Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8813 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8813 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17115/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in ROMA al INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), con domicilio digitale come in atti
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), con domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di BOLOGNA n. 936/2019 depositata il 18/03/2019.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 22/01/2024, dal Consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE aveva stipulato una polizza assicurativa con la RAGIONE_SOCIALE (in seguito RAGIONE_SOCIALE), compagnia assicurativa, con riferimento all’attività di vendita di capi di abbigliamento all’ingrosso svolta in Torremaggiore (Foggia). A seguito di un incendio, che distrusse il capannone nel maggio 1991, venne attivata dalla RAGIONE_SOCIALE la perizia contrattuale, il cui verbale, nelle cui conclusioni era accertato il diritto all’indennizzo in favore di RAGIONE_SOCIALE, venne impugnato dalla RAGIONE_SOCIALE SE dinanzi al Tribunale civile di Bologna. In detto giudizio la RAGIONE_SOCIALE chiese, in via riconvenzionale, la condanna della COGNOME al pagamento dell’indennizzo quantificato dalla perizia contrattuale . La detta causa civile venne sospesa, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., in attesa della definizione del giudizio penale instaurato nei confronti dell’amministratore e del socio della RAGIONE_SOCIALE e quindi riassunta dopo che con la sentenza della Corte di Cassazione del 21/05/2009 penale era stato rigettato il ricorso del Procuratore Generale e della parte civile avverso l’ultima di tre successive sentenze della Corte d’appello di Bari, di assoluzione dei predetti ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen.
La Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 936 del 18/03/2019, dinanzi alla quale la causa era stata riassunta dopo (l ‘errata ) dichiarazione di estinzione del giudizio da parte del Tribunale di Bologna, confermata dalla Corte di appello della stessa sede, la cui pronuncia venne cassata con sentenza n. 3783 del 14/02/2017 , ha rigettato l’appello e, quindi, la domanda della RAGIONE_SOCIALE
Avverso la detta sentenza della Corte territoriale ricorre con atto affidato a tre motivi la RAGIONE_SOCIALE
Ad. 22/01/2024
R.g. n. 17115 del 2020; est. C. COGNOME
Risponde con controricorso la RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE).
Entrambe le parti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale del 22/01/2024, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente censura come segue la sentenza della Corte d’appello di Bologna :
I) violazione dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. per avere la Corte d’appello omesso ogni motivazione con riferimento al mancato esame degli atti del processo penale, definitosi con pronuncia di assoluzione degli imputati, così omettendo di ricostruire il percorso logico che aveva condotto alla decisione assolutoria.
La prospettazione della censura non coglie nel segno avuto di mira. La Corte d’appello territoriale afferma che, oltre a quanto risultante dalla sentenza penale di assoluzione (e quindi dai relativi atti) sarebbe stata necessaria, al fine di consentire la realizzazione della previsione della clausola contrattuale secondo la quale la liquidazione dell’indennizzo era subordinata alla prova dell’assenza di dolo dell’assicurato , la prova di ulteriori elementi a discarico, dimostrativi e comunque corroboranti l’insussistenza del dolo degli imputati e quindi, per fare propendere, in ambito civile, per la totale assenza di responsabilità a loro carico. La motivazione della Corte territoriale è nel senso della necessità di un’ulteriore allegazione probatoria, oltre le risultanze del processo penale, che avevano condotto all’affermazione dell’esclusione del delitto di incendio ma ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen .
Il giudicato di assoluzione ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen. lascia al giudice civile della causa risarcitoria ampio margine di apprezzamento dei fatti rilevanti, non esplicando né un
Ad. 22/01/2024
efficacia preclusiva all’accertamento del dolo né un’efficacia esclusiva di esso.
Infatti, è richiamata, coerentemente, nella motivazione dalla Corte d’appello l’affermazione di C ass. n. n. 4764 del 11/03/2016 Rv. 639372 -01, e inoltre, deve qui ribadirsi l’affermazione di Cass. n. 5676 del 09/03/2010 Rv. 611777 -01, quale necessario capostipite dell’orientamento evocato dalla Corte territoriale, secondo cui « sensi dell’art. 652 (nell’ambito del giudizio civile di danni) e dell’art. 654 (nell’ambito di altri giudizi civili) cod. proc. pen., il giudicato di assoluzione ha effetto preclusivo nel giudizio civile solo quando contenga un effettivo e specifico accertamento circa l’insussistenza o del fatto o della partecipazione dell’imputato e non anche quando l’assoluzione sia determinata dall’accertamento dell’insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l’attribuibilità di esso all’imputato e cioè quando l’assoluzione sia stata pronunziata a norma dell’art. 530, comma secondo cod. proc. pen. ».
Il motivo, inoltre, in quanto formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. non si confronta con la sostanziale scomparsa del vizio motivazionale in quanto tale, posto che a seguito della nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come interpretato dalla giurisprudenza nomofilattica (Sez. U n. 8053 del 7/04/2014), sfugge del tutto dal perimetro di nullità la motivazione meramente insufficiente (Cass. n. 23940 del 12/10/2017 Rv. 645828 -01 e altre numerose in termini) « in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento
Ad. 22/01/2024
giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia ».
Il primo motivo deve, pertanto, essere disatteso.
II) violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. per mancato esame di fatto consistente nella consulenza tecnica di ufficio , riprodotta integralmente dalla Corte d’appello di Bari nella sentenza di assoluzione, che aveva escluso l’ipotesi dell’incendi o doloso. Il motivo afferma l’omessa considerazione della consulenza tecnica di ufficio, espletata in sede penale, che costituiva prova, anche presuntiva, dell’assenza di dolo nella causazione dell’incendio.
Il motivo, così come formulato, è inammissibile. Invero, esso non è limitato all’omessa valutazione di un fatto storico, ma si estende all’omesso esame delle valutazioni operate dai consulenti tecnici di ufficio del giudice penale, e, in tal modo, esula dal perimetro tracciato dall’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. , che è circoscritto all’omesso esame di un fatto specifico. In tal senso, con riferimento al recepimento dele consulenze tecniche di ufficio disposte nello stesso giudizio e, quindi, a maggior ragione con riferimento a indagini tecniche disposte d’ ufficio e svolte in altro procedimento, si veda Cass. n. 18886 del 4/07/2023, secondo il cui principio di diritto, «l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ, come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, consente di censurare, per omesso esame, la sentenza che abbia recepito la consulenza tecnica, ove venga individuato un preciso fatto storico, sottoposto
al contraddittorio delle parti, di natura decisiva, che il giudice del merito abbia omesso di considerare».
Il motivo è, inoltre, infondato, poiché la Corte territoriale ha in concreto valutato gli atti del processo penale, ritenendo che essi fossero inadeguati alla prova dell’assenza assoluta di dolo nella causazione dell’incendio in capo agli imputati.
Il secondo motivo è, dunque, anch’esso rigettato, al pari del primo.
III) violazione e (o) falsa applicazione degli artt. 163, comma 3, n. 4, 184, 188, 189, 345 cod. proc. civ. per avere la Corte territoriale ascritto alla RAGIONE_SOCIALE lo svolgimento di ulteriori attività di allegazione e prova.
Il motivo è infondato. Risulta, invero, che, era stata la RAGIONE_SOCIALE a fondare la propria linea difensiva sulla rilevanza pregiudiziale del giudizio penale, cosicché era stata essa ad avere omesso ulteriori attività istruttorie, di cui, peraltro, non offre traccia, in quanto non richiama specificamente gli atti processuali in cui esse sarebbero state chieste. Deve, peraltro, per mera completezza espositiva, ricordarsi che il rito di cognizione ordinario scandito da severe preclusioni all’epoca, ossia nel marzo dell’anno 1995 , e quindi prima dell’entrata in vigore delle disposizioni della legge n. 353 del 1990, non vigeva ancora, posto che, fino al 30/04/1995 ai giudizi anteriormente instaurati erano applicabili le disposizioni processuali anteriori alla riforma di cui alla legge n. 353 del 1990 ( le cui norme all’epoca, ossia al marzo 1995, quando il giudizio civile venne sospeso dal giudice istruttore ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., erano vigenti soltanto limitatamente al procedimento cautelare uniforme e per altri ristretti ambiti) cosicché le richieste istruttorie potevano essere adeguatamente coltivate dalla difesa della RAGIONE_SOCIALE fino all’udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado e, inoltre, il divieto di
Ad. 22/01/2024
ammissione di nuove prove non sussisteva, per i processi iniziati prima del 30/04/1995, neppure in fase d’ appello (Cass. n. 12744 del 29/05/2006 Rv. 590106 – 01).
Il terzo motivo è, pertanto, infondato.
Il ricorso è, conclusivamente, del tutto infondato.
Il ricorso è rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e valutata l’attività processuale espletata , in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo.
La decisione di rigetto del ricorso comporta che deve attestarsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1, quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Il deposito della motivazione è fissato nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 bis 1 cod. proc. civ.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuale per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Ad. 22/01/2024
R.g. n. 17115 del 2020; est. C. COGNOME
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di