Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1574 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1574 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14972/2021 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in BORGHETTO INDIRIZZO, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA RAGIONE_SOCIALE COGNOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO GENOVA n. 138/2021, depositata il 15/02/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 6 d.lgs. n. 150/2011, NOME COGNOME proponeva opposizione innanzi al Tribunale di Savona all’ordinanzaingiunzione n. 2017/233 emessa nei suoi confronti dalla Camera di Commercio Riviera di Liguria Imperia La Spezia Savona, per l’importo di € . 6.000,00, per aver egli violato l’art. 10 della legge n. 122/1992, avendo esercitato l’attività di autoriparazione di automezzi d’epoca senza aver presentato denuncia di inizio attività alla CCIAA.
Il Tribunale di Savona respingeva l’opposizione con sentenza n. 1241/2018.
Avverso detta pronuncia NOME COGNOME interponeva gravame innanzi alla Corte d’Appello di Genova che, confermando la pronuncia impugnata, rigettava l’appello così motivando:
l’art. 18 della legge n. 689/1981 non richiede la corrispondenza tra la persona fisica che ha sottoscritto l’ordinanza -giunzione e i funzionari che hanno effettuato l’audizione, essendo tale adempimento espletato da funzionari incardinati nell’organizzazione in cui si articola l’autorità competente alla contestazione, in nessuna parte della norma menzionata prevedendosi che debba trattarsi proprio della persona fisica avente potere di emettere l’ingiunzione;
alla luce della giurisprudenza di legittimità, vi è un rapporto di genere a specie tra la legge n. 241/90 e la legge n. 689/1981: in virtù di quanto disposto da quest’ultima normativa, non sussiste alcuna omessa motivazione, poiché l’ordinanza-ingiunzione opposta
risulta adeguatamente motivata anche solo sulla base del verbale di sequestro del 29.06.2017 e del verbale di accertamento emesso in pari data, sottoscritto dal Cocito: verbali entrambi espressamente richiamati alle prime righe dell’ordinanza. Ciò rende ininfluente il richiamo per relationem della nota n. 8080/200 del Compartimento Polizia Stradale Ligure – Sezione di Savona Squadra di Polizia Giudiziaria di cui l’appellante afferma di non aver neppure avuto visione, posto che detta nota conferma le contestazioni già rese note al COGNOME con i due verbali sopra menzionati;
inconferente è la censura alla sentenza di prime cure: secondo l’appellante, essa si baserebbe su accertamenti in sede penale non ancora conclusi, mentre detta sentenza non fa riferimento al procedimento penale, quanto piuttosto al fatto storico della presenza di notevoli quantità di rifiuti in officina;
-circa la sussistenza dell’attività svolta dal Cocito, deve riconoscersi un univoco significato alla varietà dell’attrezzatura e alla sua importanza, nonché alla rilevante quantità di rifiuti (componenti meccaniche, plastiche di veicoli motori, accumulatori al piombo, pneumatici, 400 litri di olio esausto trovati nei locali): materiali e attrezzature la cui imponenza è incompatibile con una mera attività amatoriale. In ogni caso la legge n. 122/1992 non consente neppure l’attività di riparazione di veicoli propri perché, come riportato anche nell’ordinanza e come si ricava dal tenore dell’art. 1 di detta legge, scopo della normativa in esame è quello di garantire la sicurezza nella circolazione stradale assicurando che i veicoli siano riparati da soggetti qualificati.
Avverso detta sentenza propone ricorso per Cassazione NOME COGNOME affidandosi a tre motivi.
Resiste la Camera di Commercio Riviera di Liguria Imperia la Spezia Savona.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, è doveroso precisare che si prescinderà dal fatto che tutte le doglianze sono state formulate senza riferimento alcuno ai motivi di cui al primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., senza, cioè, rispettare puntualmente il canone della specificità del motivo: ciò nell’osservanza dei principi iura novit curia e di effettività della tutela giurisdizionale (Cass. Sez. U., 2013 n. 17931). Infatti, le censure dedotte con il ricorso sono sufficientemente motivate nell’esposizione delle relative doglianze , sì che le tipologie di violazioni riconducibili ai vizi dell’art. 360 cod. proc. civ. -ancorché non individuati nel riferimento numerico – si evincono chiaramente dal loro distinto svolgimento, rispondendo, nel resto, le stesse alle prescrizioni dell’art. 366, comma 1, cod. proc. civ.
Contrariamente, poi, a quanto sostenuto nel controricorso (p. 8) , non si ravvisano elementi di inammissibilità nell’asserita assenza dell’esposizione sommaria dei fatti, invero esistente nel ricorso (v. pp. 2-4), né nella mancanza di autosufficienza.
Tanto premesso, è ora possibile scrutinare i motivi di ricorso.
Con il primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 18 legge n. 689/81 -Art. 97, commi 2 e 3 Costituzione. Il ricorrente rileva l’erroneità della motivazione laddove non prende in adeguata considerazione l’assenza di delega da parte del funzionario che ha sottoscritto il provvedimento nei confronti dei soggetti che hanno provveduto al l’audizione del contravvenuto .
2.1. Il motivo è infondato.
La Corte territoriale ha correttamente fatto riferimento ad un principio di diritto affermato costantemente da questa Corte in
materia di ordinanze-ingiunzione prefettizie, certamente applicabile, tuttavia, anche nel caso in esame, in quanto costituisce una stessa ipotesi di provvedimento autoritativo direttamente incidente sulla posizione dell’amministrato. L’opponente ad ordinanza-ingiunzione di pagamento di somme a titolo di sanzione amministrativa, il quale ne deduca l’illegittimità per insussistenza della delega, ha l’onere di provare detto fatto negativo; sicché, ove non riesca a procurarsi la pertinente relativa attestazione da parte dell’Amministrazione, il ricorrente è tenuto comunque a sollecitare il giudice ad acquisire informazioni ex art. 213 cod. proc. civ. ovvero ad avvalersi dei poteri istruttori di cui all’art. 23, comma 6, della l. n. 689 del 1981 presso l’Amministrazione medesima, la quale non può esimersi dalla relativa risposta, con l’ulteriore conseguenza che, se l’opponente rimanga del tutto inerte processualmente, come accaduto nel caso di specie, la presunzione di legittimità che assiste il provvedimento sanzionatorio non può reputarsi superata (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 32301 del 21/11/2023, Rv. 669671 -01; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 20972 del 22/08/2018, Rv. 650028 -01; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23073 del 11/11/2016, Rv. 642652 – 02; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11283 del 10/05/2010, Rv. 613103 – 01).
Anche a voler sussumere la censura nel n. 4 dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., qualificandola come error in procedendo, non spiega il ricorrente come sia stato violato il suo diritto di difesa in assenza di espressa delega delle due funzionarie della CCIAA innanzi alle quali si è svolta la richiesta audizione del Cocito le quali, sebbene non coincidenti con la funzionaria firmataria dell’ordinanza -ingiunzione, risultavano comunque nell’organico dell’ente sanzionatore (indicate nell’ordine di servizio n. 7 del 16.11.2016, come precisato in sentenza, p. 8 ultimo capoverso).
Con il secondo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 18, comma 2, legge n. 689/81 -Art. 93, legge n. 241/1990. In contrasto con quanto stabilito dall’art. 3 della legge n. 241/1990 – che in generale ha previsto che tutti gli atti amministrativi devono indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche a base dell’atto stesso sulla base delle risultanze istruttorie -la sentenza impugnata assume, invece, non determinante la circostanza che COGNOME non sia venuto a conoscenza della Nota richiamata solo per relationem nel provvedimento opposto, mai notificata né resa in visione all’incolpato.
3.1. Il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.
Premesso che correttamente la Corte d’Appello ha rapportato l’obbligo di motivazione dell’ ordinanza-ingiunzione alla legge speciale n. 689/1991, e non a quella generale, legge n. 241/1990 (per tutte: Cass. Sez. U. n. 9591/2006), il motivo è infondato.
La Corte d’Appello ha, infatti, rilevato che l’ ordinanzaingiunzione emessa dalla CCIAA poteva dirsi adeguatamente motivata in quanto indicava con chiarezza i presupposti di fatto e di diritto su cui essa si basava (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 16316 del 30/07/2020, Rv. 658790 – 01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8649 del 13/04/2006, Rv. 588589 – 01).
Nell’ordinanza-ingiunzione di una sanzione amministrativa l’autorità pubblica non è tenuta a rispondere analiticamente e diffusamente alle censure avanzate dall’intimato, potendo semplicemente richiamare il verbale di accertamento, a meno che le difese dell’intimato non contengano circostanze o fatti nuovi non indicati nel verbale o rilevanti per la configurabilità della contravvenzione o la sua gravità, nel qual caso la motivazione del provvedimento autoritativo deve, pur sinteticamente, tener conto
delle ulteriori prospettazioni difensive, affinché, in applicazione dei principi del giusto processo, il giudice dell’opposizione possa compiere una valutazione esaustiva dei fatti posti a fondamento della pretesa sanzionatoria ( ex multis : Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8143 del 2024; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20129 del 2022; Cass. Sez. L, Sentenza n. 3128 del 11/02/2010, Rv. 612004 -01; Cass. Sez. L, Sentenza n. 17104 del 22/07/2009, Rv. 610413 – 01).
Nel caso che ci occupa, la Corte territoriale ha ritenuto «ininfluente» la Nota n. 8080/200 (v. sentenza, p. 10 ultimo capoverso) perché la circostanza nuova di cui essa riferisce attiene all’identificazione di tre proprietari dei veicoli rinvenuti nei locali, ma nulla ha a che fare con ulteriori prospettazioni difensive rispetto ai contenuti del verbale di accertamento che possano influire sul diritto di difesa dell’odierno ricorrente.
3.2. Infine, il mezzo si rivela inammissibile perché carente di riferibilità alla ratio decidendi della sentenza impugnata, agli effetti dell’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017, Rv. 645361 – 01), nella parte in cui afferma che a fondamento della decisione di seconde cure vi sia il riferimento ad un procedimento penale non ancora concluso: la Corte territoriale, diversamente da quanto affermato nel mezzo di gravame, ha escluso tale riferimento dalla motivazione del giudice di prime cure, basata piuttosto sul fatto storico della presenza di notevoli quantità di rifiuti nell’officina meccanica del Cocito, a prescindere dal procedimento penale in corso (v. sentenza impugnata p. 11, 2° capoverso).
Con il terzo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 legge n. 122/1992 -Art. 10, D.P.R. n. 558/1999. Il ricorrente lamenta di non aver negato di riparare autovetture, ma
ritiene che tale attività sia meramente amatoriale, né vi è alcun elemento probatorio che comprovi la professionalità e l’organizzazione d’impresa svolta dal Cocito. Errato anche il riferimento al fatto che l’incolpato non potesse neppure riparare mezzi propri, perché in tale eventualità avrebbe dovuto trovare applicazione una diversa normativa.
4.1. Il motivo è inammissibile sotto due diversi profili.
La Corte territoriale ha ritenuto che la varietà dell’attrezzatura reperita nell’officina del Cocito e la sua importanza (come il ponte sollevatore per autovettura) «è incompatibile con una mera attività amatoriale, come lo è la rilevante quantità di rifiuti, componenti meccaniche, plastiche di veicoli, motori, accumulatori al piombo, pneumatici, ed i circa 400 litri di olio esausto trovati nei locali».
L’argomentazione peraltro resa alla luce di quanto già affermato da questa Corte (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28036 del 2011) appare scevra da incongruenze logico-giuridiche: la doglianza, pertanto, si risolve nel contrapporre, alla ricostruzione del fatto prescelta dal giudice di merito, una lettura alternativa del compendio istruttorio, così risolvendosi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione ( ex multis : (Cass. sez. 2, n. 19717 del 17.06.2022; Cass. Sez. 2, n. 21127 dell’08.08.2019 ).
4.2. Inoltre, la censura non attinge la ratio decidendi : la Corte territoriale ha sostenuto che comunque non era consentita all’appellante neanche l’attività di riparazione di veicoli propri, posto che scopo della normativa in esame (che emerge soprattutto dall’art. 1 legge n. 122/1992) è quello di garantire la sicurezza nella circolazione stradale assicurando che i veicoli siano riparati da
soggetti qualificati, tali essendo coloro che abbiano presentato, ai sensi dell’art. 10 DPR n. 558/1999, denuncia di attività e possano per ciò essere censiti e controllati.
Né avverso tale logica interpretazione il ricorrente contrappone adeguata argomentazione, limitandosi a sostenere che l’inammissibilità di riparazione in proprio dei veicoli sarebbe stata soggetta ad altra -ma non precisata – normativa.
5. In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Liquida le spese secondo soccombenza come da dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che liquida in €. 2.800,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 4 luglio 2024.
Il Presidente NOME COGNOME