Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4972 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 4972 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 778/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOMENOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME, VENDITTO NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME, elettivamente domiciliati in CASERTA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOMELDDFLC47C11B180F)
-ricorrenti- contro
REGIONE CAMPANIA, elettivamente domiciliata in roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in CASERTA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente incidentale- contro
COGNOME elettivamente domiciliato in NAPOLI C/O DOM RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente incidentale- contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in AVELLINO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente incidentale-
nonchè contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOMENOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 2759/2021 depositata il 14/07/2021.
Udita la relazione svolta alla pubblica del 30/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
Udito l’avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, NOME COGNOME ed altri, premesso di essere, alcuni, ex consiglieri della Regione Campania, titolari di assegno vitalizio ex Legge Regionale n. 13/1996 e, alcune, vedove di ex Consiglieri, titolari del trattamento di reversibilità previsto dagli artt. 21 e segg. della Legge Regionale n. 13/1996, hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli la Regione Campania.
Hanno esposto che, nel corso degli anni, la Regione aveva operato diverse decurtazioni dell’importo dell’assegno vitalizio, così come dell’assegno di reversibilità, per effetto di disposizioni legislative succedutesi nel tempo; in particolare, la riduzione veniva operata dapprima, in misura del 10%, per effetto dell’art. 1 co. 54 della L. n. 266/2005, poi nella misura del 10%, in virtù dell’art. 1 co. 2 bis della Legge Regionale della Campania n. 4/2011 e, successivamente, di altro 10% per effetto dell’art. 14 lett. c) del D.L. n. 138/2011 (conv. in L. n. 148/2011). Infine, in forza dell’art. 3 della Legge Regione Campania n. 38/2012, veniva operata l’ulteriore decurtazione del 30%.
Hanno, pertanto, chiesto al Tribunale dichiararsi l’illegittimità della riduzione degli importi a titolo di assegno vitalizio nella misura del 30% dell’importo già in erogazione fino al 31/12/2012 effettuata dalla Regione e, per l’effetto, dichiarare il di ritto degli attori a conservare l’assegno vitalizio nella misura percepita sino al 31/12/2012, condannando la Regione Campania alla restituzione in favore degli attori delle somme illegittimamente decurtate a decorrere dal mese di gennaio 2013 e fino al soddisfo, oltre interessi e rivalutazione monetaria; dichiararsi l’illegittimità della riduzione degli importi a titolo di assegno vitalizio in misura del 10%+10%+10%+ 30% effettuata dalla Regione Campania e, per l’effetto, dichiarare il diritto degli attori a conservare l’assegno vitalizio nella misura al lordo delle indebite decurtazioni, condannando la Regione alla restituzione delle somme
illegittimamente decurtate a decorrere dalle singole decurtazioni e fino all’effettivo soddisfo, oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge.
Successivamente sono intervenuti in giudizio NOME COGNOME in qualità di ex consigliere della Regione Campania, titolare di assegno vitalizio ex Legge Regionale n. 13/1996, e NOME COGNOME in qualità di titolare del trattamento di reversibilità previsto dagli artt. 21 e segg. della Legge Regionale n. 13/1996, aderendo alle domande degli attori.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 480/2018, ha rigettato tutte le domande degli attori e degli interventori.
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza n. 2759/2021, ha rigettava gli appelli.
Il giudice di secondo grado, ha in primo luogo, condiviso l’impostazione del Tribunale in ordine alla natura indennitaria dell’assegno vitalizio, ciò risultando sia dal tenore letterale della disposizione che lo prevede, sia dai principi espressi dalla sentenza della Corte Cost. n. 289 del 1994 relativa all’assegno vitalizio in favore dei parlamentari, sia, infine, dalla qualificazione tributaria dell’indennità suddetta in quanto normativamente rientrante tra le indennità per cariche elettive.
In secondo luogo, ha affermato che dalla natura non pensionistica dell’assegno vitalizio discende l’inapplicabilità della L. n. 335/1995 laddove prevede che le riforme incidenti in senso peggiorativo sui trattamenti previdenziali già erogati non possono che operare per il futuro.
In terzo luogo, ha ritenuto legittime le decurtazioni degli assegni vitalizi operate dalla Regione Campania, sulla scorta delle seguenti considerazioni.
Anzitutto, è stato puntualizzato che l’ammontare dell’assegno vitalizio è determinato, ai sensi dell’art. 12 L.R. 13/96 in percentuale rispetto agli anni e mesi di contribuzione, sulle indennità complessive
mensili lorde, pagate ai consiglieri regionali in carica nello stesso mese in cui si riferisce l’assegno vitalizio spettante o in corso di corresponsione.
Il giudice di secondo grado ha, inoltre, ritenuto legittima la decurtazione degli assegni vitalizi del 10% operata in virtù della L. 266/2005, in quanto non ricollegata all’art. 1, co. 54 della citata legge -norma dichiarata incostituzionale dalla sentenza della Corte Cost. n. 157/2007bensì in quanto effettuata in virtù dell’art. 1, co. 52, il quale riduceva del 10% le indennità dei parlamentari, parametro cui era agganciato anche il vitalizio dei consiglieri regionali ai sensi dell’art. 2, co. 2, della L .R. Campania n. 13/1996. Ha quindi escluso, inoltre, la configurabilità del diritto all’assegno vitalizio come diritto soggettivo a contenuto patrimoniale perfetto, ossia come diritto immodificabile ed intangibile nel suo contenuto economico, atteso che, per espressa previsione legislativa regionale ratione temporis vigente, era collegato ad un parametro ‘mobile’, quale l’entità dell’indennità di carica parlamentare.
Ulteriormente, ed in relazione alla decurtazione del 30% operata sulla scorta della L.R. Campania n. 38/2012, la Corte d’Appello ha affermato che l’art. 3 della L.R menzionata, norma abolitrice dell’assegno vitalizio per i consiglieri regionali, doveva int erpretarsi come intesa a garantire la salvezza del diritto alla corresponsione di detto assegno e dell’assegno di reversibilità soltanto nell’ an , e non anche nel suo concreto ammontare alla data di entrata in vigore della legge. Tanto in quanto, per un verso siffatta concreta determinazione era ancorata a parametri variabili sia in senso migliorativo che peggiorativo; per altro verso tale interpretazione si poneva in linea con le affermazioni della Corte Cost. 289/1994 che, in riferimento ai trattamenti peggiorativi con effetto retroattivo per gli emolumenti conseguenti alla cessazione di determinate cariche pubbliche, aveva negato la configurabilità di un diritto costituzionalmente garantito alla ‘cristallizzazione normativa’,
riconoscendo al legislatore la facoltà di intervenire con scelte discrezionali, anche emanando disposizioni modificative in senso sfavorevole della disciplina dei rapporti di durata, ed anche se l’oggetto di tali rapporti era costituito da diritto soggetti vi perfetti; per altro verso ancora tale opzione esegetica si collocava nel solco delle norme statali di spending review e di quelle regionali di loro applicazione, tutte informate al c.d. ‘taglio’ dei costi della politica.
Pertanto, l’art. 3 della L.R. Campania n. 38/2012, così interpretato, risultava più adeguato ed in linea con il contesto normativo di riferimento e con i principi espressi dalla Consulta nel tempo con riferimento alla natura ed alla funzione degli assegni vitalizi.
In quarto luogo, sempre sul presupposto dell’impossibilità di configurare il diritto all’assegno vitalizio come un diritto soggettivo perfetto a contenuto patrimoniale, ha negato la sussistenza delle condizioni idonee ad integrare una violazione dell’art. 1 del protocollo 1 della CEDU, nonché dell’art. 42 Cost.
Avverso la predetta sentenza hanno proposto separati ricorsi NOME COGNOME e gli altri indicati in epigrafe, da un lato, e NOME COGNOME dall’altro, entrambi affidati a quattro motivi sostanzialmente analoghi.
NOME COGNOME ha proposto controricorso contenente ricorso incidentale, affidandolo a due motivi.
NOME COGNOME ha proposto controricorso contenente ricorso incidentale, affidandolo a tre motivi.
La Regione Campania ha resistito in giudizio con due distinti controricorsi, rispettivamente avverso il ricorso principale di NOME COGNOME e gli altri indicati in epigrafe e avverso il ricorso successivo di NOME COGNOME
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, chiedendo il rigetto di tutti i ricorsi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale e del ricorso successivo è stata dedotta la violazione dell’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, dell’art. 3, co. 2, della L. R. della Campania n. 38/2012, della L. R. della Campania n. 38/2012 e de ll’art. 32 dello Statuto della Regione Campania, nella parte in cui la Corte di Appello ha ritenuto legittime le decurtazioni dell’assegno vitalizio operate dal Dirigente del Consiglio regionale della Campania in data successiva all’entrata in vigore della L.R. n. 38/2012.
Anzitutto, deducono i ricorrenti che l’art. 32 dello Stato della Regione Campania attribuisce alla Regione una potestà legislativa esclusiva in materia di indennità, rimborsi e forme di previdenza dei consiglieri regionali, privando così di ogni rilievo il riferimento a disposizioni statali.
Lamentano, inoltre, i ricorrenti che la Corte d’Appello ha errato nel ritenere che l’art. 3 della L.R. della Campania n. 38/2012 non garantisce la conservazione del diritto alla corresponsione dell’assegno vitalizio per i consiglieri regionali in carica ne lla IX legislatura o cessati dalla carica entro la stessa legislatura anche nel suo concreto ammontare alla data di entrata in vigore della legge.
In particolare, ad avviso dei ricorrenti, la locuzione ‘ sono fatti salvi i relativi trattamenti già in erogazione’ contenuta all’art. 3, co. 2, della L. R. della Campania n. 38/2012 esprime chiaramente l’intenzione del legislatore regionale di conservare anche l’integrità dell’entità economica degli assegni vitalizi in corso di erogazione.
Lamentano, inoltre, i ricorrenti che la Corte territoriale ha avvalorato le sue conclusioni adducendo genericamente ed erroneamente il richiamo a principi espressi dalla Consulta e ad una interpretazione adeguata alla spending review .
Escludono, infine, i ricorrenti la sussistenza di un parametro ‘mobile’ nella determinazione dell’assegno vitalizio, non essendoci alcuna disposizione legislativa regionale, fonte esclusiva della disciplina del
rapporto, che stabilisce un collegamento tra l’assegno vitalizio e le indennità percepite dai parlamentari.
Con il secondo motivo del ricorso principale e del ricorso successivo è stata dedotta la violazione dell’art. 11, co. 1, della L.R. della Campania n. 13/1996, della L. 335/1995 e della L. 266/2005. Lamentano i ricorrenti che la Corte di Appello ha errato: per non aver riconosciuto natura pensionistica al vitalizio dei consiglieri regionali della Campania; per non aver conseguentemente ritenuto applicabile agli assegni vitalizi il principio previsto dalla L. n. 335/1995, secondo cui le riforme che vanno ad incidere in senso peggiorativo sui trattamenti previdenziali già erogati non possono che operare per il futuro; per non aver ritenuto illegittime le decurtazioni degli assegni vitalizi operate sulla base della L.R. della Campania n. 4/2011.
Con il terzo motivo del ricorso principale e del ricorso successivo è stata dedotta la violazione della L.R. della Campania n. 13/1996 e dell’art. 3 della L.R. della Campania n. 38/2012, per avere la Corte di Appello negato all’assegno vitalizio consistenz a di diritto soggettivo patrimoniale perfetto, collegandone erroneamente la concreta determinazione all’indennità di carica dei parlamenti in assenza di disposizioni legislative regionali in tal senso.
Con il quarto motivo del ricorso principale e del ricorso successivo è stata dedotta la violazione dell’art. 1 del Protocollo Addizionale n. 1 della CEDU, della L.R. della Campania n. 13/1996 e dell’art. 3 della L.R. della Campania n. 38/2012, per non avere la Corte di merito ricondotto il diritto all’assegno vitalizio nella categoria ‘interesse patrimoniale’, e dunque nell’ambito di applicabilità del Protocollo Addizionale n.1 CEDU, per assenza di una sufficiente base giuridica nel diritto interno, in r agione di un’erronea interpretazione della L.R. della Campania n. 13/1996 e dell’art. 3 della L.R. n. 38/2012.
In via gradata, i ricorrenti sollevano questione di legittimità costituzionale delle disposizioni regionali e, in particolare, dell’art. 3 della L.R. della Campania n. 38/2012, nell’interpretazione fornita
dalla Corte di Appello, per contrasto con gli artt. 42 e 117 della Costituzione (per il tramite della norma interposta di cui all’art. 1 del Protocollo Addizionale n. 1 della CEDU), in quanto volta ad incidere retroattivamente su diritti soggettivi perfetti dei ricorrenti.
5. Con il primo motivo del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME è stata dedotta la violazione dell’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, della L.R. della Campania n. 13/1996, dell’art. 3 della L.R. della Campania n. 38/2012 e dell’art. 32 dello Statuto della Regione Campania.
La ricorrente, sulla scorta di considerazioni sostanzialmente analoghe a quelle contenute nei primi due motivi del ricorso principale e del ricorso successivo, lamenta l’erroneità della sentenza impugnata, sia per avere escluso la natura previdenziale dell ‘assegno vitalizio dei consiglieri regionali della Campania, sia per avere ritenuto che l’art. 3 della L.R. 38/2012 non prevedeva anche il diritto alla conservazione dell’assegno vitalizio nel suo concreto ammontare alla data di entrata in vigore della legge.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME è stata dedotta la ‘ violazione ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione alla valutazione circa la legittimità delle riduzioni/decurtazioni dell’assegno vitalizio operate in forza della L.R. 266/2005 -4/2011 -38/2012 ‘, per avere la Corte di Appello ritenuto legittime le decurtazioni all’assegno vitalizio operate ai sensi dell’art. 1, co. 54, della L. 266/2005, dell’art. 1, co. 2 bis, della L.R. della Campania n. 4/2011 e dell’ar t. 3 della L.R. della Campania n. 38/2012.
Deduce, inoltre, la ricorrente la natura previdenziale dell’assegno riconosciutole in via di reversibilità, sia in ragione della natura pensionistica dell’assegno vitalizio, sia in ragione della qualificabilità del diritto alla pensione di reversibilità quale autonomo diritto di natura previdenziale.
Con il primo motivo del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME è stata dedotta la violazione della L.R. della Campania n. 13/1996 e dell’art. 3 della L.R. della Campania n. 38/2012, in combinato disposto con l’art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale.
Il ricorrente, sulla scorta di considerazioni sostanzialmente analoghe a quelle contenute nei primi due motivi del ricorso principale e del ricorso successivo, lamenta l’erroneità della sentenza impugnata, sia per avere escluso la natura previdenziale dell ‘assegno vitalizio dei consiglieri regionali della Campania, sia per avere ritenuto che l’art. 3 della L.R. 38/2012 non prevedeva anche il diritto alla conservazione dell’assegno vitalizio nel suo concreto ammontare alla data di entrata in vigore della legge.
8. Con il secondo motivo del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME è stata dedotta la ‘ violazione art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione alla valutazione circa la legittimità delle riduzioni/decurtazioni dell’assegno vitalizio operate in forza della L.R. 266/2005 4/2011 -38/2012 ‘, per avere la Corte di Appello ritenuto legittime le decurtazioni all’assegno vitalizio operate ai sensi dell’art. 1, co. 54, della L. 266/2005, dell’art. 1, co. 2 bis, della L.R. della Campania n. 4/2011 e dell’art. 3 della L.R . della Campania n. 38/2012.
Con il terzo motivo del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME è stata dedotta la violazione del D.M. 55/2014, per non avere la Corte di Appello riformato la sentenza di primo grado in punto di condanna alle spese di lite.
Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale per un verso non ha operato una compensazione delle spese del primo grado in ragione dell’incertezza del quadro normativo e giurisprudenziale; per altro verso non ha, in ogni caso, rilevato il mancato rispetto del decreto ministeriale e la mancata produzione di alcuna nota spese di controparte.
Va preliminarmente osservato che, in considerazione del fatto che tutti i motivi proposti dai ricorrenti, sia principali che incidentali,
attengono alla medesima questione della dedotta illegittima decurtazione operata dalla Regione Campania dell’assegno vitalizio goduto da tutti i ricorrenti, sia principali che incidentali), già Consiglieri della Regione Campania (ad eccezione di NOME COGNOME titolare dell’assegno di reversibilità) alla data di entrata in vigore della legge della Regione Campania n. 38/2012, si procederà alla trattazione unitaria dei ricorsi che contengono censure pressochè identiche.
Tutti i ricorrenti, infatti, lamentano che è stato leso dalla Regione Campania il loro diritto alla conservazione dell’integrità del trattamento economico loro riconosciuto a titolo di assegno vitalizio (o assegno di reversibilità per la sola NOME COGNOME), ovvero nello stesso ammontare di quello goduto alla data di entrata in vigore della legge regionale campana n. 38/2012.
Tale diritto, a loro avviso, deriva da una concorrenza di elementi:
-dal tenore letterale dell’art. 3 della L. n. 38/2012;
dal rilievo delle illegittimità delle decurtazioni operate dalla legge regionale n. 4/2011 (censura di tutti i ricorrenti), della legge statale 266/05 (censura dei soli ricorrenti incidentali Boffa e Del Percio) e della legge regionale n. 38/2012 (tutti i ricorrenti) anche in relazione al fatto che nessuna disposizione legislativa prevederebbe alcuna ‘mobilità’ né alcun collegamento dell’assegno vitalizio con le indennità dei consiglieri regionali e dei parlamentari in termini tali da legittimare un decremento in futuro, una modifica in peius del trattamento;
-dalla valorizzazione dell’art. 32 dello statuto della Regione Campania, che prevede che ‘le indennità, i rimborsi e le forme di previdenza dei Consiglieri sono stabilite con Legge Regionale’, così impedendo che, sulla materia, possa intervenire la legislazione statale;
-dalla natura previdenziale/pensionistica dell’assegno vitalizio;
-dalla necessità di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni regionali in relazione agli artt. 117 e 42 Cost. e all’art. 1 del Protocollo della CEDU.
-in ogni caso, dalla natura autonoma, anche rispetto all’assegno vitalizio, dell’assegno di reversibilità (censura della Del Percio).
Tutte le censure svolte dai ricorrenti principali sono in parte infondate e in parte inammissibili.
In primo luogo, questo Collegio non condivide l’impostazione dei ricorrenti secondo cui il diritto alla conservazione dell’integrità del trattamento economico, già goduto alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 38/2012, deriverebbe dal tenore testuale dell’art. 3 comma 2° della predetta Legge, che così recita:
‘ Ai consiglieri regionali in carica nella IX legislatura o cessati dal mandato entro la IX legislatura continuano ad applicarsi le disposizioni della legge regionale 13/1996; sono fatti salvi i relativi trattamenti già in erogazione ‘.
Sul punto, l’art. 12 delle preleggi del codice civile dispone che ‘Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro significato che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore’. L’art. 12 , dunque, indica come criterio principale di interpretazione della norma di legge quello letterale, che deve comunque coordinarsi con quello di natura sistematica e con la ratio della legge.
Ad avviso di questo Collegio, non può certo ritenersi che dalla locuzione ‘ sono fatti salvi i relativi trattamenti già in erogazione ‘ possa evincersi la volontà del legislatore di garantire ai consiglieri regionali in carica nella IX legislatura o cessati dal mandato entro la IX legislatura non solo la salvezza del diritto all’assegno vitalizio, ma anche del suo ‘concreto ammontare’ percepito alla data di entrata in vigore della L.R n. 38/2012. Nell’espressione ‘trattamenti già in erogazione’ non è contenuto un richiamo inequivocabile alla necessità che il trattamento economico sia mantenuto oltre che per
l’ an anche nel quantum. D’altra parte, la locuzione, contenuta sempre nello stesso secondo comma dell’art. 3 L. n. 38/2012, ‘ continuano ad applicarsi le disposizioni della legge regionale 13/1996′ fa, invece, deporre per un’interpretazione contraria a quella prospettata dai ricorrenti: continuando ad applicarsi ai titolari dell’assegno vitalizio le norme della legge regionale 13/1996, trova, quindi, applicazione, in primo luogo, l’art. 12 di quest’ ultima legge -rimasto inalterato dopo l’intervento normat ivo del 2012 -che non solo collega strutturalmente la determinazione dell’assegno vitalizio ai due parametri indennitari rappresentati dall’indennità di carica dei consiglieri regionali e dal rimborso spese riconosciuto ai medesimi (a loro volta previste dall’art. 1 L. n. 13/96 rispettivamente alle lett. a) e c) e disciplinate, rispettivamente, dagli artt. 2 e 7 legge cit.) ma prevede, altresì, che tali parametri, costituenti base di calcolo per la quantificazione dell’assegno vitalizio, siano ‘mobili’.
In ordine a tale punto, deve intendersi come ‘fisso’ il parametro che tiene conto delle modifiche all’indennità di carica e al rimborso spese intervenute soltanto nel periodo in cui il consigliere regionale era in carica, mentre il parametro è ‘mobile’ qua ndo tiene conto delle modifiche all’indennità di carica e al rimborso spese intervenute anche successivamente alla cessazione del mandato del consigliere regionale cui si riferisce l’assegno vitalizio.
Orbene, nel caso di specie, dirimente è il disposto dell’art. 12, co. 1, della L.R. 13/1996 , il quale recita:
‘1. L’ammontare mensile dell’assegno vitalizio è determinato, in percentuale rispetto agli anni e mesi di contribuzione, sulle indennità complessive mensile lorde, di cui alle lettere a) e c) del precedente articolo 1, pagata ai consiglieri regionali in carica nello stesso mese in cui si riferisce l’assegno vitalizio spettante o in corso di corresponsione’.
La disposizione, quindi, ai fini della individuazione della base di calcolo dell’assegno vitalizio, fa espresso riferimento alla misura
delle indennità pagate ai consiglieri regionali in carica nel mese cui si riferisce l’assegno vitalizio, deponendo, inequivocabilmente tale espressione per l’esistenza di un parametro ‘mobile’.
Va, inoltre, osservato che, oltre all’art. 12, importante tassello nella determinazione dell’assegno vitalizio, che spiega, peraltro, l’avvenuta riduzione (legittima) di tale assegno dopo l’entrata vigore della legge regionale n. 38/2012, è costituito dai sopra citati artt. 2 e 7 della L.R. n. 13/1996, che disciplinano, rispettivamente, l’indennità di carica ed il rimborso spese dei consiglieri regionali.
Per quanto riguarda l’indennità di carica, recitava l’art. 2, commi 1 e 2 (nella versione antecedente la L.R. 38/2012):
‘1 . L’ indennità mensile di carica dei consiglieri regionali è stabilita, nella misura di quattro quinti dell’indennità mensile lorda di carica percepita dai componenti della Camera dei Deputati ai sensi dell’ art. 1 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261.
Le variazioni dell’indennità di carica percepita dai componenti della Camera dei Deputati determinano una variazione proporzionale delle indennità dei consiglieri regionali ad essa ragguagliata. Le variazioni delle due indennità hanno la medesima decorr enza’.
In sostanza, la legge regionale, fino alla modifica intervenuta con la L.R. 38/2012, ricollegava espressamente la determinazione dell’indennità di carica dei consiglieri regionali a quella dei componenti della Camera dei Deputati.
In seguito alla modifica intervenuta con la L.R. 38/2012, la determinazione dell’indennità di carica è stata, invece, slegata da tale parametro, e viene ora determinata in misura ‘pari al sessanta per cento dell’importo individuato dalla Conferenza Stato regioni ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera b), del decreto -legge 174/2012 ‘ (art. 2 l.r. 13/1996 vigente).
Quanto al rimborso spese, e cioè all’altra la base di calcolo dell’assegno, l’art. 7, nella versione antecedente la riforma della l.r. 38/2012, prevedeva che:
‘Ai consiglieri regionali, per il libero svolgimento del mandato, è corrisposta una diaria mensile, a titolo di rimborso spese, nella misura del sessantacinque per cento delle indennità corrispondenti.’ Anche la quantificazione di tale voce, quindi, risultava indirettamente collegata con le indennità dei parlamentari della Camera dei Deputati.
In seguito alla modifica intervenuta con la L.R.. 38/2012 anche la determinazione del rimborso spese per l’esercizio del mandato è stata slegata da tale parametro, e viene ora determinata ‘nella misura del quaranta per cento dell’importo individuato dalla Conferenza Statoregioni ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera b), del decretolegge 174/2012 ‘ (art. 7 l.r. 13/1996 vigente). L’art. 2 comma 1, lett b) legge cit. così recita:
‘ Ai fini del coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica, a decorrere dal 2013 una quota pari all’80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni, diversi da quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale ((, delle politiche sociali e per le non autosufficienze)) e al trasporto pubblico locale, è erogata a condizione che la regione, con le modalità previste dal proprio ordinamento, entro il 23 dicembre 2012, ovvero entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto qualora occorra procedere a modifiche statutarie:
…b) abbia definito l’importo dell’indennità di funzione e dell’indennità di carica, nonché delle spese di esercizio del mandato, dei consiglieri e degli assessori regionali, spettanti in virtù del loro mandato, in modo tale che non ecceda complessivamente l’importo riconosciuto dalla regione più virtuosa. La regione più virtuosa è individuata dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano entro il 10 dicembre 2012. Decorso inutilmente tale termine, la regione più virtuosa
è individuata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o, su
sua delega, del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, di concerto con i Ministri dell’interno, per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dell’economia e delle finanze, adottato nei successivi quindici giorni’.
Dunque, la Regione Campania, applicando, come previsto dall’art. 3 L. n. 38/2012, le disposizioni della L.R. n. 13/96, nella determinazione dell’assegno vitalizio, non ha fatto altro che applicare i parametri (mobili) previsti da quest’ultima legge, appli cando, in particolare, gli artt. 2 e 7 della l.r. 13/1996 come modificati dalla l.r. 38/2012: essendo infatti stati modificati i criteri di determinazione dell’indennità di carica e del rimborso spese dei consiglieri in carica (che sono i parametri da tenere in considerazione come base di calcolo ai sensi dell’art. 12 l.r. 13/1996), la Regione Campania ha correttamente modificato gli importi erogati a titolo di assegno vitalizio in applicazione degli aggiornamenti normativi. Non vi è stata alcuna decurtazione (come invece era avvenuto con le decurtazioni precedenti), ma solo un diverso sistema di calcolo che ha determinato una quantificazione più ridotta dell’assegno, in quanto, agganciando l’indennità di carica a quella determinata in misura ‘pari al sessan ta per cento dell’importo individuato dalla Conferenza Stato -regioni ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera b), del decreto -legge 174/2012 ‘ il legislatore regionale ha inteso quantificare tale indennità ‘in modo tale che non ecceda complessivamente l’importo riconosciuto dalla regione più virtuosa’.
12. L’interpretazione che ha dato la Regione Campania all’art. 3 comma 2° L.R. n. 38/201, oltre ad essere assolutamente corretta, per quanto sopra illustrato, alla luce del criterio di interpretazione letterale (che, come detto, non solo consente, ma impone, ai fini della quantificazione dell’assegno vitalizio, l’applicazione dei parametri ‘mobili’ dell’indennità di carica e del rimborso spese) è coerente, dal punto di vista sistematico, con la ratio della L.R. 38/2012, quale legge regionale emanata in funzione adeguatrice
(ma comunque nell’ambito della propria autonomia statutaria e legislativa) al D.L. 174/2012, emanato ai fini del contenimento della spesa pubblica, il cui obiettivo era proprio una riduzione dei costi della politica nelle regioni (così la rubrica dell’art . 2 D.L. 174/2012). Deve, inoltre, osservarsi che se, da un lato, la riduzione dell’assegno vitalizio per effetto dell’entrata in vigore della L.R. n. 38/2012 non costituisce una vera e propria ‘decurtazione’, essendo, come detto, il frutto di un diverso modo di ricalcolo dello stesso alla luce degli aggiornamenti normativi intervenuti nella determinazione dei parametri ‘mobili’ al medesimo agganciati (indennità di carica e rimborso spesa dei consiglieri regionali), dall’altro, le decurtazioni all’assegno operate dalla legge r egionale n. 4/2011 e della legge statale 266/05 sono comunque legittime.
13. Con riferimento alla decurtazione del 10% operata sulla scorta della L.R. della Campania n. 4 del 2011, va preliminarmente osservato che l’art. 2 bis (aggiunto con l’art. 1, co. 3 della l.r. Campania n. 14/2011) così recita:
‘2 bis. A decorrere dalla medesima data di cui al comma 2 , le indennità, i compensi, i gettoni, le retribuzioni o le altre utilità comunque denominate, corrisposti dalla Regione o dagli enti strumentali regionali, comprese le agenzie e le aziende del servizio sanitario regionale, ai componenti di organi amministrativi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati e ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo, sono automaticamente ridotti del dieci per cento rispetto agli importi risultanti alla data del 31 dicembre 2010. Le disposizioni del presente comma non si applicano nel caso in cui siano già state effettuate le riduzioni di cui ai commi 5 e 14 dell’articolo 1 della legge regionale 20 luglio 2010, n. 7 (Norme per garantire risparmio, trasparenza ed efficienza in Regione Campania).’
I ricorrenti lamentano l’illegittimità di tale decurtazione sul rilievo che la stessa avrebbe inciso solo sull’indennità di carica e sulle altre
utilità corrisposte ai consiglieri regionali e non sull’assegno vitalizio, con la conseguenza che la riduzione di quest’ultimo non troverebbe il proprio fondamento in una disposizione di legge regionale.
Tale doglianza è palesemente infondata, per il rilievo, più volte evidenziato, che le indennità corrisposte ai consiglieri regionali (in particolare, indennità di carica e rimborso spese) costituiscono la base di calcolo per la determinazione dell’assegno vitalizio in virtù del rinvio ‘mobile’ disposto dall’art. 12 della L.R.. n. 13/1996.
14. Quanto alla decurtazione operata con la legge n. 266/2005, i ricorrenti avevano individuato la fonte della decurtazione nell’art. 1, co. 54 e ne invocavano la illegittimità in ragione della declaratoria di incostituzionalità del citato comma, avvenuta per effetto della sentenza della Corte Cost. 157 del 2007 (censura reiterata in questa sede dai soli ricorrenti incidentali COGNOME e COGNOME).
Tuttavia, la Corte di Appello, disattendendo tale ricostruzione, ha individuato la fonte della decurtazione non già nel predetto comma, ma nell’art. 1, co. 52 della L. 266/2005, il quale ha previsto una riduzione del 10% delle indennità mensili spettanti ai membri del Parlamento nazionale.
La Corte di merito ha, infatti, evidenziato che la Regione Campania aveva operato una decurtazione ‘indiretta’, discendendo la diminuzione non già direttamente dalla disposizione statale, bensì dalla disposizione regionale (l’art. 2 della l.r. 13/1996) che , come già illustrato, fino all’entrata in vigore della L.R. n. 38/2012, prevedeva un collegamento diretto delle variazioni dell’indennità di carica dei parlamentari sull’indennità di carica dei consiglieri regionali, costituente, a sua volta, la base di calcolo per la quantificazione dell’assegno vitalizio.
Con tale articolata motivazione, i ricorrenti COGNOME e COGNOME non si sono minimamente confrontati, continuando a reiterare, inammissibilmente, le precedenti difese, già disattese, incentrate
sulla intervenuta declaratoria di incostituzionalità dell’art. 1, co. 54 della L. 266/2005.
15. A questo punto, anche considerando le corrette osservazioni della Corte d’Appello in ordine alla decurtazione operata dalla L. n. 266/2005, può esaminarsi e deve essere rigettata la censura dei ricorrenti secondo cui sarebbe stato violato dalla sentenza impugnata l’art. 32 dello statuto della Regione Campania, che prevede che ‘le indennità, i rimborsi e le forme di previdenza dei Consiglieri sono stabilite con Legge Regionale’.
Infatti, è stato già evidenziato che sia le decurtazioni in senso stretto, sia il ricalcolo dell’assegno vitalizio secondo le nuove previsioni normative, sono stati operati in virtù delle disposizioni regionali riconducibili alla L. n. 13/1996. Non è stata in alcun modo violata la potestà legislativa esclusiva facente capo alla Regione Campania nella determinazione delle indennità dei propri consiglieri (ed ex consiglieri).
16. Ulteriore argomentazione svolta dai ricorrenti per invocare il diritto alla conservazione dell’integrità dell’assegno vitalizio già goduto alla data di entrata in vigore della L.R. n. 38/2012 attiene alla dedotta natura previdenziale/pensionistica di tale assegno, come tale non suscettibile di una modifica in peius, avendo i ricorrenti invocato il principio, desumibile dalla L. 335/1995, secondo cui le riforme che vanno ad incidere in senso peggiorativo sui trattamenti previdenziali già erogati non possono che operare per il futuro.
Anche su questo punto questo Collegio condivide l’impostazione e le conclusioni dei giudici di merito in ordine alla natura indennitaria e non previdenziale dell’assegno vitalizio.
Depone in tal senso, innanzitutto, un’interpretazione letterale delle disposizioni della L.R. n. 13/96 relative all’assegno vitalizio, dalla lettura delle quali emergono indici normativi in ordine alla natura indennitaria dell’assegno. In particolare:
-l’art. 1, co. 2 della L.R. 13/1996, nella formulazione in vigore prima della riforma avvenuta con la L.R. 38/2012 (la formulazione post riforma del 1997), includeva espressamente l’assegno vitalizio nelle componenti costituenti il trattamento indennitario dei consiglieri regionali (lett. d dell’elenco).
-l’art. 3, co. 1 della L.R. 13/1996, nella formulazione originaria (quella in vigore fino alla riforma del 1997), faceva riferimento alla ‘corresponsione delle indennità di cui all’art. 1, comma 2, lettera d)’, così ricomprendendo in tale categoria sia l’ indennità di fine mandato, sia l’assegno vitalizio. Nelle modifiche intervenute con la L.R. 17/1997 e 1/2007, sebbene i due termini ‘indennità di fine mandato’ e ‘assegno vitalizio’ siano stati menzionati autonomamente, deve intendersi che tale scissione è intervenuta soltanto per stabilire una diversa entità della trattenuta obbligatoria sull’indennità di carica da destinare alle due indennità (prima 27% complessivamente, poi 5% e 22%), e non certo a fini qualificatori.
-l’art. 11, co. 2, della l.r. 13/1996, sia nella formulazione originaria che nella formulazione vigente (post L.R. 38/2012), prevede espressamente che l’assegno vitalizio ‘ha natura indennitaria’.
Anche la giurisprudenza di legittimità ha più volte attribuito la natura indennitaria all’assegno vitalizio.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con l’ordinanza n. 14920/2016 con la quale è stata affrontata una questione di conflitto di giurisdizione tra il giudice ordinario e la Corte dei Conti, ha affermato che la controversia originata dalla rimodulazione in riduzione dell’assegno vitalizio erogato a consiglieri regionali cessati dalla carica spetta alla giurisdizione del giudice ordinario, attese, da un lato, la natura non pensionistica dell’assegno e la sua diversità di finalità e di regime rispetto alle pensioni, in relazione alle quali soltanto opera la competenza della Corte dei conti, e, dall’altro, la mancanza di una specifica attribuzione legislativa a quest’ultima.
Analogamente, questa Corte (cfr. Cass. n. 3589/2017), in tema di imposte sui redditi, ha statuito che le trattenute obbligatorie operate sull’indennità di carica dei consiglieri regionali, in base agli artt. 1, 2 e 3 della L.R.. Molise n. 10 del 1988, a titolo di contributo per la corresponsione dell’indennità di fine mandato, devono essere assoggettate a tassazione, non potendo ad esse riconoscersi natura previdenziale e conseguentemente applicarsi la causa di esclusione di cui all’art. 48, comma 2, lett. a), del d.P.R. n. 917 del 1986, perché finalizzate all’erogazione di un vitalizio che si differenzia dalle prestazioni di natura pensionistica, come risulta sia dal tenore letterale della disposizione, sia dai principi espressi dalla sentenza della Corte cost. n. 289 del 1994 relativa all’assegno vitalizio in favore dei parlamentari, sia, infine, alla qualificazione tributaria dell’indennità suddetta in quanto normativamente rientrante tra le indennità per cariche elettive (sulla natura non previdenziale de ll’assegno vitalizio vedi anche, recentemente, Cass. n. 27290/2024).
Come sopra anticipato, anche la Consulta, nella sentenza n. 289/1994, nell’esaminare le posizioni dei titolari di assegni vitalizi goduti in conseguenza della cessazione di determinate cariche e quelle dei titolari di pensioni ordinarie derivanti da rapporti di impiego pubblico, ha evidenziato che ‘.. tra le due situazioni -nonostante la presenza di alcuni profili di affinità – non sussiste, infatti, una identità né di natura né di regime giuridico, dal momento che l’assegno vitalizio, a differenza della pensione ordinaria, viene a collegarsi ad una indennità di carica goduta in relazione all’esercizio di un mandato pubblico: indennità che, nei suoi presupposti e nelle sue finalità, ha sempre assunto, nella disciplina costituzionale e ordinaria, connotazioni distinte da quelle proprie della retribuzione connessa al rapporto di pubblico impiego’.
17. L’accertamento della natura non previdenziale dell’assegno vitalizio comporta che anche l’assegno di reversibilità goduto dal
coniuge superstite dell’ex consigliere regionale titolare dell’assegno vitalizio ne condivida la medesima natura, non potendo configurarsi come autonomo un diritto il cui sorgere è strettamente legato, in modo imprescindibile, alla già titolarità dell’asse gno vitalizio da parte del coniuge non superstite. Né il richiamo da parte della ricorrente Del Percio alla sentenza della Corte Costituzionale n. 174/2016 è rilevante, essendosi la Consulta occupata di una questione riguardante la titolare di una ‘pensione’ di reversibilità, in quanto coniuge superstite del titolare di una pensione diretta, situazione del tutto differente da quella di specie.
Accertata quindi la piena conformità alla costituzione delle modifiche in peius dell’assegno vitalizio (vedi, recentemente, anche Corte Costituz. n 136/2022, che si è occupata delle decurtazioni ai vitalizi dei consiglieri regionali del Trentino Alto Adige, valutandone la legittimità), non è fondata la questione neppure alla dedotta violazione dell’art. 1 del Protocollo 1 della CEDU.
Va preliminarmente esaminato il testo di tale articolo, che così recita:
‘1. Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi
generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.’.
Premesso che il concetto di ‘bene’ di cui all’art.1 Protocollo 1 CEDU, ha un significato autonomo indipendente dalla sua qualificazione nella legislazione nazionale, essendo compresi sia i ‘beni esistenti’ che i diritti patrimoniali, inclusi i crediti in relazione ai quali il ricorrente può sostenere di avere una ‘aspettativa legittima’ (per cui tanto i diritti ‘in rem’ che quelli ‘in personam), dalla semplice lettura
della norma emerge che il Protocollo CEDU consente agli Stati nazionali di disciplinare le limitazioni al diritto di proprietà, purchè siano motivate dall’interesse pubblico o dall’interesse generale.
Pertanto, in base al sistema di protezione stabilito dalla Convenzione, spetta alle autorità nazionali compiere l’iniziale valutazione dell’esistenza di un problema di interesse pubblico che giustifichi misure di privazione della proprietà o di ingerenza nel pacifico godimento di ‘beni’.
Questo non vuol dire che il margine di apprezzamento statale riconosciuto dalla Convenzione sia illimitato, sussistendo il limite rappresentato dalla manifesta irragionevolezza dell’intervento dello stato.
Nel caso di specie, come già sopra evidenziato, gli interventi delle leggi regionali campane nella limitazione delle indennità di carica -che, come detto, rappresenta la base di calcolo per la quantificazione dell’assegno vitalizio erano pienamente gius tificate dall’esigenza, di carattere generale, e in alcun modo irragionevole, del contenimento della spesa pubblica, e, in particolare, di riduzione dei costi della politica nelle regioni.
Ne consegue che è insussistente l’invocata violazione dell’art. 1 Protocollo 1 della CEDU.
Infine, il terzo motivo del ricorso incidentale COGNOME è inammissibile.
E’ orientamento consolidato che il sindacato della Corte di Cassazione, in ordine al regime delle spese di lite, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ip otesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza
eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti (Cass. n. 19613/2017).
Nel caso di specie, essendo le spese di lite state poste a carico della parte soccombente, non è ammesso il sindacato di legittimità su tale statuizione.
Né rileva la circostanza che le spese di lite siano liquidate in difetto di nota spese.
E’ orientamento consolidato di questa Corte (cfr. Cass. n. 10663/2011; vedi anche Cass. 7654/2013; Cass. n. 15431/06; Cass. n. 1938/03), quello secondo cui il regolamento delle spese di lite è consequenziale ed accessorio rispetto alla definizione del giudizio, potendo perciò la condanna al relativo pagamento legittimamente essere emessa, a carico della parte soccombente ed ex art. 91 cod. proc. civ., anche d’ufficio, pur se difetti una esplicita richiesta in tal senso della parte vittoriosa; ne consegue che, ove il difensore di quest’ultima abbia omesso, come nella specie, di produrre la nota spese, prevista dall’art. 75 disp. att. cod. proc. civ. ai fini del controllo di congruità ed esattezza della richiesta e di conformità alle tariffe professionali, il giudice deve provvedervi d’ufficio sulla base degli atti di causa.
Infine, palesemente generica è la doglianza secondo cui la Corte d’Appello avrebbe liquidato le spese senza il rispetto del DM n. 55/2014.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi.
Condanna i ricorrenti principali e incidentali al pagamento in solido delle spese processuali che liquida in € 10.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte di tutti i ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 30.1.2025