2) comunque, ove anche lo fosse stato, esso sarebbe stato nullo, perché confliggente con la norma imperativa dettata da ll’art. 79 della legge n. 392/1978.
Pertanto, poiché col mezzo in esame il COGNOME ha censurato specificamente solo tale ultima statuizione (espressamente resa ad abundantiam , ma in realtà costituente vera e propria ratio decidendi ), ne deriva che la prima (quella, cioè, per cui il preteso patto tale non poteva considerarsi, difettando la sottoscrizione della conduttrice) è da considerare passata in giudicato, perché non
N. 23846/21 R.G.
specificamente e adeguatamente censurata, benché idonea a supportare l’accoglimento dell’appello dell’RAGIONE_SOCIALE (si veda, ex multis , Cass. n. 13880/2020).
8.1 -Il ricorso è dunque nel complesso rigettato.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Le spese tra il ricorrente da una parte e NOME COGNOME ed NOME COGNOME in proprio, dall’altra, possono invece integralmente compensarsi .
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della RAGIONE_SOCIALE (o RAGIONE_SOCIALE) controricorrente, che liquida in € 4.000,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge. Compensa le spese nei rapporti tra il ricorrente e NOME COGNOME ed NOME COGNOME in proprio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno