Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20422 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20422 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 27194-2018 proposto da: COGNOME NOME, domiciliata in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME; – ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 290/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 10/04/2018 R.G.N. 1513/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME convenne in giudizio l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per chiedere il riconoscimento, per l’anno 2013, del diritto all’assegno sociale previsto dall’articolo 3, comma 6, della legge n. 335
del 1995 oltre che l’incremento del medesimo assegno stabilito dall’articolo 38 della Legge n. 448 del 2001 , dal compimento dei 70 anni di età in poi, raggiungendo nell’anno 2013 l’importo mensile di € 631,97 e quello annuo di € 8.213,61.
Il Tribunale di Cosenza dichiarò improponibile la domanda e la Corte di appello di Catanzaro rigettò il gravame proposto dalla COGNOME evidenziando che la richiesta inoltrata all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE nel luglio 2012 non era qualificabile come atto di impulso del procedimento di liquidazione, ancorché provvisoria, dell’assegno sociale poiché presentava quel contenuto minimo essenziale, relativamente alla situazione reddituale della COGNOME e del coniuge, per l’anno 2013 per il quale la prestazione era chiesta. Conseguentemente ritenne che la mancanza dell’istanza amministrativa si riverberasse sull’azione giudiziaria che perciò era improponibile.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME articolando un unico motivo al quale ha resistito l’RAGIONE_SOCIALE con tempestivo controricorso.
RITENUTO CHE
Con il ricorso è denunciata la violazione dell’art. 3 comma 6 della legge n. 335 del 1995, dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 7 della legge 533 del 1973 ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c..
4.1. Ad avviso della ricorrente la domanda amministrativa del 18.7.2012, riferibile all’annualità 2012 della prestazione assistenziale chiesta in giudizio, conteneva elementi sufficienti anche per il 2013 (annualità oggetto del giudizio). Sostiene che la Corte territoriale, erroneamente richiamando l’art. 3, comma 6, della legge 335 del 1995 (che dispone che l’assegno è erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato, entro il mese di luglio dell’anno successivo, sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti) , aveva trascurato di considerare che in quella
domanda erano stati specificati i redditi del coniuge ( pari ad € 13.047,97 per l’anno 2012 derivanti da pensione a carico dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ) e sarebbe stato possibile desumere che la richiedente non possedeva redditi propri. In sostanza era una domanda che conteneva elementi sufficienti in ordine alla ‘situazione reddituale’ della richiedente e del coniuge ed aveva il ‘contenuto minimo essenziale’ necessario ad attivare il procedimento (dichiarazione dell’interessato circa la sussistenza dei requisiti di legge) salva poi la verifica successiva dei redditi.
4.2. Sotto altro profilo deduce poi la violazione dell’art. 2909 c.c. evidenziando che per le annualità 2009-2012 era intervenuta sentenza della stessa Corte di appello, ritualmente prodotta in giudizio, che aveva riconosciuto il diritto all’assegno rigettando proprio l’eccezione di improponibilità del ricorso sollevata dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE anche in quel processo.
4.3 . Infine, ritiene che erroneamente, in violazione dell’art. 7 della legge n. 533 del 1973, era stata ritenuta necessaria la domanda amministrativa ai fini della proponibilità del ricorso giurisdizionale senza tenere conto del fatto che la prestazione assistenziale richiesta scaturisce dalla legge e si configura come diritto soggettivo non assoggettabile a condizioni di esercizio né di procedibilità dell’azione non espressamente previste dalla legge non essendovi alcuna norma che subordini il ricorso giurisdizionale al previo esperimento di quello amministrativo.
Il ricorso è infondato.
5.1. Rileva il Collegio che la Corte territoriale ha accertato che la COGNOME non aveva presentato domanda per il conseguimento dell’assegno sociale di cui all’art. 3 comma 6 della legge n. 335 del 1995 per l’anno oggetto di valutazione nel presente giudizio ( il 2013) escludendo che la domanda
depositata riferita all’annualità del 2012 potesse essere considerata utile anche per l’anno successivo.
5.2. Si tratta di apprezzamento di fatto che non è suscettibile di essere qui rivisto al quale, correttamente, è conseguita la declaratoria di improponibilità della domanda giudiziaria.
5.3. Vero che la domanda amministrativa volta a conseguire l’assegno sociale ex art. 3 della legge n. 335 del 1995, erogato in via provvisoria salvo successivo conguaglio, a differenza di quanto previsto dall’art. 26, comma 11, della legge n. 153 del 1969 in tema di pensione sociale, non deve essere corredata dalla certificazione degli uffici finanziari attestante le condizioni di indigenza dell’assistito sicché la successiva domanda giudiziale non può essere ritenuta improponibile per la suddetta omessa allegazione (cfr. Cass. 18/11/2016 n. 23529). Tuttavia, nella specie, la Corte ha escluso in assoluto che la domanda del 2012 presentasse quel contenuto minimo essenziale, relativamente alla situazione reddituale della C urcio e del coniuge per l’anno 2013, per il quale la prestazione è invocata.
5.4. Quanto alla denunciata violazione del giudicato esterno la censura è inammissibile stante la sua genericità. Perché sia ammissibilmente denunciato per cassazione ex art. 360 c.p.c. la violazione di un giudicato esterno perpetrato dalla sentenza impugnata, occorre che la ricorrente indichi quale affermazione contenuta nella decisione da cassare si ponga in contrasto con la portata della pregressa res iudicata, non potendosi devolvere alla Suprema Corte di riesaminare officiosamente ogni statuizione contenuta nella prima in rapporto ad ogni statuizione contenuta nella seconda. L’ormai conclamata assimilazione del giudicato agli “elementi normativi” e la conseguente sindacabilità sotto il profilo della violazione di legge della sentenza che con esso contrasti non esonerano il ricorrente per cassazione dall’osservanza di quei canoni di specificità del motivo che si esigono comunque per
ogni deduzione di violazione o falsa applicazione della legge, in quanto giudizio sul fatto contemplato dalle norme di diritto positivo applicabili al caso specifico (cfr. Cass. n.3895 del 2022).
6. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Quanto alle spese del giudizio queste vanno dichiarate non ripetibili ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c.. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dichiara non ripetibili le spese del giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma il 29 febbraio 2024