Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16442 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16442 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa da ll’AVV_NOTAIO, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Salerno, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
GRANDI STAZIONI RAGIONE_SOCIALE , (già RAGIONE_SOCIALE), GRANDI STAZIONI RAGIONE_SOCIALE , rappresentate e difese dall’ AVV_NOTAIO, ed elettivamente domiciliate presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrenti e ricorrenti incidentali-
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n.3731/2019 depositata il 29.5.2019, non notificata.
Oggetto: associazione in partecipazione risoluzione per inadempimento
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6.6.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. ─ La società RAGIONE_SOCIALE, costituita al fine della riqualifìcazione e della gestione integrate ai fini commerciali delle tredici principali RAGIONE_SOCIALE ferroviarie italiane, tra cui la Stazione Termini di Roma, esponeva di avere stipulato in data 19 aprile 2002 con RAGIONE_SOCIALE, società-operante nel settore della organizzazione di mostre ed eventi culturali, un contratto di associazione in partecipazione, con il quale essa si obbligava a mettere a disposizione di RAGIONE_SOCIALE alcune aree comprese nella Stazione Termini di Roma, denominate ‘Ala Mazzoniana “, meglio come area espositiva e area bookshop, e si impegnava altresì a porre in essere campagne di comunicazione e promozione degli eventi, anche attraverso sponsorizzazione dei propri partners commerciali e di soggetti terzi, mentre RAGIONE_SOCIALE si impegnava dal canto suo ad allestire eventi di rilevante impatto qualitativo e di interesse per il pubblico e ad avviare e organizzare un ‘attività di bookshop con l’impegno ad “osservare i seguenti orari minimi 365 giorni all ‘ anno dalle ore 8 alle 20”; nel contratto si precisava che la gestione dell’impresa era affidata esclusivamente all’associante RAGIONE_SOCIALE La società aggiungeva che il contratto le attribuiva una remunerazione legata in parte alla percentuale dei ricavi derivati da ll’ attività di allestimento mostre, eventi congressuali e promozionali, tenuto conto del suo eventuale contributo alle spese, ed in parte nella misura fissa del 12% del fatturato annuo del bookshop, e che la durata del contratto era fissata in 5 anni con decorrenza dalla consegna delle aree al momento occupate dalla RAGIONE_SOCIALE.
2. ─ La società associante aveva adottato plurime condotte contrarie non solo a precisi obblighi contrattuali ma anche ai doveri di buona
fede, tra cui il mancato tempestivo invio del prescritto rendiconto relativo alla mostra del Guercino e dell’evento successivo per il quale non le era stato sottoposto il business plan e aveva pertanto percepito soltanto il 10% sui ricavi peraltro mai ricevuti. Per tali comportamenti aveva deciso di avvalersi della clausola risolutiva espressa contenuta nell’art. 16 del contratto di associazione in partecipazione, chiedendo quindi, oltre al pagamento dei crediti maturati, il rilascio delle aree occupate.
3.─ Il Tribunale di Roma ha respinto la domanda principale, concernente la risoluzione di diritto del contratto di associazione in partecipazione per violazione dell’obbligo di apertura al pubblico dalle ore 8,00 alle ore 20 stante il carattere generico dell’art. 16 del contratto oltre che per avere consentito a controparte di gestire l’impresa nei locali dell’Ala Mazzoniana della Stazione Termini con l’allestimento della mostra ‘ Come lavorava Caravaggio” nel periodo novembre 2006/febbraio 2007, dopo la dichiarazione di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa, con un comportamento concludente che dimostrava in modo inequivoco l’interesse alla tardiva esecuzione del contratto. Ha inoltre respinto la domanda subordinata di risoluzione per inadempimento, ritenendo di scarsa importanza nell’economia complessiva del contratto quale obbligazione accessoria, la riduzione dell’orario di apertura del bookshop, trattandosi di contestazione avanzata solo tre anni dopo la firma del contratto di associazione in partecipazione e dopo la realizzazione delle due mostre. Ha escluso altresì l’inadempimento per non avere organizzato ed allestito all’interno delle aree consegnate eventi di rilevante impatto qualitativo e di interesse per il pubblico, trattandosi di spazi sfruttati per meno del 40% del tempo disponibile e per non aver inviato tempestivamente i rendiconti. Dalla CTU emergeva che nulla era dovuto alla società per gli eventi organizzati e rendicontati.
4.─ Il Tribunale ha respinto la domanda riconvenzionale di RAGIONE_SOCIALE di risoluzione per inadempimento, rilevando in primo luogo la duplicazione priva di allegazione a sostegno dell’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE agli art. 5 e 9 del contratto c.d. base in relazione alle mostre sulla Grande Guerra e sul Caravaggio, con un dann o quantificato in € 8.000.000 per la pri ma domanda, rilevando che l’art. 9 non prevedeva alcun obbligo a carico dell’ass ociato, mentre la seconda domanda era identica, concernente la violazione, del solo art. 5 inerente l’obbligo di RAGIONE_SOCIALE di pubblicizzare le iniziative di controparte, di utilizzo delle proprie strutture nella promozione degli eventi, da supportare economicamente nei limiti degli investimenti previsti con sponsorizzazioni dei propri partners e di terzi, con un danno di € 500.00O per la mostra sulla Grande Guerra e di € 200.000 per la mostra sul Caravaggio, in alcun modo pubblicizzate e per cui erano stati ottenuti ricavi notevolmente inferiori alla mostra sul Guercino. Andava respinta anche la domanda riconvenzionale per il rimborso di € 42.155,10 spesi dalla convenuta per la ristrutturazione della sala Esquilino, onere· assunto da RAGIONE_SOCIALE nel contratto di associazione ed in quello integrativo dell’ 8.3.05, non potendo il mancato pagamento considerarsi inadempimento grave.
5. ─ Con atto ritualmente notificato RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello per la sentenza n. 9206/11 con cui il Tribunale di Roma: 1) ha respinto la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE per l’accertamento della risoluzione di diritto del contratto di associazione in partecipazione del 19.4.2002 e dei contratti integrativi del 28.1.2004 e dell’8.3.2005 intercorsi con RAGIONE_SOCIALE; 2) ha respinto la domanda riconvenzionale proposta da RAGIONE_SOCIALE per la declaratoria di risoluzione per l’avverso inadempimento dei medesimi contratti; 3) ha compensato le spese processuali e posto a carico di ciascuna parte per la metà le spese di Ctu.
6 . ─ L’attuale ricorrente proponeva gravame, dinanzi alla Corte di Roma che, con la sentenza qui impugnata, ha accolto per quanto di ragione l’appello principale di RAGIONE_SOCIALE e quello incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di I grado e in riforma della stessa: a) ha dichiarato risolto per inadempimento di RAGIONE_SOCIALE il contratto di associazione in partecipazione del 19.4.2002 ed i contratti integrativi 28.1.2004 e 8.3.2005; b)ha respinto la domanda di risarcimento danni avanzata da RAGIONE_SOCIALE; b) ha accolto parzialmente la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE e per effetto ha condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento di € 98.142,60 oltre I va su € 68.432,87 e su € 4.0 23,19, di interessi ex d. lgs. n. 231/20 02 su € 72 .456,06 dal 27.7.2006 al saldo ed interessi legali su tali interessi dal 17.6.2007 al saldo; di interessi ex d. lgs. n. 231/20 02 su € 25.686,54 dal 17.7.07 al saldo. Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che:
premesso che dagli esiti probatori risultano inadempimenti di entrambe le parti, nella valutazione comparativa dei distinti inadempimenti la corte ritiene che sia maggiore quello ascrivibile all’associata RAGIONE_SOCIALE, per la pluralità ed importanza dei vari comportamenti adottati, incidenti negativamente in misura preponderante ai sensi dell’art. 1455 c.c. sulla ragione economicosociale del contratto. di associazione in partecipazione rispetto a quelli addebitati all’associante;
b) in particolare, la mancata consegna delle aree in cui svolgere l’attività concordata, la mancata pubblicizzazione e sponsorizzazione degli eventi erano obblighi fondamentali che rappresentano inadempimento grave di per sé incidente negativamente in modo preponderante sulla causa del contratto tale da legittimare la domanda di risoluzione avanzata da RAGIONE_SOCIALE ex art. 1453 c.c. a far data dalla decisione e non dalla domanda(da cui deriva che fino alla data incontestata della scadenza del contratto RAGIONE_SOCIALE aveva il diritto di mantenere la disponibilità delle aree oggetto
dell’accordo, il diritto è venuto meno alla scadenza del contratto per cui la successiva detenzione va qualificata come abusiva occupazione);
c) la domanda riconvenzionale di risarcimento del danno avanzata da RAGIONE_SOCIALE del danno emergente e del lucro cessante per i costi e le spese sostenute alla mancata pubblicizzazione delle mostre è carente di prova sul danno emergente poiché il documento esibito è privo di sottoscrizione e quindi la dichiarazione non è soggettivamente riferibile ed è di formazione unilaterale senza alcun supporto contabile; il riferimento ai costi sostenuti per una delle mostre è generico e non estensibile agli altri eventi perché ogni evento ha le sue specificità ed il richiamo non può supplire all’onere probatorio della parte certamente in possesso della documentazione contabile attestante gli effettivi costi; sull’elemento del mancato guadagno non v’è alcun elemento di riscontro per cui la minore affluenza rimane un fatto affermato e non dimostrato;
d)la domanda di risarcimento del danno per il mancato utilizzo delle aree e per l’annullamento di tre mostre non risulta provato con riferimento agli effettivi esborsi sopportati per tali circostanze;
il rimborso dei costi vivi per le spese di vigilanza notturna e attività connesse non può essere accolta perché le relative fatture quietanzate non sono state esibite;
il rimborso delle spese affrontate per l’adeguamento tecnico della sala Esquilino sono state contestate con la lettera del 2.8.2006 per essere i lavori asseritamente eseguiti subordinati in base al contratto alla preventiva approvazione del progetto e del preventivo mai avvenuta per la mancata presentazione degli stessi all’altra parte; g) anche la richiesta del rimborso dei costi e delle spese sostenuti per la liberazione delle aree espositive dalle opere occupate dal precedente possessore delle stesse sconta il deficit probatorio delle
altre richieste;
h ) le domande propose con l’appello incidentale per il mancato accoglimento della domanda di condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento di somme derivanti dall’ulteriore ricavo spettante per la mostra sul Guercino, per le utenze telefoniche vanno accolte nei limiti accertati dalla CTU, quella relativa a oneri accessori degli anni 2004-2005 è rimasta generica nella sua determinazione così come affermato e non contestato in I grado;
la domanda relativa alla richiesta di risarcimento del danno per occupazione sine titulo per occupazione abusiva delle aree dalla scadenza del contratto non può essere accolta, mancando ogni allegazione della concreta occasione non potuta sfruttare a causa dell’indebita occupazione, in adesione al mutato, ma ormai costante orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale ai fini risarcitori il danno conseguenza deve essere allegato e provato; pertanto il danno da occupazione sine titulo , in quanto particolarmente evidente, può essere agevolmente dimostrato sulla base di presunzioni semplici, ma un alleggerimento dell’onere probatorio di tale natura non può includere anche l’esonero dall’allegazione dei fatti che devono essere accertati, ossia l’intenzione concreta del proprietario di mettere l’immobile a frutto.
─ RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione con due motivi ed anche memoria.
─ RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE hanno presentato controricorso, ricorso incidentale ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
─ Con il primo motivo: Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 1458 c.c.) in relazione all’art. 360 , n. 3, c.p.c.
La sentenza impugnata ha correttamente risolto per inadempimento di RAGIONE_SOCIALE il contratto di associazione in partecipazione del 19.04.02 ed i contratti integrativi del 28.01.04 e del 08.03.05 conclusi con la RAGIONE_SOCIALE ed oggetto di giudizio. La pronuncia è tuttavia erronea e va pertanto cassata là dove egualmente condanna la RAGIONE_SOCIALE al pagamento di € 98.142,60 oltre accessori proprio in forza degli stessi contratti dichiarati risolti. Ne è conseguita una chiara violazione del disposto di cui all’art. 1458 c.c. che sancisce la piena retroattività di tutti gli effetti della risoluzione alla quale non si sottrae l’associazione in partecipazione, sebbene contratto di durata. La corte di legittimità ha statuito che ai contratti ad esecuzione continuativa o periodica cui si riferisce l’art. 1458 ai fini risolutori «non può ricondursi il contratto di associazioni in partecipazione ex art. 2549 c.c., con il quale l’associante attribuisce all’associato, come corrispettivo di un determinato apporto unitario, una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari, trattandosi, a differenza del contratto di società, di un negozio bilaterale, che crea un singolo scambio fra l’apporto e detta partecipazione». Il contratto in esame prevede, non una serie di preRAGIONE_SOCIALE da realizzarsi contestualmente nel tempo, ma un’unica attribuzione in favore della RAGIONE_SOCIALE come partecipazione agli utili; alla pronunciata risoluzione del contratto associativo non poteva che conseguire un effetto liberatorio per le obbligazioni che ancora dovevano essere eseguite.
9.1 ─ La censura è infondata. La Corte ha letteralmente statuito che considerato che il contratto base è stato «risolto per inadempimento di NOME.S., la presente pronuncia ha natura costitutiva, per cui la risoluzione opera dalla data della decisione e non della domanda». E’ pur vero che l a domanda formulata ex art. 1453 c.c. mira ad una pronuncia costitutiva, poiché è diretta a sciogliere il vincolo contrattuale, previo accertamento, da parte del giudice, della gravità
o meno dell’inadempimento (Cass., n. 26508/2009; Cass., n. 36918/2021), ma la censura pone la diversa questione dell’annullamento degli effetti prodott i prima della pronuncia facendo leva sulla qualificazione del contratto di associazione in partecipazione come contratto di scambio e non di durata, per cui non sarebbe applicabile l’art. 1458 c.c. perché il contratto sarebbe connotato dalla unicità della prestazione; così come l’orientamento costante di codesta Corte afferma e, pertanto, l’effetto retroatt ivo tra le parti della risoluzione non è riconducibile ai «contratti ad esecuzione continuata o periodica, rispetto ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle preRAGIONE_SOCIALE già eseguite».
E’ vero che questa Corte ha più volte ribadito che i l principio espresso dall’art. 1458, comma 1, c.c., secondo cui gli effetti retroattivi della risoluzione non operano per le preRAGIONE_SOCIALE già eseguite, riguarda i contratti ad esecuzione continuata o periodica, ossia soltanto quelli in cui le obbligazioni di durata sorgono per entrambe le parti e l’intera esecuzione del contratto avviene attraverso coppie di preRAGIONE_SOCIALE da realizzarsi contestualmente nel tempo. Pertanto, ad essi non può ricondursi il contratto di associazione in partecipazione ex art. 2549 c.c., con il quale l’associante attribuisce all’associato, come corrispettivo di un determinato apporto unitario, una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari, trattandosi, a differenza del contratto di società, di un negozio bilaterale, che crea un singolo scambio fra l’apporto e detta partecipazione (Cass., n. 7550/2012; Cass., n. 10496/2020). Va, però, osservato che nel contratto in questione erano previste una serie di preRAGIONE_SOCIALE ulteriori che la Corte ha ritenuto come ‘ fondamentali ‘ (si pensi all’obbligo di attività di comunicazione per gli eventi), che potrebbero essere considerate come ulteriori rispetto all’«apporto» ex art. 2549 c.c. individuato come caratterizzante in generale lo schema tipo dell’associazione in partecipazione . La stessa sentenza citata dal ricorrente, per sottolineare la funzione di scambio tra singoli scambi
fa rif erimento all’esclusiva « partecipazione agli utili pari al 42, 7412% di quelli che all’associato deriveranno dall’affare precisato in premessa»; nonché del diritto dell’associata «di ottenere nel corso dei lavori anticipazioni di utili a titolo provvisorio e salvo conguaglio da effettuarsi in sede di rendiconto finale e definitivo…».
In ogni caso, questo non esclude che alla pronuncia di risoluzione consegue, oltre all’effetto liberatorio per le preRAGIONE_SOCIALE ancora da eseguire, anche quello restitutorio per quelle già eseguite, e, pertanto, nei contratti a preRAGIONE_SOCIALE corrispettive, la retroattività della pronuncia costitutiva di risoluzione per inadempimento, collegata al venir meno della causa giustificatrice delle attribuzioni patrimoniali già eseguite, comporta l’insorgenza dell’obbligo di restituzione della prestazione ricevuta a carico di ciascun contraente ed indipendentemente dalle inadempienze a lui eventualmente imputabili e, qualora questo non sia possibile, del suo equivalente. Sulla base del principio generale del riconoscimento del compenso per le attività comunque effettuate non ripetibili e delle quali, comunque, la parte stessa si sia giovata. Ora appare innegabile che la parte che agito per la risoluzione abbia tratto profitto dall’occupazione delle aree e che tale prestazione di messa a disposizione delle stesse sia stata eseguita non sia ripetibile ed in linea generale, è stato più volte ribadito che si deve tener conto dell’uso del bene fatto comunque prima della risoluzione, dovendosi, sul piano oggettivo, garantire l’equilibrio anche tra le reciproche preRAGIONE_SOCIALE restitutorie delle parti ed evitare un’illegittima locupletazione di una delle parti (Cass., n. 16077/2020).
10 . ─ Con il secondo motivo: Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (artt. 115 -116 c.p.c.; artt. 1226 – 2697 c.c.) in relazione all’art. 360 , n. 3, c.p.c.
La sentenza della Corte, pur accogliendo la domanda di risoluzione del contratto di associazione in partecipazione e accordi integrativi
per cui è causa, per inadempimento grave ed esclusivo dell’associato RAGIONE_SOCIALE, ha poi erroneamente rigettato tutte le richieste di risarcimento dei danni, a diverso titolo, conseguentemente formulate da RAGIONE_SOCIALE. La sentenza impugnata va cassata là dove ha rigettato tutte le domande risarcitorie della RAGIONE_SOCIALE, in conseguenza del grave inadempimento di RAGIONE_SOCIALE, pur accertato in sentenza, giacchè frutto di una erronea interpretazione e di applicazione delle norme in materia di riparto dell’onere probatorio (art. 1697 c.c.), come pure di prova del danno, anche presuntiva, e sua liquidazione, anche in via equitativa.
10.1 ─ La censura non coglie la ratio decidendi della sentenza ed è comunque inammissibile. La Corte ha analizzato analiticamente tutte le prove addotte per la individuazione e quantificazione del danno subito dalla ricorrente, valutandole non adeguate per una serie di precisi motivi tutti enunciati per ogni singola prova, esprimendosi su ogni fatto che potesse giustificare l’esistenza del danno e la sua quantificazione senza che in tale ricostruzione possa in alcun modo interferire l’evocazione di fatti notori per sostenere un innegabile deficit probatorio ampiamente motivato dalla Corte. In sede di legittimità non è possibile richiedere una diversa valutazione degli esiti istruttori e non il mero controllo della veridicità e della coerenza delle argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata. La denuncia di violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., ivi formalmente proposta, non può essere mediata dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr., anche Cass., n. 15235/2022; Cass., n. 9352/2022; Cass., n. 6000/2022; Cass., n. 25915/2021), «non potendosi surrettiziamente trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie
aspettative» (letteralmente Cass., n. 15235/2022; cfr. Cass., S.U., n. 34476/2019; Cass., n. 8758/ 2017; Cass., n. 32026/2021; Cass., n. 9352/2022). Cass. n. 9021/2023; Cass. n. 6073/2023; Cass. n. 2415/ 2023; ancora recentemente cfr., pure nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 9014/2023; Cass. n. 7993/2023; Cass. n. 4784/2023; Cass. n. 1015/2023).
I ricorrenti incidentale deducono:
11. ─ Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1226 c.c. e 2729 c.c.) con riferimento all’art. 360, co mma 1, n. 3, c.p.c. la Corte ha erroneamente affermato che RAGIONE_SOCIALE avrebbe necessariamente dovuto offrire in giudizio la prova di una concreta occasione perduta di sfruttamento delle aree sine titulo detenute da RAGIONE_SOCIALE dopo la scadenza contrattuale. La controricorrente avrebbe provato il suo interesse allo sfruttamento del bene proprio con i contratti di associazione in partecipazione stipulati con la ricorrente e « ha domandato il ristoro di un danno che, nell’an, deve (e doveva) reputarsi dimostrato per tabulas o, in ogni caso, muovendo dal fatto noto (i.e.: lo sfruttamento commerciale del bene ininterrottamente perseguito e attuato nel 2002, nel 2004 e nel 2005) per presunzioni». L ‘occupazione abusiva del bene, infatti, ha impedito a quest’ultima proprio la concreta offerta a terzi (in locazione o in associazione in partecipazione) delle aree.
11.1 – L a censura è infondata poiché gli orientamenti espressi da questa Corte sulla necessità dell’al legazione di una prova concreta sull’esistenza del danno non possono essere desunti dall’affermazione che l’occupazione abusiva del bene avrebbe impedito la concreta offerta a terzi. La censura finge di ignorare che, nel caso in esame, i contratti di associazione in partecipazione con RAGIONE_SOCIALE sono stati stipulati in un momento temporale (2002) nel
quale le aree erano occupate dalla RAGIONE_SOCIALE e la decorrenza del rapporto è stata individuata alla consegna delle aree da parte di quest’ultima che era avvenuta (soltanto nel 2004) anche grazie al trasporto delle opere allocate nell’area presso il Castello Colonna di Genazzano a cura dell’attuale ricorrente.
-Per quanto esposto, il ricorso principale e quello incidentale vanno rigettati con compensazione delle spese per reciproca soccombenza.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale; compensa le spese giudiziali tra le parti per reciproca soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e delle controricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione