LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Assorbimento superminimo: la Cassazione fa chiarezza

Un lavoratore, dopo aver ottenuto un inquadramento superiore, ha citato in giudizio l’azienda per il ricalcolo delle differenze retributive, sostenendo la non assorbibilità dei superminimi precedentemente concessi. La Corte di Cassazione, confermando la decisione d’appello, ha ribadito il principio generale secondo cui l’assorbimento del superminimo è la regola in caso di promozione a qualifica superiore, a meno che non esista uno specifico accordo contrario, la cui prova spetta al lavoratore. La Corte ha inoltre negato il diritto alla retribuzione per un periodo di sospensione, poiché la prestazione era diventata impossibile per la scadenza dei titoli abilitativi del dipendente.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Assorbimento Superminimo: la Cassazione ribadisce il principio generale

L’istituto del assorbimento superminimo è uno dei temi più dibattuti nel diritto del lavoro, poiché incide direttamente sulla busta paga del dipendente in caso di promozioni o aumenti contrattuali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto un’importante occasione per fare chiarezza su quando un’eccedenza retributiva possa essere assorbita negli scatti di carriera. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici.

I Fatti di Causa

Un lavoratore, dipendente di una società di servizi, aveva ricevuto nel corso degli anni tre distinti superminimi (nel 1983, 1994 e 1998) in aggiunta alla paga base. Successivamente, a seguito del riconoscimento giudiziale del suo diritto a una qualifica superiore (quadro) con decorrenza dal 1989, sorgeva una controversia sulle differenze retributive a lui spettanti.

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione al lavoratore, condannando l’azienda a pagare una somma ingente e ritenendo che i superminimi non potessero essere assorbiti dal nuovo e più alto stipendio. La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava parzialmente la decisione. I giudici di secondo grado stabilivano che, mentre un superminimo era stato concesso con la specifica indicazione di non assorbibilità, gli altri due (quelli del 1983 e 1998) dovevano seguire la regola generale dell’assorbimento. Di conseguenza, l’importo dovuto al lavoratore veniva drasticamente ridotto.

Parallelamente, la Corte respingeva la richiesta del lavoratore di ottenere la retribuzione per un periodo in cui era stato sospeso e poi licenziato (provvedimento successivamente revocato dall’azienda). La motivazione era che, in quel periodo, i suoi titoli abilitativi per svolgere l’attività di guardia giurata erano scaduti, rendendo la sua prestazione lavorativa oggettivamente impossibile.

Il lavoratore, insoddisfatto, ha quindi proposto ricorso per Cassazione.

La questione dell’assorbimento del superminimo

Il cuore della controversia legale riguardava la legittimità dell’assorbimento superminimo a seguito della promozione. Il lavoratore sosteneva che la lunga prassi aziendale di non assorbire tali emolumenti e la natura meritocratica di uno di essi fossero prove sufficienti per garantirne il mantenimento anche dopo l’aumento di livello.

La difesa dell’azienda, al contrario, si basava sul principio consolidato secondo cui, in assenza di un patto contrario, il superminimo ha la funzione di anticipare futuri aumenti e viene quindi assorbito da questi.

Altri motivi di ricorso

Oltre alla questione retributiva, il lavoratore ha sollevato diverse eccezioni procedurali e ha contestato la decisione sulla mancata retribuzione durante il periodo di sospensione, sostenendo che l’azienda non si fosse attivata per aiutarlo a rinnovare i titoli necessari per lo svolgimento delle sue mansioni.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore su tutta la linea, confermando la sentenza d’appello.

In primo luogo, i giudici hanno respinto le eccezioni procedurali, ritenendole infondate. Hanno poi confermato la decisione sul mancato pagamento delle retribuzioni durante la sospensione. La Corte ha sottolineato che la ratio decidendi della Corte d’Appello non era legata alla legittimità o meno del licenziamento, ma alla constatazione oggettiva che il lavoratore, con le licenze scadute, si trovava nell’impossibilità sopravvenuta di eseguire la propria prestazione lavorativa.

Per quanto riguarda il punto centrale, ovvero l’assorbimento superminimo, la Cassazione ha ribadito con forza un principio di diritto consolidato:

1. Regola Generale: Il superminimo, ossia l’eccedenza retributiva rispetto ai minimi tabellari, è soggetto al principio dell’assorbimento in caso di aumenti legati a una promozione a qualifica superiore.
2. L’Eccezione: Tale regola può essere derogata solo se le parti (datore di lavoro e lavoratore) hanno pattuito diversamente o se la contrattazione collettiva lo prevede espressamente.
3. Onere della Prova: Spetta al lavoratore dimostrare l’esistenza di un titolo specifico (un accordo individuale, una clausola contrattuale, un uso aziendale consolidato) che autorizzi il mantenimento del superminimo e ne escluda l’assorbimento.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che il lavoratore non avesse fornito prove sufficienti a superare la presunzione generale. I giudici di merito avevano correttamente valutato le circostanze (come la presunta natura meritocratica di uno degli aumenti o la prassi aziendale) e concluso che non costituivano un accordo esplicito o implicito di non assorbibilità. La valutazione di tali elementi è un accertamento di fatto riservato ai giudici di merito e non può essere riesaminato in sede di legittimità.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza. Il superminimo non è, per sua natura, un elemento retributivo intangibile. Al contrario, la sua funzione è spesso quella di un anticipo su futuri miglioramenti economici. Per i lavoratori, ciò significa che per avere la certezza di mantenere un superminimo anche dopo una promozione, è essenziale che la sua non assorbibilità sia chiaramente specificata per iscritto nell’accordo individuale o nel contratto collettivo applicabile. In assenza di una pattuizione chiara, prevarrà il principio generale dell’assorbimento, con conseguente riduzione dell’impatto economico dell’aumento di livello.

Qual è la regola generale per un ‘superminimo’ quando un dipendente ottiene una promozione?
La regola generale, confermata dalla Corte di Cassazione, è che il superminimo viene assorbito dall’aumento di stipendio derivante dalla promozione a una qualifica superiore. L’emolumento aggiuntivo viene quindi inglobato nella nuova e maggiore retribuzione, senza sommarsi ad essa.

Chi deve dimostrare che un superminimo non deve essere assorbito?
L’onere della prova spetta interamente al lavoratore. È il dipendente che deve dimostrare l’esistenza di un accordo specifico (individuale o collettivo) o di una prassi aziendale consolidata che preveda espressamente la non assorbibilità del superminimo, derogando così alla regola generale.

Un lavoratore ha diritto alla retribuzione durante un periodo di sospensione se il successivo licenziamento viene revocato?
Non necessariamente. In questo caso, la Corte ha stabilito che il lavoratore non aveva diritto alla retribuzione perché la sua prestazione era diventata oggettivamente impossibile a causa della scadenza dei suoi titoli abilitativi (decreto di guardia giurata e porto d’armi). Il diritto alla retribuzione è legato alla possibilità di eseguire la prestazione lavorativa, a prescindere dall’esito finale del provvedimento disciplinare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati