Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32520 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32520 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1042-2019 proposto da:
COGNOME NOME, in proprio e quale titolare della Ditta “RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME“, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
Oggetto
R.G.N. 1042/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 27/09/2024
CC
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 713/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 01/10/2018 R.G.N. 588/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
27/09/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G. 1042/19
Considerato che:
Con sentenza del giorno 1.10.2018 n. 713, la Corte d’appello di Firenze accoglieva l’appello principale proposto dall’Inps, avverso la sentenza del Tribunale di Grosseto che aveva accolto parzialmente l’opposizione all’avviso di addebito con il quale l’Inps av eva intimato il pagamento della complessiva somma di € 14.330,93, a titolo di contributi e somme aggiuntive, conseguenti all’esito dell’accertamento ispettivo compiuto il 28.12.2012, nei confronti della ditta di COGNOME NOME esercente l’attività di centro estetico, in occasione del quale erano state riscontrate plurime irregolarità nei rapporti di lavoro intercorsi con il personale utilizzato all’interno del centro estetico.
Il tribunale, premesso che l’onere della prova della pretesa contributiva incombeva sull’Inps, riteneva equivoche le dichiarazioni testimoniali con riguardo alla pretesa natura subordinata delle prestazioni delle due dipendenti che risultavano aver stipulato un contratto di associazione in partecipazione. Confermava, invece, la correttezza dei rilievi mossi in sede ispettiva con riguardo a tutte le altre posizioni, ritenendo raggiunta la prova.
La Corte d’appello, da parte sua, a supporto dei propri assunti di accoglimento del gravame principale dell’Inps, confermava la pretesa impositiva dell’Istituto previdenziale, in quanto dall’esame delle plurime dichiarazioni testimoniali emergeva la natura subordinata del rapporto di lavoro delle due lavoratrici formalmente associate in partecipazione, mentre rigettava l’appello incidentale della Capolupo, affermando la debenza della maggiore contribuzione ricalcolata dall’Inps, in relazione alle posizioni delle restanti lavoratrici del centro estetico.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, COGNOME NOME ricorre per cassazione, sulla base di tre motivi, mentre l’Inps resiste con controricorso.
Il Collegio riserva ordinanza nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Rilevato che:
Con il primo e secondo motivo di ricorso (aventi analoga rubrica e contenuto), la ricorrente deduce il vizio di omessa valutazione di ‘fatti decisivi’ quanto alla posizione delle associate NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., con riferimento alla natura artistica e creativa delle prestazioni estetiche delle lavoratrici, che erano libere e svincolate dal rispetto di istruzioni o direttive datoriali, rispondendo solo ai desiderata del cliente, non potendo essere, pertanto, inquadrate come lavoratrici subordinate.
Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di omessa riproposizione da parte dell’Inps, in sede di gravame, dell’eccezione di incompatibilità tra lavoro subordinato e associazione in partecipazione (al fine di affermare la prevalenza della natura subordinata dei rapporti lavorativi delle associate in partecipazione), con conseguente error in
procedendo , per violazione dell’art. 346 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., perché alla Corte territoriale era, pertanto, precluso l’esame di un’eccezione di merito che non era stata espressamente riproposta dall’appellante principale.
Il primo e secondo motivo di ricorso, che possono essere oggetto di un esame congiunto, in quanto connessi, sono inammissibili; infatti, in disparte la non deducibilità del vizio di semplice difetto di motivazione, il ricorrente non riporta dove e quando abbia svolto analoga censura in sede di gravame, così che la censura appare formulata per la prima volta in sede di legittimità ed inoltre, la stessa appare non decisiva per confutare l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, quale quello intercorrente -per come riconosciuto dalla Corte del merito -tra la COGNOME e le due lavoratrici; infatti, la natura creativa e artistica dell’attività non ne preclude lo svolgimento nella forma di attività lavorativa di tipo subordinato.
Il terzo motivo è inammissibile; infatti, la ricorrente non trascrive l’atto di appello nel quale la stessa afferma che non era stata riproposta dall’Inps l’eccezione di incompatibilità del rapporto di lavoro subordinato con il contratto di associazione in partecipazione, ritenendo, implicitamente non specifici i motivi d’appello. Il motivo difetta pure di rilevanza, in quanto la Corte del merito, essendole devoluta la questione sulla natura del rapporto di lavoro oggetto di controversia, poteva senz’altro riqualificare d’ufficio il predetto rapporto lavorativo, in contratto di lavoro subordinato.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna alle spese di lite, secondo quanto meglio indicato in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la ricorrente a pagare all’Inps le spese di lite che liquida nell’importo di € 3.500,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27.9.24