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Audizione lavoratore: quando il rinvio è un diritto?

Un dirigente impugna il licenziamento per vizi procedurali, sostenendo la violazione del suo diritto di difesa per il mancato rinvio dell’audizione richiesta. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento, chiarendo che il diritto all’audizione del lavoratore non comporta un obbligo per il datore di lavoro di posticipare l’incontro in caso di generica indisponibilità del dipendente o del suo rappresentante. Il diritto di difesa è stato ritenuto garantito dalle giustificazioni scritte già presentate.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Diritto di Difesa e Rinvio dell’Audizione del Lavoratore: Analisi di una Sentenza della Cassazione

Nel contesto di un procedimento disciplinare, il diritto di difesa del lavoratore è un pilastro fondamentale. Una delle sue massime espressioni è la possibilità di essere sentiti di persona dal datore di lavoro. Ma cosa succede se il lavoratore, o il suo rappresentante sindacale, non può presentarsi alla data fissata? L’azienda è sempre tenuta a concedere un rinvio? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui limiti di questo diritto, stabilendo che la richiesta di posticipare l’audizione del lavoratore deve essere motivata da esigenze difensive concrete e non altrimenti tutelabili, e non da una generica indisponibilità.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un dirigente di un’azienda del settore automotive, licenziato a seguito di una contestazione disciplinare. Le accuse si basavano su presunte incongruenze tra le sue schede di presenza mensili e i dati derivanti dall’uso di benefit aziendali, come Telepass e carte carburante, in un arco temporale di quattro mesi.

Il dirigente, dopo aver presentato le proprie giustificazioni scritte, aveva chiesto di essere sentito oralmente con l’assistenza di un rappresentante sindacale. L’azienda aveva fissato una data per l’incontro. Pochi giorni prima, il rappresentante sindacale comunicava all’azienda la propria impossibilità a partecipare per “improrogabili impegni precedenti”, proponendo date alternative. L’azienda non dava seguito alla richiesta di rinvio e, constatata l’assenza sia del dirigente sia del suo assistente nel giorno stabilito, procedeva con il licenziamento.

Il dirigente impugnava il licenziamento, sostenendo la violazione del suo diritto di difesa. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingevano le sue richieste, ritenendo legittima la procedura seguita dall’azienda. La questione è quindi giunta all’esame della Corte di Cassazione.

L’Audizione del Lavoratore e i Limiti del Diritto al Rinvio

Il cuore della questione legale ruota attorno all’interpretazione dell’articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori. Questa norma garantisce al lavoratore il diritto di essere sentito a sua difesa, anche con l’assistenza di un rappresentante sindacale, qualora ne faccia richiesta.

La giurisprudenza consolidata afferma che, una volta che il datore di lavoro convoca il dipendente a seguito di tale richiesta, non sussiste un diritto incondizionato del lavoratore a ottenere un differimento dell’incontro. L’obbligo per il datore di accogliere una richiesta di rinvio sorge solo quando questa risponde a un’effettiva e concreta esigenza difensiva che non potrebbe essere soddisfatta in altro modo. Una semplice comunicazione di impossibilità a presenziare, non supportata da valide e documentate ragioni, non è sufficiente a far scattare tale obbligo.

La Posizione del Rappresentante Sindacale

Nel caso specifico, la Corte ha esteso questo principio anche all’indisponibilità del rappresentante sindacale designato. La sua assenza, motivata con un generico riferimento a “impegni improrogabili”, non è stata considerata una ragione sufficiente per obbligare l’azienda a riprogrammare l’incontro. Inoltre, il dirigente non ha fornito spiegazioni né sulla propria assenza né sul motivo per cui solo quello specifico rappresentante avrebbe potuto assisterlo, escludendo altre possibili soluzioni.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno ribadito che il diritto di difesa del lavoratore era stato pienamente garantito. Egli aveva infatti potuto esporre le proprie ragioni in modo dettagliato attraverso le giustificazioni scritte inviate prima della convocazione. La fissazione dell’incontro orale rappresentava un’ulteriore tutela, alla quale però il lavoratore ha scelto di non partecipare senza addurre motivi seri e documentati.

La Corte ha sottolineato come la tesi del ricorrente, secondo cui l’azienda avrebbe avuto il “dovere di contattare” il sindacato per concordare una nuova data, sia priva di qualsiasi fondamento normativo. L’onere di dimostrare l’esistenza di un reale impedimento e di un pregiudizio concreto derivante dalla mancata audizione ricade sul lavoratore, non sul datore di lavoro.

Infine, anche la censura relativa alla presunta tardività della contestazione è stata respinta. La Corte ha ritenuto congruo il tempo impiegato dall’azienda per raccogliere e verificare tutta la documentazione necessaria (schede presenza, ricevute di pedaggi e carburante) prima di muovere formalmente gli addebiti, considerando anche il maggior grado di affidamento che un’azienda ripone nell’operato di un proprio dirigente.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio in materia di procedimenti disciplinari. Il diritto all’audizione del lavoratore è sacro, ma non può essere utilizzato in modo dilatorio o pretestuoso. La richiesta di rinvio dell’incontro deve fondarsi su un’impossibilità oggettiva e su concrete esigenze di difesa. In assenza di tali elementi, il datore di lavoro che ha già ricevuto le difese scritte può legittimamente procedere alla conclusione del procedimento, senza che la mancata audizione orale, dovuta all’assenza non giustificata del dipendente, possa costituire un vizio procedurale. Per i lavoratori e i loro rappresentanti, ciò significa che eventuali richieste di rinvio devono essere sempre motivate in modo puntuale e specifico, per non rischiare di indebolire la propria posizione difensiva.

Il datore di lavoro è sempre obbligato a rinviare l’audizione se il lavoratore o il suo rappresentante sono impossibilitati a presenziare?
No. Secondo la Corte, l’obbligo di rinviare l’incontro sorge solo se la richiesta di differimento risponde a un’effettiva esigenza difensiva non altrimenti tutelabile. Una generica comunicazione di indisponibilità, senza specificare le ragioni dell’impedimento, non è sufficiente a creare tale obbligo per il datore di lavoro.

La richiesta di assistenza da parte di uno specifico rappresentante sindacale obbliga il datore di lavoro ad attendere la sua disponibilità?
No, non necessariamente. La Corte ha stabilito che l’indisponibilità del rappresentante sindacale designato, se motivata in modo generico (come “improrogabili impegni precedenti”), non obbliga l’azienda al rinvio. Inoltre, il lavoratore dovrebbe motivare perché solo quella specifica persona può assisterlo e non un altro rappresentante.

Quanto tempo ha il datore di lavoro per contestare un’infrazione disciplinare?
La legge richiede che la contestazione sia “immediata”, ma questo principio va interpretato con ragionevolezza. La Corte ha ritenuto congruo il tempo impiegato dall’azienda per effettuare le necessarie verifiche e raccogliere le prove (nel caso di specie, incrociare schede presenza con ricevute di pedaggi e carburante su un periodo di alcuni mesi), specialmente considerando il rapporto di fiducia che lega l’azienda a un dirigente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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