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Atti interruttivi e prescrizione: la Cassazione decide

Un lavoratore richiedeva il risarcimento del danno per una tardiva riassunzione. La Corte d’Appello aveva dichiarato parte della richiesta prescritta. La Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che il giudice di merito ha errato nel non considerare gli atti interruttivi, come le diffide inviate dal lavoratore, che avrebbero potuto interrompere il decorso della prescrizione. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame che tenga conto di tali documenti decisivi.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Atti interruttivi della Prescrizione: Come Salvare il Diritto al Risarcimento

L’ordinanza in commento della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, offre un’importante lezione sull’importanza degli atti interruttivi nel calcolo della prescrizione, specialmente nelle controversie di lavoro. La Suprema Corte ha chiarito che i giudici di merito hanno il dovere di esaminare tutti i documenti prodotti che potrebbero aver interrotto il decorso del tempo, pena l’annullamento della sentenza. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati.

Il Fatto: Una Lunga Battaglia per il Diritto di Prelazione

La controversia nasce da un accordo sindacale che garantiva a un lavoratore, trasferito a un’altra società, un diritto di prelazione per future assunzioni presso l’azienda originaria. Anni dopo, il lavoratore esercitava tale diritto, ottenendo una sentenza favorevole dalla Corte d’Appello che ne riconosceva il diritto alla riassunzione.

Tuttavia, la vicenda non si concludeva. A seguito di una tardiva e, secondo il lavoratore, non corretta offerta di riassunzione, quest’ultimo avviava un’azione legale per ottenere il risarcimento dei danni subiti per il lungo periodo di attesa. Nel corso di questo nuovo giudizio, la società datrice di lavoro eccepiva la prescrizione decennale di parte delle pretese risarcitorie.

La Decisione dei Giudici di Merito e gli Atti Interruttivi Ignorati

La Corte d’Appello, chiamata a decidere sulla questione, accoglieva parzialmente l’eccezione di prescrizione. I giudici ritenevano che il diritto al risarcimento fosse prescritto per tutto il periodo antecedente di dieci anni dalla notifica della domanda riconvenzionale del lavoratore. Nel fare ciò, tuttavia, la Corte territoriale ometteva di considerare un fatto cruciale: la difesa del lavoratore aveva depositato in giudizio ben dieci diffide, inviate alla società nel corso degli anni, con le quali si richiedeva il risarcimento del danno e che, secondo il ricorrente, costituivano validi atti interruttivi della prescrizione.

Questa omissione è stata il fulcro del ricorso per Cassazione, basato sul vizio di “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

L’Analisi della Corte di Cassazione sugli Atti Interruttivi

La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso del lavoratore, cassando la sentenza e rinviando la causa alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

L’Importanza della Produzione Documentale

La Cassazione ha sottolineato che il lavoratore aveva non solo dedotto, ma anche provato di aver prodotto le diffide in primo grado, depositandole nuovamente nel giudizio di legittimità. Tali documenti, contenenti specifiche richieste di risarcimento del danno per la mancata riassunzione, erano potenzialmente decisivi. Se considerati validi atti interruttivi ai sensi dell’art. 2943 c.c., avrebbero interrotto il corso della prescrizione, rendendo la pretesa risarcitoria valida per un periodo ben più lungo di quello riconosciuto dalla Corte d’Appello.

L’Eccezione di Interruzione è Rilevabile d’Ufficio

Un altro passaggio fondamentale dell’ordinanza riguarda la natura dell’eccezione di interruzione della prescrizione. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato secondo cui tale eccezione è da considerarsi “in senso lato”. Ciò significa che il giudice può rilevarla d’ufficio, basandosi sugli elementi probatori regolarmente acquisiti agli atti, senza che sia necessaria una specifica e formale istanza della parte interessata. Di conseguenza, la Corte d’Appello, avendo a disposizione le diffide prodotte dal lavoratore, avrebbe dovuto valutarle a prescindere, cosa che non ha fatto.

le motivazioni

Le motivazioni della Cassazione sono radicate in un principio fondamentale del diritto processuale: il giudice ha l’obbligo di esaminare tutti i fatti storici, principali o secondari, che siano stati oggetto di discussione tra le parti e che risultino decisivi per la risoluzione della controversia. In questo caso, l’esistenza delle diffide costituiva un “fatto storico” la cui esistenza emergeva dagli atti processuali. La loro potenziale capacità di interrompere la prescrizione li rendeva un elemento “decisivo”. L’averli ignorati ha viziato la sentenza, poiché la decisione sulla prescrizione si è fondata su un quadro probatorio incompleto. La Corte di merito ha erroneamente limitato la sua analisi al solo atto della domanda riconvenzionale, trascurando plurimi altri atti, le diffide appunto, che avrebbero potuto spostare indietro nel tempo il momento da cui far decorrere la prescrizione non ancora maturata.

le conclusioni

La decisione della Suprema Corte ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, riafferma con forza il valore degli atti interruttivi come le diffide, che non possono essere ignorate dal giudice se ritualmente prodotte in giudizio. In secondo luogo, chiarisce che l’omesso esame di tali prove documentali costituisce un vizio grave della sentenza, che ne giustifica l’annullamento. Per il lavoratore, ciò significa che la sua battaglia non è finita: la Corte d’Appello dovrà riesaminare il caso e verificare se le diffide hanno effettivamente interrotto la prescrizione. Se così fosse, il periodo per cui ha diritto al risarcimento potrebbe essere notevolmente ampliato. Questa ordinanza serve da monito sull’importanza di una gestione attenta della documentazione e del decorso del tempo in ogni controversia legale.

Una semplice lettera di diffida può interrompere la prescrizione?
Sì. Secondo la Corte, una diffida contenente una chiara richiesta di adempimento o risarcimento costituisce un atto idoneo a interrompere il corso della prescrizione, e il giudice ha il dovere di valutarla se prodotta in giudizio.

Cosa succede se un giudice non considera un documento decisivo presentato nel processo?
Se un giudice omette di esaminare un fatto storico decisivo la cui esistenza risulta dagli atti, come in questo caso le diffide prodotte, la sentenza è viziata e può essere annullata dalla Corte di Cassazione con rinvio a un nuovo giudice.

Il giudice può dichiarare l’interruzione della prescrizione anche se la parte non lo chiede esplicitamente?
Sì. La Cassazione ha ribadito che l’eccezione di interruzione della prescrizione è un’eccezione “in senso lato”. Questo significa che il giudice può e deve rilevarla d’ufficio sulla base degli elementi probatori acquisiti agli atti, senza necessità di una specifica richiesta della parte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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