Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12080 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12080 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: TRICOMI IRENE
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19110/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale- contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia PEC:
EMAIL
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI PERUGIA n. 49/2021 depositata il 03/03/2021, RG 107/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Perugia, con la sentenza n. 49 del 2021, ha accertato la sussistenza tra le parti di più rapporti di lavoro subordinato con inquadramento al livello sesto del CCNL servizi ambientali nei periodi come indicati nel dispositivo della sentenza 49/2021; ha condannato la datrice di lavoro al pagamento delle retribuzioni spettanti in ordine ai suddetti periodi di lavoro come precisato nel dispositivo della sentenza 49/2021; ha dichiarato la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 1° dicembre 2016, e il diritto della lavoratrice alla riammissione in servizio con inquadramento al livello sesto del CCNL servizi ambientali; ha condannato la datrice di lavoro al pagamento di un importo pari alla retribuzione che la lavoratrice avrebbe dovuto percepire dal 25 luglio 2017, come precisato nel dispositivo della sentenza 49/2021.
Il giudice di appello ha dichiarato inammissibile la domanda della lavoratrice di condanna della datrice di lavoro al risarcimento dei danni per omessa o irregolare contribuzione e ha respinto o dichiarato assorbita ogni altra domanda.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre RAGIONE_SOCIALE prospettando tre motivi di ricorso.
Resiste la lavoratrice con controricorso e ricorso incidentale articolato in quattro motivi, assistiti da memoria.
La ricorrente ha proposto controricorso al ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 61 e 69 del d.lgs. n. 276 del 2003 (art. 360, n.3, cpc).
È contestata la statuizione che ha ritenuto sussistere la mancanza di progetto. Come indicato da essa ricorrente nella memoria del 15 febbraio 2021, che è richiamata, sussisteva la specificità del progetto e non vi erano ulteriori specificazioni da effettuare. Né si poteva ritenere sussistente l’elemento della subordinazione in violazione delle disposizioni contrattuali.
1.1 Il motivo è inammissibile in quanto mira a sindacare l’accertamento di merito con cui la Corte di appello ha riscontrato in fatto la mancanza del progetto.
La Corte territoriale ha valutato le risultanze di causa alla luce della normativa menzionata, compiendo un accertamento di merito, non sindacabile nella presente sede, in esito al quale ha ritenuto che non vi fossero i requisiti che soli avrebbero potuto giustificare la stipula dei contratti oggetto di lite.
In presenza di questo complessivo accertamento di fatto, deve ritenersi l’inammissibilità della contestazione di parte ricorrente, che è finalizzata a rimettere in discussione delle valutazioni di merito.
In ragione delle specifiche statuizioni contenute in sentenza sono pertanto prive di fondamento le doglianze della ricorrente principale perché non si confrontano minimamente con il percorso decisionale del giudice d’appello che è coerente con disposti normativi e principi del diritto vivente.
Con il secondo motivo di ricorso è prospettato il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, n. 5, cpc). La Corte d’Appello non avrebbe considerato che nel rapporto di co.co.co era esistente uno specifico progetto.
2.1. Il motivo è inammissibile in quanto esula dal paradigma del vizio dedotto.
L ‘ ‘omesso esame’ va riferito ad ‘un fatto decisivo per il giudizio’ ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a ‘questioni’ o ‘argomentazioni’ che, pertanto, risultano irrilev anti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (si v., ex multis , Cass., n. 2268 del 2022).
Rimangono, pertanto, estranee al vizio previsto dall’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., le censure, che come quelle articolate dalla ricorrente, che nella sostanza sono volte a criticare il ‘convincimento’ che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116, commi 1 e 2, cod. proc. civ., in esito all ‘ esame del materiale probatorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova.
La deduzione del vizio di cui all ‘ art. 360, n. 5, cod. proc. civ., non consente, quindi, di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito.
Con il terzo motivo di ricorso principale la sentenza d’appello è censurata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 del d.lgs. n. 175 del 2016, dell’art. 35 del d.lgs. 165 del 2001, dell’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, dell’art. 97, Cost., e dell’art.1 della legge n. 241 del 1990 (art. 360, n.3, cpc).
Gli artt. 61 e 69 del d.lgs. n. 276 del 2003, che impongono la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato, non sarebbero applicabili alla specie, atteso che essa ricorrente è società a capitale interamente pubblico, come già riconosciuto da Cass., n. 12421 del 2021, per cui non può operare la trasformazione.
3.1. Il motivo è fondato e va accolto, avendo erroneamente la Corte d’Appello dichiarato la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indetermino tra le parti.
Questa Corte ha già affermato (Cass., n. 12421 del 2021), con riguardo alla società ricorrente, che per le società ‘ in house ‘, in particolare, per quanto qui interessa, di enti pubblici locali, sussiste il divieto di assunzione a tempo indeterminato in assenza di procedura concorsuale. Deve infatti evidenziarsi che il divieto di assunzione senza pubblico concorso (o procedura ad evidenza pubblica) di cui alle norme invocate sussiste anche nei casi di accertamento giudiziale della nullità di contratti a termine con connesso ripristino del rapporto di lavoro a tempo indeterminato nei confronti di aziende municipalizzate o società a totale partecipazione pubblica.
I successivi contratti di lavoro a tempo determinato hanno avuto inizio a luglio 2010 (s. v. sentenza di appello pagg. 8 e 9, 13, 14, 15); risulta poi incontestato che la società ricorrente abbia natura di società c.d. in house di enti locali.
La stessa è dunque assoggettata, ratione temporis , alla disciplina del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. in l. n. 133 del 2008, nel testo risultante dalle modifiche apportate dalla l. n. 102 del 2009 di conversione del d.l. n. 78 del 2009. A riguardo questa Corte ha avuto occasione di statuire che (Cass., n. 21378 del 2018, n. 1224 del 2024) in tema di società cd. ” in house “, il reclutamento del personale, a seguito dell’entrata in vigore del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. in l. n. 133 del 2008, nel testo risultante dalle
modifiche apportate dalla l. n. 102 del 2009 di conversione del d.l. n. 78 del 2009, avviene secondo i criteri stabiliti dall ‘ art. 35 del d.lgs. n. 165 del 2001, che impongono l ‘ esperimento di procedure concorsuali o selettive, sicché la violazione di tali disposizioni, aventi carattere imperativo, impedisce la conversione dei rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato.
Con il primo motivo del ricorso incidentale la sentenza di appello è censurata per non aver accolto la domanda di riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a far data dal primo contratto intercorso tra le parti.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale è prospettata la violazione degli artt. 112 e 414, cpc, in relazione all’art. 360, n.1, 4 e 5, cpc.
La ricorrente deduce che, come emerge dagli atti di causa, aveva agito in giudizio per chiedere il riconoscimento di un unico rapporto di lavoro con riguardo a tutti i rapporti lavoratori per cui è causa.
5.1. I suddetti motivi del ricorso incidentale, che devono essere trattati insieme in ragione della loro connessione, sono infondati per le ragioni poste a fondamento dell’ accoglimento del terzo motivo di ricorso principale.
Con il terzo motivo del ricorso incidentale è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1284, comma 4, cc, in relazione all’art. 360, n.3, cpc.
La Corte d’Appello ha affermato che non si ritiene applicabile alla fattispecie l’ipotesi di cui all’art 1284, quarto comma c.c., trattandosi di una materia (crediti di lavoro) nella quale la misura ‘legale’ degli interessi è direttamente stabilita dalla l egge (art. 429, comma terzo, c.c.).
Assume la ricorrente che erroneamente la Corte d’Appello ha affermato che nella materia del lavoro la disciplina degli interessi legali discende direttamente dalla legge.
6.1. Il motivo non è fondato, in ragione di quanto già affermato dalle Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 12449 del 7 maggio 2024, richiamate da Cass. n. 12974 del 2024) che hanno escluso che l’art. 429, c.p.c., contenga un rinvio all’art. 1284 c.c. nella sua interezza, tale da includere anche il quarto comma.
Con il quarto motivo del ricorso incidentale, la lavoratrice illustra il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 2115, comma 2, 2116 e 2818, cc, nonché, in ipotesi, art. 2, comma 26, legge 335 del 1995, art. 360, n.3, cpc.
La ricorrente censura il mancato riconoscimento del risarcimento del danno per omessa, irregolare contribuzione, nella misura da accertare in separato giudizio.
La Corte d’Appello ha dichiarato l’ inammissibilità della domanda di condanna dell ‘ appellata al risarcimento dei danni per omessa o irregolare contribuzione, avuto riguardo alla genericità della stessa, formulata solo nelle conclusioni degli atti introduttivi di primo e secondo grado e senza alcun sostegno argomentativo.
Assume la ricorrente che sussisterebbe l’interesse a tale condanna, sia pure in forma generica, e che quindi la stessa ben poteva agire per fare accertare l’inadempienza contributiva.
7.1. Il motivo è fondato e va accolto in ragione dei principi già affermati da questa Corte (Cass., n. 11730 del 2024, n. 455 del 2025, n. 7212 del 2024), secondo cui la legittimazione processuale ad agire per l’accertamento dell’obbligo contributivo del lavoratore va ritenuta non alternativa a quella dell’ente previdenziale, ma autonoma rispetto ad essa, in considerazione dell’attualità del pregiudizio che per il mancato incremento dell’anzianità contributiva utile a pensione si determina direttamente nella sfera giuridica del
lavoratore. Svolgendosi esclusivamente sul piano del rapporto contrattuale, l’azione è rivolta ad accertare soltanto la debenza dei contributi previdenziali correlati a determinate poste retributive ed anche la potenzialità dell’omissione contributiva a p rovocare danno.
È ammessa la condanna generica al risarcimento del danno futuro da omissione contributiva, anche quando non siano verificati tutti i requisiti per il conseguimento della prestazione; si richiama, in proposito, Cass. n. 1179 del 2015, che ha affermato che l ‘ omissione della contribuzione produce un duplice pregiudizio patrimoniale a carico del prestatore di lavoro, consistente, da un lato, dalla perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale pensionistica, che si verifica al momento in cui il lavoratore raggiunge l ‘ età pensionabile, e, dall’altro, dalla necessità di costituire la provvista necessaria ad ottenere un beneficio economico corrispondente alla pensione, attraverso una previdenza sostitutiva, eventualmente pagando quanto occorre a costituire la rendita di cui all ‘ art. 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338. Ne consegue che le situazioni giuridiche soggettive di cui può essere titolare il lavoratore, nei confronti del datore di lavoro, consistono, una volta raggiunta l’età pensionabile, nella perdita totale o parziale della pensione che dà luogo al danno risarcibile ex art. 2116 cod. civ., mentre, prima del raggiungimento dell’età pensionabile e del compimento della prescrizione del diritto ai contributi, nel danno da irregolarità contributiva, a fronte del quale il lavoratore può esperire un’azione di condanna generica al risarcimento del danno ex art. 2116 cod. civ., ovvero di mero accertamento dell’omissione contributiva quale comportamento potenzialmente dannoso.
Di talché l’azione proposta dalla ricorrente è stata erroneamente ritenuta non ammissibile dalla Corte d’Appello.
In sintesi, la Corte accoglie il terzo motivo del ricorso principale. Inammissibili il primo e il secondo motivo del ricorso
principale. Accoglie il quarto motivo del ricorso incidentale. Rigetta gli altri motivi del ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione.
Non sussistono le condizioni di legge per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso principale. Inammissibili il primo e il secondo motivo del ricorso principale. Accoglie il quarto motivo del ricorso incidentale. Rigetta gli altri motivi del ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Sezione