Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11051 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11051 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6558-2021 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
ISPETTORATO TERRITORIALE DEL RAGIONE_SOCIALE RAVENNAFORLIRAGIONE_SOCIALE-CESENA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
e sul RICORSO SUCCESSIVO SENZA N.R.G. proposto da: COGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente successivo –
Oggetto
R.G.N. 6558/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 05/03/2025
CC
contro
ISPETTORATO TERRITORIALE DEL RAGIONE_SOCIALE RAVENNAFORLIRAGIONE_SOCIALE-CESENA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente al ricorso successivo avverso la sentenza n. 2242/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 11/08/2020 R.G.N. 2435/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME legale rappresentante p.t. della RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione n. 12439/2015 di applicazione di sanzione amministrativa scaturita da alcune irregolarità riscontrate dalla DTL di Ravenna con riferimento al rapporto di lavoro di NOME COGNOME nel periodo maggio 2006/gennaio 2008, rapporto ritenuto all’esito di accertamento ispettivo di natura subordinata seppure formalmente configurato come di associazione in partecipazione.
Con separato ricorso NOME COGNOME legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione n. 12438/2015, di applicazione di sanzione amministrativa scaturita da alcune irregolarità riscontrate dalla DTL di Ravenna con riferimento al rapporto di lavoro di NOME COGNOME nel periodo febbraio 2008/marzo 2011, rapporto ritenuto all’esito di accertamento ispettivo di natura subordinata seppure formalmente configurato come di associazione in partecipazione.
Il Tribunale di Ravenna rigettava le opposizioni previa riunione delle stesse.
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Ravenna ha confermato la decisione di primo grado respingendo gli appelli del COGNOME e del COGNOME .
Per la cassazione della decisione hanno proposto separati ricorsi NOME COGNOME e NOME COGNOME sulla base rispettivamente di dieci e di otto motivi; l’Ispettorato Territoriale del lavoro di Ravenna-Forlì- Cesena ha depositato tempestivi controricorso; entrambi i ricorrenti hanno depositato memoria.
Considerato che
Motivi di ricorso di NOME COGNOME
Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME deducendo violazione dell’art. 3 l. n. 890/1982 e violazione degli artt. 148, 149 e 156 c.p.c., censura la sentenza impugnata per omesso rilievo della inesistenza e nullità della notifica dell’ordinanza ingiunzione n. 12439/2015 derivante dai vizi analiticamente denunziati in ricorso (v. ricorso per cassazione, pag. 13, secondo cpv).
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 28 l. n. 689/1981 e degli artt. 2934, 2935 e 2697 c.c. censurando la sentenza impugnata per avere respinto la eccezione di prescrizione pur in assenza di atti aventi efficacia interruttiva del decorso del termine prescrizionale.
Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 24 Cost., dell’art. 3 l. n. 241/1990 e degli artt. 11/18 l. n. 689/1981 per
avere affermato la determinatezza degli importi oggetto di ingiunzione.
Con il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., dell’art. 13 d. lgs. n. 124/2004, dell’art. 33 l. n. 183/2010 e degli artt. 11 -18 l. n. 689/1981 per avere la sentenza impugnata affermato la correttezza del verbale di primo accesso ispettivo – non consegnato ad esso Bordignonquale atto presupposto del verbale unico di accertamento della DTL e dell’ordinanza ingiunzione e, comunque, per avere ritenuto il vizio dell’atto irrilevante per avvenuto raggiungimento dello scopo.
Con il quinto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., degli artt. 3 e 21 septies l. n. 241/1990 e dell’art. 7 l. n. 212/2000, della l. n. 241/1990, degli artt. 11/18 l. n. 689/1981 e dell’art. 13 d. lgs.124/2004, dell’art. 33 l. n. 183/2010 e degli artt. 11-18 l. n. 689/1981 per avere ritenuto la correttezza del verbale di primo accesso ispettivo non consegnato ad esso Bordignon – quale atto presupposto del verbale unico di accertamento della DTL e dell’ordinanza ingiunzione e comunque la irrilevanza del vizio per raggiungimento dello scopo, nonostante l’assenza di sottoscrizione dei funzionari verbalizzanti.
Con il sesto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 411 c.p.c. e dell’art. 2113 c.c. nonché violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’ art. 2697 c.c. e all’art. 1965 c.c. quale omesso esame di fatto decisivo con riferimento alla sottoscrizione dell’accordo sindacale, con assistenza delle associazioni di categoria, intervenuto in data 28.1.2004.
Con il settimo motivo deduce violazione dell’art. 91 c.p.c. anche in relazione all’art. 112 c.p.c. e dell’art. 24 Cost. censurando la sentenza impugnata per aver condannato esso COGNOME al pagamento delle spese di lite nonostante la DTL fosse rimasta contumace nei suoi confronti.
Con l’ottavo motivo di ricorso, svolto in via subordinata al mancato accoglimento del settimo motivo, deduce violazione e falsa applicazione del d.m. n. 140/201 e, in subordine, del d.m. n. 127/2004 e violazione dell’art. 24 Cost., censurando la sentenza impugnata per avere, nella liquidazione delle spese di lite, considerato erroneamente lo scaglione di riferimento risultante dalla somma del valore dei due procedimenti riuniti ma sostanzialmente autonomi.
Con il nono motivo deduce omesso esame di fatti storici e decisivi risultanti dagli atti e documenti di causa.
Con il decimo motivo deduce violazione dell’art. 2697 c.c. nonché degli artt. 115 e 167 c.p.c. censurando la sentenza impugnata per avere la Corte di merito deciso la controversia sulla base dell’indebita inversione dell’onere probatorio relativo al contratto di associazione in partecipazione stipulato con la RAGIONE_SOCIALE nel periodo dedotto.
Motivi di ricorso di NOME COGNOME
Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME deducendo violazione dell’art. 3 l. n. 890/1982 e violazione degli artt. 148, 149, e 156 c.p.c., censura la sentenza impugnata per omesso rilievo della inesistenza e nullità della notifica dell’ordinanza ingiunzione n. 12438/2015.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 28 l. n. 689/1981 e degli artt. 2934, 2935 e 2697 c.c. censurando la sentenza impugnata per avere respinto la eccezione di prescrizione pur in assenza di atti aventi efficacia interruttiva del decorso del termine prescrizionale.
Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 24 Cost. dell’art. 3 l. n. 241/1990 e degli artt. 11/18 l. n. 689/1981 censurando la sentenza impugnata per avere affermato la determinatezza degli importi oggetto di ingiunzione.
Con il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., degli artt. 3 e 21 septies l. n. 241/1990, degli artt. 11/18 l. n. 689/1981 censurando la sentenza impugnata per avere affermato la correttezza del verbale unico di accertamento, quale atto presupposto del verbale unico di accertamento della DTL e dell’ordinanza ingiunzione, e, comunque, la irrilevanza del vizio per raggiungimento dello scopo nonostante l’assenza di sottoscrizione dei funzionari verbalizzanti.
Con il quinto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 411 c.p.c. e dell’art. 2113 c.c. nonché violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione agli artt. 2697 c.c. e dell’art. 1965 c.c. quale omesso esame di fatto decisivo con riferimento a lla sottoscrizione dell’accordo transattivo in data 28.1.2004 stipulato con l’assistenza delle associazioni di categoria. Tale accordo era determinante al fine del corretto inquadramento del rapporto tra NOME COGNOME e la società RAGIONE_SOCIALE
Con il sesto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del d.m. n. 140/201 e, in subordine, del d.m. n.
127/2004 e violazione dell’art. 24 Cost. censurando la sentenza impugnata per avere, nella liquidazione delle spese di lite, preso in considerazione uno scaglione tariffario risultante dalla somma del valore del procedimento relativo al Muz con quello relativo al Bordignon mentre tali procedimenti sebbene riuniti erano sostanzialmente autonomi.
Con il settimo motivo deduce omesso esame di fatti storici e decisivi risultanti dagli atti e documenti di causa.
Con l’ottavo motivo deduce violazione dell’art. 2697 c.c. nonché degli artt. 115 e 167 c.p.c. censurando la sentenza impugnata per avere la Corte di merito deciso la controversia sulla base dell’indebita inversione dell’onere probatorio relativo alla prova del contratto di associazione in partecipazione.
Esame dei motivi del ricorso di NOME COGNOME
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
19.1. La sentenza impugnata ha ritenuto che i vizi formali denunziati dai ricorrenti non avevano inficiato la validità della notifica della ordinanza ingiunzione ed il raggiungimento del suo scopo consistente nel portare l’atto nella sfera di conoscenza de l destinatario, come in effetti avvenuto avendo sia il Bordignon che il Muz avuto la possibilità di difendersi adeguatamente nel merito (sia in sede amministrativa che in sede giudiziale); ha escluso quindi che gli asseriti vizi di notifica comportassero la inesistenza dell’atto .
19.2. Tanto premesso, la inammissibilità del motivo in esame scaturisce: a) dal difetto di specificità nella esposizione dei fatti di causa essenziali alla illustrazione delle censure; in particolare risulta carente la esposizione dei rilievi formulati con
il ricorso in opposizione e alla relativa reiterazione nel ricorso in appello con specifico riferimento al procedimento notificatorio, al verbale di accertamento ed alla ordinanza ingiunzione. Tale esposizione era vieppiù necessaria in quanto la sentenz a impugnata ha comunque mostrato di ‘rispondere’ in merito ad alcuni profili di talché gli odierni ricorrenti non potevano limitarsi ad un’evocazione meramente contrappositiva circa la sussistenza delle irregolarità denunziate ma avrebbero dovuto specifica mente confrontarsi con l’accertamento del giudice di merito, come non avvenuto; b) dalla mancata trascrizione del contenuto degli atti e documenti nonché dalla mancata indicazione della correlata localizzazione nell’ambito del giudizio di merito come pres critto dall’art. 366, comma 1 n. 6 c.p.c. ( v., in particolare in tema di denunzia di vizi relativi al procedimento notificatorio, Cass. 1150/2019, Cass. 31083/2018) .
20. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
20.1. La sentenza impugnata ha respinto la eccezione di prescrizione formulata dagli odierni ricorrenti – fondata, secondo quanto si evince dalla sentenza impugnata, sul fatto che il verbale unico di accertamento e notificazione era affetto da insanabile nullità per assenza della sottoscrizione dei verbalizzanti – invocando il principio del raggiungimento dello scopo, ulteriormente precisando quanto al Bordignon che, venendo in rilievo un illecito permanente il dies a quo della contestazione coincideva con la cessazione della permanenza. Analogamente per la interruzione del termine decadenziale di 90 giorni ex art. 14 l. n. (sentenza, pag. 5 e sgg.). Il Collegio ha inoltre dato atto che dall’esame de gli atti (verbale unico di accertamento e notificazione) redatti a carico del Bordignon e
del Muz risultava la sottoscrizione in calce da parte dei verbalizzanti, funzionari ispettivi in servizio presso la DPL di Ravenna, di talché la censura, oltre ad essere infondata risultava pure pretestuosa non essendovi alcuna norma di legge che imponeva la doppia sottoscrizione del verbale stesso per ogni singola sezione (sentenza, pag. 9 e sg).
20.2. Tanto premesso, ricordato che il Bordignon ha contestato la asserita natura permanente dell ‘ illecito di mancata consegna dei prospetti paga e sostenuto che il verbale unico di accertamento non poteva avere alcuna effetto interruttivo in quanto inficiato da nullità insanabile derivante dalla mancata notifica preventiva del verbale di primo accesso ispettivo e dall’assenza di sottoscrizione dei verbalizzanti, la inammissibilità del motivo scaturisce: a) dal fatto che le censure articolate non si confrontano con lo specifico accertamento, del quale viene dato atto in sentenza, relativo alla sussistenza delle sottoscrizione in calce al verbale di accertamento da parte dei funzionari verbalizzanti e neppure contrastano specificamente la affermazione di irrilevanza della mancata notificazione del verbale di primo accesso; b) dall’ omessa trascrizione, in violazione dell’art. 366, comma 1 n. 6 c.p.c. dei documenti alla base delle censure.
21. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
21.1. La sentenza impugnata ha mostrato di condividere la valutazione di prime cure in ordine all’adeguatezza della motivazione della ordinanza ingiunzione con riferimento ai criteri di determinazione delle sanzioni, che ha ritenuto consentisse la verifica della corrispondenza della sanzione applicata all’illecito contestato e la congruenza della somma
irrogata a titolo di sanzione amministrativa; ha inoltre richiamato il precedente delle sezioni unite di questa Corte ( Cass. n. 1786/2010) alla stregua della quale i vizi di motivazione della ordinanza ingiunzione non comportano la nullità del provvedimento, e quindi l’insussistenza del diritto di credito derivante dalla violazione commessa, in quanto il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l’atto ma il rapporto (sentenza, pag. 8).
21.2. Le ragioni di doglianza non sono idonee alla valida censura delle ragioni della decisione riscontrandosi: a) la mancata trascrizione, in violazione dell’art. 366, comma 1 n. 6 c.p.c., dell’atto alla base delle censure; b) il fatto che le censure proposte si sostanziano in mero dissenso valutativo alle conclusioni attinte dalla Corte di merito circa l’adeguatezza della motivazione, dissenso intrinsecamente inidoneo a dare contezza dell’errore in tesi ascritto al giudice di merito.
22. Il quarto motivo di ricorso è infondato.
22.1. La sentenza impugnata ha respinto la eccezione relativa alla mancata notifica del verbale di primo accesso, osservando che la stessa non aveva inciso sul diritto di difesa (sentenza, pag. 10, primo cpv).
22.2. Tanto premesso il motivo in esame risulta infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale in tema di sanzioni amministrative in materia di previdenza e lavoro, il vizio procedimentale integrato dalla mancata consegna, al momento dell’accertamento ispettivo, del verbale di primo accesso assume rilevanza, in sede di opposizione ad ordinanza ingiunzione, solo ove abbia determinato una lesione effettiva del diritto di difesa e la
predetta lesione sia stata allegata (Cass. 26050/2023); la Corte di merito ha infatti escluso il verificarsi di lesioni al diritto di difesa con accertamento non validamente contrastato dal ricorrente, sostanziandosi le ragioni di doglianza nella mera deduzione di siffatta lesione prospettata non in concreto ma con riferimento al fatto in sé della mancata notifica.
23. Il quinto motivo di ricorso è infondato.
23.1. La sentenza impugnata, dato atto dell’esame del verbale unico di accertamento e notificazione da parte del Collegio, ha confermato la avvenuta sottoscrizione in calce da parte dei funzionari verbalizzanti ed evidenziato che non vi è alcuna norma di legge che imponga la doppia sottoscrizione del verbale per ogni singola sezione (sentenza, pag. 9 e sg).
23.2. L’accertamento della Corte di merito e le conseguenze tratte sul piano giuridico non sono validamente impugnati posto che: a) è mancata la trascrizione dell’atto alla base delle censure, in violazione dell’art. 366, comma 1 n. 6 c.p.c. , come necessario al fine di consentire al Collegio la verifica di fondatezza delle censure sulla base del solo esame dell’atto di impugnazione (Cass. n. 12761/2004, Cass. Sez. Un. n. 2602/2003, Cass. n. 4743/2001; b) le censure non si confrontano con l’affermazione del la Corte di merito secondo la quale non era richiesta la doppia sottoscrizione, con implicita valutazione, quindi, di conformità del verbale di accertamento unico alle prescrizioni di legge, in particolare in tema di imputabilità dell’atto amministrativo.
Il sesto motivo di ricorso deve essere respinto.
24.1. La sentenza impugnata ha ritenuto dimostrata sulla base della prova orale e documentale la natura subordinata del
rapporto di lavoro della RAGIONE_SOCIALE osservando che non era decisiva la qualificazione che dello stesso avevano dato le parti; vi è stato quindi un implicito riferimento al tema dell’accordo intervenuto tra le due società e la RAGIONE_SOCIALE nel corso dell’anno 2008 ci rca l’inquadramento del rapporto con la suddetta , ricondotto dal punto di vista formale all’ambito dell’associazione in partecipazione.
24.2. Tanto premesso, a prescindere dal difetto di autosufficienza del motivo nella esposizione del fatto processuale con specifico riferimento alle difese sviluppate dalle parti nel corso del giudizio di merito in ordine alla qualificazione del rapporto di lavoro in oggetto, la sentenza risulta comunque corretta in diritto alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il nomen iuris attribuito dalle parti in sede negoziale non risulta vincolante in ragione della maggiore rilevanza che deve attribuirsi alle concrete modalità di svolgimento del rapporto, quali accertate dal giudice di merito, da cui è ricavabile l’effettiva volontà delle parti (iniziale o sopravvenuta), rispetto al “nomen iuris” adottato (Cass. n. 22289/2014, Cass. n. 19568/2013).
25. Il settimo motivo di ricorso è inammissibile.
25.1. La sentenza impugnata ha infatti dato espressamente atto che la DTL si era costituita in entrambi i giudizi poi riuniti, avendo gli odierni ricorrenti impugnato con atti separati la sentenza di primo grado (sentenza, pag. 4, 5° cpv). Nel controricorso DTL conferma di essersi costituita in entrambi i giudizi e tale affermazione non è stata validamente censurata dalla odierna ricorrente mediante sufficiente esposizione del fatto processuale e trascrizione degli atti rilevanti, destinati a sorreggere l ‘assunto difensivo della contumacia della DTL. In
conseguenza risulta corretta la statuizione di condanna NOME COGNOME alle spese di lite di entrambi i gradi di merito.
L’ottavo motivo di ricorso è infondato.
26.1. La sentenza impugnata ha condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME a rifondere alla parte appellata le spese di lite che ha liquidato in € 4.963,00 per il giudizio di appello, oltre le spese forfettarie, IVA e CPA come per legge.
26.2. Non avendo quindi la sentenza statuito sulla ripartizione delle spese di lite, ai sensi dell’art. 97 , comma 2 c.p.c. questa deve essere effettuata per quote uguali. Da tanto deriva che la concreta liquidazione delle stesse non viola il parametro scaturente dallo scaglione tariffario di riferimento per ciascuna causa posto che la somma liquidata a carico di ciascuno degli odierni ricorrenti , pari a € 2 .481,5, si colloca comunque all’interno dello scaglione relativo alle cause di valore compreso fra € 5.200,01 a € 26.000,00, quali per l’appunto quelle in oggetto di cui ai ricorsi riuniti.
Il nono motivo di ricorso è inammissibile.
27.1. La deduzione di vizio di motivazione ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. risulta infatti preclusa ai sensi dell’art. 348 ter ultimo comma nel testo all’epoca vigente alla luce del condivisibile indirizzo di questa Corte secondo il quale, in presenza di <> il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 5947/2023; Cass. n. 26774/ 2019, Cass. n. 19001/2016, Cass. n. 5528/2014), come in concreto non avvenuto.
28. Il decimo motivo di ricorso è infondato.
28.1. Invero, la violazione dell’art. 2697 c.c. è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107/2013; Cass. n. 13395/2018); tale violazione non risulta ravvisabile in relazione alla presente fattispecie posto che la decisione è frutto di concreto accertamento tratto dalle emergenze in atti e non di applicazione della regola residuale dettata dall’art. 2697 c.c. .
Esame dei motivi di ricorso proposti da NOME COGNOME
Il primo motivo di ricorso proposto da NOME COGNOME è inammissibile per le ragioni già esplicitate in relazione al primo motivo del ricorso di NOME COGNOME alle quali si rinvia (v. intero paragrafo 19).
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per le ragioni già esplicitate in relazione al secondo motivo del ricorso di NOME COGNOME, alle quali si rinvia (v. intero paragrafo 20).
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile per le ragioni già esplicitate in relazione al terzo motivo del ricorso di NOME COGNOME, alle quali si rinvia (v. intero paragrafo 21).
Il quarto motivo di ricorso deve essere respinto per le ragioni già esplicitate in relazione al quinto motivo del ricorso di NOME COGNOME, alle quali si rinvia (v. intero paragrafo 23).
Il quinto motivo di ricorso deve essere respinto per le ragioni già esplicitate in relazione al sesto motivo del ricorso di NOME COGNOME, alle quali si rinvia (v. intero paragrafo 24).
Il sesto motivo di ricorso è infondato per le ragioni già esplicitate in relazione all’ottavo motivo del ricorso di NOME COGNOME, alle quali si rinvia (v. intero paragrafo 26).
Il settimo motivo di ricorso è inammissibile per le ragioni già esplicitate in relazione al nono motivo del ricorso di NOME COGNOME, alle quali si rinvia (v. intero paragrafo 27).
L’ottavo motivo di ricorso deve essere respinto per le ragioni già esplicitate in relazione al decimo motivo del ricorso di NOME COGNOME, alle quali si rinvia (v. intero paragrafo 28).
In conclusione, in base alle considerazioni che precedono entrambi i ricorsi devono essere respinti.
Al rigetto del ricorso consegue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite e la condanna di entrambi i ricorrenti al raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta entrambi i ricorsi. Condanna NOME COGNOME alla rifusione alla rispettiva parte controricorrente delle spese di lite che liquida in € 2.500,00 per compensi professionali oltre spese prenotate a debito. Condanna NOME COGNOME alla rifusione alla rispettiva parte controricorrente delle spese di lite che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte di entrambi i ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 5 marzo 2025