Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 34734 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 34734 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16233/2023 R.G. proposto da : REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA, elettivamente domiciliata presso l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata presso l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che l a rappresenta e difende con gli avvocati COGNOME
(CODICE_FISCALE), CRISAFULLI NOME
(CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE -controricorrente-
nonchè contro
ENAS Ente Acque Sardegna
-intimato- avverso SENTENZA di TRIB.SUP. DELLE ACQUE PUBBLICHE n. 87/2023 depositata il 12/5/2023; 8/10/2024
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
1. RAGIONE_SOCIALE impugnava con tre ricorsi dinanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche tre delibere della Giunta regionale della Regione Autonoma Sardegna -nn. 49/10, 49/11 e 49/12 – e i decreti attuativi emessi dal Presidente della Regione -nn. 102, 103 e 104 del 20 novembre 2018 -concernenti l’inserimento delle concessioni rilasciate alla ricorrente nell’elenco delle opere del Sistema idrico multisettoriale regionale, avendo la Regione, in applicazione delle leggi regionali n. 17/2000 e 19/2006 e sul presupposto della raggiunta scadenza delle concessioni di grande derivazione, stabilito il subentro di RAGIONE_SOCIALE) ad Enel Produzione nella loro titolarità, al fine di completare un progetto di riforma del sistema idrico regionale avviato proprio con l’istituzione del gestore unico Enas. Pertanto la Regione aveva deciso di trasferire a quest’ultimo, per effetto degli impugnati provvedimenti, gli impianti strumentali alle concessioni rilasciate ad Enel (le opere facenti parte: del Sistema 2 -Tirso 2° Taloro; del Sistema 6 -sud-orientale 6° Alto Flumendosa Sa Teula;
del Sistema 3 -nord-occidentale 3 b Cighinas-Mannu di Portotorres).
Nei tre ricorsi venivano introdotti cinque motivi, cui faceva seguito ricorso per motivi aggiunti.
Si costituivano, resistendo, sia la Regione sia Enas.
Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, riunite le tre cause e incluso pure il ricorso per motivi aggiunti, con sentenza del 12 maggio 2023 n. 87 accoglieva tutti i ricorsi, annullando gli atti impugnati con compensazione delle spese.
La Regione ha presentato ricorso, sulla base di sette motivi. RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
La causa è stata dapprima inserita nell’adunanza camerale del 9 aprile 2024, e il Procuratore Generale il 12 marzo 2024 ha depositato conclusioni ai sensi dell’articolo 380 -bis.1 c.p.c., chiedendo l’accoglimento del motivo n.4 e dei motivi nn. 6.1 e 6.2. Sia la ricorrente, sia la controricorrente hanno depositato rispettiva memoria il 29 marzo 2024.
Rinviata poi la causa all’udienza camerale dell’8 ottobre 2024, la ricorrente e la controricorrente hanno depositato ulteriore memoria il 27 settembre 2024.
Ragioni della decisione
Prima di illustrare i motivi su cui si fonda il ricorso, è il caso di esporre – in sintesi – le ragioni per cui il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha accolto la prospettazione dell’attuale controricorrente.
3.1 Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche prende le mosse dal rilievo (pagine 7ss. della sentenza) che le deliberazioni regionali impugnate si basano sugli articoli 11 e 30 L.R. n. 19/2006 e 16 L.R. n. 17/2000.
L’articolo 11 L.R. n. 19/2006 -‘ Disposizioni concernenti l’utilizzazione delle risorse idriche ‘ -prevede appunto ‘ il subentro della Regione nella titolarità di tutte le concessioni di acqua pubblica, o dei titoli a derivare comunque denominati in corso in capo ad enti pubblici o partecipazione pubblica che utilizzino o prevedano l’utilizzo delle infrastrutture inserite nel sistema idrico multisettoriale regionale ‘; e l’articolo 30 della stessa legge regionale -‘ Trasferimento di gestione ‘ -, dispone, tra l’altro, che coloro i quali ‘ alla data di entrata in vigore della presente legge gestiscono singoli impianti del sistema idrico multisettoriale regionale cessano nell’attività di gestione a decorrere dall’effettiva operatività del nuovo soggetto gestore delle opere rientranti nel sistema idrico multisettoriale regionale ‘.
A ciò si aggiunge l’articolo 16 L.R. n. 17/2000, che statuisce: ‘ Le concessioni di derivazione idrica in essere, comprese quelle di grande derivazione idroelettrica, che alla data di entrata in vigore della presente legge risultino operanti da più di trent’anni, comunque sia stata definita o ridefinita la scadenza originaria, possono essere esercitate fino alla data di un anno successivo all’entrata in vigore della presente legge e rideterminate solo in seguito alla verifica, da parte dell’autorità concedente ‘.
Precisa il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche che la norma diretta ai titolari delle concessioni di grande derivazione e finalizzata a completare il sistema idrico multisettoriale regionale costituisce legge o norma provvedimento, avendo peraltro ‘carattere di legge solo in senso formale’ per difetto dei requisiti di generalità e innovatività. E in effetti ognuna delle deliberazioni impugnate ha il compito ‘di accertare in base all’art. 16 della l.r. 17/2000 e all’art. 25 del r.d. 1775/1933 l’intervenuta scadenza … del termine della concessione’ in data 9 settembre 2021: quindi,
‘sull’implicito presupposto che l’effetto giuridico è stato prodotto direttamente dalla norma di legge regionale’, ogni deliberazione della Giunta, quale atto amministrativo, si è limitata, ‘in via ricognitiva, a dichiarare la decadenza o scadenza, ope legis , delle concessioni di grandi derivazioni in capo ad Enel … nominativamente indicata come destinataria della norma di legge’. Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ne deduce che Enel, ‘titolare delle concessioni di grande derivazione prorogate ex lege al 31 marzo 2029, è stata coinvolta (formalmente, quale mera destinataria finale) nel procedimento solo a <>, al momento dell’adozione dell’atto conclusivo del procedimento stesso’; e da ciò ritiene che consegua il vaglio, anzitutto, del ‘secondo motivo d’impugnazione, denunciante la violazione dell’art. 7 l. 241/90’, il quale sarebbe ‘fondato’.
3.2 Verrebbe infatti a incidere, per ‘rilievo paradigmatico’, l’orientamento assunto dalla Corte costituzionale, nel senso che le modalità dell’azione amministrativa e dei suoi pregi ‘non possono rimanere confinate nella sfera dei dati di fatto, ma devono poter emergere a livello giuridico-formale, quale limite intrinseco alla scelta legislativa regionale’ (Corte cost. n. 116/2020); pertanto nella sede procedimentale ‘deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela’, a confronto con l’interesse del privato operatore economico e con quello dei singoli cittadini e comunità, pure nella tutela dei principi costituzionali. Il che ‘valorizza assiologicamente’ il ruolo del procedimento amministrativo nell”amministrazione partecipativa’ ex l. 241/1990 ‘quale limite intrinseco alla scelta legislativa sottesa all’adozione di leggi o norme provvedimento’: limite che la Regione qui non avrebbe rispettato.
Il Giudice delle acque ne desume che la decadenza delle concessioni di grande derivazione disposta dall’articolo 16 L.R. n.
17/2000 ‘avrebbe dovuto essere preceduta dalla partecipazione al procedimento della società concessionaria’, considerato d’altronde che, ‘proprio in seno al procedimento amministrativo, nel contraddittorio delle parti, sarebbe stato possibile stabilire l’effettivo ambito di applicazione della disciplina regionale; in che misura si giustificasse l’immediato inserimento delle concessioni di grande derivazione gestite da Enel nell’elenco delle opere del Sistema idrico multisettoriale regionale; se non fosse opportuno graduare nel tempo, di comune accordo, il progressivo subentro di RAGIONE_SOCIALE.
Di qui l’annullamento di tutti gli atti impugnati, oltre all’ulteriore susseguente annullamento per difetto di motivazione.
Vanno a questo punto esaminate le doglianze del ricorso.
4.1.1 Il primo motivo, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 2 e 20 r.d. 1775/1933 nonché 81 c.p.c. in combinato disposto con l’articolo 39 c.p.a., applicabile per il richiamo dell’articolo 208 r.d. 1775/1933.
Si sostiene, con ampie argomentazioni, che, nel proporre il ricorso davanti al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche , Enel ‘non ha esibito i relativi titoli concessori, né i successivi atti che legittimino in capo alla stessa il diritto di esercitare le prerogative riconosciute dalle richiamate concessioni’; quindi il giudice avrebbe dovuto dichiarare il difetto di legittimazione ad causam di Enel, per cui, a questo punto, la sentenza dovrebbe essere cassata senza rinvio.
4.1.2 Il motivo attribuisce a RAGIONE_SOCIALE difetto di legittimazione ad causam : si tratta della riproposizione dell’eccezione avanzata nel controricorso del giudizio dinanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (ricorso, pagina 7). Se è vero, allora, che il Giudice delle acque non se ne è espressamente
occupato, è parimenti vero, tuttavia , che ha definito RAGIONE_SOCIALEtitolare delle concessioni di grande derivazione prorogate ex lege al 31 marzo 2029′ (sentenza, pagina 9; e v. pure pagina 7).
Invero, l’eccezione davanti al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, come richiamata nel ricorso, e il motivo presentato in questa sede sono palesemente generici, tra l’altro non essendo stato dedotto alcun diverso gestore in relazione al quale la normativa regionale -L.R. 17/2000 e L.R. 19/2006 – avrebbe fatto semmai ricadere la revoca della concessione. Al contrario, la stessa attuale ricorrente ha in effetti dichiarato, e quindi riconosciuto, esponendo nell’ambito del successivo secondo motivo con un’ampia e specifica trascrizione il contenuto delle ‘deliberazioni di Giunta impugnate’, che si trattava di ‘concessione rilasciata ad Enel’ (ricorso, pagine 22-23), rimarcando, immediatamente dopo, che sono proprio tali deliberazioni a costituire ‘espressione della scelta politica di fare gestire le acque demaniali da RAGIONE_SOCIALE‘ (ricorso, pagina 23) – e cfr. ad abundantiam quanto viene richiamato a pagina 36 del ricorso, in ordine al contenuto della Determinazione della Regione n. 2448/2022 -.
Il motivo, dunque, è privo di consistenza.
4.2.1 Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.1 c.p.c., violazione degli articoli 116, 117 e 134 Cost., violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 3, primo comma, lettera l), e dell’articolo 4, lettera e), dello Statuto speciale della Sardegna (l.cost. 3/1948), violazione degli articoli 143 r.d. 1775/1933 e 37 c.p.c. in combinato disposto con l’articolo 39 d.lgs. 104/2010 applicabile per il richiamo dell’articolo 208 r.d. 1775/1933.
Il nucleo di questa censura si colloca nel rilievo che il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha annullato tutti i provvedimenti impugnati pur avendo riconosciuto che ‘l’organo esecutivo
regionale <<s'è limitato/a, in via ricognitiva, a dichiarare la decadenza o scadenza, ope legis , delle concessioni di grandi derivazioni in capo ad Enel', e altresì che il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha accolto il motivo denunciante violazione dell'articolo 7 l. 241/1990 'sulla base dell'assunto che le leggi regionali, avendo natura di leggi provvedimento, possono essere disattese e, conseguentemente, non hanno carattere vincolante sul contenuto dei provvedimenti impugnati'.
Il TSAP , 'pur essendosi avveduto che l'effetto giuridico dei provvedimenti impugnati è stato prodotto direttamente dalla norma di legge regionale ', qualificate le leggi regionali coinvolte come leggi provvedimento, ne annulla gli effetti vincolanti e perciò 'fa venire meno la preclusione di annullamento degli atti impugnati ai sensi dell'articolo 21 octies l. 241/1990'. In tal modo, però, oltre a violare le leggi regionali, ad avviso della parte ricorrente, il Tribunale avrebbe violato pure gli articoli 134 Cost. (per cui è la Consulta a giudicare le controversie relative alla legittimità costituzionale della legge e degli atti con forza di legge), 143 r.d. 1775/1933 (che riconosce al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche la cognizione relativa a provvedimenti definitivi delle amministrazioni in materia di acque pubbliche), 37 c.p.c. (per cui il difetto della giurisdizione del giudice ordinario nei confronti del giudice amministrativo o dei giudici speciali può considerarsi nei giudizi di impugnazione solo se oggetto di specifico motivo), 116 Cost. (che riconosce alla Regione Sardegna una speciale autonomia), 117 Cost. (che attribuisce la potestà legislativa a Stato e Regioni), 3 e 4 dello Statuto Speciale della Sardegna (per cui la Regione ha potestà legislativa, tra l'altro, quanto all'esercizio dei propri diritti demaniali sulle acque pubbliche nonché sulla produzione e distribuzione della energia elettrica).
D'altronde, il Giudice delle leggi -sostiene ancora la ricorrente ha sempre riconosciuto non contrarie in sé alla Costituzione le leggi provvedimento, da valutarsi quanto alla loro legittimità costituzionale rispetto allo specifico contenuto 'essenzialmente sotto i profili della non arbitrarietà e della non irragionevolezza della scelta del legislatore'(cfr. in particolare Corte Cost. 116/2020). Quindi il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche si sarebbe arrogato di valutare quel che avrebbe potuto valutare solamente la Consulta.
4.2.2 Il terzo motivo, ex articolo 360, primo comma, nn.1 e 4 c.p.c., denuncia violazione dell'articolo 7, primo comma, d.lgs. 104/2010 in combinato disposto con gli articoli 34 e 37 l. cost. 3/1948, violazione e falsa applicazione dell'articolo 16 L.R. 17/2000, degli articoli 1, 3, primo comma, lettera c), 11, 18 e 30 L.R. 19/2006 e dell'articolo 25 r.d. 1775/1933.
Si afferma che le deliberazioni nn. 49/10, 49/11 e 49/12 del 9 ottobre 2018 avrebbero 'dato mera esecuzione alle scelte effettuate dal legislatore sardo sull'uso dei beni demaniali', e sarebbero pertanto 'espressione della scelta politica di fare gestire le acque demaniali da un ente strumentale della Regione, l'ENAS, sotto il controllo e la pianificazione della Regione e dell'Autorità di Bacino', per una serie di fini correlati alla loro natura di 'bene pubblico primario'. Trattandosi dunque di atti soggettivamente e oggettivamente politici, essi sarebbero insindacabili.
Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche avrebbe, pertanto, violato l'articolo 7, primo comma, l.104/2010 -' Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico ' -, applicando il quale avrebbe dovuto dichiarare l'inammissibilità dei ricorsi avverso le deliberazioni in oggetto.
4.2.3 Il secondo motivo e il terzo motivo possono essere valutati congiuntamente.
In sintesi, il Giudice delle acque, annullando i provvedimenti impugnati che si erano limitati, 'in via ricognitiva, a dichiarare la decadenza o scadenza, ope legis , delle concessioni di grandi derivazioni in capo ad Enel' in base all''implicito presupposto che l'effetto giuridico è stato prodotto direttamente dalla norma di legge regionale' (sentenza, pagina 9), sarebbe giunto a disapplicare le leggi regionali stesse (si veda, in particolare, la conclusione del secondo motivo, a pagina 21 del ricorso), non tenendo conto dello strettissimo collegamento di tali provvedimenti con le scelte legislative della Regione Sardegna, al punto di farne 'mera esecuzione' di queste scelte (si veda, ancora, l' incipit del terzo motivo, a pagina 21 del ricorso 'Le Deliberazioni della Giunta Regionale n. 49/10, 49/11 e 49/12 del 9 ottobre 2018 hanno dato mera esecuzione alle scelte effettuate dal legislatore sardo sull'uso dei beni demaniali' – e a pagina 23 del ricorso, terzo motivo ove si afferma che dette deliberazioni 'sono espressioni della scelta politica di fare gestire le acque demaniali da un ente strumentale della Regione, l'ENAS, sotto il controllo e la pianificazione della Regione e dell'Autorità di Bacino…' -).
Il Giudice delle acque avrebbe, peraltro, 'spostato a monte' il suo esame, 'ritenendo di poter vagliare la natura di leggi provvedimento delle leggi regionali n. 17 del 5 settembre 2000 e n. 19 del 6 dicembre 2006 e conseguentemente disapplicarne e/o annullarne gli effetti giuridici di cui le deliberazioni di Giunta e i decreti del Presidente della Regione erano mera applicazione' (così a pagina 20, secondo motivo), in tal modo violando anche norme costituzionali come gli articoli 134, 116, 117 Cost. e gli articoli 3 e 4 dello Statuto speciale per la Sardegna (legge cost. n. 3/1948).
I due motivi, allora, risultano infondati, in quanto il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche non è pervenuto ad accogliere il ricorso di Enel per una pretesa illegittimità costituzionale delle leggi regionali applicate che si sarebbe riflessa sui provvedimenti attuativi. In realtà, apertis verbis , ha individuato come violazione di legge, cioè dell'articolo 7 l. 241/1990 – si vedano le pagine 10 ss. della sentenza -, il mancato inserimento proprio nel procedimento amministrativo del 'contraddittorio delle parti', perché se vi fosse stato questo 'sarebbe stato possibile stabilire l'effettivo ambito d'applicazione della disciplina regionale', rispetto a ciò avendo poi qualificato 'emblematico' per 'difetto di motivazione dell'atto impugnato' l'ulteriore, accolto ricorso per motivi aggiunti.
4.3.1 Il quarto motivo denuncia, in riferimento all'articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 3, secondo e terzo comma, 13 e 21 octies l.7 agosto 1990 n. 241.
4.3.2 L'articolo 21 octies l. 241/1990 al secondo comma prevede la non annullabilità per violazione di norme procedurali o di forma del provvedimento di natura vincolata e parimenti la non annullabilità del provvedimento amministrativo per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso: ' Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato … '.
Nel caso in esame, lo stesso Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche avrebbe riconosciuto che i provvedimenti impugnati erano stati adottati ope legis , sicché non potevano essere annullati per violazione delle norme procedimentali e/o della mancata comunicazione dell'avvio del procedimento, visto il dettato dell'articolo 16 L.R. 17/2000, statuente ' la decadenza delle concessioni di grande derivazione ' dopo un anno dall'entrata in vigore di tale legge (pubblicata il 9 settembre 2000). Tuttavia il Giudice delle acque non sarebbe stato coerente, in sostanza disapplicando una normativa che non ha però ritenuto incostituzionale – così precisamente si esprime la ricorrente per censurarlo: 'Se la sentenza impugnata non avesse sostanzialmente <> la legge regionale qualificandola legge provvedimento, nel giudicare il merito della vicenda non si sarebbe potuta discostare da quanto nella stessa legge disposto, salvo sollevare la questione di legittimità costituzionale’ -.
Si invoca la conseguente giurisprudenza del Consiglio di Stato per cui, laddove il ‘riesercizio del potere’ non potesse comunque attribuire all’interessato il bene della vita richiesto, l’atto amministrativo non sarebbe annullabile, in quanto i vizi formali non potrebbero incidere sulla sua legittimità sostanziale, rimarcando altresì che, coerentemente, il giudice amministrativo apicale ha pure riconosciuto che le norme relative alla partecipazione al procedimento amministrativo di cui agli articoli 7 ss. l. 241/1990 non vanno interpretate in modo formalistico, nel senso che debba annullarsi ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, in quanto la comunicazione risulta superflua se ‘l’interessato è venuto comunque a conoscenza di vicende che, per la loro natura, conducono necessariamente all’adozione di provvedimenti obbligati’ (Cons. Stato, sez. V, 9 aprile 2013 n.
1950); d’altronde, ‘non può essere inficiato da nullità un procedimento amministrativo che abbia comunque raggiunto lo scopo cui tende l’avviso di avvio del procedimento medesimo’ (S.U. 13 marzo 2009 n. 6066).
4.3.3 La sentenza impugnata avrebbe violato pure l’articolo 13, primo comma, l. 241/1990, statuente che le disposizioni relative alla partecipazione al procedimento amministrativo ‘ non si applicano nei confronti dell’autorità della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione ‘: e le deliberazioni che sono state impugnate da Enel sarebbero proprio ‘atti politici generali, di pianificazione e programmazione dell’uso delle acque’. Ciò nonostante, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ‘ha annullato le deliberazioni dell’organo esecutivo sardo proprio per violazione dell’art. 7 l. 241/1990, ovvero per mancata comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti’, violando così pure l’articolo 13 della stessa legge.
La ricorrente richiama S.U. 24 febbraio 2011 n. 4450, non massimata, conforme a S.U. 24 febbraio 2011 n. 4448, quest’ultima enunciante nella massima il medesimo principio per cui l’emissione di un atto generale non deve ‘essere preceduta dall’invio ai concessionari interessati dell’avviso di avvio del procedimento’; e altresì invoca giurisprudenza amministrativa che ha assunto la stessa interpretazione, per cui l’articolo 13 ‘esclude l’applicazione delle precedenti disposizioni in tema di partecipazione … tra le quali l’art. 7’ (così, tra gli altri arresti, Cons. Stato, sez. IV, 8 settembre 2015 n. 4163).
4.3.4.1 Questo ampio quarto motivo si fonda, prima ancora naturalmente – che sulla giurisprudenza amministrativa e quella di queste Sezioni Unite pur correttamente invocata, sull ‘articolo 21 octies , secondo comma, l. 241/1990: ‘ Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato … ‘.
Nel caso in questione, lo stesso Giudice delle acque, come segnalato dalla ricorrente, nella sua sentenza – a pagina 9 ammette, dopo avere qualificato la normativa applicata ‘come legge o norma provvedimento’, quanto segue:
‘Ciascuna delle deliberazioni della Giunta regionale impugnate espressamente … s’è assunta il compito: <> di grande derivazione Enel.
Sicché, sull’implicito presupposto che l’effetto giuridico è stato prodotto direttamente dalla norma di legge regionale, l’atto amministrativo (recte: la singola deliberazione della Giunta) s’è limitato/a, in via ricognitiva, a dichiarare la decadenza o scadenza, ope legis , delle concessioni di grandi derivazioni in capo ad Enel’.
4.3.4.2 Quindi, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha espressamente affermato che i provvedimenti impugnati sono stati adottati ope legis ; e da questo non può non evincersi che li ha
qualificati come appartenenti alla specie per la quale, sine dubio per quanto sopra evidenziato, la mancata applicazione dell’articolo 7 l. 241/1990 per nulla sprigiona effetti di annullabilità ai sensi dell’articolo 21 octies , secondo comma, l. 241/1990.
Ciò in quanto, trattandosi di un atto vincolato e ricognitivo della portata della legge provvedimento, la scelta della soluzione maggiormente confacente alla cura dell’interesse pubblico, in quanto attratta a livello legislativo, era già stata predeterminata e prefissata. Non c’era più spazio, per effetto dell’ eventuale intervento partecipativo degli interessati, per un provvedimento diverso.
Ne discende la fondatezza del quarto motivo, assorbendo ogni altro profilo dello stesso e tutti i motivi successivi, come ora si vedrà riassumendoli.
4.4 Il quinto motivo denuncia, in relazione all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli articoli 822 ss. c.c., 3, lettera l), 4, lettera e), 14, primo comma, legge cost. 26 febbraio 1948 n. 3 ‘Statuto speciale per la Sardegna’ -, e della L.R. Sardegna 6 dicembre 2006 n. 19.
Nella sentenza impugnata, sub 8, si osserva che ‘ in seno al procedimento amministrativo, nel contraddittorio delle parti, sarebbe stato possibile stabilire l’effettivo ambito d’applicazione della disciplina regionale; in che misura si giustificasse l’immediato inserimento delle concessioni di grande derivazione gestite da Enel nell’elenco delle opere del Sistema idrico multisettoriale regionale; se non fosse opportuno graduare nel tempo, di comune accordo, il progressivo subentro di Enas nell’assetto produttivo di Enel… ‘. Pertanto il Consiglio Regionale Sardo, ovvero l’organo legislativo regionale, avrebbe dovuto far partecipare la concessionaria ‘al procedimento legislativo sulla scelta dell’uso delle risorse idriche
demaniali, il cui uso pubblico (artt. 822 e ss. c.c.) costituisce la regola, rispetto all’eccezionale attribuzione in concessione ai privati’ (cfr. S.U. 27 maggio 2009 n. 12251).
La giurisprudenza di queste Sezioni Unite però, nella disciplina positiva dei beni pubblici le cui linee fondamentali risiedono ancora nel codice civile (articoli 822-831 c.c.), segnala il rilievo della loro tripartizione – beni demaniali, beni patrimoniali indispensabili e beni patrimoniali disponibili -, osservando che ‘il connotato della <> esprime una duplice appartenenza, alla collettività ed al suo ente esponenziale, dovendosi intendere la titolarità in senso stretto come appartenenza di servizio’ per la realizzazione delle ‘varie forme di godimento e di uso pubblico nel bene’ (così S.U. 14 febbraio 2011 n. 3665).
Nel caso in esame, la gestione diretta della Regione Sardegna delle opere e dell’acqua in questione mediante il proprio ente strumentale RAGIONE_SOCIALE avrebbe proprio lo scopo ‘di garantire forme di godimento e di uso pubblico del bene ‘ ai sensi della L.R. n. 19/2006, scopo che RAGIONE_SOCIALE non potrebbe espletare, al contrario attuando ‘una conseguente sostanziale sdemanializzazione e un uso privato’. D’altronde ‘l’inciso’ della sentenza sub 7.6 riguardo al ruolo di Enel contrasterebbe con la legge, cui i giudici sono soggetti: e quindi con gli articoli 16 L.R. n. 17/2000, 1 L.R. n. 19/2006, 14, primo comma, lettera l) e 4, lettera e), dello Statuto speciale per la Sardegna.
4.5 A questo punto il ricorso richiama i motivi aggiunti proposti da Enel, i primi notificati il 28 luglio 2022 e i secondi notificati il 15 dicembre 2022, per farne oggetto del sesto motivo – denunciato come violazione del combinato disposto degli articoli 156 e 176 r.d. 1775/1993 in relazione all’articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c. -, cui fanno seguito due ulteriori submotivi (6.1 e 6.2).
4.5.1 In relazione, allora, al sesto motivo -presentato sub 6 -, la ricorrente lamenta che il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, ‘pronunciandosi in modo approssimativo’, ha accolto solo uno dei motivi aggiunti, benché per entrambi l’attuale ricorrente avesse eccepito che RAGIONE_SOCIALEnon aveva depositato, cinque giorni prima del termine assegnato alla controparte per comparire (art. 156 RD 1775/1933), unitamente al ricorso, i documenti necessari per supportare la propria domanda di illegittimità del provvedimento amministrativo impugnato’.
L’articolo 176 r.d. 1775/1933 stabilisce: ‘ Se il ricorrente non deposita il ricorso e i documenti a norma e i termini dell’art. 156, la citazione si ha come non avvenuta, salvi tutti gli altri effetti del ricorso ‘. Quindi avrebbe errato il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ritenendo implicitamente validi i motivi aggiunti.
4.5.2 La successiva censura, rubricata ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c. come violazione/falsa applicazione degli articoli 39, 43, 63 e 64 c.p.a. applicabili in forza dell’articolo 208 r.d. 1775/1993 ai ricorsi di cui all’articolo 143 r.d. cit., sostiene che i motivi aggiunti erano comunque inammissibili perché proposti avverso provvedimenti nient’affatto connessi con l’oggetto del giudizio instaurato dal ricorso principale; e l’articolo 43 c.p.a., in particolare, dispone che come motivi aggiunti si possono introdurre soltanto ‘ nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte, ovvero domande nuove purché connesse a quelle già proposte ‘.
4.5.4 L’ultimo submotivo denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, nn. 1 e 4 c.p.c., violazione degli articoli 37 c.p.c. e 143 r.d. 1775/1933.
Il Giudice delle acque, ex articolo 143, primo comma, r.d. 1775/1933, può pronunciarsi solamente sulla legittimità, e non
anche sulla opportunità degli atti, mentre nel caso in esame sarebbe stata valutata anche l’opportunità laddove si afferma che ‘l’intervento strutturale progettato sull’impianto idroelettrico denominato Cucchinadorza potrà determinare un beneficio ad Enas, e indirettamente alla Regione’.
In tal modo il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche sarebbe pure incorso nella violazione dell’articolo 37 c.p.c. ‘per avere invaso la giurisdizione di merito della pubblica amministrazione’.
4.6 Il settimo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., violazione/falsa applicazione dell’articolo 195 r.d. 1775/1933, prevedente non l’inefficacia e/o l’illegittimità temporanea degli atti impugnati, bensì la sospensione dell’esecuzione di essi.
L’ordinanza cautelare, in sintesi, non si sarebbe pronunciata sul fumus boni iuris , e ‘avrebbe irrimediabilmente pregiudicato l’esito del giudizio, non tanto su un piano giuridico, quanto per le ripercussioni economiche’.
4.7 La sintesi di queste ulteriori doglianze, come già anticipato, è quanto mai sufficiente per consentire di intendere che il vizio della sentenza impugnata fondatamente denunciato dal quarto motivo del ricorso le assorbe in piena misura, conducendo pertanto -rigettati i primi tre motivi come si è visto – il suo accoglimento alla cassazione della sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese, al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.
P.Q.M.
Rigetta i primi tre motivi del ricorso e accoglie il quarto, assorbiti gli altri, cassa per quanto di ragione la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese processuali, al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.
Così deciso in Roma in data 8 ottobre 2024