Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33058 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33058 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
Oggetto
Contributi previdenziali, associazione in partecipazione, art. 2549 c.c. come modificato dall’art. 1, comma 28, l. n. 92/2012
R.G.N.6198/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 27/09/2024
CC
sul ricorso 6198-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, NOME COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 569/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 08/08/2018 R.G.N. 135/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/09/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata l’8.8.2018, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso gli avvisi di addebito con cui l’INPS le aveva ingiunto il pagamento di differenze contributive ri venienti dall’impiego di associati in partecipazione in numero superiore a tre, in violazione dell’art. 2549 c.c. come modificato dall’art. 1, comma 28, l. n. 92/2012;
che avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;
che RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, successivamente illustrato con memoria;
che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 27.9.2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo di censura, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2549 c.c., nel testo risultante dalla modifica apportata dall’art. 1, comma 28, l. n. 92/2012, per avere la Corte di merito ritenuto che il limite dei tre associati di cui alla norma cit. dovesse riferirsi a ciascuna unità produttiva e non all’impresa nel suo complesso;
che, in punto di fatto, è incontroverso che l’odierna controricorrente, all’epoca dei fatti per cui è causa (luglio 2012 -ottobre 2013), oltre ad occuparsi dell’acquisto, produzione,
commercializzazione, gestione, manutenzione, montaggio, noleggio e prestito di apparecchi di intrattenimento ex art. 110 T.U.L.P.S., gestiva sul territorio nazionale n. 73 sale giochi, la cui conduzione e gestione era affidata a n. 183 associati in partecipazione;
che, con decorrenza dal 18.7.2012, l’art.1, comma 28, l. n. 92/2012, nell’aggiungere un secondo comma all’art. 2549 c.c., ha stabilito che ‘qualora l’apporto dell’associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti, con l’unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati all’associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità ent ro il secondo’, precisando che ‘in caso di violazione del divieto di cui al presente comma, il rapporto con tutti gli associati il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato’;
che i giudici di merito, accogliendo la prospettazione dell’odierna controricorrente, hanno ritenuto, per quanto rileva in questa sede, che l’inciso ‘in una medesima attività’ andasse riferito alle singole unità produttive in cui l’attività imprenditoriale concernente le sale giochi è in concreto articolata ed esercitata e, constatato che il numero degli associati in ciascuna sala giochi non aveva superato il limite legale, hanno accolto l’opposizione;
che trattasi, ad avviso del Collegio, di interpretazione non condivisibile;
che, sul piano letterale, va rilevato che il secondo comma dell’art. 2549 c.c. riferisce il limite dei tre associati il cui apporto consista ‘anche in una prestazione di lavoro’ alla ‘medesima
attività’, il che, avuto riguardo alla disposizione di cui al comma precedente (che, com’è noto, definisce l’associazione in partecipazione come il contratto con cui ‘l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto’), permette di individuare quest’ultima o in un singolo ‘affare’ ovvero in qualcuna delle attività produttive che possono essere proprie dell”impresa’ complessivamente considerata; che, per contro, la nozione di ‘unità produttiva’ designa ogni articolazione autonoma dell’azienda che abbia idoneità, sotto il profilo funzionale e finalistico, ad esplicare, in tutto o in parte, l’attività dell’impresa medesima, della quale costituisca u na componente organizzativa, connotata da indipendenza tecnica ed amministrativa tali che in essa si possa concludere una frazione dell’attività produttiva aziendale (così, tra le più recenti, Cass. n. 20600 del 2014);
che l’interpretazione anzidetta appare coerente con la ratio restrittiva che ha ispirato dapprima l’art. 86, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, che -al dichiarato fine di ‘evitare fenomeni elusivi della disciplina di legge e contratto collettivo’ ha previsto, in funzione integrativa della disciplina dell’associazione in partecipazione, che ove tali rapporti fossero ‘resi senza una effettiva partecipazione e adeguate erogazioni a chi lavora’, si applicassero all’associato le più favorevoli disposizioni previste per il lavoratore dipendente (cfr. Cass. n. 2371 del 2015), e da ultimo la riscrittura del comma 2° dell’art. 2549 c.c. ad opera dell’art. 53, d.lgs. n. 81/2015, che ha drasticamente previsto che ‘nel caso in cui l’associato sia una persona fisica l’appor to di cui al primo comma non può consistere, nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro’;
che, d’altra parte, l’anzidetta interpretazione non appare revocabile in dubbio nemmeno in relazione ai sospetti d’incostituzionalità sollevati da parte controricorrente, ove si osservi che rimane nella discrezionalità del legislatore l’individuazione del necessario bilanciamento tra la libertà d’iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost. e la tutela del lavoro ‘in tutte le sue forme e applicazioni’ (art. 35 Cost.) e che il c.d. principio di indisponibilità del tipo contrattuale non può considerarsi d’os tacolo alla conversione del rapporto di associazione in partecipazione in rapporto di lavoro subordinato, traendo quest’ultima origine da una condotta datoriale violativa di norme imperative ed essendo semmai coerente con la finalità antielusiva perseguita dal legislatore (cfr. in tal senso Cass. n. 9471 del 2019);
che del pari rimane affidata alla discrezionalità del legislatore la scelta se differire l’entrata in vigore del nuovo regime con una qualche disposizione transitoria (come accaduto con l’art. 53, d.lgs. n. 81/2015, cit., che al comma 2 ha previsto che ‘i contratti di associazione in partecipazione in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto, nei quali l’apporto dell’associato persona fisica consiste, in tutto o in parte, in una prestazione di lavoro, sono fatti salvi fino alla loro cessazio ne’) ovvero stabilirne l’immediata applicazione rispetto a tutti i destinatari che versino nella situazione oggetto della nuova disciplina (così già Cass. n. 7092 del 1995);
che il ricorso va conseguentemente accolto e, cassata la sentenza impugnata, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto: ‘l’art. 2549, comma 2°, c.c., nel testo introdotto dall’art. 1, comma 28, l. n. 92/2012, si interpreta nel senso che il limite di tre associati in partecipazione, il
superamento del quale determina la trasformazione di tutti i rapporti di associazione in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, va riferito non già alla singola unità produttiva in cui sia eventualmente articolata l’attività d’impresa, ma a ciascun affare o a ciascuna delle attività produttive proprie dell’impresa, indipendentemente dal fatto che ognuna di esse sia a sua volta articolata in una pluralità di unità produttive’;
che il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione;
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 27.9.2024.