Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3640 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3640 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3549-2019 proposto da:
CASA RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO CASA RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente – avverso la SENTENZA N. 29/2018 della CORTE D ‘ APPELLO DI CAGLIARI, depositata il 14/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/1/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.1. Il tribunale di Cagliari, con sentenza del 7/2/2018, ha ritenuto l ‘ inammissibilità del concordato preventivo ‘ meramente liquidatorio ‘ che la RAGIONE_SOCIALEa seguito della definitiva revoca del fallimento già
dichiarato a suo carico dal medesimo tribunale con sentenza del 2009) aveva domandato con ricorso del 15/2.30/6/2017 e modificato con memoria integrativa del 16/11/2017, e, su istanza del pubblico ministero del 4/11/2016, ha nuovamente dichiarato il suo fallimento.
1.2. La RAGIONE_SOCIALE ha proposto reclamo che l a corte d’appello, con la pronuncia in epigrafe, ha rigettato.
1.3. La RAGIONE_SOCIALE con ricorso notificato (lunedì) 14/1/2019, ha chiesto, per quattordici motivi, la cassazione della sentenza, notificata, come da relazione in atti, in data 14/12/2018.
1.4. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
1.5. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la società ricorrente, lamentando l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che le modifiche apportate dalla società istante con la memoria integrativa avevano introdotto, in ragione dell ‘ entità e della novità delle stesse, variazioni sostanziali alla proposta e al piano senza essere munite di alcuna attestazione, omettendo, tuttavia, di considerare che: – può ritenersi sostanziale soltanto la modifica che renda il quadro informativo già fornito dall ‘ attestatore non più sufficiente per un ‘ adeguata valutazione della proposta; – un più accorto riconoscimento dei valori del passivo ovvero una più prudente stima dei valori dell ‘ attivo ovvero ancora l ‘ inserimento di una garanzia fornita da terzi non richiedono, di conseguenza, un nuovo intervento dell ‘ attestatore.
2.2. Con il secondo motivo, la società ricorrente, lamentando l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che le modifiche apportate dalla società istante con la memoria integrativa avevano introdotto, in ragione dell ‘ entità e della novità delle stesse, variazioni sostanziali alla proposta senza essere munite di alcuna attestazione, omettendo, tuttavia, di considerare che: – hanno carattere sostanziale soltanto le modifiche al piano che incidono sulla realizzabilità dello stesso in relazione ai tempi e alle modalità della proposta; – le modifiche apportate dalla società istante, di conseguenza, non avendo inciso sulla sostenibilità del piano, non potevano essere ritenute di natura sostanziale; l ‘ effetto sull ‘ attivo concordatario derivante dallo stralcio della partecipazione in RAGIONE_SOCIALE e dalla riduzione del valore della partecipazione in RAGIONE_SOCIALE è stato, infatti, compensato dalle riduzioni del passivo conseguenti all ‘ esito favorevole di due cause pendenti con l ‘ INPS e l ‘ INAIL e alla transazione intervenuta con gli avvocati COGNOME e COGNOME
2.3. Con il terzo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell ‘ art. 116 c.p.c. e dell ‘ art. 2645 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che le modifiche apportate dalla società istante con la memoria integrativa avessero natura sostanziale in ragione della garanzia aggiuntiva offerta da terzi a mezzo della costituzione di un vincolo di destinazione su un complesso immobiliare di sua proprietà ai sensi dell ‘ art. 2645 c.c., senza, tuttavia, considerare che: – in realtà, la garanzia si è fermata alla fase della mera prospettazione ed è rimasta, pertanto,
giuridicamente inesistente e, come tale, non suscettibile di essere attestata; – tale ulteriore garanzia, del resto, pur avendo svolto un ruolo decisivo nella determinazione del contenuto della sentenza impugnata, costituisce un fatto che non ha costituito oggetto di alcun esame da parte dell ‘ attestatore, il quale, infatti, ha attestato la fattibilità del piano a prescindere dall ‘ effettivo valore delle garanzie aggiuntive.
2.4. Con il quarto motivo, la società ricorrente, lamentando l ‘ omesso esame di elementi decisivi per il giudizio, in relazione all ‘ art. 360 n. n. 3 e n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha condiviso le critiche svolte dal tribunale in merito al valore che la società istante aveva attribuito al suo patrimonio immobiliare, senza, tuttavia, considerare che, come dedotto dalla stessa nel ricorso per l ‘ ammissione al concordato preventivo, anche in ipotesi di realizzo minimo delle vendite, sarebbe stata comunque assicurata la fattibilità del concordato e il soddisfacimento del ceto chirografario in misura superiore rispetto a quella minima di legge.
2.5. Con il quinto motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 147 del d.P.R. n. 115/2002, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello, ai fini della determinazione del valore della partecipazione che la società istante ha nel capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto che l ‘ azione di rimborso delle spese di procedura indebitamente sostenute dalla stessa durante il precedente fallimento, poi revocato, presenterebbe profili di aleatorietà nell ‘ an e nel quantum tali che i valori indicati non possono essere appostati quale risorsa attiva da destinare ai creditori, omettendo, tuttavia, di considerare che, a norma dell ‘ art. 147
cit., in caso di revoca del fallimento, le spese di procedura e il compenso del curatore, ove la dichiarazione di fallimento non sia conseguenza né di un comportamento colposo del creditore, né del comportamento del debitore, sia da porsi a carico dell ‘ Erario, a nulla, per contro, rilevando i tempi necessari per la conclusione dell ‘ azione e per l ‘ acquisizione effettiva di somme da distribuire ai creditori nell ‘ arco di tempo dell ‘ esecuzione del concordato preventivo.
2.6. Con il sesto motivo, la società ricorrente, lamentando l ‘ omesso esame di fatti e documenti decisivi, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello, ai fini della determinazione del valore della partecipazione che la società istante ha nel capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto di dare rilievo al contenzioso pendente tra quest ‘ ultima e il Ministero dello sviluppo economico, senza, tuttavia, considerare la garanzia rilasciata in favore della società partecipata da parte di tre suoi ex soci per i debiti sociali, compresi quelli eventualmente maturati nei confronti del Ministero, maturati per fatti o atti riconducibili al periodo anteriore alla cessione delle partecipazioni sociali in favore della società istante, che vanta, dunque, in caso di soccombenza, un corrispondente diritto di rivalsa nei confronti dei tre garanti.
2.7. Con il settimo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 160, comma 4°, 162 e 172 l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello, ai fini della determinazione del valore della partecipazione che la società istante ha nel capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto che la stima dei relativi immobili era stata fondata su scelte di programmazione urbanistica della
pubblica amministrazione e non poteva essere quindi verosimile e veritiera, in tal modo svolgendo, senza però averne le competenze necessarie, un ‘ attività propria del commissario giudiziale e dei suoi coadiutori, tanto più che la valutazione di tali beni, operata nel 2010 sulla base degli stessi criteri poi utilizzati dal tecnici di parte nel 2017, non era stata oggetto di alcun rilievo da parte del tribunale.
2.8. Con l ‘ ottavo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 116 e 277 c.p.c. e dell ‘ art. 2935 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che il valore della partecipazione della società istante nel capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE doveva essere azzerato in ragione dei debiti esistenti nei confronti di terzi senza, tuttavia, considerare che tali debiti, in realtà, sono del tutto insussistenti in quanto prescritti ed in ogni caso rinunciati.
2.9. Con il nono motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 116 e 277 c.p.c. e dell ‘ art. 2935 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello, al fine di determinare la consistenza dell ‘ attivo e del passivo della società istante, ha omesso di considerare l ‘ esito favorevole, emergente dalla documentazione prodotta in giudizio, del contenzioso radicato innanzi alla corte d ‘ appello di Cagliari dall ‘ INPS e dall ‘ INAIL, definito con sentenza del 2011, incontestatamente passata in giudicato, che ha determinato una consistente riduzione del debito privilegiato e di quello chirografario.
2.10. Con il decimo motivo, la società ricorrente, lamentando l ‘ omesso valutazione della richiesta di risarcimento
in ordine ai maggiori oneri gravanti sulla stessa per la modifica dell ‘ art. 2752 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che, a seguito dell ‘ entrata in vigore dell ‘ art. 23, commi 37 e 40, del d.l. n. 98/2011, i crediti erariali per imposte dirette e sanzioni tributarie inerenti a tali imposte erano assistiti da privilegio, senza, tuttavia, considerare che la società aveva presentato la proposta di concordato già nel mese di gennaio del 2008 e che, se non fosse stata illegittimamente dichiarata fallita con la sentenza del 2009 poi revocata, avrebbe ragionevolmente ottenuto l ‘ omologazione del concordato all ‘ epoca proposto prima dell ‘ entrata in vigore della predetta normativa, con la conseguente necessità di riconoscere alla stessa un diritto risarcitorio corrispondente alla ricaduta pregiudizievole conseguentemente arrecata al complessivo assetto del concordato.
2.11. Con l ‘ undicesimo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 147 del d.P.R. n. 115/2002, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha completamente omesso di pronunciarsi sulle censure che la reclamante aveva puntualmente svolto avverso la decisione con la quale il tribunale aveva erroneamente e contraddittoriamente ritenuto di azzerare la voce dell ‘ attivo concernente i proventi delle azioni di recupero proposte dall ‘ istante nei confronti dell ‘ Erario per i costi indebitamente sostenuti dalla stessa in conseguenza della procedura fallimentare revocata.
2.12. Con il dodicesimo motivo, la società ricorrente, lamentando l ‘ omesso esame della richiesta di risarcimento dei maggiori oneri gravanti sulla stessa a titolo di ICI e di IMU, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza
impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha conteggiato nel passivo della proponente i debiti per ICI, IMU e TASI maturati nel corso delle pregresse procedure di concordato e di fallimento, senza, tuttavia, considerare, quale voce dell ‘ attivo, il corrispondente diritto al risarcimento dei danni conseguenti al fatto che, se il fallimento del 2009 non fosse stato illegittimamente dichiarato e gli immobili in questione fossero stati ceduti in esecuzione del piano concordatario del 2008/2009, le predette imposte non sarebbero maturate.
2.13. Con il tredicesimo motivo, la società ricorrente, lamentando l ‘ omesso esame della richiesta di risarcimento dei maggiori oneri gravanti sulla stessa a titolo di interessi passivi, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha conteggiato nel passivo della proponente gli interessi maturati sui debiti nel corso della pregressa procedura di fallimento, senza, tuttavia, riconoscere, quale voce dell ‘ attivo, la corrispondente pretesa risarcitoria nei confronti dell ‘ Erario quale soggetto responsabile per l ‘ illegittima dichiarazione di fallimento.
2.14. Con il quattordicesimo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione dell ‘ art. 160, comma 4°, l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha illegittimamente esercitato il suo potere di sindacato sulla fattibilità giuridica del concordato, senza considerare che, in realtà, la proposta di concordato può essere dichiarata inammissibile solo in caso di manifesta inettitudine del piano, vale a dire quando la proposta di concordato appaia totalmente implausibile al punto da non meritare di essere sottoposta alla valutazione di convenienza dei creditori.
2.15. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili.
2.16. La società ricorrente, invero, come già in sede di reclamo, non si è confrontata realmente con le pronunce che ha impugnato (cfr. la sentenza della corte d ‘ appello, p. 21 ss.): le quali, invero, come evidenziato dal Fallimento (v. il controricorso, p. 7 e p. 14, e la memoria, p. 2 e p. 16), al di là dei rilievi svolti sulle modifiche apportate al piano con la memoria integrativa e sulla loro effettiva natura, hanno, in sostanza, rispettivamente, affermato: -la ‘ palese inadeguatezza delle attestazioni del professionista … a fornire una corretta informazione ai creditori, tale da impedire loro la regolare formazione della volontà di voto e la cosciente valutazione della proposta ‘ ; – il corretto esercizio ad opera del tribunale del sindacato che gli compete in ordine alla ‘ completezza della attestazione ‘ del professionista, vale a dire la verifica, in base alle informazioni oggettivamente ed imparzialmente fornite dalla stessa circa la veridicità di dati aziendali e l ‘ adeguatezza del piano a realizzare, attraverso la liquidazione dei beni offerti (v. la sentenza impugnata, p. 9), la soddisfazione programmata, dell ” idoneità del valore dei beni a soddisfare prognosticamente la percentuale di legge ‘ di almeno il 20% dell ‘ ammontare complessivo dei crediti chirografari e, dunque, di un requisito di ammissibilità della proposta costituito dall a ‘ fattibilità giuridica’ del concordato.
2.17. La corte d’appello, in particolare, condividendo la statuizione già assunta sul punto dal tribunale (e rimasta, nella sostanza, incensurata), ha ritenuto (p. 30-31), con una valutazione critica che ha riguardato (non, come sostenuto dalla reclamante, la ‘ stima ‘ come tale ma) il ‘ metodo di stima ‘ (e cioè la ‘ necessaria specificità dei criteri di stima adottati,
affinché dalla relazione emergesse un valore il più possibile certo di realizzo ‘), che ‘ il valore attribuito agli immobili ‘ dalla società istante e dichiaratamente condiviso dall’attestatore era ‘slegato da criteri oggettivi e valutabili ‘ e non poteva, dunque, ‘ consentire ai creditori di formare un convincimento serio e fondato sul reale valore del compendio immobiliare e sulle prospettive di liquidazione in sede concorsuale ‘ (‘ condizione indispensabile perché i creditori potessero essere in grado di effettuare una prognosi attendibile sulla potenzialità della parte più ingente del patrimonio della debitrice e quindi di esprimere una determinazione in ordine al concordato informata e consapevole ‘) .
2.18. Tali statuizioni, rimaste prive di censura tanto in sede di reclamo nei confronti della sentenza del tribunale (‘ la reclamante, sorvolando su tale aspetto della decisione impugnata ‘ ), quanto nel ricorso per cassazione avverso la sentenza della corte d ‘ appello, sono giuridicamente corrette e di per sé idonee a fondare la declaratoria d ‘ inammissibilità del concordato.
2.19. Questa Corte, infatti, ha ritenuto che, in tema di concordato preventivo, nel valutare l ‘ ammissibilità della domanda, il tribunale (al pari, evidentemente, della corte d ‘ appello in sede di reclamo), se non può controllare direttamente la regolarità e l ‘ attendibilità delle scritture contabili del proponente, deve nondimeno svolgere, in sede di ammissione, di revoca ovvero di omologazione, un sindacato sulla corretta predisposizione dell ‘ attestazione del professionista designato ai sensi dell ‘ art. 161, comma 2°, l.fall., in termini di completezza dei dati aziendali e di comprensibilità dei criteri di giudizio adottati, rientrando tale attività nella verifica della regolarità della procedura indispensabile per garantire la
corretta formazione del consenso dei creditori (Cass. n. 5653 del 2019).
2.20. Si tratta, in effetti, di una valutazione, da compiere tanto in sede di revoca quanto in sede di ammissione o omologazione del concordato, che, se non consente di procedere direttamente al controllo della regolarità ed attendibilità delle scritture contabili, impone nondimeno di verificare la completezza dei dati aziendali e la comprensibilit à̀ dei criteri di giudizio attestati nella relazione redatta dal professionista designato ai sensi dell ‘ art. 161, comma 2°, l.fall., in modo tale da assicurare la rispondenza di tale atto alla finalità cui è preordinato, consistente nel fornire una corretta informazione ai creditori, ai fini dell ‘ espressione di un voto libero e consapevole in sede di approvazione della proposta avanzata dal debitore (cfr. Cass. n. 5825 del 2018; Cass. n. 7959 del 2017; Cass. n. 2130 del 2014).
2.21. Le modifiche normative introdotte dal d.lgs. n. 169/2007, infatti, accentuando la natura contrattuale del concordato preventivo, hanno riservato ai creditori la valutazione del merito della proposta avanzata dal debitore, ovverosia della convenienza e della probabilità di successo economico del piano, restringendo l ‘ ambito del sindacato spettante al tribunale alla c.d. fattibilit à̀ giuridica, da intendersi come compatibilità della proposta con le norme inderogabili e con la causa concreta dell ‘ accordo, avente come finalità il superamento della situazione di crisi dell ‘ imprenditore, da un lato, e l ‘ assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, dall ‘ altro (cfr. Cass. SU n. 1521 del 2013; Cass. n. 15345 del 2014; Cass. n. n. 21901 del 2013; Cass. n. 11014 del 2013).
2.22. Resta, nondimeno, la necessità che il giudice, al fine di garantire la corretta formazione del consenso dei creditori, verifichi la sussistenza degli elementi necessari ‘ a far sì che la relazione allegata alla domanda di ammissione al concordato ‘ sia ‘ effettivamente riconducibile al tipo prefigurato dal legislatore, dunque, aggiornata e recante l’illustrazione delle verifiche effettuate, della metodologia e dei criteri seguiti ‘ (Cass. n. 5653 del 2019, in motiv.), verificando, in particolare, se l ‘ attestazione del professionista abbia effettivamente indicato i criteri di valutazione seguiti nel condividere i valori immobiliari riportati in una perizia di parte, allegata alla domanda, ovvero se, al contrario, si sia limitata, come nel caso in esame, a recepirne acriticamente le risultanze (Cass. n. 5825 del 2018, che ha cassato la sentenza con la quale la corte d’appello, senza svolgere sul punto alcuna contraria e pertinente valutazione, aveva revocato il fallimento di una società che il tribunale aveva invece dichiarato sul rilievo che il concordato proposto dalla stessa era inammissibile per un vizio di attestazione del professionista, il quale, senza indicare i criteri di valutazione seguiti nel condividere i valori immobiliari riportati in una perizia di parte, allegata alla domanda, si era limitato a recepirne acriticamente le risultanze).
2.23. La corte d’appello si è senz’altro attenuta ai principi espressi: lì dove, in particolare, ha ritenuto (come aveva già fatto il tribunale a mezzo di statuizione non contestata dalla reclamante) che l’attestazione del professionista, per le carenze nella stessa contenute , era palesemente inadeguata ‘ a fornire una corretta informazione ai creditori ‘ ed era, dunque, ‘ tale da impedire loro la regolare formazione della volontà di voto e la cosciente valutazione della proposta ‘ : e, sulla base di tale statuizione, parimenti rimasta (come detto) incensurata, ha
concluso (in perfetta aderenza a quanto sostenuto dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui ‘ il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall’ attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti ‘: Cass. SU n. 1521 del 2013) che la proposta di concordato era, in ragione delle segnalate carenze, a partire da quelle relative al ‘ valore attribuito agli immobili ‘ offerti, giuridicamente inammissibile (cfr. Cass. n. 495 del 2015, in motiv.).
Il ricorso, per l ‘ inammissibilità di tutti i suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale dev ‘ essere dichiarato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l ‘ inammissibilità del ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al Fallimento controricorrente le spese di lite, che liquida in €. 9.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso delle spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della
sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di Consiglio della Prima