Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5264 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1   Num. 5264  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16856/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo  studio  dell’avvocato  COGNOME  NOME  (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE  che  l a rappresenta e difende
-ricorrente-
 contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO,  presso lo studio dell’avvocato COGNOME  NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta  e  difende  unitamente  all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti-
nonché
COGNOME NOME
contro
-intimato- avverso SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 771/2020 depositata il 30/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Il tribunale di Roma ha accolto la domanda di RAGIONE_SOCIALE e ha condannato  i  convenuti  NOME  COGNOME  e  NOME  COGNOME  al pagamento della somma di 2,5 mil. EUR quale corrispettivo dell’acquisto del 25 % del capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE, al quale  acquisto i medesimi si erano obbligati in base a un’opzione pull & call.
Su gravame dei soccombenti la sentenza è stata riformata dalla corte d’appello di Roma , perché il patto di opzione, consacrato in una scrittura  del  28-9-2009,  era  da  considerare  invalido,  essendo  stato parte di una più complessa operazione diretta a consentire, tramite un finanziamento di RAGIONE_SOCIALE, l’acquisto di azioni proprie della stessa società.
La  NOME  ha  proposto  ricorso  per  cassazione,  deducendo  tre motivi.
Gli intimati hanno replicato con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
– La vicenda al fondo della controversia è stata ricostruita dalla corte d’appello nel seguente modo:
 la  somma  versata  dalla  RAGIONE_SOCIALE  a  RAGIONE_SOCIALE  non  aveva  avuto l’obiettivo della sottoscrizione dell’aumento di capitale della RAGIONE_SOCIALE , ma era stata impiegata, in realtà, dalla società RAGIONE_SOCIALE (controllata da RAGIONE_SOCIALE) per acquistare un pacchetto di azioni della stessa RAGIONE_SOCIALE (società quotata in borsa) fuori dal mercato regolamentare;
-in particolare, NOME aveva provveduto a erogare il finanziamento per consentire l’acquisto di azioni proprie ,  e  il  patto  di opzione si era inserito in tale contesto anche in base a distinte cessioni di credito in favore della medesima NOME;
il patto aveva costituito logica conseguenza degli accordi, perché era stato funzionale a far riacquistare a RAGIONE_SOCIALE le azioni di RAGIONE_SOCIALE, ma non al prezzo indicato;
-invero i l corrispettivo da  versare a seguito dell’esercizio dell’opzione aveva rappresentato -esso – la restituzione a NOME NOME finanziamento originario, concesso tramite la RAGIONE_SOCIALE;
 difatti  NOME  a  sua  volta  avrebbe  dovuto  riacquistare  dalla RAGIONE_SOCIALE le azioni da codesta a suo tempo acquistate.
Da  tale  serie  di  risultanze  la  corte  d’appello  ha dedotto  che  il finanziamento  erogato  da  NOME  era  nullo  e  che  la  nullità  dovesse irradiarsi a tutti gli atti tra loro strettamente collegati all’operazione fatta in  frode  alla  legge;  e  quindi  anche  al  patto  di  opzione  col  quale  la creditrice avrebbe dovuto recuperare la somma.
– La società propone ricorso deducendo i seguenti mezzi:
(i) violazione  o  falsa  applicazione  dell’art.  132  cod.  proc.  civ. perché la sentenza sarebbe contraddistinta da motivazione apparente e comunque manifestamente contradditoria, perplessa o incomprensibile;
(ii) violazione o falsa applicazione degli artt. 2697, 2727, 2729 e 2358 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., perché l’accertamento posto in essere dalla corte territoriale -teso a dire che sussisteva la volontà di NOME di finanziare COGNOME al fine di consentirgli di acquistare azioni della  stessa  RAGIONE_SOCIALE -sarebbe  stato  fatto  in  assenza  di  presunzioni grave precise e concordanti, e anzi in base a elementi documentali di
segno opposto; e oltre tutto in contrasto con la previa affermazione della medesima corte d’appello secondo la quale il contratto di opzione non era simulato;
(iii) violazione o falsa applicazione degli artt. 2358 e 1344 cod. civ. in quanto, pur a voler ritenere l’operazione nel senso indicato nella sentenza, in ogni caso non si sarebbe potuta ravvisare la causa illecita; difatti la ratio del l’art. 2358 cod. civ. è quella di garantire l’effettività del capitale sociale della finanziatrice e di evitare che il patrimonio possa soggiacere al rischio dell’insolvenza del sottoscrittore ; ma di ciò non potevano dirsi esistenti i presupposti, perché non era stato il sovvenuto, né la RAGIONE_SOCIALE, ad acquistare le azioni della stessa RAGIONE_SOCIALE , e l’art. 2358 cod. civ. ‘ non vieta (..) la possibilità di erogare un prestito ad un soggetto che, poi, trasferisce il denaro a terzi per acquistare le azioni della finanziatrice ‘.
III. – Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La  corte  d’appello  ha  motivato menzionando  partitamente  gli elementi di prova considerati, e in nessun modo può sostenersi che la giustificazione  della  conclusione  assunta  sia  apparente  o  a  tal  punto contraddittoria da non rendere il senso della ratio della decisione.
IV. – Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
A  mezzo  di  riferimenti  a  presunte  contrarie  emergenze  e/o  a presunzioni valorizzate dalla corte del merito senza necessaria qualificazione di gravità precisione o concordanza la ricorrente, nella sua lunga esposizione, manifesta un mero (e vano) tentativo di alternativa ricostruzione della vicenda storica.
Questa cosa non è consentita, notoriamente, in cassazione.
V.  –  Il  terzo  motivo  è  infondato,  nella  sua  genericità,  ed  è  in contrasto con l’accertamento di fatto.
La pretesa creditoria era stata basata sul patto di opzione e sulle obbligazioni di acquisto con esso assunte.
La corte d’appello ha mo tivatamente stabilito che quel patto si era inserito in una ben più complessa e articolata operazione, della quale aveva rappresentato uno degli elementi.
L’operazione  aveva tratto  origine  da  un  finanziamento  della società RAGIONE_SOCIALE finalizzato a consentire, per il tramite di soggetti terzi, l’acquisto di azioni della stessa finanziatrice.
Questa Corte ha recentemente chiarito che l’art. 2358 cod. civ., anche nel nuovo testo introdotto dal d.lgs. n. 142 del 2008, ha certamente consentito il prestito per l’acquisto di azioni proprie in presenza di specifiche condizioni (quali l’autorizzazione dell’assemblea straordinaria e la predisposizione di una relazione illustrativa da parte degli amministratori), ma ha comunque delineato, ancora oggi, in difetto di quelle condizioni, il divieto generale di tali operazioni di assistenza finanziaria, per il fine di tutelare l’interesse di soci e creditori alla conservazione del patrimonio sociale.
La violazione di simile divieto, trattandosi di norma imperativa di grado elevato, comporta la nullità ex art. 1418 cod. civ. non solo del finanziamento,  ma  pure  dell’atto  di  acquisto,  ove  ne  sia  dimostrato, anche mediante presunzioni, il collegamento funzionale da chi intenda far valere la nullità dell’operazione nel suo complesso (v. Cass. Sez. 1 n. 28148-23).
Questa  stessa  cosa giustifica  l’estensione  della  nullità  ai  patti funzionali all ‘acquisto .
VI.  –  Tale  è  stato,  in  base  alla  ricostruzione  in  fatto  svolta  dal giudice  del  merito,  il  patto  di  opzione  di  cui  qui  si  discute,  siccome collegato  all’operazione  di  finanziamento per  il  fine  di  consentire  alla finanziatrice di recuperare i fondi forniti per il suo espletamento.
Ne consegue che è corretta la conclusione dell’impugnata sentenza a proposito della nullità del patto medesimo.
VII. -Le spese seguono la soccombenza.
p.q.m.
La  Corte  rigetta  il  ricorso  e  condanna  la  ricorrente  alle  spese processuali,  che  liquida  in  25.200,00  EUR,  di  cui  200,00  EUR  per esborsi,  oltre  accessori  e  rimborso  forfetario  di  spese  generali  nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Prima  sezione