Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 35140 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 35140 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20885/2022 r.g., proposto da
COGNOME NOME , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 1183/2022 pubblicata in data 22/03/2022, n.r.g. 509/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 13/11/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.- NOME COGNOME era stato dipendente dirigente di RAGIONE_SOCIALE, poi confluita in RAGIONE_SOCIALE, assunto con lettera del 26/01/2009 e decorrenza dall’01/02/2009 fino al 18/04/2017, quando la società, richiamando la sentenza n. 18619/2016 del Tribunale penale di Roma, gli aveva comunicato la nullità del contratto di lavoro ai sensi dell’art. 1418 c.c. o, in
OGGETTO:
dirigente di società a capitale pubblico -assunzione in esecuzione di un reato accertato con sentenza penale -conseguenze invalidanti sul contratto di lavoro
alternativa, la sua annullabilità per errore o dolo e, in via ulteriormente gradata, l’impossibilità di proseguire il rapporto di lavoro.
Il COGNOME impugnava la predetta missiva ritenendola un licenziamento ed invocava il ripristino del rapporto di lavoro, con condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate, o in subordine la tutela risarcitoria ai sensi dell’art. 1338 c.c. per aver la società taciuto l’esistenza di vizi invalidanti del contratto di lavoro. In ulteriore subordine chiedeva l’accertamento dell’ingiustificatezza del licenziamento e la condanna della società al pagamento dell’indennità supplementare, oltre al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso.
2.- Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale rigettava tutte le domande.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame interposto dal COGNOME.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
non è contestato che l’appellante sia stato assunto a ‘chiamata diretta’ senza il previo esperimento di procedure di selezione o di verifica dei titoli per l’assunzione, in violazione degli artt. 10 all. A, r.d. n. 148/1931, 18 L. n. 133/2008 e 35 d.lgs. n. 165/2001;
la sentenza del Tribunale penale di Roma ha riconosciuto l’amministratore delegato e il direttore del personale della società responsabili di abuso d’ufficio continuato in concorso fra loro;
a nulla rileva la riforma di tale sentenza da parte della Corte d’Appello di Roma perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, stante la modifica dell’art. 323 c.p. apportata dall’art. 23 L. n. 120/2020, avendo comunque la Corte confermato la ricostruzione fattuale della vicenda da parte del Tribunale, come si evince dalla pag. 17 della sentenza d’appello;
ai sensi delle norme sopra indicate, si intende aderire all’insegnamento della Corte Suprema di Cassazione, secondo cui con l’art. 18 cit. il legislatore ha inteso estendere alle società a partecipazione pubblica aventi ad oggetto la gestione del servizio pubblico locale le procedure concorsuali e selettive previste per l’assunzione alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, la cui
omissione determina la nullità del contratto di lavoro ai sensi dell’art. 1418 c.c., come espressamente prevista poi dall’art. 19, co. 4, d.lgs. n. 175/2016, che non ha portata innovativa, ma solo ricognitiva di una conseguenza già prima desumibile dal sistema (Cass. n. 3621/2018; Cass. n. 3662/2019; Cass. n. 2358/2022);
dunque va escluso che l’omesso esperimento delle procedure concorsuali o selettive possa generare solo responsabilità contabile a carico dei dirigenti delle società partecipate, posto che l’individuazione del contraente con modalità difformi da quelle imposte dalla legge si traduce nella mancanza in capo al contraente dei requisiti soggettivi necessari per l’assunzione;
in tal senso va richiamata la giurisprudenza di legittimità circa il rapporto fra procedura concorsuale ex art. 35 d.lgs. n. 165/201 e contratto di lavoro (Cass. n. 3621/2018);
si tratta dunque di norme imperative, la cui violazione dà luogo a nullità del contratto;
neppure è condivisibile la tesi dell’appellante, secondo cui tale norma imperativa non avrebbe operatività immediata, bensì differita all’adozione, da parte del Governo, dei regolamenti previsti dall’art. 23 bis, co. 10, lett. a), d.l. n. 112/2008, atteso che tale norma si limita a investire il Governo di una specifica potestà normativa regolamentare, senza incidere sull’immediata precettività della norma primaria (Cass. n. 3662/2019);
infondato è anche il motivo di gravame relativo alla domanda subordinata fondata sull’art. 1338 c.c., atteso che la natura imperativa delle norme di legge violate è tale da presumersi in modo assoluto la loro conoscenza in capo ad entrambi i contraenti (Cass. n. 10156/2016).
4.- Avverso tale sentenza NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
5.- RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
6.- Il ricorrente ha depositato memoria.
7.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazion e e falsa applicazione’ degli artt. 1418 c.c., 18, co. 1, e 23 bis, co. 10, d.l. n. 112/2008 (conv. in L. n. 133/2008) per avere la Corte territoriale escluso che i regolamenti governativi cui rinviava l’art. 23 bis cit. condizionassero l’operatività della norma di cui all’art. 18 cit. Il motivo è infondato.
Questa Corte ha già affermato che l’art. 23 bis c. 10 lett. a), d. I. n. 112/2008, conv. con mod. dalla L. n. 133/2008, introdotto dall’art. 1 della legge di conversione n. 133 cit., nel testo applicabile ratione temporis , si limita a riservare al Governo l’emanazione di uno o più regolamenti, ai sensi dell’articolo 17, co. 2, della legge n. 400/1988, al fine di prevedere “l’osservanza da parte delle società in house e delle società a partecipazione mista pubblica e privata di procedure ad evidenza pubblica per l’acquisto di beni e servizi e l’assunzione di personale” e non deroga affatto alla immediata operatività nei confronti delle società a totale partecipazione pubblica, che gestiscono servizi pubblici locali, dei criteri stabiliti in tema di reclutamento del personale dall’art. 35, co. 3, d.lgs. n. 165/2001 (Cass. n. 3662/2019). Da tale interpretazione non vi è ragione di discostarsi.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 1418 c.c. e 18, co. 1, d.l. n. 112/2008 (conv. in L. n. 133/2008) per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto nullo il contratto di lavoro stipulato in violazione dell’art. 18 cit.
Il motivo è infondato alla luce della ricordata giurisprudenza di questa Corte, che riconosce nell’art. 18 cit. una norma imperativa, la cui violazione dà quindi luogo alla nullità c.d. virtuale.
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 1418 c.c., 18, co. 1, d.l. n. 112/2008 (conv. in L. n. 133/2008) e 19, co. 2 e 4, d.lgs. n. 176/2015 per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto quest’ultima norma non innovativa, ma solo confermativa di una conseguenza già desumibile in precedenza dal sistema.
Il motivo è infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte citata ed esattamente applicata dai giudici d’appello.
4.Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 1338 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto erroneamente che egli fosse consapevole della nullità del contratto.
Il motivo è infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte citata ed esattamente applicata dai giudici d’appello, secondo cui quando la norma è imperativa, si presume in via assoluta la sua conoscenza da parte di tutti i consociati e, quindi, da entrambi i contraenti. Ciò esclude che l’un contraente possa fare affidamento sulla validità del contratto solo perché l’altro abbia in ipotesi taciuto la causa di nullità. Mancando un affidamento da tutelare, l’art. 1338 c.c. diviene inapplicabile.
5.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto del valore della controversia.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in