Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11741 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11741 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3177-2022 proposto da:
NOME COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 507/2021 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 02/11/2021 R.G.N. 247/2021;
Oggetto
Licenziamento di dirigente
R.G.N. 3177/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 03/12/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Torino rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 555/2021, che aveva respinto le domande di detto lavoratore proposte nei confronti della convenuta RAGIONE_SOCIALE tra le quali domande, quella di condanna della società convenuta al pagamento delle retribuzioni intercorrenti tra il licenziamento disciplinare intimatogli con lettera del 30.11.2018 e la data di scadenza del 3.4.2019 del contratto a termine sottoscritto il 19.3.2018, oltre al risarcimento del danno biologico, da perdita di chance , nonché del danno emergente, costituito dal rimborso di spese mediche non più coperte dal fondo FASI.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, riferite le ragioni della decisione del Tribunale e le censure formulate dall’appellante, riteneva che quest’ultimo non poteva dolersi che egli, dirigente, non fosse stato sentito a sua difesa con l’assistenza del rappresentante sindacale.
2.1. In tal senso premetteva la Corte essere pacifico in linea di fatto: – che, a seguito della contestazione disciplinare, il dirigente aveva presentato le proprie circostanziate giustificazioni in data 19.10.2018 e chiesto di essere sentito personalmente con l’assistenza del rappresentante di Federmanager; – che, con lettera del 22.10.2018 (anticipata via mail), la società aveva fissato l’incontro per tale audizione il 29.10.2018; – che in data 25.10.2018 il rappresentante
sindacale aveva comunicato alla società l’impossibilità di comparire alla data stabilita (proponendo date alternative); che a tale comunicazione la società non aveva dato riscontro; che il giorno fissato per l’audizione l’ing. COGNOME non si era presentato; -che questi con raccomandata inviata il 30.10.2018 era stato licenziato.
2.2. Richiamava la Corte diversi precedenti di legittimità, espressivi del principio per cui il lavoratore ha diritto, qualora ne faccia richiesta, ad essere sentito oralmente dal datore di lavoro; tuttavia, ove il datore, a seguito di tale richiesta, abbia convocato il lavoratore per una certa data, questi non ha diritto ad un differimento dell’incontro laddove si limiti ad addurre una impossibilità di presenziare, poiché l’obbligo di accogliere la richiesta del lavoratore sussiste solo ove la stessa rispo nda ad un’esigenza difensiva non altrimenti tutelabile.
2.3. Secondo la Corte, tale principio affermato nei confronti del lavoratore non poteva che valere anche nei confronti di rappresentante sindacale; infatti, quest’ultimo nella specie si era limitato a comunicare la sua indisponibilità per asseriti ‘improrogabili impegni precedenti’, che, tuttavia, in giudizio erano rimasti del tutto indeterminati, così come erano rimaste immotivate l’assenza del dirigente all’incontro fissato per la sua audizione, nonché la ragione per la quale solo quel rappresentante di Federmanager avrebbe potuto assisterlo e non anche altro.
Per la Corte l’appellante neppure poteva dolersi della tardività della contestazione disciplinare sul rilievo che, a suo dire, l’appellata avrebbe potuto contestare gli addebiti nell’immediatezza dei fatti, senza attendere il mese di ottobre, dal momento che il dirigente aveva l’obbligo mensile di
compilare le schede presenza e, pertanto, già dal giugno 2018 la società era a conoscenza dei primi fatti contestati.
3.1. In proposito, premetteva la Corte che, con lettera del 15.10.2018, in sintesi la società aveva contestato al dirigente le specifiche giornate (18), tra maggio e agosto 2018, nelle quali le trasferte e/o l’attività in sede dell’ing. COGNOME indicate come eseguite nei fogli presenza mensili, dal medesimo pacificamente sottoscritti, risultavano ‘in evidente contrasto con quanto si ricava dai documenti amministrativi ricevuti dalla Società (estratti: carburante e pedaggi effettuati con telepass)’.
3.2. Riesaminate le risultanze processuali in proposito, la Corte riteneva che il periodo temporale in questione era del tutto contenuto e congruo, avuto riguardo alla necessità della società di avvedersi ed acquisire contezza dei fatti (variamente distribuiti nel periodo in esame) che la stessa aveva accertato con adeguata tempistica riscontrando le schede mensili di presenza (sottoscritte dal dirigente) con le ricevute dei rifornimenti di carburante e pagamento pedaggi, relative a ciascuna giornata contestata.
Infine, la Corte d’appello giudicava infondate le censure avverso il rigetto della domanda di risarcimento del danno da perdita di chance (in relazione alla mancata opportunità per il dirigente di conseguire, a causa del licenziamento, il bonus di € 20.000,00 pattuito per il caso di raggiungimento degli obiettivi aziendali) e della domanda di rimborso delle spese mediche, non più coperte per il mancato versamento, da parte della società, del contributo assicurativo FASI a seguito della cessazione del rapporto.
4.1. La Corte, infatti, osservava che si trattava di domande non accoglibili stante l’accertata legittimità del licenziamento e che in ogni caso erano del tutto prive di fondamento.
Avverso tale decisione NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
L’intimata ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione dell’art. 7 Legge n. 300/1970 in relazione all’art. 360, primo comma punto 3 c.p.c. -per violazione e falsa applicazione di norme di diritto sulla domanda di impugnazione del licenziamento per vizi formali’.
Con un secondo motivo denuncia ‘Violazione dell’art. 7 Legge n. 300/1970 in relazione all’art. 360, primo comma punto 5) c.p.c. -per erronea valutazione delle prove ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto discussione tra le parti’.
Con un terzo motivo denuncia ‘Violazione dell’art. 7 Legge n. 300/1970 in relazione all’art. 360, primo comma punto 4 c.p.c. -per violazione e falsa applicazione di norme di diritto sulla domanda relativa alla tardività delle contestazioni’.
Il primo motivo è infondato, presentando taluni profili d’inammissibilità.
Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, anche di recente confermato (cfr. § 3 della motivazione di
Cass. n. 26043/2023), ai sensi dell’art. 7 l. n. 300 del 1970 il lavoratore ha diritto, qualora ne abbia fatto richiesta, di essere sentito oralmente dal datore di lavoro; tuttavia, ove il datore di lavoro a seguito di detta richiesta, abbia convocato il lavoratore per una certa data, questi non ha diritto a un differimento dell’incontro limitandosi ad addurre un’impossibilità di presenziare, poiché l’obbligo di accogliere la richiesta del lavoratore sussiste solo ove la stessa risponda a un’effettiva esige nza difensiva non altrimenti tutelabile (così Cass., sez. lav., 2.3.2017, n. 5314; in termini esatti o analoghi Cass. n. 9313/2021; n. 980/2020; n. 14106/2016; n. 9223/2015; n. 8845/2012; n. 7493/2011).
E la sentenza impugnata è conforme a tali principi di diritto, che ha richiamato nella sua motivazione.
5.1. Condivisibilmente, difatti, la Corte territoriale ha ritenuto che tale indirizzo debba trovare applicazione anche nell’ipotesi, ricorrente nella fattispecie in esame, in cui l’allegato impedimento a presenziare all’incontro fissato dal datore di lavoro, riguardi, non già il lavoratore, bensì il rappresentante sindacale designato da quest’ultimo, e sia allegato non dal diretto interessato, ma sempre da detto rappresentante.
Rilevato, in particolare, che il ricorrente non allega l’esistenza di disposizioni collettive o disciplinari interne all’impresa datrice di lavoro che regolassero una tale evenienza, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il fatto che il lavoratore che abbia designato il rappresentante sindacale per l’assistenza non sia sentito contestualmente a questi, ma in un momento diverso, non integra di per sé, una violazione delle garanzie procedimentali, in assenza di una
specifica richiesta di audizione congiunta, né la presenza del rappresentante sindacale al colloquio è una garanzia indefettibile ex art. 7 st. lav., derivando solo da apposita richiesta ai sensi del comma 3, in quanto il lavoratore è libero di discolparsi nelle forme da lui prescelte, oralmente o per iscritto, con l’assistenza o meno, che non assume le medesime caratteristiche del processo penale, laddove è prevista una difesa tecnica (in tal senso Cass. n. 855/2017).
5.2. Ebbene, nel caso in esame, la Corte di merito, da un lato, non ha accertato l’esistenza di una specifica richiesta di audizione congiunta del lavoratore e del rappresentante sindacale designato, e, dall’altro, come già riferito in narrativa, ha piuttosto posto in luce che era stato solo il rappresentante sindacale (non, quindi, insieme al lavoratore) a comunicare la propria indisponibilità per la data dell’incontro fissata dalla datrice di lavoro.
Inoltre, ha valutato che gli ‘improrogabili impegni precedenti’, allegati dal sindacalista, ‘in giudizio’ erano ‘rimasti del tutto indeterminati’.
Infine, ha osservato che era ‘rimasta immotivata l’assenza del dirigente all’incontro fissato per la sua audizione, nonché la ragione per la quale solo quel rappresentante di Federmanager (sig. COGNOME) avrebbe potuto assisterlo e non anche altro’.
In base a tanto ha conclusivamente considerato che: ‘Il fondamento della garanzia procedimentale è quella di assicurare il diritto di difesa del lavoratore che, nel caso in esame, risulta compiutamente esercitato mediante le dettagliate giustificazioni scritte rese il 19.10.2018, nonché
tutelato dalla società con la fissazione dell’incontro al quale … il lavoratore non ha partecipato senza tuttavia esporre le ragioni (serie) di tale sua assenza e/o dedurre il pregiudizio subito in conseguenza della sua mancata audizione, come invece sarebbe stato suo onere’.
6.1. Anche tali conclusioni tratte dalla Corte distrettuale appaiono condivisibili e in linea con l’indirizzo di legittimità in precedenza richiamato in relazione alla fattispecie concreta come accertata.
6.2. Per contro, la tesi ora sostenuta dal ricorrente, secondo la quale la datrice di lavoro aveva ‘il dovere di contattare anche la Federmanager per concordare la data dall’audizione, cosa che non ha fatto violando le garanzie procedimentali poste a tutela del lavoratore’, è priva di qualsiasi base normativa (in particolare nell’art. 7 L. n. 300/1970, essendosi già evidenziato che neppure risulta dedotta l’esistenza di norme collettive o aziendali che regolassero la fattispecie).
Inoltre, è meramente assertivo l’assunto del ricorrente per cui egli ‘non avrebbe potuto presentarsi da solo, perché la presenza del rappresentante sindacale rappresentava un’esigenza difensiva non altrimenti tutelabile’.
Analogamente, in modo apodittico il ricorrente sostiene che: ‘La Corte d’Appello ha erroneamente interpretato’ gli impegni del rappresentante sindacale come ‘del tutto indeterminati’, trattandosi di valutazione di merito, insindacabile in questa sede di legittimità, che la Corte del resto ha motivato, evidenziando che anche ‘in giudizio’, vale a dire, nel contraddittorio delle parti, tali impegni non erano stati
meglio precisati.
Il secondo motivo è inammissibile.
Difatti, tale censura fa esclusivo riferimento al mezzo di cui all’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., sicché, versandosi in ipotesi di c.d. doppia conforme, s’imbatte nella preclusione di cui al combinato disposto di cui ai commi quarto e quinto dell’art. 348 bis c.p.c.
8.1. Nota, inoltre, il Collegio che lo sviluppo del secondo motivo neanche individua uno o più fatti storici, primari o secondari, in ipotesi decisivi e controversi tra le parti (cfr. Sez. un. n. 21973/2021; Sez. un. n. 8053/2014), dei quali la Corte avrebbe omesso l’esame.
Piuttosto, il ricorrente deduce un’ ‘erronea valutazione delle prove’ (cfr., oltre alla rubrica del motivo, pag. 23 del ricorso).
8.2. Inoltre, nello svolgimento del motivo il ricorrente fa valere una serie, del tutto eterogenea, di censure e vizi, comunque estranea all’area applicativa dell’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., quali: – quello che il giudice di primo grado avrebbe ‘errato nel rimettere in termini parte convenuta’ circa una produzione documentale, e che la relativa ‘decadenza doveva essere rilevata dalla Corte d’Appello che invece ha omesso di pronunciarsi sul punto’ (v. pag. 24 del ricorso); – il fatto che la stessa Corte aveva ‘erroneamente omesso di pronunciarsi sulla richiesta istruttoria di ammissione’ di determinati capitoli di prova e sulla richiesta dello stesso di ‘escussione di ulteriori due propri testi sui capi 39. 43, 46 e 48 ammessi’ (cfr. pagg. 25 -26 del ricorso); l’aver la Corte ‘omesso di disporre la CTU volta ad accertare l’effettivo credito
del ricorrente nei confronti della COGNOMERAGIONE_SOCIALE
Parimenti inammissibile è il terzo motivo.
Nella rubrica di tale censura è indicato il mezzo di cui all’art. 360, comma primo, n. 4), c.p.c., e il ricorrente vi fa valere un’anomalia motivazionale che descrive in termini di ‘contraddizione’ del tutto generici.
Inoltre, il seguito della censura rammostra come, in modo indistinto rispetto alla cennata anomalia motivazionale, il ricorrente lamenti anche la violazione di norme di diritto (deducendosi, infatti, che ‘le conclusioni cui è giunta la Corte d’Appello sono in palese contrasto con la giurisprudenza che la stessa Corte ha citato nella propria sentenza’: v. pag. 30 del ricorso).
11.1. A sua volta, ciò però si fonda sull’assunto che ‘l’istruttoria ha dimostrato che la società era venuta a conoscenza fin dal giugno del 2018 delle prime incongruenze ma ha aspettato fino alla metà di ottobre del 2018 per contestarle al lavoratore’ (cfr. pagg. 30 e segg. del ricorso).
11.2. Tale tesi, peraltro, da un lato, è basata su un apprezzamento delle risultanze processuali diverso da quello operato dalla Corte di merito, dall’altro lato, non è aderente alla motivazione resa a riguardo dalla stessa Corte.
Difatti, quest’ultima non ha assolutamente accertato ‘la dimostrata conoscenza da parte della RAGIONE_SOCIALE delle prime incongruenze contestate al lavoratore già dal giugno del 2018′, come sostiene ora il ricorrente.
Piuttosto, la Corte territoriale in sintesi ha considerato che il dirigente firmava le apposite schede mensili di presenza,
talvolta non tempestivamente, per cui ogni volta inizialmente solo tale documento era a riguardo nella disponibilità della datrice di lavoro, sicché, ai fini della verifica di eventuali irregolarità, si rendeva necessario il riscontro delle schede sottoscritte ‘con le ricevute dei rifornimenti di carburante e pagamento pedaggi, relativa a ciascuna giornata contestata’, vale a dire, rispetto a documenti diversi ed ulteriori rispetto alle sole schede di presenza (cfr . in extenso pagg. 7-10 della sua sentenza).
Il ricorrente, del resto, non considera che la Corte, nel ritenere adeguata la tempistica osservata dalla datrice di lavoro, aveva, altresì, osservato che non era configurabile ‘l’obbligo di un immediato controllo delle attestazioni rese dall’ing. COGNOME occorrendo invece considerare il normale affidamento che, in difetto di evenienze che qui non ricorrono, il datore di lavoro deve poter riporre nell’operato del proprio dipendente, tanto più se con qualifica di dirigente’; osservazione, questa, che si fonda su un dato pacifico in causa, ossia, la qualifica di dirigente posseduta dall’attuale ricorrente; qualifica cui si ricollega un maggior grado di affidamento da parte del datore di lavoro.
Il ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al
pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed € 6.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del