Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23341 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23341 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20505-2020 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE PREVIDENZA RAGIONE_SOCIALE in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 766/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 28/11/2019 R.G.N. 28/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Assegno
sociale –
mantenimento
coniuge
R.G.N. 20505/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 12/06/2025
CC
RILEVATO CHE
1.La Corte d’appello di L’Aquila ha confermato la sentenza di primo grado di rigetto del ricorso proposto da NOME COGNOME volto a conseguire l’assegno sociale, denegatole per aver rinunciato alla corresponsione dell’assegno di mantenimento a carico del l’ex coniuge in sede di separazione consensuale e di divorzio. La Corte territoriale ha rilevato che il cittadino coniugato che si trovi in stato di bisogno economico, prima ancora di rivolgersi alla solidarietà generale, sia tenuto a richiedere il sostegno del coniuge in adempimento degli specifici obblighi giuridici derivanti dal vincolo coniugale; ed infatti, l’art. 3, comma 6, della L. n.335/1995 prevede la ricorrenza di uno stato di bisogno economico, adeguatamente comprovato, trattandosi di una prestazione meramente sussidiaria, spettante solo in mancanza di concrete e possibili fonti di reddito. Pertanto, la scelta del coniuge di rinunc iare all’assegno di mantenimento metterebbe in luce l’intento elusivo dei principi a sostegno dell’assegno sociale, n onché una presunzione di possesso di redditi occulti, ostativi alla prestazione richiesta; nel caso in esame, la ricorrente aveva anche dichiarato di avere un impiego e dall’estratto contributivo risultava che dal 2000 al 2013 aveva alternato periodi di lavoro a periodi di disoccupazione, senza allegare di essersi attivata per la modifica delle condizioni patrimoniali di cui alla sentenza di divorzio.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione Di NOME COGNOME affidandosi a due motivi, illustrati da memorie, a cui INPS resiste con controricorso.
La causa è stata trattata e decisa all’adunanza camerale del 12/6/2025.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo di ricorso NOME deduce, ai sensi dell’art. 360 co.1 n.3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione d ell’art. 3, co.6, della L. n.335/1995, per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che la norma non si riferisca ai redditi effettivamente percepiti e per avere condizionato il diritto all’assegno sociale all’assenza di redditi potenziali ed aleatori; invero, la disciplina dell ‘assegno sociale non prevede, fra i requisiti elencati, che il soggetto interessato si rivolga dapprima al nucleo familiare ed in subordine all’INPS, né è indicativa, ad escludere il requisito economico-sociale, la rinuncia al mantenimento del coniuge. La ricorrente segnala di avere percepito nell’anno 2016 soltanto il residuo di un’indennità di disoccupa zione pari ad euro 166,00, ed evidenzia che all’epoca della domanda era disoccupata e priva di redditi.
Con il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360 co.1 n.5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che aveva costituito oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di merito ritenuto rilevante una rinuncia all’assegno di mantenimento risalente a quarant’anni addietro in se de di separazione consensuale e per non aver dato rilievo alla sentenza di cessazione degli effetti civili intervenuta dieci anni dopo che aveva documentato la soccombenza della ricorrente sulla domanda di assegno divorzile; non soltanto, quindi, non vi era stata rinuncia all’assegno divorzile, ma doveva anche essere smentito l’ipotizzato intento elusivo (poiché la mancanza dell’assegno divorzile derivava non da istanza di parte ma da pronuncia giudi ziale) e l’assenza di un eventuale carattere simulato della separazione.
Nelle memorie illustrative depositate in prossimità di udienza la ricorrente ribadisce le proprie difese e richiama precedenti giurisprudenziali della Corte sul tema dello stato di bisogno effettivo del titolare e della irrilevanza di altri indici di autosufficienza economica o redditi potenziali.
Nel controricorso INPS rileva che il ricorso denuncia non una violazione di legge ma un generico vizio di motivazione; non era provato lo stato di bisogno essendosi la ricorrente posta nella condizione di rinunciare all’assegno di mantenimento ed avendo dichiarato di avere un impiego, ponendosi in tal modo volontariamente in uno stato di non autosufficienza economica, né la ricorrente aveva dimostrato di essersi attivata per la modifica delle proprie condizioni patrimoniali.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento. I motivi possono essere trattati congiuntamente vertendo sull’unica questione di diritto, di seguito affrontata.
Il diritto alla corresponsione dell’assegno sociale disciplinato dall’art. 3, co. 6, della L. n.335/1995, prevede come requisito socioeconomico lo ‘stato di bisogno effettivo del titolare, desunto dall’assenza di redditi o dall’insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge, restando irrilevanti eventuali altri indici di autosufficienza economica o redditi potenziali, quali quelli derivanti dall’assegno di mantenimento che il titolare abbia omesso di richiedere al coniuge separato, e senza che tale mancata richiesta possa essere equiparata all’assenza di uno stato di bisogno’ (in tal senso cfr. Cass. ord. n.14513/2020). È stato anche precisato da questa Corte che non è previsto che lo stato di bisogno per
essere normativamente rilevante debba essere anche incolpevole (cfr. Cass. sent. n.24954/2021).
Va rilevato che non è evincibile alcun intento elusivo laddove non sia fornita la prova di condotte fraudolente di chi abbia artificiosamente simulato la propria situazione di bisogno, intendendo profittare della pubblica assistenza. È stato, infatti, osservato (cfr. Cass. ord. n.21573/2023) che il diritto alla corresponsione dell’assegno sociale ex art. 3, comma 6, della L. n.335/1995 spetti anche a chi, pur avendo diritto ad un reddito derivante da un altrui obbligo di mantenimento e/o di alimenti, vi abbia rinunciato ‘atteso che la condizione reddituale, legittimante l’accesso alla prestazione assistenziale, rileva nella sua mera oggettività, fatto salvo l’accertamento in concreto di condotte fraudolente che, simulando artificiosamente situazioni di bi sogno, siano volte a profittare della pubblica assistenza’; in tali condizioni l’intento fraudolento deve essere oggetto di accertamento giudiziale nel rispetto degli oneri di allegazione e di deduzione. Tali principi sono stati da ultimo ribaditi dalla Co rte nell’ordinanza n.22755/2024 e n.33513/2023 (in quest’ultima pronuncia si rammenta che il sistema di sicurezza sociale delineato dalla Costituzione non consente di ritenere in via generale che l’intervento pubblico in favore dei bisognosi abbia carattere sussidiario ossia che possa avere luogo solo nel caso in cui manchino obbligati al mantenimento e/o agli alimenti in grado di provvedervi).
Trattasi di principi espressi in un consolidato orientamento giurisprudenziale dal quale questa Corte ritiene di non doversi discostare.
9. Il ricorso va, pertanto, accolto; la Corte territoriale, a cui si rinvia per nuovo esame, dovrà attenersi ai suddetti principi, avendo cura anche di provvedere alle spese del presente grado.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso , cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del presente grado di giudizio, alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 12 giugno