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Assicurazione plurima: come si calcola il regresso?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4273/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di assicurazione plurima. In caso di sinistro coperto da più polizze, l’assicuratore che ha risarcito l’intero danno ha diritto di regresso verso gli altri co-assicuratori. La Corte ha chiarito che tale regresso non va calcolato in proporzione ai massimali di polizza, bensì in proporzione all'”indennizzo dovuto” da ciascun assicuratore in base al proprio contratto. Questa decisione risolve un dibattito dottrinale e giurisprudenziale, fornendo un criterio più equo e aderente al dettato normativo dell’art. 1910 c.c.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Assicurazione plurima: la Cassazione stabilisce il criterio di calcolo per il regresso

Con la recente sentenza n. 4273 del 16 febbraio 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione di cruciale importanza nel settore assicurativo, definendo il corretto criterio per ripartire l’onere del risarcimento in caso di assicurazione plurima. La decisione chiarisce come debba essere calcolato il diritto di regresso tra i diversi assicuratori che coprono lo stesso rischio, stabilendo che la ripartizione deve avvenire in base all’indennizzo concretamente dovuto da ciascuno e non in proporzione ai rispettivi massimali di polizza.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un episodio di responsabilità medica. Una struttura sanitaria, assicurata con una prima compagnia (che chiameremo “Compagnia Gamma”), è stata ritenuta responsabile per i danni permanenti subiti da un neonato durante il parto. La Compagnia Gamma ha provveduto a risarcire integralmente i danneggiati, versando un importo superiore a 1,5 milioni di euro.

Successivamente, la Compagnia Gamma ha scoperto che anche il medico responsabile del danno era coperto da una propria polizza assicurativa per la responsabilità civile, stipulata con un’altra società (“Compagnia Alfa”). Ritenendo di trovarsi in un’ipotesi di assicurazione plurima ai sensi dell’art. 1910 del Codice Civile, la Compagnia Gamma ha citato in giudizio la Compagnia Alfa per ottenere il rimborso di una parte dell’indennizzo versato, esercitando il cosiddetto diritto di regresso.

La Questione Giuridica: Regresso tra Co-assicuratori

Il cuore della controversia risiedeva nella determinazione della misura del regresso. La Compagnia Alfa sosteneva che la ripartizione dovesse avvenire in proporzione ai massimali garantiti dalle rispettive polizze. Poiché il proprio massimale era significativamente inferiore a quello della Compagnia Gamma, la sua quota di responsabilità sarebbe dovuta essere limitata a circa il 22% del totale.

La Corte d’Appello, in sede di rinvio, aveva invece condannato la Compagnia Alfa a rimborsare il 50% della somma, ritenendo che entrambe le polizze coprissero interamente la responsabilità fino alla concorrenza dell’importo pagato. Insoddisfatte, la Compagnia Alfa e la sua cessionaria di portafoglio hanno proposto ricorso per cassazione, portando la questione all’attenzione della Suprema Corte.

Assicurazione plurima e il criterio dell’indennizzo dovuto

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, cogliendo l’occasione per enunciare un principio di diritto chiaro e definitivo sulla corretta interpretazione dell’art. 1910, quarto comma, c.c. La norma stabilisce che l’assicuratore che ha pagato ha regresso contro gli altri “in proporzione delle rispettive indennità dovute”. La Corte ha analizzato questa espressione sotto tre profili.

Interpretazione Letterale

Dal punto di vista letterale, la Corte osserva che il legislatore ha utilizzato il termine “indennità” e non “massimale” o “valore assicurato”. In tutto il capo del codice dedicato alle assicurazioni, la parola “indennità” si riferisce sempre all’importo concretamente dovuto in base al contratto, che può essere influenzato da franchigie, scoperti o altre clausole specifiche. È quindi insostenibile, secondo la Corte, che solo in questo comma la stessa espressione debba assumere il significato di “massimale”.

Interpretazione Finalistica e Logica

La ratio della norma è quella di distribuire equamente il peso economico del sinistro tra tutti gli assicuratori che hanno coperto il rischio. Questo risultato è garantito solo se la ripartizione avviene in base all’impegno contrattuale effettivo di ciascun assicuratore. Il criterio basato sul massimale, al contrario, potrebbe portare a risultati iniqui: un assicuratore con un massimale molto alto ma con una franchigia elevata potrebbe essere costretto a contribuire in modo sproporzionato, pur dovendo un indennizzo concreto molto basso o nullo. Inoltre, il criterio del massimale sarebbe inapplicabile in presenza di polizze con massimale illimitato, creando un’incertezza giuridica inaccettabile.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha motivato la sua decisione preferendo il secondo orientamento, quello basato sull'”indennità dovuta”. Questa scelta è supportata da un’analisi letterale, finalistica e logica della norma. Il termine “indennità dovuta”, presente nell’art. 1910 c.c., si riferisce all’importo che ogni assicuratore avrebbe dovuto concretamente pagare in base alle condizioni della propria polizza (tenendo conto di franchigie, scoperti, ecc.).

La Suprema Corte ha formulato il seguente principio di diritto: “Se più assicuratori hanno coperto in modo indipendente l’uno dall’altro il medesimo rischio (c.d. assicurazione plurima), quello tra loro che ha pagato all’assicurato l’intero indennizzo dovuto secondo il contratto ha diritto di regresso in misura proporzionale rispetto all’indennizzo contrattualmente dovuto da ciascuno degli altri assicuratori. Tale misura si determina moltiplicando il danno patito dall’assicurato per l’indennizzo concretamente dovuto dal singolo assicuratore e dividendo il prodotto per la sommatoria degli indennizzi concretamente dovuti da tutti gli assicuratori.”

Le conclusioni

Questa sentenza rappresenta un punto di riferimento fondamentale per tutti gli operatori del settore assicurativo. Scegliendo il criterio dell’indennizzo concretamente dovuto, la Cassazione ha fornito una soluzione che non solo rispetta la lettera della legge, ma garantisce anche una maggiore equità e prevedibilità nella gestione dei sinistri in caso di assicurazione plurima. La decisione allinea il diritto italiano a soluzioni già adottate in altri ordinamenti, come quello francese, e supera definitivamente interpretazioni più datate che potevano generare risultati iniqui e distorsivi.

In caso di assicurazione plurima, come si calcola il diritto di regresso dell’assicuratore che ha pagato l’intero danno?
Il diritto di regresso si calcola in misura proporzionale rispetto all’indennizzo che ciascun co-assicuratore sarebbe stato contrattualmente obbligato a pagare, non in base ai rispettivi massimali di polizza.

Perché la Cassazione ha preferito il criterio dell’indennizzo dovuto a quello del massimale garantito?
La Corte ha scelto il criterio dell’indennizzo dovuto perché è più aderente al testo dell’art. 1910 c.c., che usa l’espressione “indennità dovute”. Inoltre, questo criterio è più equo perché tiene conto delle condizioni specifiche di ogni contratto (come franchigie o scoperti) e risolve i problemi logici che sorgerebbero con polizze a massimale illimitato.

Qual è la formula pratica per calcolare la quota di regresso?
La quota spettante a ciascun assicuratore si calcola moltiplicando il danno totale per l’indennizzo concretamente dovuto da quel singolo assicuratore, e dividendo il risultato per la somma degli indennizzi concretamente dovuti da tutti i co-assicuratori coinvolti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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