Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33344 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33344 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1420/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 3474/2022 depositata il 07/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio BNP RAGIONE_SOCIALE per ottenere una pronuncia di condanna della societ à convenuta, previo accertamento dell’inadempimento di quest’ultima, al pagamento dell’indennizzo in conseguenza del furto dell’escavatore oggetto del contratto di leasing e chiedeva l’accertamento della nullità delle clausole contrattuali in quanto limitative della responsabilit à della societ à di leasing.
A fondamento delle proprie domande parte attrice deduceva:
Di avere stipulato in data 28.12.2012 un contratto di leasing con BNP Paribas Leasing Solutions avente ad oggetto il miniescavatore Yanmar e in ossequio agli obblighi contrattuali la societ à di leasing aveva predisposto in allegato al contratto di leasing una polizza assicurativa vincolata All Risk
La RAGIONE_SOCIALE a seguito del furto del miniescavatore, poi ritrovato in territorio spagnolo, avendo sopportato i costi per il rimpatrio del mezzo chiedeva alla società concedente il pagamento dell’indennizzo come previsto nel contratto di leasing all’art. 11 che prevedeva l’assicurazione per l’intero valore del bene con polizza vincolata che copriva ogni rischio di furto e, quindi, anche gli
esborsi per il recupero del bene ed i canoni per il mancato uso del bene.
Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 5622/2017, rigettava la domanda attrice.
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza n. 3474/2022 pubblicata del 7 novembre 2022, ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi.
3.1. Resiste con controricorso Bnp RAGIONE_SOCIALE e Generali RAGIONE_SOCIALEaRAGIONE_SOCIALE
3.2. Tutte le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo, la RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per la mancata delibazione dei motivi di appello da parte del giudice di secondo grado, nonché la conseguente violazione dell’art. 1342 c.c. e degli artt. 111 e 132 Cost.
Nello specifico, la censura di omissione di pronuncia riguarda il primo motivo dell’atto di appello con il quale impugnava la inammissibilità della estensione delle pretese giudiziali nei confronti della terza chiamata (Generali Italia S.p.a.), con conseguente violazione delle norme in materia di litisconsorzio alternativo.
Aggiunge la RAGIONE_SOCIALE sul punto che, se BNP Paribas Leasing RAGIONE_SOCIALE.p.a. era l’unica legittimata passiva rispetto alle proprie domande, doveva essere applicata la manleva, mentre, se l’unica legittimata passiva era la compagnia assicurativa, si sarebbe realizzata l’automatica e diretta estensione del contraddittorio fra di sé e la terza chiamata per effetto del litisconsorzio alternativo instauratosi; se, invece, entrambe le controparti erano legittimate passivamente, ciò avrebbe dato luogo al vincolo di solidarietà in proprio favore.
La statuita inammissibilità si fonda sulla considerazione per cui il contratto di leasing e la polizza assicurativa non costituirebbero un titolo unico e complessivo, essendo le due domande riferite a titoli e rapporti giuridici differenti, secondo lo schema della garanzia impropria.
4.2. Con il secondo motivo, RAGIONE_SOCIALE censura la nullità della sentenza di secondo grado per apparente, assertiva, acritica e perplessa motivazione circa i motivi nn. 2 e 3 dell’atto di appello, in contrasto con gli artt. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., 111 Cost. e 360 n. 4 c.p.c. La società ricorrente lamenta altresì la violazione delle norme relative ai canoni interpretativi del contratto di leasing e della polizza assicurativa integrativa ex artt. 1362 ss. c.c.
Il primo motivo di ricorso con cui parte ricorrente lamenta l’omissione di pronuncia sulla questione, posta in via subordinata, della nullità di clausole vessatorie contenute all’interno del contratto di leasing e nella polizza assicurativa stipulata ex art. 1341 c.c. è inammissibile.
Sussiste la violazione dell’art. 112 c.p.c. unicamente nei casi in cui il giudice ometta di pronunciarsi su una domanda o eccezione ritualmente introdotta e ometta di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, indispensabile alla soluzione del caso concreto, ma non ricorre, invece, nei casi in cui il Giudice ha, implicitamente o esplicitamente, dichiarato la questione assorbita in altre statuizione della sentenza, come avvenuto nel caso di specie.
Nella ipotesi in cui un motivo di gravame sia stato dichiarato assorbito, nel giudizio di appello, dalla pronuncia sugli altri motivi, non sussiste omissione di pronuncia, in quanto il dichiararne un motivo di impugnazione assorbito non significa non averlo esaminato e non aver pronunciato su di esso. Il giudice di appello può emettere una pronuncia di assorbimento di un motivo in un altro soltanto se abbia apprezzato la sua portata e consistenza e si
sia convinto che la decisione in ordine al medesimo sia implicata in quella già precedentemente adottata relativamente ad altro punto di contesa, si che la soluzione finale della controversia non ne possa essere modificata.
È, infatti, noto che l’assorbimento di una domanda può essere proprio o improprio. Si parla di assorbimento ‘proprio’ quando la decisione della domanda assorbita diviene superflua per effetto della decisione sulla domanda assorbente, con conseguente insorgenza di una sopravvenuta carenza di interesse all’esame della domanda rimasta assorbita. Si parla di assorbimento ‘improprio’ quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto della domanda formulata e dichiarata assorbita. Il presupposto della legittimità di una declaratoria di assorbimento, tanto nel caso di forma propria che impropria, comporta la specifica indicazione, da parte del giudice, dei presupposti in fatto e in diritto che legittimino il ritenuto assorbimento. Tanto determina che, ove ciò non avvenga, e dunque ove in nessuna parte della decisione sia rinvenibile la motivazione che sorregga la decisione di assorbimento, si sia in presenza di una sostanziale omissione di pronuncia, con conseguente nullità della decisione sul punto.
La Corte d’Appello di Milano, premesso che i motivi ‘in quanto strettamente connessi, si possono esaminare congiuntamente’ (pag. 10 della sentenza oggetto di impugnazione), ha difatti integralmente rigettato l’appello formulato da RAGIONE_SOCIALE per ragioni ‘assorbenti ogni altra domanda, istanza, anche istruttoria, eccezione e questione di causa’ (pag. 13 della sentenza oggetto di impugnazione).
La Corte d’Appello di Milano, pertanto, non ha omesso di pronunciarsi sul primo e sul quarto motivo di appello avversari, ma ha trattato unitamente i motivi di RAGIONE_SOCIALE e ha rigettato l’appello avversario per motivazioni che hanno assorbito ogni
domanda delle parti, ivi inclusi il primo e il quarto motivo d’appello di RAGIONE_SOCIALE Né la ricorrente ha in alcun modo contestato la decisione della Corte d’Appello circa la correttezza o meno dell’assorbimento, né ha rilevato una carenza assoluta di motivazione ex art. 132 , c.pc..
5.1. Quanto al secondo motivo di ricorso, è anch’esso inammissibile.
A norma dell’art. 1362 c.c., tra l’altro censurato nel motivo di ricorso in modo del tutto apodittico, il dato testuale del contratto, pur importante, non può essere ritenuto decisivo ai fini della ricostruzione della volontà delle parti, giacché il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo al termine del processo interpretativo, che non può arrestarsi al tenore letterale delle parole, ma deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore, anche quando le espressioni appaiano di per sé chiare, atteso che un’espressione “prima facie” chiara può non risultare più tale se collegata ad altre espressioni contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al comportamento complessivo delle parti; ne consegue che l’interpretazione del contratto, da un punto di vista logico, è un percorso circolare che impone all’interprete, dopo aver compiuto l’esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l’intenzione delle parti e quindi di verificare se quest’ultima sia coerente con le restanti disposizioni del contratto e con la condotta delle parti medesime (Cass. n. 9461/2021).
Ebbene, nel caso di specie, le censure sollevate mirano esclusivamente ad accreditare una ricostruzione della vicenda e, soprattutto, un apprezzamento delle prove raccolte del tutto divergente da quello compiuto dal giudice dell’appello. E’ noto, infatti, che nel giudizio di legittimità non sono proponibili censure dirette a provocare una nuova valutazione delle risultanze processuali, diversa da quella espressa dal giudice di merito, il
quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze che ritenga più attendibili ed idonee nella formazione dello stesso, essendo sufficiente, al fine della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento nell’accertamento dei fatti su cui giudicare si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti. La Corte d’appello, e prima il Tribunale, hanno interpretato il contratto (cfr. pag. 12 sentenza impugnata) e il ricorrente altro non offre, con i motivi di ricorso, che una interpretazione diversa del contratto svalutando taluni elementi o valorizzando altri ovvero dando ad essi un diverso significato, senza dedurre specifiche violazioni di legge ovvero incongruenze di motivazione tali da rivelare una difformità evidente della valutazione compiuta dal giudice rispetto al corrispondente modello normativo.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo a favore di ciascuna delle controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore di ciascuna delle controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza