Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33829 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33829 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
1.Il Tribunale di Catania, in accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME (elettricista assunto con contratti a tempo determinato dal 2001 al 2009 alle dipendenze del Teatro Stabile di Catania), ha dichiarato il diritto del medesimo all’assunzione a tempo indeterminato dal 2011 ed ha condannato l’ Ente Teatro di rilevante interesse culturale stabile della Città di Catania anche al risarcimento del danno, nella misura di dodici mensilità.
Il COGNOME aveva dedotto di essere titolare del diritto di precedenza nell’assunzione a tempo indeterminato con decorrenza dal 2009, in forza dell’accordo sindacale del 9 /12/28 maggio 2008, in quanto vantava una maggiore anzianità di servizio sia rispetto a NOME COGNOME assunto nel 2010, sia rispetto a NOME COGNOME assunto nel 2009; aveva inoltre precisato che con comunicazione del 22.6.2009 era stata stabilita la sua assunzione nel 2011.
La Corte di Appello di Catania, in accoglimento dell’appello principale proposto avverso tale sentenza dall’ Ente Teatro di rilevante interesse culturale stabile della Città di Catania, ha rigettato le domande proposte da NOME COGNOME.
La Corte territoriale ha escluso la tardività dell’eccezione di nullità delle previsioni pattizie su cui il COGNOME aveva fondato le sue domande, in quanto tale eccezione era stata sollevata dalla difesa del Teatro nel giudizio di primo grado nelle note conclusionali del 6.5.2016 ed era stata disattesa dal primo giudice; ha inoltre precisato che la nullità del contratto per contrasto con norme imperative è rilevabile d’ufficio.
Il giudice di appello ha osservato che l’ Ente Teatro di rilevante interesse culturale stabile della Città di Catania è un ente pubblico non economico, in
quanto è stato fondato da enti territoriali (Comune e Città Metropolitana di Catania e Regione Sicilia, soci necessari), è destinatario di finanziamento pubblico, anche statale, per il perseguimento di finalità culturali, ed è soggetto al controllo degli enti fondatori, ed ha pertanto ritenuto che le assunzioni di personale debbano avvenire a mezzo di procedure selettive o tramite avviamento da parte degli uffici di collocamento ai sensi degli artt. 35 e 36 d.lgs. n. 165/2001.
H a inoltre precisato che ai sensi dell’art. 49 della legge regionale siciliana n. 15/2004 (in vigore da epoca antecedente alla stipula del contratto integrativo invocato dal COGNOME) le procedure selettive pubbliche sono obbligatorie anche per enti, associazioni ed aziende private soggetti al controllo e alla vigilanza della Regione o degli altri enti pubblici territoriali.
Ha inoltre escluso l’applicabilità della legge n. 8/79, abrogata dall’art. 39 del d.l. n. 112/2008, conv. dalla legge n. 133/2008, rimarcando in ogni caso che prevedeva l’assunzione obbligatoria tramite l’ufficio speciale di collocamento dei lavoratori dello spettacolo.
Ha pertanto ritenuto la nullità per contrasto con norme imperative delle previsioni contrattuali collettive invocate dal COGNOME, ed in particolare dell’accordo del 9 -1228 maggio 2008, nella parte in cui ha previsto l’assunzione diretta a tempo indeterminato di 13 lavoratori, tra cui il COGNOME, da parte dell ‘Ente Teatro di rilevante interesse culturale stabile della Città di Catania tra il 2009 e il 2012.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da memoria.
L’Ente Teatro di rilevante interesse culturale stabile della Città di Catania ha resistito con controricorso.
NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
DIRITTO
Con il primo motivo il ricorso denuncia violazione dell’art. 13, comma 2, D.M . n. 479/1999, nonché dell’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 12 delle preleggi, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che l’Ente
Teatro di rilevante interesse culturale stabile della Città di Catania abbia natura di ente pubblico.
Deduce che in conformità alle previsioni contenute nell’art. 13 del D.M. n. 470/1999, il suddetto ente costituisce un’associazione non riconosciuta di diritto privato, come si desume dagli artt. 1 e 7 dello Statuto.
Richiamata la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, che ai fini della giurisdizione del giudice amministrativo in materia di procedure concorsuali per l’assunzione di personale ha ritenuto essenziale la riconducibilità dell’atto o del comport amento all’esercizio di pubblici poteri, evidenzia che nel caso di specie tali poteri sono insussistenti.
Aggiunge che le disposizioni contenute nella legge n. 196/2009 (peraltro successive all’accordo sindacale del 2008) sono state dettate ai fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica e non hanno pertanto alcuna valenza ai fini della disciplina dell’instaurazione dei rapporti di lavoro.
Assume che l’art. 49 della legge regionale Sicilia non si riferisce a soggetti privati, trovando applicazione solo nei confronti di enti pubblici; precisa che la regolamentazione dei contratti e dei rapporti di lavoro dal punto di vista intersoggettivo attiene alla materia dell’ordinamento civile, nella quale può legiferare solo lo Stato.
Aggiunge che una decisione contraria al contenuto dell’art. 1 del CCNL del 2005 e all’art. 21 del regolamento organico del Teatro, su cui il COGNOME aveva fondato le sue domande, comporterebbe una limitazione degli effetti dei suddetti atti ed investirebbe la questione della regolamentazione del rapporto di lavoro ed in particolare delle modalità di applicazione di detti negozi ai singoli rapporti.
Argomenta che l’art. 35 lett.b) del d.lgs. n. 165/2001 richiama le norme sul collocamento per l ‘assunzione di personale con la qualifica di operaio, per la quale non è richiesto un titolo di studio superiore a quello della scuola dell’obbligo.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia la violazione dell’art.1 legge n. 8/1979, erroneamente ritenuto inapplicabile dalla Corte territoriale.
Evidenzia che l’art. 1 della legge n. 8/1979 per gli enti ed istituzioni aventi personalità giuridica pubblica o privata ammette l’assunzione con richiesta nominativa per il personale tecnico del settore dello spettacolo.
Precisa tale legge è stata abrogata dalla legge n. 133 del 6.8.2008 ed era pertanto vigente all’ epoca dell’accordo sindacale del 28 maggio 2008.
Con il terzo motivo il ricorso denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte territoriale omesso di esaminare le domande con cui il COGNOME ha denunciato la violazione del diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo determinato e a tempo indeterminato per le stagioni 2009/2010 e 2010/2011 ed ha chiesto il risarcimento del danno, e per avere omesso la pronuncia sulla richiesta di mezzi istr uttori e sull’appello incidentale.
Sostiene che il diritto di precedenza del COGNOME nelle assunzioni a tempo determinato doveva essere affermato anche ove si fosse sostenuta la natura pubblica dell’ente Teatro ; evidenzia che l’art. 49, comma 3 della legge regionale 15/2004 prevede il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo determinato.
Precisa che il COGNOME era iscritto dal 1992 presso l’ufficio speciale del collocamento lavoratori dello spettacolo di Palermo e dal 1996 presso quello di Roma, e che dopo avere lavorato nella stagione 2008/2009 aveva manifestato la volontà di esercitare il diritto di precedenza ed aveva a tal fine articolato mezzi istruttori.
Deduce l’inapplicabilità ratione temporis della legge regionale n. 49/2004, in quanto il rapporto di lavoro tra le parti era sorto nel 1999.
I primi due motivi, che vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono inammissibili.
La Corte territoriale ha rigettato la domanda del COGNOME volta ad ottenere il riconoscimento del suo diritto di precedenza nell’assunzione a decorrere dal 2009 per contrasto delle previsioni contrattuali collettive dal medesimo invocate, ed in particolare dell’accordo del 9-12-28 maggio 2008, con norme imperative, costituite dagli artt. 35 e 36 d.lgs. n. 165/2001, da ll’art. 49 della legge regionale Sicilia n. 15/2004 e da ll’art. 3 legge n. 8/79.
Ha ritenuto che il Teatro Stabile di Catania sia un ente pubblico ed ha evidenziato che in forza delle previsioni contenute negli artt. 35 e 36 del d.lgs.
n. 165/2001, recepite anche dalla regione siciliana, le assunzioni di personale devono avvenire a mezzo di procedure selettive pubbliche o tramite avviamento da parte degli uffici di collocamento; ha inoltre evidenziato che l’art. 49 della legge regionale Sicilia n. 15/2004 ha stabilito l’obbligatorietà delle procedure selettive pubbliche anche per enti, associazioni e aziende private soggetti al controllo e alla vigilanza della regione.
Pur non avendo ritenuto applicabile ratione temporis l’art. 3 legge n. 8/79, il giudice di appello ha evidenziato che tale disposizione aveva previsto l’obbligatorietà dell’assunzione tramite l’ufficio speciale di collocamento per alcune categorie di lavoratori dello spettacolo (cantanti, concertisti, direttori d’orchestra, registi, scenografi, coreografi e ballerini solisti).
E’ dunque assorbente il rilievo che la Corte territoriale ha individuato tra le norme imperative violate, anche quelle che hanno stabilito l’assunzione tramite avviamento da parte degli uffici di collocamento (art. 35 d.lgs. n. 165/2001 e art. 3 legge n. 8/79), e non per assunzione diretta.
Nel prospettare che l’art. 35 lett b d.lgs. n. 165/2001 , prevalente sulla legge regionale, richiama le norme sul collocamento per l’assunzione di lavoratori per i quali non è richiesto il titolo superiore a quello dell’obbligo, e nell’invocare l’applicazione dell’art. 1 della legge n. 8/1979 ( che ammette il collocamento con richiesta nominativa per il personale tecnico) le censure non si confrontano dunque con tale ratio decidendi .
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, qualora la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (Cass. n. 17182/ 2020; Cass. n.10815/2019; Cass. n. 7499/2019; Cass. n. 15399/2018; Cass. 9752/2017; Cass. n. 2108/2012 e Cass. n. 22753/2011).
Il terzo motivo è inammissibile, in quanto l’omesso esame di questioni processuali non rientra nel paradigma dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.
Tale disposizione ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia ad un preciso accadimento o ad una precisa circostanza in senso storico naturalistico, la cui esistenza risulti dagli atti processuali che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti, avente carattere decisivo (Cass. n. 13024/2022 e Cass. n. 14082/2017).
Inoltre la censura non denuncia la nullità della sentenza impugnata.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno in proposito chiarito che nel giudizio per cassazione – che ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, c.p.c.- il ricorso deve essere articolato in specifici motivi immediatamente ed inequivocabilmente riconducibili ad una delle cinque ragioni di impugnazione previste dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi; pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronunzia, da parte della impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni formulate, non è indispensabile che faccia espressa menzione della ricorrenza dell’ipotesi di cui al n. 4 del primo comma dell’art. 360 c.p.c. (con riferimento all’art. 112 c.p.c.), purché nel motivo si faccia inequivocabilmente riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione; va invece dichiarato inammissibile il motivo allorquando, in ordine alla suddetta doglianza, il ricorrente sostenga che la motivazione sia stata omessa o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge’ (Cass. S.U. n. 17931/2013).
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
8 . Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per il ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 3000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte