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Assunzione società in house: no a chiamata diretta

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’assunzione presso una società in house, anche per le categorie protette come gli orfani di caduti sul lavoro, non può avvenire tramite chiamata diretta nominativa. Tale procedura è riservata esclusivamente alle Pubbliche Amministrazioni. Le società a partecipazione pubblica, pur essendo tenute al rispetto del collocamento obbligatorio, devono seguire le procedure di reclutamento che garantiscano trasparenza e selezione, come previsto da normative specifiche. La richiesta di assunzione diretta è stata quindi respinta.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Assunzione Società In House: la Cassazione Nega la Chiamata Diretta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale in materia di assunzione società in house per le categorie protette. La Suprema Corte ha stabilito che, a differenza di quanto avviene per le Pubbliche Amministrazioni, queste società non sono tenute a procedere con la ‘chiamata diretta nominativa’, anche quando il richiedente è un orfano di un caduto sul lavoro. Questa decisione delinea nettamente i confini normativi tra l’impiego pubblico tradizionale e quello nelle società a controllo pubblico.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Assunzione e i Rigetti

Il caso ha origine dalla richiesta di un uomo, orfano di un lavoratore deceduto in servizio, di essere assunto da una società per azioni a totale partecipazione pubblica che gestisce il servizio idrico. L’uomo aveva presentato diverse istanze di assunzione nominativa diretta, basando la sua pretesa sulla normativa prevista per le vittime del dovere e categorie equiparate.
Il suo percorso legale è stato complesso: inizialmente si è rivolto al TAR, che ha declinato la propria giurisdizione. Successivamente, sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno rigettato la sua domanda, sostenendo che la normativa sulla chiamata diretta non fosse applicabile alla società convenuta. La controversia è infine giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’Assunzione Società in House e la Questione Giuridica

Il nodo centrale della questione era stabilire se l’obbligo di assunzione tramite chiamata diretta nominativa, previsto dall’art. 35, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 per le “amministrazioni pubbliche, aziende ed enti pubblici”, potesse essere esteso anche alle società in house. Il ricorrente sosteneva di sì, richiamando una sentenza della Corte Costituzionale che, in un contesto differente, aveva incluso le società a totale partecipazione pubblica nel perimetro degli enti tenuti a rispettare norme di derivazione pubblica. La società, invece, sosteneva di essere soggetta alle regole del diritto privato per i rapporti di lavoro e a specifiche norme sul reclutamento del personale che impongono procedure selettive.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo una chiara interpretazione del quadro normativo. I giudici hanno spiegato che il rapporto di lavoro con le società a controllo pubblico è, in linea di principio, disciplinato dal codice civile e dalle leggi sul lavoro privato, salvo deroghe specifiche.

La Differenza tra Pubblica Amministrazione e Società In House

La Corte ha sottolineato che, sebbene le società in house debbano rispettare principi di trasparenza e imparzialità nel reclutamento del personale (come imposto dall’art. 18 del D.L. 112/2008, applicabile al periodo dei fatti), non sono equiparabili in tutto e per tutto alle Pubbliche Amministrazioni. La norma sulla chiamata diretta nominativa (art. 35, D.Lgs. 165/2001) non viene mai richiamata dalla legislazione speciale sulle società partecipate. Pertanto, essa costituisce un’eccezione non estensibile a soggetti diversi da quelli espressamente indicati.

La Normativa Applicabile: Legge 68/1999 e non D.Lgs. 165/2001

La Suprema Corte ha chiarito che la normativa corretta da applicare al caso di specie è la regolamentazione generale sul collocamento obbligatorio, ossia la Legge n. 68 del 1999. Tale legge si applica a tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, e quindi anche alle società in house. Tuttavia, essa prevede procedure specifiche (richiesta di avviamento agli uffici competenti o stipula di convenzioni) che sono diverse dalla chiamata diretta nominativa invocata dal ricorrente. Poiché il ricorrente non aveva attivato questa procedura, ma aveva avanzato una richiesta autonoma e diretta alla società, la sua pretesa è stata giudicata infondata.

Le Conclusioni: Il Principio di Diritto

In conclusione, la Cassazione ha enunciato un importante principio di diritto: alle società in house, nel periodo di vigenza dell’art. 18 del D.L. 112/2008, non si applica la norma sulla chiamata diretta nominativa prevista dall’art. 35, comma 2, del D.Lgs. 165/2001. Per le assunzioni obbligatorie, queste società devono invece seguire le procedure previste dall’art. 7 della Legge n. 68 del 1999. La sentenza ribadisce che le società a partecipazione pubblica, pur perseguendo finalità di interesse generale, mantengono una distinta natura giuridica che le sottrae all’applicazione integrale dello statuto del pubblico impiego, inclusi gli istituti eccezionali come la chiamata diretta.

Le società in house sono obbligate ad assumere le categorie protette tramite chiamata diretta nominativa?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la procedura di chiamata diretta nominativa è riservata alle pubbliche amministrazioni, aziende ed enti pubblici indicati dall’art. 35, comma 2, del D.Lgs. 165/2001. Le società in house non rientrano in questa categoria.

Quale normativa regola il collocamento obbligatorio per le società a partecipazione pubblica?
La normativa applicabile è la Legge n. 68 del 1999, che disciplina il diritto al lavoro dei disabili e di altre categorie protette. Questa legge si applica sia ai datori di lavoro pubblici che a quelli privati, incluse le società in house, e prevede specifiche procedure di avviamento al lavoro che non coincidono con la chiamata diretta.

È possibile chiedere un risarcimento per perdita di chance se una società in house non procede con l’assunzione diretta?
No. Poiché non esiste un diritto del ricorrente all’assunzione tramite chiamata diretta da parte della società in house, viene meno il presupposto per qualsiasi richiesta di risarcimento, inclusa quella per perdita di chance. La domanda è stata ritenuta infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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