Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 35022 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 35022 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4468/2020 R.G. proposto da :
APR ASSOCIAZIONE RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME -ricorrente- contro
ASSOCIAZIONE RAGIONE_SOCIALE (AIAS SEDE DI ROMA), LENZI NOMECOGNOME NOMECOGNOME ASSOCIAZIONE RAGIONE_SOCIALE SEZIONE DI RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA LUNGOTEVERE NOME COGNOME, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOMECOGNOME
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 6889/2019 depositata il 07/11/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.Il ricorso riguarda la sentenza con cui la Corte d’Appello di Roma ha confermato la decisione del locale Tribunale che -accogliendo la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE e da sezione RAGIONE_SOCIALE di Pistoia, con l’intervento di NOME COGNOME e NOME COGNOME quali associate a quest’ultima – ha annullato le delibere adottate da RAGIONE_SOCIALE di Pistoia (ora RAGIONE_SOCIALE) il 26.3.2011 e il 16.4.2011, previa dichiarazione del difetto di legittimazione passiva dei convenuti NOME COGNOMEi NOME COGNOME e NOME COGNOME
2.La Corte d’Appello, confermando integralmente la decisione di primo grado, ha respinto il gravame ritenendo:
infondato il motivo d’appello che denunciava la nullità della sentenza in quanto emessa dal Tribunale in composizione monocratica anziché collegiale, dovendo escludersi la legittimazione del Pubblico Ministero ad impugnare le deliberazioni delle associazioni non riconosciute e conseguentemente la necessità che il PM, anche se non ha proposto l’azione di annullamento, partecipi al giudizio ai sensi dell’articolo 70 comma 2° c.p.c., invocando la giurisprudenza di legittimità conforme nonché osservando che il potere di impugnativa del PM va escluso per gli enti di fatto in virtù del concetto stesso di «riconoscimento», che postula un controllo dell’autorità pubblica da escludersi per associazioni non riconosciute alla luce delle differenti ratio delle rispettive discipline.
infondato il motivo d’appello che denunciava la nullità della sentenza per incompetenza del Tribunale di Roma stante la competenza esclusiva del Tribunale di Pistoia in ragione -in tesi
dell’appellante -della sede dell’ente deliberante e del disposto dell’art. 28 c.p.c., in quanto: (i) il richiamo a detta norma era inconferente stante la statuita esclusione dell’obbligo del PM di partecipazione al giudizio ai sensi dell’art. 70 comma 1 c.p.c.; (ii) la accertata legittimazione ad impugnare le delibera dell’A.RAGIONE_SOCIALE nazionale fondava la competenza territoriale del Tribunale di Roma in ragione dell’art.35 dello Statuto della stessa, in base al quale « In caso di controversie il foro competente è quello di Roma per questioni che coinvolgono gli organi nazionali e in caso di violazione delle norme del presente statuto » e trattandosi, nella specie, di una controversia tra l’AIAS nazionale e una sezione locale;
assorbite dalle precedenti considerazioni tutte le ulteriori censure sollevate dall’appellante, relative – per quanto si desume da un accenno della sentenza gravata -alla legittimazione degli attori e alla infondatezza nel merito dell’impugnazione.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, affidandolo a quattro motivi di ricorso, che ha illustrato anche con memoria. ARAGIONE_SOCIALE di Pistoia e RAGIONE_SOCIALE nazionale, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso corredato di memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo del ricorso denuncia « violazione per falsa applicazione dell’art.23 c.c. nonché degli artt. 50 bis, 50 ter, 50 quater, 69 e 71 n.1 c.p.c. ». In particolare la ricorrente si duole del fatto che la Corte d’Appello abbia ritenuto corretta la pronuncia del Tribunale di Roma resa in composizione monocratica ritenendo nella fattispecie non sussistente il potere di impugnazione del P.M. trattandosi di delibera adottata da associazione non riconosciuta, e censura la decisione invocando giurisprudenza di merito e di legittimità che, a suo dire, affermerebbe il contrario.
2.Il secondo motivo denuncia « violazione per mancata applicazione degli artt. 19, 28, 70 c.p.c. nonché mancata applicazione dell’art. 29 c.c. e mancata applicazione degli artt. 23 e 2378 c.c. Violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti e conseguente violazione dell’art. 111 della Costituzione». Con detto motivo -che si articola in realtà in due mezzi di ricorso – la ricorrente lamenta il mancato accoglimento dell’eccezione di incompetenza per territorio.
2.1 – Muovendo dalla premessa dell’esistenza nel caso di specie del diritto di azione e di un conseguente obbligo di intervento del Pubblico Ministero, insiste per la competenza per territorio esclusiva del Tribunale di Pistoia -derivante dall’art. 19 c.p.c. e 2378 c.c. – che non sarebbe derogabile, appunto, nelle cause in cui è obbligatorio l’intervento del pubblico ministero.
2.2 – Contesta, inoltre, il ragionamento decisorio con cui la Corte individua un ulteriore criterio di competenza del Tribunale di Roma, in quanto l’art. 35 dello statuto dell’AIAS nazionale – che prevede la competenza di detto Tribunale per le controversie di cui sia parte l’AIAS nazionale stessa – non sarebbe applicabile nel caso di specie, non essendo quest’ultima un organo dell’associazione locale, con la conseguenza che non sarebbe legittimata a impugnare le delibere in questione onde non troverebbe applicazione la predetta norma statutaria sulla competenza territoriale.
2.2.1 -Sempre agli effetti di denunciare l’erronea decisione circa l’applicabilità dell’art. 35 dello Statuto AIAS nazionale, afferma ancora che il giudice di merito avrebbe omesso di prendere in considerazione il fatto che l’art. 7 dello Statuto dell’AIAS di Pistoia sancisce la piena autonomia indipendenza dell’associazione locale, e che, benchè lo Statuto nazionale affermi che le sezioni che abbiano ottenuto il riconoscimento di onlus debbano espressamente dichiarare nel proprio statuto di accettare
integralmente lo statuto dell’associazione nazionale, di questa accettazione non vi è traccia.
3.Il terzo motivo denuncia « violazione per mancata applicazione dell’art. 10 lettera H) D. Lgs. 460/1997 e dell’articolo 23 c.c. nonché dell’art. 100 c.p.c. Violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2377 c.c. ». Con il motivo che si articola anch’esso, in effetti, in due distinte censure – la ricorrente contesta alla Corte d’appello, da un lato, la violazione del combinato disposto di cui agli articoli 100 c.p.c., 23 c.c. e 10 lettera H), per avere riconosciuto la legittimazione ad agire del commissario dell’AIAS nazionale laddove detto art. 10 avrebbe lo scopo di evitare indebite intromissioni nelle sezioni periferiche dell’associazione centrale (invoca a supporto di detta interpretazione della norma una circolare in proposito della dell’Agenzia delle Entrate); dall’altro, la violazione dell’articolo 115 c.p.c. per avere erroneamente ritenuto provata l’esistenza di un vincolo associativo tra le sig.re COGNOME intervenute volontariamente nel giudizio e l’AIAS di Pistoia, e dunque la loro legittimazione a impugnare le delibere di cui si tratta, impugnazione, peraltro, che la Corte avrebbe dovuto ritenere tardiva ai sensi dell”art. 2377 c.c. applicabile per analogia al caso di specie, avendo qualificato il loro intervento come adesivo autonomo.
4.Il quarto motivo denuncia la « violazione per mancata applicazione dell’art. 10 lettera H D. Lgs. 460/1997, violazione per mancata applicazione dell’art. 18 Cost. e dell’art. 24 c.c. Omesso esame di un fatto decisivo con conseguente violazione dell’art. 111 della Costituzione ». Sostiene la ricorrente che in ragione della l’articolo 10 predetto, il riconoscimento di poteri autoritativi in capo all’AIAS nazionale nei confronti della sezione locale (esercitati attraverso la procedura di commissariamento) violerebbe gli articoli 18 cost. e 24 c.c. sulla libertà di associazione; inoltre detto riconoscimento sarebbe errato per l’assenza di un qualsivoglia
rapporto obbligatorio di natura convenzionale che permette di affermare l’esistenza tra le due associazioni di un rapporto giuridico di supremazia-sottomissione, mancando qualsiasi atto di adesione da parte dell’associazione pistoiese allo Statuto dell’AIAS nazionale.
5.- Ciò premesso osserva il Collegio, preliminarmente, che il ricorso è inammissibile per mancata esposizione dei fatti di causa ed in particolare per omessa indicazione del contenuto dei motivi d’appello. E’, infatti, principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, anche sul testo previgente della norma di cui all’art. 366 c.p.c. (qui applicabile ratione temporis ), quello per cui il fatto che il ricorso per cassazione debba contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa – non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, bensì a consentire alla S.C. di conoscere dall’atto, senza attingerli aliunde , gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti; sicchè, per soddisfare tale requisito, occorre che il ricorso per cassazione contenga, in modo chiaro e sintetico, l’indicazione delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello e, infine, del tenore della sentenza impugnata (v. Cass. n.1352/2024; Cass. Sez. Un. N. 27552/2021; Cass. n.16173/2021; Cass. Sez. Un. 11308/2014).
Le carenze e le lacune del predetto ricorso sotto i predetti profili non risultano colmate neppure attraverso l’esame dei motivi di censure sopra indicati, e tanto più risaltano per effetto della ricostruzione dell’antefatto e della vicenda processuale contenuta
nel controricorso – cui la memoria della ricorrente nulla obietta -il quale, tuttavia, per il «principio di autonomia del ricorso per cassazione» non può supplire alla accertata carenza (v. per tutte Cass.10477/2024).
6.- Fermo il rilievo assorbente che precede, si può aggiungere quanto segue.
6.1Il primo motivo di ricorso -che riguarda la pretesa competenza collegiale del Tribunale a fronte di azione proponibile dal PM, ex art. 50 bis c.p.c) è infondato in quanto – contrariamente a quanto afferma la ricorrente- l’orientamento della giurisprudenza di legittimità è nel senso che in caso di controversia avente oggetto l’impugnativa di una delibera di un’associazione non riconosciuta, l’intervento del pubblico ministero non è necessario; in particolare questa Corte, affrontando in modo esplicito la questione, ha affermato che « il potere di impugnativa del pubblico ministero con riguardo alle deliberazioni dell’assemblea di associazione non riconosciuta ai sensi dell’articolo 23 comma 1 c.c. e correlativamente la sua qualità di parte necessaria nelle controversie da altri instaurate per l’annullamento di dette deliberazioni, debbono essere esclusi nel caso delle associazioni non riconosciute, quali i sindacati o i loro raggruppamenti, in considerazione del carattere speciale della indicata disposizione e del suo ricollegarsi all’assoggettamento delle associazioni riconosciute ad ingerenza dell’autorità amministrativa » (Cass. n. 2983/1990); principio, questo che è stato ribadito dalla Corte anche nella sentenza n. 1148 del 2004 espressamente affermando, a proposito della legittimazione del pubblico ministero ad impugnare le deliberazioni delle associazioni non riconosciute -legittimazione prevista nell’art. 23 c.c. per le associazioni riconosciute – che « La soluzione negativa accolta dalla Cassazione ( 2983/90) si fonda sul condivisibile rilievo che la tutela di quello stesso interesse pubblico che ha giustificato il riconoscimento è
presente nell’un caso e non nell’altro » (nella specie si trattava dell’impugnazione della delibera di un consorzio di urbanizzazione, tendenzialmente assoggettato alla disciplina delle associazioni non riconosciute). Mentre il precedente di legittimità che invoca la ricorrente non pare conferente perché non riguarda il tema in oggetto bensì la legittimazione all’impugnazione della delibera di esclusione di un associato, che per afferma sussistere solo in capo all’interessato -e richiama in via incidentale un risalente precedente (Cass. n. 1498/78) in cui l’affermazione dell’applicabilità dell’art. 23 e dell’art. 24 c.c. anche alle associazioni non riconosciute appare di significato generale (con riguardo, a termini, vizi che giustificano l’impugnazione, organi legittimati) e non finalizzata a statuire specificamente sul tema della legittimazione del PM, poi, invero, affrontato nella sentenza del 1990.
6.2- Il secondo motivo, che riguarda la pretesa erroneità della decisione sulla competenza territoriale e concerne, da un lato, l’inderogabilità di detta competenza laddove l’azione sia proponibile dal PM, dall’altro l’erroneità dell’ulteriore ratio decidendi con cui la Corte di merito ha inteso argomentare la competenza del Tribunale di Roma e fondata sullo Statuto dell’AIAS nazionale, resta assorbito nella prima parte da quanto detto a proposito dell’insussistenza della legittimazione del pubblico ministero, che evidentemente esclude l’applicabilità dell’art. 28 c.p.c., e va dichiarato inammissibile con riguardo alla censura della seconda ratio decidendi la cui cassazione comunque non farebbe venir meno la stabilità della sentenza in ragione della prima, essendo noto che « ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta
definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza .» (Cass. n. 18641 del 27/07/2017);
6.3- Il terzo e il quarto motivo, che riguardano la legittimazione attiva dell’AIAS Nazionale e delle due associate intervenute, sono inammissibili in quanto, dal momento che non è indicato il passo della decisone gravata né quali fossero i motivi d’appello sul punto, non è possibile alcuno scrutinio delle censure mosse, né è possibile accertare se sull’oggetto dei motivi si sia formato un giudicato interno; tanto più perché nella sentenza gravatasi dà atto dell’accertata legittimazione attiva di AIAS nazionale in funzione dell’affermazione della competenza territoriale del Tribunale di Roma sulla base delle disposizioni statutarie, e non per statuire relativamente ad uno specifico ed autonomo motivo di appello in punto legittimazione attiva, che, quindi, si ignora se e in che termini sia stato proposto.
7.- In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo, ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore di parte controricorrente liquidate nell’importo di euro 5200,00 cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello,
ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18.12.2024.