Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30390 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30390 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
Oggetto:
associazione RAGIONE_SOCIALE partecipazione
AC – 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11948/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , elett.te dom.to in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso l o studio dell’AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende con gli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente e controricorrente incidentale –
Contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del l.r.p.t, elett.te domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso l o studio dell’AVV_NOTAIO (studio RAGIONE_SOCIALE) che la rappresenta e difende giusta procura allegata al controricorso;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 556/2020, pubblicata il 17 febbraio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di Treviso che aveva respinto la domanda da lui proposta avente per oggetto la declaratoria di nullità, con le conseguenti statuizioni in tema di pagamento di utili, del contratto di associazione in partecipazione stipulato con la RAGIONE_SOCIALE, oggi RAGIONE_SOCIALE, in data 16 marzo 2000, successivamente integrato in data 22 giugno 2010, siccome in effetti qualificabile come contratto di società, da ritenersi invalido perché all’epoca dei fatti confliggente con il divieto legale di esercizio in forma societaria di imprese aventi per oggetto la gestione di una farmacia.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi, a sua volta resistito dal COGNOME con controricorso.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato che la qualificazione del contratto stipulato tra le parti, effettuata dal Tribunale in termini di associazione in partecipazione, era corretta, siccome nel caso di specie era present e l’elemento caratterizzante siffatta figura negoziale , ovvero l’a pporto dell’associato all’associante per l’esercizio di un’attività imprenditoriale, nella specie la gestione di una farmacia; né la previsione di un diritto a una plusvalenza rispetto all’importo conferito nell’associazione, in dipendenza dell’eventuale vendita della farmacia a soggetti diversi dai figli del COGNOME, poteva far ritenere che fosse stato in effetti stipulato tra le parti un contratto di società, di cui nella specie difettava qualsiasi elemento di comune organizzazione, di patrimonio autonomo dell’ente per effetto dei conferimenti e di rischio comune di impresa per le parti del contratto medesimo.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso principale lamenta:
1-a «Primo motivo. Nullità ex art. 360 n.3 cod. proc. civ. per violazione degli artt. 2549, 2552, 2553 c.c. anche in relazione agli articoli 2082 2086 e 2247 c.c., per avere ritenuto che la clausola di plusvalenza portata dall’art. 3 del contratto del 22 giugno 2010 rep. 44572 AVV_NOTAIO non abbia natura tipica societaria, incompatibile con il contratto di associazione in partecipazione e 2447 c.c.», deducendo che la Corte di appello avrebbe errato nel ritenere che la clausola di plusvalenza contenuta nella modificazione dei patti originari, di cui al
contratto del 2010, non costituisca un tratto tipico ed esclusivo del rapporto societario, ma un mero indice di esso, come tale compatibile anche con il contratto di associazione in partecipazione.
1-b) «Secondo motivo. Nullità ex art. 360 n.3 cod. proc. civ. per violazione degli artt. 2549, 2552, 2553, 2082, 2086 e 2247 c.c., da porsi in relazione all’art. 2468 c.c., per avere ritenuto che la clausola di durata portata dall’art. 7 del contratto del 22 giugno 2010 rep. 44572 AVV_NOTAIO non sia incompatibile con il contratto di associazione in partecipazione nonostante sottragga all’associante la determinazione della durata temporale dell’impresa», deducendo che la Corte di appello avrebbe errato nel ritenere valida la clausola che consentiva unilateralmente all’associata RAGIONE_SOCIALE di prolungare la durata del contratto, così privando l’ imprenditore associante della libertà di stabilire l’ orizzonte temporale di svolgimento della propria attività economica.
1-c) «Terzo motivo. Violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione agli artt. 2549, 2552, 2553 c.c. e agli artt. 2082 e 2247 c.c., per non avere operato la richiesta interpretazione complessiva delle clausole degli artt. 3 e 7 del contratto rep. 44572 AVV_NOTAIO ed averle considerate in modo atomistico.» , deducendo l’ erroneità della sentenza impugnata per avere interpretato in modo atomistico le clausole di plusvalenza e di durata contenute nell’ addendum del 2010 al contratto per cui è causa, finendo erroneamente per escludere la sussistenza nella specie di un contratto di società, che invece sarebbe emerso qualora fosse stata svolta una corretta operazione di interpretazione complessiva delle clausole contrattuali.
Rileva la Corte che, in ordine logico, va esaminato con priorità il terzo motivo di ricorso, ponendo esso la questione, decisiva ai fini del decidere, della correttezza o meno dell’attività di ermeneutica contrattuale effettuata dal giudice del merito in relazione alla qualificazione giuridica del rapporto negoziale esistito tra le parti. La censura, pur priva come avrebbe dovuto di riferimenti a una delle ipotesi tassative previste dall’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., è tuttavia inquadrabile, a tenore del suo contenuto, nel paradigma della falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., di cui all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. civ., lamentando che il giudice di appello avrebbe interpretato le clausole contrattuali in modo atomistico e non complessivo, pervenendo pertanto a una conclusione erronea. In tali termini, questa Corte (da ultimo, Cass. Sez. 1, n. 13595/2020; id. Sez. 3, n. 20294/2019) è ferma nel ritenere che nell’interpretazione del contratto, il carattere prioritario dell’elemento letterale non deve essere inteso in senso assoluto, atteso che il richiamo nell’art. 1362 cod. civ. alla comune intenzione delle parti impone di estendere l’indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici, anche laddove il testo dell’accordo sia chiaro, ma incoerente con indici esterni rivelatori di una diversa volontà dei contraenti; pertanto, assume valore rilevante anche il criterio logico-sistematico di cui all’art. 1363 cod. civ., che impone di desumere la volontà manifestata dai contraenti da un esame complessivo delle diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa.
L’ applicazione di tali principi al caso in esame conduce alla reiezione della censura. Invero, la Corte territoriale non ha affatto esaminato in maniera atomistica le clausole contrattuali derivanti
dalle modificazioni apportate all’originario contratto per effetto dell’atto notarile del 2010 ma, del tutto diversamente, ha ritenuto che anche le modificazioni apportate non fossero idonee a far ritenere che la pattuizione complessiva potesse inscriversi nel novero del contratto di società, restando invece nell’ambito della legittima manifestazione dell’autonomia contrattuale, quali elementi caratterizzanti del primigenio contratto di associazione in partecipazione , cha tale restava anche all’esito delle nuove pattuizioni integrative dell’accordo originario .
Nel far ciò, la Corte di appello (a pag. 8) ha mostrato di ben avvedersi di quali siano gli elementi caratterizzanti del contratto di società e di quello di associazione in partecipazione e, dopo aver analizzato tanto la clausola di plusvalenza che quella di durata, ha concluso nel senso che nessuna delle due (intendendo evidentemente entrambe, posto che entrambe erano valide ed efficaci) consentiva di ritenere sussistente né l’ affectio societatis , né quel minimo di organizzazione in comune di attività imprenditoriale che caratterizza il tipo del contratto di società.
Escluso, quindi, che la sentenza impugnata sia incorsa in falsa applicazione dei canoni ermeneutici sopra individuati da questa Corte regolatrice, va detto che ciò che per il resto il motivo in esame tende a ottenere è un ‘inammissibile rivisitazione di tale percorso ermeneutico da parte di questa Corte; ciò che non è consentito, appartenendo il relativo giudizio in via esclusiva alla fase di merito del processo.
Analoga sorte hanno anche i primi due motivi di ricorso, che si rivelano altrettanto inammissibili atteso che, dovendo premettersi che in alcun caso la violazione dell’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. può ridondare in nullità della sentenza impugnata (come invece la
rubrica delle censure in esame mostra di ritenere), se scrutinati nella loro sostanza come deducenti una falsa applicazione delle norme ivi richiamate, anch’essi si palesano totalmente versati in fatto, pretendendo che sia questa Corte di legittimità a sovrapporre il proprio convincimento a quello dei giudici del merito in ordine alla qualificazione del contratto per cui è causa.
Il ricorso incidentale condizionato, che lamenta:
2-a «Primo motivo. Violazione de ll’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. per non essersi la Corte di appello di Venezia pronunciata sull ‘ eccezione di giudicato sollevata da RAGIONE_SOCIALE in comparsa di costituzione con riferimento alla novità della causa petendi addotta dal dott. COGNOME nella comparsa conclusionale dimessa in primo grado, rilevata in sentenza dal giudice di prime cure e non specificamente impugnata con l’atto di appello. ».
2-b «Secondo motivo. Violazione de ll’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. per non essersi la Corte di appello di Venezia pronunciata sulle eccezioni di inammissibilità sollevate da RAGIONE_SOCIALE in comparsa di costituzione con riferimento al terzo motivo di gravame proposto dal dott. COGNOME»
è assorbito dalla reiezione del ricorso principale.
La soccombenza regola le spese, liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma
del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna RAGIONE_SOCIALE a rifondere a RAGIONE_SOCIALE le spese della presente fase di legittimità che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 novembre